LA TESTUNIFICAZIONE DEL SISTRI CON DECRETO MATTM : SOLO UN “RAGGRUPPAMENTO” DI DEFINIZIONI?
di Alberto PIEROBON
Il tanto atteso decreto “testunificante” la disciplina dei vari decreti[1] relativi al SISTRI è finalmente venuto alla luce col Decreto del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 18 febbraio 2011 n. 52 <Regolamento recante istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti>, pubblicato solo in data 26 aprile 2011[2].
Abbiamo avuto modo di occuparci in più occasioni, sempre in questa Rubrica, del SISTRI[3], ovvero sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, contemplato dalla Parte IV del D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 e ss. mm. ii., recante il c.d. “Codice dell’ambiente”, più esattamente disciplinato dall’art.188-bis <Controllo della tracciabilità dei rifiuti> e disposizioni seguenti.
Abbiamo altresì già segnalato che il SISTRI, visibilmente (cioè per i soggetti formalmente previsti nel coinvolgimento del sistema) opera per bilanci “separati”, in una visione “atomizzata” che sembra essere poi ricomposta (quantomeno negli errori e/o nei flussi) da chi detiene le informazioni, ovvero dal medesimo SISTRI (rectius, i NOE e altri funzionari/tecnici). Per cui il produttore, il trasportatore, l’intermediario e l’impianto, sembrerebbero ricomporsi in una sorta di bilancio “consolidato”, però solamente in un ambito che obiettivamente si situa “fuori” della trasparenza (intesa qui nell’accezione della azione amministrativa) perché in realtà si tratta di “apparenza”…..
In altri termini, probabilmente, il sistema sembra essere “sbilanciato” nella sua alchimia, avendo riguardo agli aspetti patologici, essendo (come è stato più volte enfatizzato) orientato ai controlli, tramite incroci dei dati e/o delle movimentazioni, oltre che nella verifica dell’idoneità/abilitazione dei vari soggetti coinvolti effettuata grazie alla doverosità dello scambio informativo tra i vari soggetti istituzionali (per esempio le autorizzazioni, le iscrizioni degli automezzi, eccetera).
Ma il SISTRI, a nostro modesto avviso ed esperienza, non consente, nella sua architettura, di comprendere la “vera” gestione che si svolge dinamicamente nel mercato, dove appunto la gestione è più allargata, più sottile, più complessa e più sfrangiata. Al concreto, sovente è riscontrabile una gestione dove altre attività e altri soggetti (rispetto a quelle “formali” o rappresentate dal “fatto normativo”) emergono ed assumono rilievo (e peso) “gestionale”, situazioni e comportamento che il SISTRI, appunto, non intercetta, non inventaria, eccetera. Rimane, qualcuno potrebbe dire, l’attività investigativa delle forze di polizia, rispandendosi, quindi nella parte indagini e altro. Ma, come avremo modo di far osservare nei nostri prossimi contributi, qui si ricade su questioni (livelli e discrezionalità) che con l’attuale configurazione del SISTRI (almeno a quanto ci è dato da capire) si limitano a “grattare” gli aspetti criminali, obliandosi quell’aspetto dei crimini da “colletti bianchi” dove (lo sappiamo tutti[4]) si vedono sempre tornare i dati e le cifre (ovvero la forma), ma dove i trucchi, gli espedienti, le tortuosità e gli aggiramenti sfuggono alla logica sequenziale e causale del SISTRI.
Ricordiamo[5] come la “semplificazione” del SISTRI, evidenzi una “ propria” tracciabilità, la quale anche nella “fisiologia” della movimentazione dei rifiuti avviene, come detto, in modo frammentato, ovvero “spezzando” la gestione (che invece è un continuum) cioè ragionando per soggetti (e le loro “orbite”), tralasciando (almeno in apparenza) il sistema e i suoi rapporti nel complesso, riducendo le transazioni ad una logica di “chiusura” (tra fasi e soggetti) di quantità tra carico (+) e scarico (-).
