Cass. Sez. III n. 49669 del 17 dicembre 2015 (Cc 24 set 2015)
Pres. Mannino Est. Amoresano Ric. Enel Green Power s.p.a.
Beni Ambientali.Tutela del paesaggio e interventi in difformità totale o parziale ovvero in variazione essenziale
In presenza di interventi edilizi in zona paesaggisticamente vincolata, ai fini della loro qualificazione giuridica e dell'individuazione della sanzione penale applicabile, è indifferente la distinzione tra interventi eseguiti in difformità totale o parziale ovvero in variazione essenziale, in quanto l'art.32, comma terzo, D.P.R. 6 giugno 2001 n.3880, prevede espressamente che tutti gli interventi realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico eseguiti in difformità dal titolo abilitativo, inclusi quelli eseguiti in parziale difformità, si considerano come variazioni essenziali e, quindi, quali difformità totali
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Brindisi, con ordinanza del 02/01/2015 rigettava le richieste di riesame, proposte, nei procedimenti riuniti, nell'interesse di Enel Green Power s.p.a., Ingmar Wilhelm, Sciuto Salvatore, Cavallo Vincenzo Paolo avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. del Tribunale di Brindisi in data 03/12/2014.
Premetteva il Tribunale che il procedimento traeva origine da un esposto presentato dal "Comitato contro il parco eolico industriale di San Vito dei Normanni", con cui venivano segnalate le illegittimità dell'autorizzazione, rilasciata dalla Regione Puglia all'Enel Green Power s.p.a., per la realizzazione di un parco eolico composto da sei aerogeneratori. Si evidenziava nell'esposto che le opere risultavano localizzate in una zona agricola, con la presenza di piante secolari di ulivo, sottoposta a vincoli paesaggistici e di protezione faunistico-ambientale.
Inoltre, si sottolineava che gli elaborati grafici approvati rappresentavano una situazione diversa da quella reale.
A seguito di sopralluogo effettuato dalla p.g. veniva accertata la presenza nella zona segnalata di un cantiere, nel quale erano in corso scavi ed opere in cemento armato.
Il P.M. disponeva, quindi, consulenza tecnica, attraverso la quale venivano accertati numerosi profili di illegittimità dell'autorizzazione; richiedeva, pertanto, al G.i.p. il sequestro dell'area, ipotizzando i reati di cui all'art. 110 cod. pen., art. 40 cpv. cod. pen., D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 nei confronti di I.W., responsabile dell'area di sviluppo Enel, di S.S., responsabile unità progetti ed impianti geotermici ed eolici Enel, P. D., redattore della perizia agronomica per conto di Enel, C.V.P., direttore dei lavori e redattore dello studio di impatto ambientale, nonchè sottoscrittore della dichiarazione di assenza di vincoli sull'area, G.F. responsabile dell'Ufficio Tecnico di Comune di San Vito dei Normanni.
Tanto premesso, riteneva il Tribunale infondate le richieste di riesame.
Sussisteva certamente il fumus del reato paesaggistico.
Come affermato dalla Corte di Cassazione, il Piano urbanistico Territoriale Tematico della Regione Puglia costituisce un intervento di pianificazione a carattere generale efficace su tutto il territorio regionale ed idoneo a produrre, oltre gli effetti di direttiva nei confronti della pianificazione comunale, anche effetti diretti nei confronti dei privati.
L'impianto in fase di realizzazione insisteva in ATE Tipo C, in ordine alla quale gli interventi erano consentiti solo se compatibili con la qualificazione paesaggistica.
Sicchè la realizzazione di opere in area sottoposta a tutela da parte del PUTT, eseguite in difformità dalle autorizzazioni rilasciate, costituiva violazione del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181.
E la difformità emergeva con evidenza (era ammessa anche dai ricorrenti), essendo stato l'impianto posizionato in area diversa da quella autorizzata.
