Cass. Sez. III n. 11481 del 19 marzo 2015 (Ud 1 lug 2014)
Pres. Fiale Est. Aceto Ric. Buscema
Beni ambientali. Introduzione in area protetta con imbarcazione a motore

Deve essere esclusa la connotazione esclusivamente e sostanzialmente dolosa del reato di cui agli artt. 19, comma 3, lett. e), e 30, legge 6 dicembre 1991, n. 394, poiché è sufficiente che l'azione volontaria dell'introdursi nell'area protetta con un'imbarcazione a motore venga posta in essere anche solo nella mancanza di consapevolezza dell'esistenza del divieto, purché colposamente ignorato. In tal caso, infatti, il rimprovero si fonda non solo sulla volontaria violazione del divieto di accesso, ma anche sulla mancata conformazione della condotta a quella del modello di agente, dell'homo "eiusdem professionis et condicionis" che avrebbe dovuto attenersi agli obblighi di comportamento, di conoscenza e di informazione che incombono su chi va per mare.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 09/10/2013, il Tribunale di Crotone ha dichiarato il sig. B.A. colpevole del reato di cui alla L. 6 dicembre 1991, n. 394, art. 19, comma 3, lett. c), e art. 30, e, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di Euro 2.500,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali.

1.1. Si contesta all'imputato di essersi inoltrato, con la propria imbarcazione, all'interno della zona A di riserva integrale dell'area marina protetta (OMISSIS) (fatto commesso il (OMISSIS)).

1.2. A fondamento della condanna il Tribunale ha posto le seguenti considerazioni: a) il B. era stato colto alla guida della propria imbarcazione a motore ampiamente all'interno della zona A della riserva di cui alla rubrica; b) le zone A sono assai circoscritte, delimitano punti sensibili, di particolare interesse naturalistico e archeologico, sono precedute dalle cd. zone B e C (che fungono da cuscinetto) e sono facilmente individuabili a distanza, sia per la prossimità a siti archeologici, sia perchè delimitate da boe gialle recanti il segnale dell'elica sull'estremità; c) l'imputato è un esperto conducente di natanti (possedendo la propria barca da circa 10 anni); d) ci si aspettava quindi la conoscenza delle linee di demarcazione della zona protetta;

e) la colpa è sufficiente a integrare l'elemento soggettivo del reato di natura contravvenzionale.

2. L'imputato, per il tramite del difensore, aveva interposto appello avverso la sentenza evidenziando che:

2.1. è proprietario di una piccola imbarcazione che utilizza solo nella stagione estiva e per piccoli tratti di mare, per la cui conduzione non è necessaria la patente nautica;

2.2. il giorno del fatto ((OMISSIS)) stava portando la barca nella zona della lega navale di (OMISSIS), per ivi ricoverarla in vista della stagione invernale;

2.3. non conoscendo il tragitto stava seguendo un'altra imbarcazione che lo precedeva;

2.4. il tratto di mare in questione era delimitato solo da due boe di colore giallo ma nessun'altra indicazione era presente in mare o a terra;

2.5. chiunque, pertanto, avrebbe potuto esser tratto in inganno;

2.6. egli dunque versava in buona fede;

2.7. sul punto alcuna esaustiva motivazione è stata resa dal Tribunale, benchè sollecitato dalla difesa a valutare con scrupolo ed in modo adeguato la sussistenza dell'elemento psicologico.

3. L'appello, qualificato come ricorso per Cassazione, è stato qui trasmesso, ai sensi dell'art. 568 c.p.p., comma 5 dalla Corte territoriale con ordinanza del 18/11/2013.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Il ricorrente non contesta di essersi materialmente introdotto con un'imbarcazione a motore all'interno di un'area marina protetta, nè contesta la conformità dei mezzi di segnalazione dell'area stessa alla normativa della Association International del Signalisation Maritime (su tale necessità cfr. Sez. 3, n. 21139 del 02/04/2013, Di Mola, Rv. 255492; Sez. 3, n. 6745 del 18/01/2006, Ariberti, Rv. 233556).

