Trib. S.Maria C.V. sent. 10 marzo 2011
Pres. Pepe Est. Pepe IMp. Della Gatta ed altri
Urbanistica. Impianto calcestruzzo amovibile
E' illegittima l'autorizzazione provvisoria riguardante opere trasferibili e precarie (impianto di calcestruzzo amovibile) installate sul suolo agricolo posto che il concetto di opera contingente, momentanea e transitoria va parametrato con riferimento non alle dimensioni ma alla durata nel tempo dei bisogni che l'edificazione dell'opera intende soddisfare. Pertanto, l'assenza di permesso a costruire comporta la sussistenza del reato di cui all'art. 44, lett. b, DPR 380/2001. Di converso, tale illegittimità non costituisce violazione di legge macroscopica idonea a provare ex se il dolo intenzionale del delitto di abuso d'ufficio." (segnalazione e massima a cura dell'avv. Gennaro Iannotti)
TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere - Sez. II Penale Coll. A composto da:
Dott Antonio Pepe Presidente est.
Dott. Mario Morra Giudice
Dott. Francesco Caramico D’Auria Giudice
alla pubblica udienza del 10/03/2011 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente
S E N T E N Z A
nei confronti di:
1) DELLA GATTA CARMINE,;
libero - contumace
2) DELLA GATTA MADDALENA,;
libera - contumace
3) DI LORENZO GEMMA,;
libera - contumace
4) LETIZIA GIACOMO,
libero - presente
5) VERDE LUIGI,
libero - contumace
IMPUTATI
A) del reato p. p. dagli artt. 110 c.p. e 44 DPR 380\01, perché Della Gatta Maddalena - quale rappresentante legale della IMPREGECO Costruzioni Generali s.a.s. che otteneva il rilascio della autorizzazione provvisoria 21\AP del 22-04-03, Della Gatta Carmine - quale rappresentante legale della GETECO spa, società conduttrice del fondo e che otteneva il rilascio della autorizzazione provvisoria 38\AP del 28-06-04 e quale progettista e direttore dei lavori in relazione ai lavori assentiti con autorizzazione provvisoria 21\ND del 22-04-03, Di Lorenzo Gemma - quale legale rappresentante della società DGI srl proprietaria del fondo – Letizia Giacomo - quale responsabile dell’Ufficio tecnico che sottoscriveva le autorizzazioni 2635 del 22-04-03 e 2675 bis del 28-06-04, Verde Luigi - quale progettista e direttore lavori in relazione ai lavori assentiti con autorizzazione provvisoria 38\r\P del 28-6-04 - in località "Sanguette", su un fondo di mq 8623 e indicato come p.lle 258 e 259 foglio 3 in catasto terreni, con destinazione urbanistica "area E2 " (agricola aree seminative e frutteto) realizzavano un manufatto abusivo - ovvero un impianto per il confezionamento di conglomerato cementizio, box per uffici, tettoie in ferro - avvalendosi delle autorizzazioni n. 21\2635 del 22-04-03 e n. 38\2675 bis del 28-06-04 che consentivano la realizzazione di opere provvisorie ed amovibili ma in realtà costruendo un impianto che per tipologia e caratteristiche ha natura di stabile insediamento produttivo, opera che per tipologia richiedeva il rilascio di permesso di costruire ( rilascio mai avvenuto) e che comunque non poteva essere realizzata stante la destinazione agricola dell'area.
