 Cass.Sez. III n. 37140 del 10 settembre 2013 (Ud 10 apr 2013)
Cass.Sez. III n. 37140 del 10 settembre 2013 (Ud 10 apr 2013)
Pres. Teresi Est. Graziosi Ric.Anselmi e altro. 
Beni Ambientali.Causa estintiva di cui all'art. 181, comma primo quinquies, D.Lgs. n. 42 del 2004 
In tema di tutela penale del paesaggio, anche la condanna non irrevocabile (nella specie irrogata in primo grado) preclude l'operatività della causa di estinzione del reato della rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincolo prevista dall'art. 181, comma primo quinquies, del D.Lgs. 12 gennaio 2004, n. 42.
  Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:        Udienza pubblica SENTENZA P.Q.M.REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE    
 SEZIONE TERZA 
 Dott. TERESI   Alfredo           - Presidente  - del 10/04/2013
 Dott. FRANCO   Amedeo            - Consigliere - SENTENZA
 Dott. ROSI     Elisabetta        - Consigliere - N. 1111
 Dott. GRAZIOSI Chiara       - rel. Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. ANDRONIO Alessandro        - Consigliere - N. 46464/2012
 ha pronunciato la seguente: 
 sul ricorso proposto da:
 ANSELMI MAURIZIO N. IL 12/09/1960;
 LUCIANI PAOLA N. IL 25/12/1964;
 avverso la sentenza n. 1789/2010 CORTE APPELLO di FIRENZE, del  07/06/2012;
 visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
 udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/04/2013 la relazione fatta dal  Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;
 Udito il Procuratore Generale in persona del Dr. Salzano Francesco,  che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
 RITENUTO IN FATTO
 1. Con sentenza del 7 giugno 2012 la Corte d'appello di Firenze,  decidendo sull'appello proposto da Anselmi Maurizio e Luciani  Paola contro sentenza dell'11 novembre 2009 del Tribunale di  Montepulciano - che aveva condannato Anselmi a mesi due di arresto  ed Euro 18.000 di ammenda per il reato di cui al D.Lgs. n. 42 del  2004, art. 181 (per avere realizzato cumulo di materiale proveniente  da attività di recupero di inerti su beni ambientali senza  autorizzazione: capo D) nonché per il reato di cui all'art. 110 c.p.  e D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 (per avere realizzato, in concorso  con Luciani proprietaria del terreno, in qualità di esecutore, due  depositi di materiali su beni ambientali senza autorizzazione: capo  E) e Luciani a un mese di arresto e Euro 12.000 di ammenda (per  concorso nel reato di cui al capo E) -, in parziale riforma,  convertiva la pena di arresto in pena pecuniaria.
 2. Ha presentato il difensore due ricorsi, uno per ciascuno degli  imputati, dal contenuto identico: come primo motivo si denuncia la  violazione del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 perché si tratterebbe  di "un'attività fattuale non sussumibile nel contesto del  provvedimento sanzionatorio"; come secondo, la violazione del D.Lgs.  n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 quinquies, in riferimento al  principio di ragionevolezza costituzionale, dovendosi ritenere in  tale ottica applicabile anche in appello la causa di estinzione del  reato prevista dalla suddetta norma.
 CONSIDERATO IN DIRITTO
 3. Il ricorso non è fondato.
 3.1 I primo motivo, come già si evince dalla sintesi di cui sopra,  ha natura fattuale, concernendo la valutazione del materiale  accumulato come rientrante o meno nella fattispecie criminosa. Al  riguardo comunque il giudice di merito fornisce un'adeguata  motivazione, chiaramente rilevando che il reato è integrato anche  dalla "esecuzione di accumuli di rifiuti da demolizioni, quali i  detriti da lavorazioni edili, qualora per la loro dimensione alterino  apprezzabilmente il territorio sotto il profilo paesaggistico" (così  in motivazione, pagina 1; v. altresì pagina 2, che sviluppa  ulteriori argomentazioni al riguardo) e ponendosi comunque in una  posizione di conformità con la giurisprudenza nomofilattica, che  valorizza l'alterazione del paesaggio anche per variazioni minime,  purché apprezzabili (Cass. sez. 3, 28 gennaio 2003 n. 9538).  3.2 Il secondo motivo prospetta, nell'ottica di una interpretazione  costituzionalmente orientata nel senso della ragionevolezza quale  concretizzazione dell'uguaglianza, l'applicabilità della causa di  estinzione del reato previsto dal D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181,  comma 1 quinquies, non soltanto - come ritenuto dal giudice di merito  - prima della emissione di una condanna, bensì prima della pronuncia  di una condanna irrevocabile: poiché la sentenza di primo grado non  si è consolidata in giudicato essendo stato avviata una fase di  appello, ritiene il ricorrente che la suddetta norma sia applicabile  anche in quest'ultima sede.
 L'art. 181, comma 1 quinquies, stabilisce che la rimessione in  pristino delle aree e/o degli immobili soggetti a vincoli  paesaggistici da parte del trasgressore "prima che venga disposta  d'ufficio dall'autorità amministrativa, e comunque prima che  intervenga la condanna" estingue il reato di cui al comma 1 dello  stesso art. 181. Il legislatore valorizza una condotta di pentimento  operoso che reintegra quanto era stato alterato prima che lo Stato  intervenga sulle pregiudizievoli conseguenze della condotta  criminosa, sia a mezzo di attività amministrativa ripristinatoria,  sia a mezzo di attività giurisdizionale sanzionatoria. L'impulso che  si evince quindi dalla norma come dettato al soggetto che ha commesso  il reato è nel senso dell'intervento ripristinatorio attuato il  prima possibile, essendo sufficiente già anche un intervento  meramente amministrativo per precludere l'estinguibilità del reato.  In tal modo vengono perseguiti gli obiettivi da un lato della  immediatezza dell'attività ripristinatoria - che di per sè incide  in senso riduttivo sugli effetti pregiudizievoli del reato -,  dall'altro della spontaneità di tale attività, manifestazione  oggettiva della resipiscenza che pure supporta l'estinzione del  reato. Incoerente, e non idoneo a perseguire l'appena evidenziata  ratio, sarebbe pertanto ritenere che l'attività di pentimento  operoso possa essere posticipata alla sentenza di condanna fino a che  questa non diventi irrevocabile. Il fatto poi che l'intervento della  P.A. sia sufficiente a escludere la causa estintiva dimostra  ulteriormente che questa non si deve integrare esclusivamente  nell'ambito del processo penale, e che quindi non può avere come  barriera la formazione del giudicato, potendo completamente  prescinderne; il che, si osserva ormai ad abundantiam, è confermato  dal tenore letterale della norma (ubi voluit dixit), che non richiede  una sentenza irrevocabile di condanna, bensì una condanna tout  court. D'altronde, trattandosi di una causa estintiva di reato,  ovvero di un dispositivo premiale, la sua disciplina è rimessa alla  discrezionalità del legislatore (da ultimo in tal senso, e anche  sulla eccezionalità della norma che ne stringe l'appplicazione al  tenore letterale, Cass. sez. 3, 19 giugno 2012 n.33542). Il motivo  risulta pertanto infondato.
 In conclusione, entrambi i ricorsi vanno rigettati, con conseguente  condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese  processuali.
 Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle  			spese processuali.
 Così deciso in Roma, il 10 aprile 2013.
 Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2013
 
                    