Nessuna efficacia estintiva poteva poi avere la sanatoria rilasciata dal Comune di San Vito di Normanni, difettandone i presupposti D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 36 (l'art. 45 esclude dall'ambito di operatività della sanatoria i reati paesaggistici); inoltre la sanatoria incideva su una procedura di competenza regionale (conclusasi con l'autorizzazione unica n. 23/2012).
La sussistenza del fumus del reato paesaggistico, sotto il profilo indicato, legittimava di per sè la misura cautelare.
Nondimeno il PUTT doveva ritenersi violato anche con riferimento alla distanza dell'impianto da ulivi monumentali in numero elevato (prescrizioni L. n. 14 del 2007), contrariamente a quanto ritenuto nel parere rilasciato in data 21/10/2011 dal Dirigente di Servizio Agricoltura della Regione Puglia sulla base della relazione del tecnico agronomo P..
Infine, secondo il Tribunale, sussisteva ulteriore profilo di illegittimità in quanto, per l'importanza del progetto presentato e per le notevoli dimensioni del parco eolico, l'esclusione della VIA non risultava assolutamente giustificata.
Riteneva, invece, il Tribunale che non sussistesse il profilo relativo alla scadenza del titolo abilitativo e la conseguente inefficacia dello stesso (sul punto si era già espresso il TAR Lecce).
Ricorreva, infine, il periculum in mora, essendo palese la necessità di interrompere la permanenza del reato.
2.2. Ricorrono per cassazione Ingmar Wilhelm, Sciuto Salvatore, Enel Green Power s.p.a., a mezzo dei difensori.
Dopo una premessa in fatto, denunciano la violazione di legge in relazione al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 36 e 45; D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12; D.Lgs. n. 28 del 2011, D.M. 10 settembre 2010; L.R. Puglia n. 25 del 2012, artt. 321 e 309 cod. proc. pen..
Il Tribunale, erroneamente, ha escluso che il permesso di costruire in sanatoria D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 36 (rilasciato in data 16/12/2014 dal Comune di San Vito dei Normanni, a seguito di parere paesaggistico della Regione Puglia del 9/19/2014) avesse efficacia estintiva.
Benchè la Soprintendenza, escludendo la presenza di vincoli di cui al D.Lgs. n. 42 del 2014, si fosse dichiarata non competente ad esprimere il proprio parere, il Comune, prima del rilascio della sanatoria, aveva chiesto alla Regione Puglia, Ente preposto alla tutela di paesaggio, di esprimersi. E la Regione Puglia, con nota del 9/10/2014 aveva confermato le valutazioni paesaggistiche già espresse in sede di Conferenza dei Servizi, specificando che l'accertamento di conformità "non interessa ambiti territoriali estesi differenti da quelli interessati dal progetto autorizzato".
L'accertamento di compatibilità paesaggistica esclude l'applicabilità della disposizione di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 nel caso di interventi, come nel caso di specie, che non abbiano comportato creazione o aumento di superfici utili o volumi.
La Regione ha verificato che non vi erano modifiche sostanziali al progetto già assentito, per cui ha ribadito la compatibilità paesaggistica.
La sanatoria D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 45 comporta, quindi, effetti estintivi anche sull'asserito reato paesaggistico (secondo la giurisprudenza di legittimità l'accertamento di compatibilità paesaggistica configura una causa di non punibilità).
Erroneamente il Tribunale ha ritenuto sussistenti gli altri due profili di violazione di legge, sia in relazione alla incompetenza del Comune (in contrasto con la L.R. Puglia n. 25 del 2012), che in relazione alla natura "sostanziale" di varianti, per il diverso posizionamento degli aerogeneratori (pur non risultando variate nè le dimensioni, nè la volumetria della struttura, nè l'area destinata ad ospitare gli impianti, nè infine le opere connesse).
Non vi è stata quindi alcuna variazione essenziale.
Infine, quanto alla condizione cui era subordinato l'accertamento di conformità (acquisizione, prima dell'entrata in esercizio dell'impianto, del diritto di servitù dell'area), il Tribunale ha proceduto alla verifica, prima che si verificasse il presupposto temporale dell'entrata in esercizio dell'impianto.