In Gricignano d'Aversa (CE) sino al 28-07-06
B) del delitto p. e p. dagli artt. 110, 117, 323 c.p. perché Della Gatta Maddalena - quale rappresentante legale della IMPREGECO Costruzioni Generali sas - che otteneva il rilascio della autorizzazione provvisoria 21\AP del 22-04-03, Della Gatta Carmine - quale rappresentante legale della GETECO spa, società conduttrice del fondo e che otteneva il rilascio della autorizzazione provvisoria 38\11P del 28-06-04 e quale progettista e direttore dei lavori in relazione ai lavori assentiti con autorizzazione provvisoria 21\AP del 22-04-03, Di Lorenzo Gemma - quale legale rappresentante della società DGI srl proprietaria del fondo Letizia Giacomo - quale responsabile dell’Ufficio tecnico che sottoscriveva le autorizzazioni 21-AP\ 2635 del 22-04-03 e 28-AP 2675 bis del 28-06-04, Verde Luigi - quale progettista e direttore lavori in relazione ai lavori assentiti autorizzazione provvisoria 38\AP del 28-06-04, in concorso fra loro nelle indicate qualità, in violazione degli art 4. 10. 27 DPR 380\01 ed in violazione dell’art 92 del Regolamento Edilio Comunale, materialmente operando Giacomo Letizia che rilasciava le autorizzazioni provvisorie e agendo gli altri quali determinatori e\o istigatori, con le autorizzazioni 21-AP\ 2635 del 22-04-03 e 28– AP 2675 bis del 28-06-04, realizzavano un impianto che per tipologia e caratteristiche ha natura di stabile insediamento produttivo, opera che per detta tipologia di appartenenza richiedeva il rilascio di un permesso di costruire ( rilascio mai avvenuto) e che comunque non poteva essere realizzata stante la destinazione agricola dell'area - fondo di mq 8623 e indicati come p.lle 258 e 259 foglio 3 in catasto terreni, con destinazione urbanistica "area E2" ( agricola aree seminative e frutteto) - così procurando ai beneficiari nelle indicate qualità, l'ingiusto profitto della realizzazione dell'opera.
In Gricignano d'Aversa (CE) nelle date indicate
C) del reato p. e p. dagli artt. 110,117, 479-476 c.p. perché Della Gatta Maddalena -quale rappresentante legale della IMPREGECO Costruzioni Generali sas - che otteneva il rilascio della autorizzazione provvisoria 21\AP del 22-04-03, Della Gatta Carmine - quale rappresentante legale della GETECO spa, società conduttrice del fondo e che otteneva il rilascio della autorizzazione provvisoria 38\AP del 28-06-04 e quale progettista e direttore dei lavori in relazione ai lavori assentiti con autorizzazione Provvisoria 21\AP del 22-04-03, Di Lorenzo Gemma - quale legale rappresentante della società DGI srl proprietaria del fondo, Letizia Giacomo - quale responsabile dell’ Ufficio tecnico che sottoscriveva le autorizzazioni 21-AP\635 del 22-04-03 e 28 - AP 2675 bis del 28-06-04, Verde Luigi - quale progettista e direttore lavori in relazione ai lavori, in concorso fra loro nelle indicate qualità, in violazione degli art 4, 10. 27 DPR 380\01 ed in violazione dell'art. 92 del Regolamento Edilizio Comunale, materialmente operando Giacomo Letizia che rilasciava le autorizzazioni provvisorie e agendo gli altri quali determinatori e\o istigatori, con le autorizzazioni 21-AP\ 2635 del 22-04-03 e 28-AP 2675 bis del 28-06-04, falsamente attestavano la conformità agli strumenti urbanistici del comune di Gricignano d'Aversa (art. 92 REC) ed alla normativa nazionale in materia edilizia (art 4, 10, 27 DPR 380\01) di un impianto che per tipologia e caratteristiche (queste ultime evincibili dalla progettazione in relazione alla prima realizzazione ed alla effettiva consistenza in relazione alla seconda autorizzazione), circostanza non corrispondente al vero in quanto l'opera ha natura di stabile insediamento produttivo - impianto realizzato su un fondo di mq 8623 e indicato come p.lle 258 e 259 foglio 3 in catasto terreni, con destinazione urbanistica "area E2" (agricola aree seminative e frutteto) - opera che quindi con dette autorizzazioni non poteva essere assentito perché non conforme alla normativa indicata e per la cui realizzazione era necessario il rilascio di un permesso di costruire e che, comunque, non poteva essere realizzato in quale sito avente destinazione agricola.
In Gricignano d'Aversa (CE) nelle date indicate
CONCLUSIONI
Per il Pubblico Ministero: affermare la penale responsabilità di Della Gatta Carmine, Della Gatta Maddalena, Di Lorenzo Gemma, Letizia Giacomo e Verde Luigi in relazione ai reati loro ascritti e, unificati gli stessi sotto il vincolo della continuazione, condannare i predetti imputati alla pena di anni due di reclusione ciascuno.