Per quanto riguarda il rapporto tra l’Albo e il SISTRI basti qui ricordare (rinviando ad apposito articolo di imminente pubblicazione in questa Rubrica) che il comma 9 dell’art.212 prevede per le imprese aderenti al SISTRI che vengano rispettati gli incombenti relativi agli autoveicoli, in assenza dei quali l’Albo sospende d’ufficio gli autoveicoli arrivando (in caso di perdurante inerzia per altri tre mesi) alla cancellazione dall’Albo.
Andando al nuovo D.M. “testunificante” , le prime “sistemazioni” che saltano all’occhio nella parte “preambolo” riguardano, essenzialmente:
a) la messa a punto dei riferimenti normativi (in luogo dei <considerata> concernenti varie necessità ivi enfatizzate[6]) che rafforzano le basi di riferimento del SISTRI (articoli 188, 188-bis, 188-ter, 189, 190 e 193 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n.152 ss.mm. e ii. d’ora in poi “codice ambientale”);
b) la precisazione che il Regolamento de quo non incide sulla responsabilità estesa del produttore del prodotto (art.178-bis del codice ambientale), né apporta modifiche alle disposizioni del (primo) D.M. 17 dicembre 2009.
E’ interessante altresì notare come nel decreto venga espressamente manifestata <l’esigenza di assicurare la chiarezza normativa di settore e garantire la corrispondenza anche formale delle disposizioni del presente decreto con le disposizioni in tema di controllo della tracciabilità dei rifiuti introdotte dal decreto legislativo n.205 del 2010> e ciò prima ancora del <raccogliere, nell’ottica della certezza del diritto e dell’uniformità della relativa interpretazione, in un unico testo unico coordinato> tutti i precedenti decreti ministeriali.
Tralasciando, per ora, di evidenziare la (fondata) preoccupazione circa la chiarezza e la corrispondenza formale delle quali difettava la disciplina SISTRI, giova soffermarsi su come questa attività di “testunificazione” avverrebbe <in particolare, raggruppando le definizioni, ridefinendo il testo di varie disposizioni – ivi inclusi gli allegati – che sono state modificate nel frattempo con i predetti decreti ministeriali>.
Ci si consenta di soffermarsi su di una prima considerazione, che trascende aspetti stilistici o di drafting: il raggruppamento qui richiamato (asseritamente per testunificare le definizioni), vale forse come un “agglutinamento” delle medesime definizioni? O, meglio, significa e introduce un qualcosa d’altro?
E, anche volendo ammettere che siffatta operazione abbia l’effetto di “unire”, giustificandosi col dato linguistico in quanto assumente un proprio valore d’uso nel contesto del decreto (e così pretesamente tacciando ogni opinamento al riguardo, passandolo, per cavilloso, se non pretestuoso, ed altri termini che sicuramente verranno all’uopo sbandierati al fine di “tombare” queste critiche), domandiamoci se veramente questo “raggruppamento” comporta (o non), al di là degli aspetti giuridici sui quali interverremo nelle prossime “puntate”[7], una (poco surrettizia) “riscrittura” (più che “unione”) delle diverse definizioni?[8]
Insomma, il termine <raggruppare>, che indica un <raggruppamento>, assume varie latitudini, del che troviamo traccia anche in diverse discipline.
Per esempio, rimanendo nella disciplina sui rifiuti, basti mentovare l’allegato “B”, dove al punto “D13” si parlava di <raggruppamento preliminare dei rifiuti>, cioè prima delle operazioni “D1”-“D13” quindi attraverso l’unione/miscelazione dei rifiuti aventi natura e classificazione “compatibile” (ovviamente questo concetto non può essere invocato nel caso in esame).