Con il secondo motivo denunciano la violazione di legge con riferimento alla validità del parere paesaggistico del 30/03/2011.
Il Tribunale, confermando le valutazioni del G.i.p., ha ritenuto illegittimo il parere in questione, disapplicadolo, in quanto dopo breve tempo e senza che fossero modificate le condizioni, era stato trasformato in favorevole l'originario parere sfavorevole.
Non ha tenuto conto però che detto parere trovava una indiscutibile fonte normativa nella L.R. Puglia n. 25 del 2010, art. 5.15 e D.M. 10 settembre 2010.
A parte la risolutiva circostanza che la Regione Puglia era nuovamente intervenuta con l'ulteriore parere paesaggistico del 9/10/2014.
Eppure il Tribunale ha ritenuto di disapplicare tali provvedimenti amministrativi, pur non risultando oggettiva la causa di illegittimità.
Con il terzo motivo denunciano la violazione di legge in relazione alla ritenuta assoggettabilità a VIA del Progetto.
Il Tribunale non ha tenuto conto che, in base al D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12, comma 3, il procedimento di autorizzazione unica si svolge nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico artistico. Tale norma incide sulle modalità procedimentali di acquisizione delle valutazioni paesaggistiche (che debbono comunque essere acquisite). La Conferenza di Servizi, in base alla norma speciale, è pertanto la sede propria ed esclusiva in cui le amministrazioni interessate debbano esprimere le loro valutazioni (anche quelle di rilevanza ambientale).
Le valutazioni del Tribunale in ordine alla sottoposizione a VIA di un progetto esorbitano dalle possibilità di un sindacato giurisdizionale, in palese violazione del D.Lgs. n. 152 del 2006. Il Tribunale, peraltro, confonde la tutela paesaggistica con quella ambientale. La validità ed operatività della autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio di impianti di energia alimentati da fonti rinnovabili è stata del resto confermata dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. sez. 3 n. 15988 del 08/04/2013).
Con il quarto motivo denunciano la violazione della L.R. Puglia n. 14 del 2007, art. 6 la violazione del punto 4 art. 3.14 PUTT/P Regione Puglia in relazione alla ritenuta presenza di ulivi monumentali nella zona.
Il riconoscimento del carattere di monumentalità è, invero, procedimentato e non deriva da valutazioni discrezionali.
L'area interessata era stata sottoposta in data 31/5/2013 ad ulteriore ispezione dei funzionari regionali ed era stato accertato che le piante ivi presenti non rientrassero nella previsione legislativa della L.R. n. 14 del 2007.
Con il quinto e sesto motivo denunciano la violazione del D.M. 10 settembre 2010 in ordine alla corretta indicazione della gittata massima delle pale ed all'analisi delle interferenze visive e dell'impatto sul territorio.
2.1.Con memoria, depositata in data 16/092015, si deduce che il Comune di San Vito di Normanni era competente a rilasciare il provvedimento di sanatoria del 16/12/2014, a norma della L.R. Puglia n. 25 del 2012, art. 15, comma 2, trattandosi di modifiche non sostanziali (il diverso posizionamento degli aerogeneratori era all'interno dell'area autorizzata dal progetto ed addirittura all'interno dell'area di ingombro).
Nell'ambito del procedimento di sanatoria D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 36 poi la Regione Puglia, con nota del 9/10/2014, aveva confermato le valutazioni paesaggistiche già espresse in sede di Conferenza dei Servizi (trattandosi di modifiche non sostanziali).
La sanatoria ex art. 45, quindi, ha effetto estintivo anche sul reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, essendo stata accertata la compatibilità paesaggistica (non avendo l'intervento determinato la creazione di superfici utili o volumi).