Per tutti gli imputati: assoluzione perché il fatto non sussiste.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto in data 18 febbraio 2009, il GUP di questo Tribunale disponeva il giudizio nei confronti di Della Gatta Carmine, Della Gatta Maddalena, Di Lorenzo Gemma, Letizia Giacomo e Verde Luigi, chiamati a rispondere degli addebiti di cui all’epigrafe.
Dopo alcuni rinvii ( concernenti le udienze del 14-7-09, 10-11-09, 2-2-10 ) cagionati dalla irritualità delle notifiche agli imputati o ( per l’udienza del 25-5-10 ) determinati dalla precaria composizione del Collegio giudicante, il dibattimento aveva inizio all’udienza del 19 ottobre 2010, con l’articolazione e l’ammissione dei mezzi di prova orali e documentali; si dava quindi corso all’istruttoria dibattimentale con le testimonianze di Barbato Antonio ( in servizio presso l’area tecnica del Comune di Gricignano ), Bellofiore Anna ( agente della polizia municipale dello stesso Comune ) e infine del maresciallo dei Carabinieri Magurno Massimo, all’epoca dei fatti comandante della Stazione CC di Cesa.
Alla successiva udienza del 25 gennaio 2011 veniva invece ascoltato l’Ing. Fuschetti Anacleto, consulente del Pubblico Ministero nella fase delle indagini preliminari; all’esito dell’escussione del Fuschetti, veniva disposta l’acquisizione al fascicolo del dibattimento dell’elaborato da lui redatto.
L’istruttoria dibattimentale proseguiva quindi all’udienza del 22 febbraio 2011, con la deposizione di Santorelli Antonio, luogotenente del NOE di Caserta, del maresciallo dei CC Marino Emilio e di Caturano Aniello; completata in tal modo l’escussione dei testi addotti dal PM, e preso atto della dichiarazione resa da Letizia Giacomo - unico imputato presente – circa la sua volontà di avvalersi della facoltà di non rispondere, veniva escusso l’ing. Massaro Luigi, teste della Difesa; all’esito, avendo la Difesa rinunziato all’audizione degli ulteriori testi di lista, venivano dichiarati utilizzabili tutti gli atti acquisiti al fascicolo per il dibattimento.
All’odierna udienza, le parti procedevano alla discussione finale, rassegnando le conclusioni innanzi trascritte.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’addebito mosso agli imputati attiene al rilascio delle autorizzazioni provvisorie n. 21 del 22 aprile 2003 e n. 38 del 28 giugno 2004, con le quali Letizia Giacomo, nella sua qualità di responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Gricignano d’Aversa, consentì la realizzazione, su un fondo sito in località Sanguette, esteso mq. 8623 e con destinazione agricola ( area E 2 nello strumento urbanistico comunale ), la realizzazione di un impianto di produzione di conglomerato cementizio, qualificando tale insediamento produttivo come opera provvisoria e amovibile; l’accusa contesta siffatta qualificazione, assumendo che il carattere di stabilità degli edifici a realizzarsi avrebbe postulato il rilascio di una concessione edilizia, la cui emissione era però preclusa - nella concreta fattispecie – dal contrasto tra la destinazione urbanistica della zona e la natura industriale dell’impianto.
La vicenda oggetto del processo deve essere necessariamente ricostruita attraverso l’analisi dell’iter amministrativo sfociato nel rilascio dei provvedimenti autorizzativi appena citati.