O, ancora, negli appalti pubblici quando si parla di <raggruppamento di imprese> il quale raggruppamento non equivale - in senso tecnico e giuridico - ad una impresa (cioè non gode i una soggettività giuridica unitaria) ma è solamente uno strumento per consentire a tutte le imprese di presentare, per esempio, una offerta unitaria in fase di appalto, altrimenti non possibile (per mancanza di requisiti tecnico-finanziari o per eccessivo rischio, eccetera). Anche questo termine non è impiegabile nella questione di cui trattasi.
Anche nel settore della “contabilità” esistono i <raggruppamenti>. Per esempio di voci, laddove due o più voci della stessa Sezione vengono sostituite da una sola voce che ha valore “globale” (come somma dei singoli importi delle poste contabili raggruppate), oppure come raggruppamento di conti omogenei per natura (esempio banche c/c; crediti e debiti diversi, eccetera) e per saldi che abbiano lo stesso segno (in dare o in avere).
Guardando alla voce <raggruppamento> indicata nei dizionari troviamo che esso <raggruppamento> è un <ammasso, complesso, concentrazione, gruppo, insieme, riunione>.
La Enciclopedia Treccani, nel suo sito, indica, tra altri, quali esempi di utilizzo del termine raggruppamento, quelli “razziali” (per categorie comuni, per esempio colore di pelle, tipo capelli, eccetera); quelli “astrali” (la costellazione raggruppa delle stelle che corrispondono ad antiche figure o immagini); quelli della “fisica atomica” (dove nel raggruppamento atomico si perdono uno o più elettroni) e così via.
Ancora, andando a “categorie” diverse, il raggruppamento ricorre, per esempio, nella teoria di un noto giurista, Carl Schmitt, il quale usava il concetto di “raggruppamento amico/nemico” per spiegare i fenomeni politico, religioso, morale, economico, eccetera in quanto essi fenomeni sarebbero il terreno di formazione di questi raggruppamenti amici/nemici, qui coniati in quanto “neutralizzanti”, cioè al fine di “tenere” una pace concreta (nella politica, nel mercato, nella religione, eccetera), non essendo stati (questi ambiti) capaci di trovare un accordo (cioè una “pace”)[9]. Mentre diverso, sempre per lo Schmitt, sarebbe il terreno della “tecnica” dove “qualunque” raggruppamento può impadronirsi della stessa tecnica.
Insomma, qui vogliamo evidenziare come il termine <raggruppare> sia, come dire….. alquanto “infelice”, se non “traditore” di una certo modo di pensare e di organizzarsi.
Nel senso che il raggruppamento, se si vuole risalire alle origini, cioè come idea, si rifà alla quantità, alla necessità del contare, dove all’inizio di queste operazioni si cominciava aggiungendo o togliendo qualcosa, poi si è cominciato a ripartire gli oggetti, appunto “raggruppandoli” (per esempio le cinque dita di una mano raggruppano cinque oggetti, due mani stanno per dieci oggetti raggruppati, eccetera). Cioè il raggruppamento diventava la soluzione per superare il problema delle operazioni dove le cose cominciavano ad essere tante, tanto da dover essere, appunto, “raggruppate” in un (si badi) “ordine” diverso.
Ma, allora, il “raggruppare” le definizioni come va inteso in questo decreto? Insomma, che idea, che paradigma, c’è “dietro” (o sotto, o sopra, o di lato) questa operazione del “raggruppare”?
Cercheremmo, con tutta l’obiettività possibile, di affrontare questa tematica nelle prossime “puntate”.
[1] Si tratta dei decreti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare: 1) 17 dicembre 2009; 2) 15 febbraio 2010; 3) 9 luglio 2010; 4) 28 settembre 2010; 5) 22 dicembre 2010. Questi decreti dall’11 maggio cesseranno di produrre effetti.
[2] Supplemento Ordinario n. 107 della Gazzetta Ufficiale n.95 del 26 aprile 2011. Entrerà in vigore l’11 maggio 2011.