La Regione Puglia ha verificato e confermato i precedenti pareri, spiegando le ragioni della modifica dell'originario parere del maggio 2010 (tenuto conto delle osservazioni della ditta ed essendo stato accertato che, con nota del 9/4/2008, il Comune di San Vito dei Normanni, competente fino al 31/12/2009, giusta delega ex L.R. n. 20 del 2011, aveva rilasciato autorizzazione paesaggistica).
Infine si deduce che il permanere della misura cautelare si pone in contrasto con i principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità di cui all'art. 275 c.o.p., applicabili anche alle misure cautelari reali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va preliminarmente dichiarato il non luogo a provvedere nei confronti di C.V.P.. Costui, pur avendo presentato richiesta di riesame, non ha poi proposto ricorso per cassazione.
Sicchè erroneamente è stato indicato come ricorrente ed erroneamente gli è stato dato avviso per l'udienza camerale.
2. I ricorsi proposti da Enel Green Power, S.S., I.W. (riuniti per connessione oggettiva e soggettiva) sono infondati e vanno, pertanto, rigettati.
2.1. Risulta pacificamente in punto di fatto (non venendo neppure sostanzialmente contestato dai ricorrenti) che le opere erano state posizionate in modo diverso rispetto a quanto previsto in progetto.
Il Tribunale ha dato atto che i consulenti, dopo aver eseguito le coordinate dei sei aerogeneratori, come risultanti dalle tavole tecniche, avevano proceduto a localizzare le opere in corso di realizzazione con sistema di rilevazione satellitare. E, attraverso tale ineccepibile metodo operativo, che trovava peraltro conforto nei rilievi effettuati dall'ausiliario forestale, dott. C., si era accertato una indiscutibile divergenza tra il dato delle coordinate di progetto con quello delle opere in corso. Risultava, infatti, uno spostamento significativo delle opere, oscillante tra i 9 metri ed i 28 metri, rispetto a quanto era stato autorizzato con il progetto.
Sulla base di tale accertamento, ineccepibilmente il Tribunale ha ritenuto che fosse configurabile il fumus del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) (pag. 15 ord.).
La giurisprudenza di questa Corte, a partire da quella più datata, ha costantemente ritenuto che la costruzione realizzata in un'area diversa da quella risultante dal progetto approvato integri un'opera autonoma a sè stante in quanto non riferibile, per la sua diversa ubicazione, all'opera autorizzata. E tale costruzione integra pertanto l'ipotesi di totale difformità di lavori dal provvedimento abilitativo (Cass. sez. 3 n. 5224 del 20/03/1981), per cui è configurabile il reato di costruzione abusiva e non quello di costruzione in difformità delle prescrizioni o modalità esecutive, qualora la costruzione sia effettuata in un'area diversa da quella risultante dal progetto approvato, anche se tale spostamento sia stato di pochi metri e nell'ambito dello stesso lotto (Cass. sez. 3 n. 3178 del 27/01/1982).
Lo spostamento da un luogo ad un altro determina, invero, una vera e propria alterazione della costruzione autorizzata, che integra un'opera sostanzialmente autonoma ed abusiva in quanto non legittimata dalla preventiva autorizzazione dell'autorità comunale.
Anche la giurisprudenza più recente ha ribadito che, ai fini della integrazione del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, si considera in "totale difformità" l'intervento che, sulla base di una comparazione unitaria e sintetica fra l'organismo programmato e quello che è stato realizzato con l'attività costruttiva, risulti integralmente diverso da quello assentito per caratteristiche tipologiche, plano volumetriche, di utilizzazione o di ubicazione (Cass. sez. 3 n. 40541 del 18/06/2014).
E non può essere revocato in dubbio che opere "spostate", in modo significativo (tra i nove ed i ventotto metri), rispetto al progetto approvato integrino una difformità totale, e come tali debbano considerasi completamente abusive, non essendo "legittimate" dal provvedimento originario (esse invero risultano sottratte al controllo dell'assetto del territorio e rimesse alla scelta autonoma e discrezionale del soggetto agente).