2.1. Egli eccepisce, piuttosto, la carente segnalazione dell'area (di cui anche il giudice di primo grado da conto), delimitata solo da due boe, e la conseguente insussistenza della colpa per errore sul fatto; errore ulteriormente alimentato dalla circostanza che stava seguendo un'altra imbarcazione lungo una rotta a lui poco conosciuta.

2.2.Tribunale ha respinto la tesi difensiva in base ai dati di fatto e alle considerazioni in premessa indicati dai quali trae alimento la pretesa del comportamento atteso e non tenuto dall'imputato: la conoscenza delle linee, anche virtuali, di demarcazione della zona protetta.

2.3. Il tema della effettiva conoscenza delle linee di demarcazione dell'area e delle ragioni secondo le quali l'imputato non ha potuto rendersene conto ha lasciato spazio, nell'economia della motivazione, a quello della loro possibile conoscibilità, argomento ritenuto giustamente assorbente rispetto ad ogni altra considerazione perchè sufficiente, sulla base degli elementi fatto evidenziati dal Tribunale, a fondare un'affermazione di responsabilità per colpa.

2.4. Il tema, dunque, non è stato approfondito perchè ritenuto superfluo alla luce della natura contravvenzionale del reato che toglie fondamento alle doglianze difensive in ordine alla effettiva sussistenza dell'elemento psicologico del reato.

2.5. Ora se è vero che, in tema di elemento soggettivo delle contravvenzioni, non è sufficiente la mera coscienza e volontà dell'azione o dell'omissione, in quanto l'art. 42 c.p., comma 4 non prevede una presunzione "iuris tantum" di colpevolezza ma impone che comunque si accertino il dolo o la colpa (Sez. 3, n. 4511 del 15/04/1997, Gioacchini, Rv. 207631), è altrettanto vero, però, che a tal fine è sufficiente la verifica, comunque rigorosa, quantomeno della sussistenza della sola colpa quando l'accertamento del dolo non sia imposto dalla particolare connotazione strutturale della condotta tipica o non sia necessario a fini diversi (per esempio, per l'applicazione dell'istituto della continuazione).

2.6. Nel caso di specie, deve essere esclusa la connotazione esclusivamente e sostanzialmente dolosa del reato di cui alla L. 6 dicembre 1991, n. 394, art. 19, comma 3, lett. e), e art. 30, poichè è sufficiente che l'azione volontaria dell'introdursi nell'area protetta con un'imbarcazione a motore venga posta in essere anche solo nella mancanza di consapevolezza dell'esistenza del divieto, purchè colposamente ignorato. In tal caso, infatti, il rimprovero si fonda non solo sulla volontaria violazione del divieto di accesso, ma anche sulla mancata conformazione della condotta a quella del modello di agente, dell'homo "eiusdem professionis et condicionis" che avrebbe dovuto attenersi agli obblighi di comportamento, di conoscenza e di informazione che incombono su chi va per mare.

2.7. L'ignoranza, per essere scusabile, deve essere inevitabile e comunque dovuta a fattori che sfuggono completamente al dominio dell'agente, imprevisti ed imprevedibili.

2.8. Le doglianze del ricorrente, invece, fondano su circostanze di fatto (percorrere una rotta sconosciuta, seguire una barca più grande, porsi nelle condizioni di non poter ben valutare la linea immaginaria delle boe, non averla valutata) che non rendono l'ignoranza scusabile.

2.9. Tale errore si riflette sulla stessa impostazione di fondo della odierna difesa che eccepisce la sussistenza degli elementi di fatto dai quali dedurre che l'imputato non fosse a conoscenza dell'effettiva linea di demarcazione, non già l'insussistenza della colpevole ignoranza del divieto.

2.10. E' appena il caso di ricordare che, trattandosi di reato contravvenzionale, l'errore, anche di percezione, non esclude la punibilità quando sia determinato da colpa (nel caso di specie insufficiente o comunque inidonea valutazione della linea di demarcazione di un'area protetta) (art. 47 c.p.).

2.11. Ne consegue che il ricorso deve essere respinto e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 1 luglio 2010.
Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2015