Dall’esame della documentazione acquisita emerge che la prima richiesta d’autorizzazione fu presentata il 3-1-2003 da Della Gatta Maddalena, amministratrice unica della Impregeco s.a.s, società che deteneva in comodato il terreno agricolo in discorso, del quale era invece proprietaria la Della Gatta Immobiliare Srl, amministrata da Di Lorenzo Gemma; nel progetto – a firma dell’ing. Verde Luigi - si specificava che oggetto dell’istanza era l’installazione a carattere provvisorio di un impianto costituito da due silos per cemento, una cabina di comando, due serbatoi di acqua, quattro contenitori per ghiaia e pietrisco, oltre a box per uffici e a servizi igienici prefabbricati e trasferibili; la relazione tecnica allegata al progetto non illustrava le esigenze temporanee che la Impregeco si proponeva di soddisfare, salvo che per l’accenno al collegamento con il cantiere per la realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità Roma–Napoli; il successivo 22 aprile il Letizia, in accoglimento dell’istanza, autorizzava ( a.p. n. 21/03 ) l’installazione dell’impianto per la durata di ventiquattro mesi, subordinandola al rilascio di una fideiussione destinata a garantire i costi per l’eventuale inottemperanza all’obbligo di ripristino dello stato dei luoghi.
Il 29 dicembre 2003, la GE.TE.CO. S.p.a., in persona dell’amministratore Della Gatta Carmine, sollecitava la voltura in suo favore dell’autorizzazione n. 21 e inoltre chiedeva di variare il progetto già assentito, mediante la realizzazione di ulteriori opere edili ( una cabina Enel, un container destinato ad alloggio del custode ) tra cui altri silos sul lato Est dell’impianto; rilevava nella circostanza il progettista Verde che l’ampliamento si rendeva necessario per la “ crescente domanda di prodotto “, e che – per tutelare i beni del complesso industriale da possibili malintenzionati – sarebbe stato edificato un muro di recinzione dall’altezza di tre metri intorno al complesso.
Anche in questo caso Letizia Giacomo, nella sua veste di responsabile dell’UTC, rilasciava un’autorizzazione provvisoria dalla durata di ventiquattro mesi ( a. p. n. 38 del 28-6-04 ), prescrivendo che i lavori dovessero essere completati nel giro di dodici mesi dall’emissione del provvedimento.
Tanto premesso, occorre ancora chiarire che lo spunto iniziale all’attività d’indagine è stato fornito dal sopralluogo effettuato il 28 luglio 2006 dal funzionario dell’UTC Barbato Antonio, unitamente all’agente di polizia municipale Bellofiore Anna e alla presenza del comandante della Stazione Carabinieri di Cesa Magurno Massimo.
Nella circostanza, come ha riferito il Barbato nel corso della sua deposizione e come del resto può desumersi anche dalla lettura del verbale di sequestro, egli riscontrò l’avvenuta scadenza del termine di efficacia dell’autorizzazione provvisoria e della correlata polizza fideiussoria destinata a garantire il ripristino dello stato dei luoghi e sottopose quindi a sequestro l’impianto industriale, nel contempo accertando anche l’assenza di un direttore dei lavori a tale funzione abilitato, essendosi il Verde dimesso da tale incarico; dichiarazioni in tutto conformi sono state rese dalla Bellofiore, la quale ha pure precisato che il sopralluogo fu eseguito a seguito delle segnalazioni di alcuni contadini che lamentavano la costante presenza di polveri industriali sulle coltivazioni.
Appare evidente che il primo elemento da prendere in considerazione allo scopo di valutare il fondamento dell’incriminazione, secondo cui il rilascio delle autorizzazioni provvisorie sarebbe stato frutto di un illecito accordo tra i soggetti beneficiari e il pubblico funzionario che le sottoscrisse, è l’eventuale illegittimità – per contrasto con la normativa urbanistica - dei due provvedimenti abilitativi in oggetto.
Sul punto, l’ing. Fuschetti – dopo aver osservato che il DPR n. 380/01 non contiene alcuna disciplina concernente l’eventuale rilascio di autorizzazioni provvisorie - ha evidenziato che i provvedimenti emessi dal Letizia richiamano, come fonte normativa, l’art. 92 del regolamento edilizio di Gricignano d’Aversa, intitolato “ installazione a tempo determinato di strutture trasferibili, precarie e gonfiabili ( anche se ancorate stabilmente al suolo ) “, secondo il cui dettato
“ l’installazione e lo spostamento di costruzioni trasferibili ( chioschi o box prefabbricati per la vendita di giornali, fiori, frutta, generi alimentari o adibiti a bar, ecc. ) nonché destinate a ricovero di automezzi o attrezzi, a magazzino ecc, di strutture gonfiabili a usi diversi ( copertura di piscine o altri impianti sportivi ), di tendoni o similari per spettacoli…..è soggetta ad autorizzazione da parte del Sindaco anche se tali strutture vengono localizzate su aree private “.