Ha già osservato il Tribunale, inoltre, che contrariamente all'assunto difensivo l'intervento non può considerarsi di "variante di tipo non sostanziale" neppure ai sensi e per gli effetti della disciplina speciale prevista dal D.Lgs. 3 marzo 2011, n. 28, in quanto l'art. 5, comma 3, esclude dalle categorie degli interventi sostanziali, oltre quelli che non comportano variazioni delle dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture, quelli che non comportano "variazioni dell'area destinata ad ospitare gli impianti stessi".
2.2. Per di più, nel caso di specie, risultando l'area sottoposta a vincoli paesaggistici, perde rilevanza la distinzione tra "totale difformità" e "parziale difformità" .
Il Tribunale, dopo aver ricordato che i vincoli di tipo paesaggistico, ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 134 possono essere di tre diverse tipologia (tra cui quelli derivanti dai PUTT), ha richiamato la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. 3 n. 41078 del 20/09/2007), secondo cui, in tema di tutela del paesaggio, anche a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, l'individuazione di beni paesaggistici spetta sia al Ministero dei beni culturali ed ambientali mediante appositi decreti ministeriali, sia alle Regioni mediante appositi atti amministrativi, leggi regionali ovvero mediante la compilazione dei Piani Urbanistici Territoriali. In applicazione di tale principio si è ritenuto che il Piano Urbanistico Territoriale Tematico della Regione Puglia, riconducibile alla categoria dei piani urbanistico territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali, costituisca un intervento di pianificazione a carattere generale efficace su tutto il territorio regionale, non limitato alle aree ed ai beni elencati dal D.P.R. n. 616 del 1977, art. 82, comma 5, ovvero alle aree già sottoposte ad uno specifico vincolo paesistico.
Il PUTT/P, quindi, oltre gli effetti di direttiva nei confronti della pianificazione comunale, produce anche effetti diretti nei confronti dei privati, con vincoli generali e particolari, purchè pertinenti alla specifica tematica del piano stesso ed estende la sua portata, oltre che ai beni vincolati, anche a zone non soggette al regime di tutela paesistica, ma ugualmente ritenute meritevoli di considerazione in quanto espressione della più generale potestà urbanistica regionale in materia paesaggistico-ambientale".
Il Tribunale ha accertato che l'impianto in corso di realizzazione insistesse in ATE di Tipo C, e che all'interno di tale ambito gli interventi di trasformazione fossero ammessi solo se compatibili con la qualificazione paesaggistica.
Del resto in data 17/05/2010 la stessa Regione Puglia non esprimeva parere favorevole (salvo poi a modificarlo inopinatamente dopo pochi mesi) per gli aerogeneratori 1, 2, 3, 4, 5, in quanto collocati in ATE di Tipo C e in contrasto con i relativi indirizzi di tutela (2.02) del PUTT. Da tutto ciò consegue, da un lato, che, a seguito dello spostamento dell'ubicazione dell'opera, comunque si rendesse necessario nuovo permesso di costruire (da conseguire con ricorso alla procedura dell'autorizzazione unica).
Anche di recente la giurisprudenza di questa Corte ha ribadito, infatti, che in presenza di interventi edilizi in zona paesaggisticamente vincolata, ai fini della loro qualificazione giuridica e dell'individuazione della sanzione penale applicabile, è indifferente la distinzione tra interventi eseguiti in difformità totale o parziale ovvero in variazione essenziale, in quanto il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 3880, art. 32, comma 3, prevede espressamente che tutti gli interventi realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico eseguiti in difformità dal titolo abilitativo, inclusi quelli eseguiti in parziale difformità, si considerano come variazioni essenziali e, quindi, quali difformità totali (Cass. sez. 3 n. 37169 del 06/05/2014; sez. 3 n. 1486 di 03/12/2013 ed in precedenza Sez. 3 n. 16392 del 17/02/2010) E, dall'altro, che occorresse, per l'intervento "diverso", nuova autorizzazione paesaggistica.