[3] Tra altri, con quattro interventi pubblicati tra il mese di febbraio e di marzo 2010; un ulteriore “aggiornamento” contenuto nell’articolo <Con il decreto-legge del 30 aprile 2010 viene rinviato il MUD al 30 giugno 2010, e non solo>; altri tre interventi pubblicati nel luglio 2010, titolati <Ultime novità (e ombre) sul SISTRI>, infine, il 7 marzo 2011, con l’articolo <Il MUD megafono del SISTRI?>.
[4] Ma qualcuno (persino appartenente alla magistratura e/o alle forze di polizia) sembra far finta di niente, addirittura, sperticandosi in lodi per gli aspetti grandemente di forma e/o di copertura procedurale. Ma sappiamo di cosa stiamo parlando? Sappiamo che stiamo così intorbidendo la realtà? Non si può poi disinvoltamente (e superficialmente) affermare che siffatti operatori esercitanti da anni nel settore sconoscano queste considerazioni (peraltro evidentissime alla stragrande maggioranza degli operatori con le “unghie nere”, ma pure a molti “prezzolati” consulenti e/o contabili e/o legali che sono funzionali all’incensazione di quanto viene propinato dall’alto o che, più semplicemente, non vogliono “intrigarsi”). Tutto questo davvero ci sconsola assai e ci conferma che stiamo vivendo un clima di generale (profonda, imperante) ipocrisia, oltre che di sudditanza, tramite una piaggeria espressa di continuo nei confronti dei (per usare un termine abusato, ma più che mai qui pertinente) detentori del “potere”. Forse che l’appartenere ad un ordine, ad un ente od organismo, significa “dipendere”, e “acquattarsi”, come opinione, come posizione, nella paura di essere “tagliati fuori” dai circuiti istituzionali, formativi, editoriali o altro. E lo stesso dicasi per i professionisti e per gli altri soloni del settore. Pochi hanno il coraggio (ma direi: la correttezza) di manifestare le proprie idee in modo equilibrato e critico. Si cerca la prebenda tramite corsi, incarichi, consulenze, ruolo e immagine, eccetera. Lo scenario rimane avvilente e poco fruttuoso (salvo talune eccezioni) dal punto di vista della crescita di un sapere che non sia parodiante (se non “mercenario” di) quello delle “corti” e del “Palazzo”.
[5] Nell’articolo cit. <Il MUD come megafono della tracciabilità SISTRI?>, Gazzetta Enti locali on line.
[6] Si tratta dei 4 <considerata la necessità di definire>: 1) differenziazione di disciplina SISTRI secondo dimensione e tipologia attività svolte, modi e date operatività, informazioni, e gestione dati; 2) modalità detenzione e messa a disposizione delle autorità di controllo delle informazioni SISTRI; 3) per il monitoraggio del SISTRI; 4) modalità di interconnessione ed interoperabilità con gli altri sistemi informativi.
[7] Ricordiamo le iniziali critiche mosse al D.M. 17 dicembre 2009, in buona sintesi: quel D.M. non poteva innovare le norme di rango legislativo (sia domestico, che comunitario). A maggior ragione se (come pare) quel D.M. implicitamente comportava una delicata attività integrativa tra diverse disposizioni legislative, considerando anche che quel D.M. non poteva introdurre (integrando talune definizioni rilevanti in sede gestionale) aspetti rilevanti anche per le norme penali e sanzionatorie.
[8] Ancora, come sa chi ha dovuto sobbarcarsi la dura lettura di tutta la disciplina SISTRI il cuore normativo (non operativo) del sistema risiede negli allegati, per cui occorre parimenti attenzionarsi sulle modifiche operate sugli stessi. Tralasciamo, per ora, la questione della normatività implicitamente autoassunta dalle informazioni notiziate sul sito sistri……
[9] Donde, con altre torsioni concettuali (ma sintomatiche), l’affermazione di altri, secondo la quale la pace sarebbe una guerra portata avanti in altri modi, oppure, rovesciandola, che la guerra sarebbe uno strumento riequilibratore, che garantisce la pace, eccetera.