Di conseguenza, il quesito che si pone all’interprete è quello di stabilire se nella nozione di opere trasferibili e precarie possa ritenersi ricompreso anche il complesso industriale oggetto delle autorizzazioni.
Deve subito sottolinearsi che, ai fini di tale valutazione, all’oggettiva imponenza degli edifici costituenti il complesso industriale – in particolare dei silos e dei serbatoi di grandi dimensioni visibili nei rilievi fotografici in atti – non può attribuirsi decisivo rilievo, potendosi ritenere appurata la agevole trasferibilità dell’intero impianto.
Invero sul punto il teste Caturano Aniello, premesso di rivestire la carica di legale rappresentante della Calcestruzzi Volturno Inerti Srl, e ricordato che la società da lui amministrata acquistò nel giugno 2004, in epoca di poco successiva al rilascio delle autorizzazioni incriminate, proprio l’impianto industriale di proprietà della Ge.de.co, ha spiegato d’aver utilizzato detto impianto per la produzione di conglomerati cementizi destinati al cantiere TAV di Gricignano, ubicato a soli cinquecento metri di distanza, fino al momento del sequestro; non essendo riuscito più ad ottenere la libera disponibilità del complesso ed essendo cessata l’esigenza collegata ai lavori dell’alta velocità, nelle more terminati, il Caturano ha richiesto, mentre era in corso il dibattimento, l’autorizzazione a rimuovere le opere in questione e – una volta ottenutala – ha proceduto allo smontaggio e allo spostamento dell’intero complesso.
Se, perciò, può darsi per scontato che l’opera in questione fosse davvero amovibile – dal punto di vista della possibilità di materiale spostamento delle parti che la componevano – da ciò però non può trarsi la conclusione dell’applicabilità, alla concreta fattispecie, dell’art. 92 del regolamento edilizio comunale.
Il Collegio infatti condivide l’opinione del consulente tecnico del Pubblico Ministero secondo cui la necessità del rilascio di una concessione edilizia – che costituisce la regola generale dettata dalla disciplina nazionale – può ritenersi derogata solo in presenza di opere rispondenti ad esigenze davvero contingenti, momentanee e transitorie.
In tal senso, del resto, si è più volte pronunziata la Suprema Corte di Cassazione, affermando ( Cass., Sez. III, 3-7-1992 n. 8533, Trovellesi ) che “ in materia edilizia, un'opera presenta il carattere della precarietà, che esclude la necessità della concessione edilizia, quando sia stata edificata per sopperire a bisogni momentanei e transitori e, comunque, destinata fin dall'origine ad essere prontamente rimossa al venir meno delle ragioni della sua realizzazione “; nello stesso senso, si è precisato ( Cass., Sez. III, 10-6-1994 n. 8316, Franco ), peraltro con riferimento alla realizzazione di un prefabbricato in legno, che “ in materia edilizia, il requisito della precarietà non può essere collegato al carattere di stabilità temporanea, soggettivamente attribuito alla costruzione, ma va individuato in relazione alla oggettiva ed intrinseca destinazione dell'opera stessa, per cui, se il manufatto è destinato, per sua natura, ad abitazione o a soddisfare altre esigenze, intrinsecamente durevoli, contrasta apertamente con tali oggettive caratteristiche l’ipotesi della destinazione del manufatto ad esigenze precarie, anche se tale ipotesi dovesse trovare conforto nella concreta possibilità di agevole rimozione o demolizione dell'opera: in tal caso è pertanto necessaria la concessione edilizia “.