Perfino gli interventi eseguibili mediante dia (ora scia) necessitano, infatti, del preventivo rilascio dell'autorizzazione paesaggistica da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo" (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 3 n. 8739 del 21.1.2010), configurandosi in mancanza il reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 (Cass. pen. sez. 3 n. 15929 del 12.1.2006).
Correttamente, pertanto, il Tribunale ha ritenuto che fosse configurabile il fumus sia del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), sia del reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181.
2.3. Si assume, però, dai ricorrenti che tali reati dovrebbero, comunque, ritenersi estinti (con conseguente illegittimità dell'applicazione della misura cautelare reale) a seguito del rilascio di permesso di costruire in sanatoria e di accertamento di compatibilità paesaggistica.
Rileva il Collegio che l'assunto difensivo non possa essere accolto per le ragioni, di seguito esposte, che integrano i rilievi svolti dal Tribunale sul punto.
Secondo la stessa prospettazione difensiva l'effetto estintivo dovrebbe essere determinato dal rilascio di permesso di costruire in sanatoria D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 36 da parte del Comune di San Vito dei Normanni (n. 802/E del 16/12/2014) e dall'accertamento di compatibilità paesaggistica effettuato dalla Regione Puglia, con nota del 9/10/2014.
Il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 36 prevede che il responsabile dell'abuso o il proprietario possano ottenere il permesso in sanatoria se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda, (cd."doppia conformità").
Ma tale "condizione" non sussiste, essendo l'opera in contrasto, come si è visto, con le previsioni del PUTT. Inoltre il permesso di costruire in sanatoria, rilasciato dal Comune di San Vito dei Normanni, è subordinato alla "condizione che prima della entrata in esercizio dell'impianto sia acquisito il diritto di servitù area per le particelle e per le porzioni di particelle non previste nell'elenco del Piano Particellare ed Esproprio autorizzato (al momento del rilascio del permesso in sanatoria quindi non vi era alcun titolo in ordine all'area occupata dalle opere realizzate).
In ogni caso, il rilascio del permesso di costruire in sanatoria D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 36 non può determinare l'estinzione del reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181.
A norma del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 45 infatti, il rilascio in sanatoria del permesso di costruire estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti.
La giurisprudenza di questa Corte (a partire da quella formatasi in relazione alla L. n. 47 del 1985, artt. 13 e 22) ha costantemente affermato che l'effetto estintivo non opera nei confronti dei reati aventi oggettività giuridica diversa, come quelli relativi a violazioni di disposizioni dettate dalle leggi in materia di costruzioni in zona sismica, di opere in conglomerato cementizio o di vincoli ambientali e paesaggistici. Tali disposizioni, infatti, pur riguardando l'attività edificatoria sono "diverse" sotto il profilo della ratio e degli obiettivi perseguiti, da quelle in materia urbanistica (cfr. ex multis Cass. sez. 3 2.7.1994 n. 7541; Cass. sez. 3 26.6.1997 n. 6225; Cass. sez. 3 n. 11511 del 15.2.2002; Cass. sez. 3 22.5.2006 n. 17591; Cass. Sez. 3 n. 11271 del 17.2.2010).
Per quanto riguarda specificamente i reati paesaggistici previsti dal D.Lgs. n. 42 del 2004, si è rilevato (Cass. sez. 3 n. 37318 del 3.7.2007) che essi sono soggetti ad una disciplina difforme e differenziata, legittimamente e costituzionalmente distinta, avente oggettività diversa, rispetto a quella che riguarda l'assetto del territorio sotto il profilo edilizio (v. anche Corte Cost., ord. 21 luglio 2000 n. 327).
2.4. Ma il reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 non può ritenersi estinto neppure per effetto dell'accertamento di compatibilità paesaggistica, effettuato dalla Regione Puglia con nota del 09/10/2014.