Più di recente, si è ancora una volta ribadito ( Cass. Sez. III, 18-2-1999 n. 4002, Bortolotti ) che “ la natura precaria di un manufatto, ai fini della esenzione dalla concessione edilizia, non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all’opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi all’intrinseca destinazione materiale di essa ad un uso precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente e sollecita eliminazione, non essendo sufficiente che si tratti di un manufatto smontabile e non infisso al suolo “.
Se, quindi, la circostanza per cui il complesso industriale fosse costituito da prefabbricati rimovibili non è determinante nel caso di specie, dovendo invece attribuirsi preminente attenzione alla durata nel tempo dei bisogni che l’edificazione dell’opera intendeva soddisfare, correttamente va negata la qualificazione di opera precaria all’impianto industriale in questione, non apparendo transitorie le esigenze ( rifornire di conglomerati cementizi il cantiere TAV di Gricignano, cantiere che è stato attivo per più anni ) perseguite dai soggetti che richiesero ed ottennero le due autorizzazioni provvisorie delle quali si controverte; si consideri al riguardo, che in tal modo è stata consentita per anni la destinazione ad area industriale di un fondo con vocazione agricola, creando un oggettivo vulnus alla tutela del territorio, compromessa dalla presenza di un impianto produttivo ( con le conseguenti immissioni di polveri e fumi ) in una zona adibita a coltivazioni agricole.
L’esistenza - nel regolamento edilizio comunale – delle disposizioni di cui al richiamato art. 92 non può indurre a un diverso convincimento, dovendo tale norma essere interpretata in senso restrittivo, ossia senza alcuna dilatazione delle ipotesi in essa contemplate.
Non a caso, la giurisprudenza di legittimità, nell’interpretare una simile disposizione introdotta da una legge adottata dalla Regione Sicilia, ha prima stabilito ( Cass., Sez. III, 9-12-2004 n. 4861 ) che “ la disposizione di cui all'art. 5 della Legge Regione Sicilia 10 agosto 1985 n. 35, come modificata dalla Legge Regione Sicilia 15 maggio 1986 n. 26, per la quale è assentibile con semplice autorizzazione la posa di prefabbricati ad una sola elevazione non adibiti ad uso abitativo, deve essere interpretata in modo da non collidere con i principi fissati a livello nazionale e può pertanto applicarsi esclusivamente in relazione alla edificazione di manufatti precari, o aventi natura pertinenziale o di modeste dimensioni - in applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha ritenuto che la costruzione prefabbricata di un capannone industriale di 600 mq fosse di rilevante consistenza e presentasse caratteristiche, di struttura e di localizzazione, incompatibili con esigenze temporanee e precarie “, poi affermato ( Cass., Sez. III, 24-6-07 n. 35011, Camarda; 16-3-2010 n. 16492, Pennisi ) che “ le disposizioni introdotte dalle leggi Regione Sicilia 10 agosto 1985 n. 37 e 16 aprile 2003 n. 4, che, procedendo alla identificazione, in via di eccezione, di determinate opere precarie non soggette a permesso di costruire, privilegiano il "criterio strutturale", nel senso di considerare la circostanza che le parti di cui la costruzione si compone siano facilmente rimovibili, a discapito di quello " funzionale ", inteso in relazione all'uso realmente precario e temporaneo cui la costruzione è destinata, non possono essere applicate al di fuori dei casi in esse espressamente previsti “.
Stabilito così che il rilascio delle autorizzazioni provvisorie da parte del Letizia non fu legittimo, occorre tuttavia ancora verificare se si sia di fronte a degli atti amministrativi anche penalmente illeciti, in quanto ispirati dalla volontà del pubblico ufficiale di permettere il conseguimento di un ingiusto vantaggio patrimoniale ai soggetti privati che beneficiarono delle autorizzazioni.
E’ infatti pacifico in giurisprudenza che all’elemento oggettivo della violazione di legge deve accompagnarsi il dolo intenzionale dell’agente, nel senso che quest’ultimo deve porsi come obiettivo del suo operato il verificarsi di un danno ingiusto o di un ingiusto vantaggio patrimoniale ( cfr. tra le altre, Cass., Sez. VI, 17-2-2003 n. 11413, secondo cui “ per la configurazione del reato di abuso di ufficio nella formulazione dell'art. 323 cod. pen. introdotta dalla L. 16 luglio 1997 n. 234, nel caso in cui il risultato dell'azione delittuosa consista nel cagionare un danno ingiusto, è indispensabile che tale danno sia conseguenza diretta ed immediata del comportamento dell'agente e quindi che sia da costui voluto quale obiettivo del suo operato, come si evince dall'avverbio intenzionalmente utilizzato dal legislatore “ ).