Era principio consolidato che il successivo rilascio dell'autorizzazione paesistica, da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo, non determinasse l'estinzione del reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004 art. 181, (già D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163) poichè tale effetto non era previsto da alcuna disposizione legislativa (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 3, 4/2/1999 ric. De Laurentis).
Anche la Corte Costituzionale aveva osservato che "la sopravvenienza dell'autorizzazione è irrilevante ai fini della sottoposizione a sanzione penale ai sensi della L. n. 431 del 1985, art. 1 sexies (sentenza n. 318 del 1994); infatti l'autorizzazione intervenuta dopo l'inizio dell'attività soggetta al necessario previo controllo paesaggistico non è sufficiente per rimuovere in via generale l'antigiuridicità penalmente rilevante dell'attività già compiuta in assenza di titolo abilitativo" (cfr. ordinanza n. 158 del 1998).
Il D.Lgs n. 42 del 2004, art. 146, comma 12 ha ribadito espressamente che "l'autorizzazione paesaggistica.... non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi".
Senonchè, derogando a siffatto consolidato principio, il comma 36, della L. n. 308 del 2004, art. 1 ha aggiunto al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, il comma 1 ter, prevedendo una valutazione postuma della compatibilità paesaggistica, sia pure in limitati casi.
Tale norma stabilisce, infatti, che "ferma restando l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'art. 167, qualora l'autorità amministrativa competente accerti la compatibilità paesaggistica secondo le procedure di cui al comma 1 quater, la disposizione di cui al comma 1 non si applica: a) per il lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati; b) per l'impiego di materiali in difformità dell'autorizzazione paesaggistica; c) per i lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3".
2.4.1. Nel caso di specie, come si è visto in precedenza, ci si trova in presenza di opere che erano state realizzate in area diversa da quella autorizzata, per cui rispetto ad essa si è determinata quanto meno la realizzazione di nuove superfici utili.
2.4.2. Neppure è applicabile (non è stato neppure invocato e non ne ricorrono palesemente le condizioni) il comma 37, L. n. 308 del 2004, art. 1, che ha introdotto una ipotesi di sanatoria per lavori abusivi compiuti, in zone sottoposte a vincolo, entro il 30 settembre 2004, sempre che intervenga ex post l'accertamento di compatibilità paesaggistica.
La norma non prevede alcuna esclusione in relazione all'entità dell'abuso ("lavori compiuti su beni paesaggistici"),- cfr. cass. pen. sez. 3 n. 15946 del 5.4.2006 -, ma subordina la sanatoria alla condizione che: a) le tipologie edilizie realizzate ed i materiali utilizzati, anche se diversi da quelli indicati nell'eventuale autorizzazione, rientrino tra quelli previsti ed assentiti dagli strumenti di pianificazione paesaggistica, ove vigenti, o, altrimenti, siano giudicati compatibili con il contesto paesaggistico; b) i trasgressori abbiano previamente pagato la sanzione pecuniaria di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 167 maggiorata da un terzo alla metà ed una sanzione pecuniaria aggiuntiva determinata dall'autorità amministrativa competente.
Peraltro,l'accertamento di compatibilità paesaggistica, così conseguito, comporta l'estinzione del reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 e di ogni altro reato in materia paesaggistica e quindi, non si estende ai reati edilizi: al contrario della L. n. 326 del 2003 (art. 42, comma 43, n. 1) che estendeva la sanatoria anche al reato per la violazione del vincolo, analoga previsione non è contenuta nel comma 37 sopra richiamato.
3.5frilievi in precedenza svolti sono assorbenti e rendono superfluo l'esame delle ulteriori doglianze in punto di "fumus".
4. In relazione al "periculum in mora" il Tribunale ha correttamente rilevato che sussista un pericolo di aggravamento dei reati già commessi trattandosi di opere in corso di realizzazione.
La misura cautelare è pertanto giustificata dalla necessità di impedire che il reato venga portato ad ulteriori conseguenze.
5. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Dichiara non luogo a provvedere nei confronti di C.V. P., non ricorrente. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 24 settembre 2015.