Orbene, nel caso di specie, non emergono dati probatori dai quali desumere che il Letizia sia stato consapevole dell’impossibilità di emettere le autorizzazioni provvisorie.
Da un lato, mancano infatti del tutto elementi indiziari capaci di comprovare l’esistenza di legami di qualsiasi natura tra il pubblico ufficiale e i privati suoi coimputati, nulla essendosi provato dall’accusa circa eventuali collegamenti nascenti da vincoli di parentela, comune militanza politica o comunque cointeressenze d’altro genere.
Per altro verso, la violazione di legge addebitabile al Letizia non può considerarsi macroscopica, e per tale motivo suscettibile di provare ex se anche il richiesto dolo intenzionale: per potersi infatti far ricorso alla manifesta evidenza della violazione di legge come elemento capace di surrogare il deficit probatorio in punto di elemento soggettivo, è necessario che siano ravvisabili violazioni davvero patenti del corretto agire amministrativo ( come nell’ipotesi decisa da Cass., Sez. VI, 22-10-03 n. 49554, Cianflone, caratterizzata dal rilascio di una concessione edilizia illegittima emessa prima ancora dell’avvenuta presentazione del progetto da parte del privato e in presenza di un negativo parere dell'Ufficio tecnico comunale ).
Invece, nel caso in esame, deve ritenersi che l’esistenza del disposto dell’art. 92 del regolamento edilizio comunale, con l’accentuazione posta da tale norma sul profilo inerente all’amovibilità materiale dell’opera assentita, fosse idoneo a far sorgere, in capo al responsabile dell’UTC, il – pur erroneo - convincimento della possibilità di legittima emissione delle autorizzazioni provvisorie.
Non sembra irrilevante – a tal proposito – che nello stesso errore sia caduto anche l’ing. Massaro Luigi, ascoltato in dibattimento come teste della Difesa, ma in realtà chiamato ad espletare, nella fase delle indagini preliminari, l’incarico di ausiliario di P.G.: il Massaro ( della cui buona fede questo Collegio non ha ragione di dubitare ) ha infatti affermato in dibattimento di considerare legittime le autorizzazioni proprio perché esse riguardavano opere smontabili e rimovibili, che non avrebbero comportato una trasformazione definitiva dell’assetto del territorio.
In definitiva, dovendosi escludere la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di abuso d’ufficio di cui al capo B, tutti gli imputati vanno assolti dal relativo addebito perché il fatto non costituisce reato; analoga soluzione si impone per il delitto sub C, difettando di conseguenza ogni consapevolezza della presunta falsa attestazione.
Invece, relativamente alla contravvenzione sub A, potendo affermarsi con certezza che i lavori edili si conclusero prima dell’acquisto del complesso industriale da parte del Caturano, e quindi non oltre il giugno 2004, deve prendersi atto dell’intervenuta prescrizione del reato.
Il complessivo carico di lavoro gravante sul Tribunale e la complessità delle tematiche trattate inducono a fissare – ai sensi dell’art. 544 co. 3° c.p.p. – in giorni sessanta il termine per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
Letto l’art. 530 c.p.p., assolve Della Gatta Carmine, Della Gatta Maddalena, Di Lorenzo Gemma, Letizia Giacomo e Verde Luigi dalle imputazioni loro ascritte ai capi B e C della rubrica perché il fatto non costituisce reato.
Letto l’art. 531 c.p.p., dichiara non doversi procedere nei confronti dei predetti imputati in relazione al reato loro ascritto al capo A perché estinto per prescrizione.
Riserva in giorni sessanta il termine per il deposito dei motivi.
S. Maria Capua Vetere, 10 marzo 2011
IL PRESIDENTE - EST.