Consiglio di Stato Sez. VI n. 10598 del 2 dicembre 2022
Beni ambientali.Determinazione sanzione pecuniaria
 
L'art. 167, comma 5 dlv 42\2004 non fornisce criteri specifici per calcolare il profitto conseguito mediante la trasgressione e dunque impone di fare riferimento alla nozione generale di profitto come grandezza volta a descrivere in senso dinamico la differenza fra flussi di ricavi e flussi di costi riferibili ad un determinato arco temporale. Tale definizione ha come riferimento una grandezza economica che esprime l’aumento effettivo del valore del patrimonio conseguito dall’autore dell’opera abusiva.


Pubblicato il 02/12/2022

N. 10598/2022REG.PROV.COLL.

N. 08006/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8006 del 2016, proposto da
Comune di Concordia Sulla Secchia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Federico Gualandi, con domicilio fisico eletto presso lo studio legale Placidi, in Roma, via Cosseria n. 2 e domicilio digitale presso l’indirizzo di pec Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.;

contro

Nova S.r.l. già Alea S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Alberto Della Fontana, con domicilio eletto presso il dott. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria n. 2 e domicilio digitale presso l’indirizzo di pec Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Prima) n. 601/2016, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Nova S.r.l., già Alea S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 14 novembre 2022 il Cons. Roberta Ravasio, e uditi per le parti gli avvocati Alberto Della Fontana in collegamento da remoto attraverso videoconferenza, con l'utilizzo della piattaforma "Microsoft Teams";

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con DIA presentata in data 10.09.2008 la società Alea S.r.l. denunciava l'esecuzione di un intervento di ripristino su due fabbricati di sua proprietà siti nel Comune di Concordia sulla Secchia, consistente nel consolidamento strutturale degli stessi al fine di preservarli dal crollo.

2. Il Comune di Concordia sulla Secchia constatava che l’intervento realizzato divergeva da quello oggetto della DIA il quanto la Alea S.r.l. aveva demolito l'edificio e lo aveva parzialmente ricostruito privo di copertura con la sola parziale realizzazione delle murature e di un solaio, nel rispetto del volume e delle superfici esistenti. Il Comune contestava dunque l’abusività dell’intervento e ordinava la sua remissione in pristino.

3. La Alea S.r.l. presentava una domanda di sanatoria ai sensi dell'art. 17 comma 1 L.R. 23/2004, che veniva rigettata dal Comune anche in considerazione del vincolo di tutela paesaggistica gravante sull’area ai sensi dell’art 142 lett. c) D.lgs. 42/2004.

4. In data 14/5/2010 la Alea S.r.l. presentava una seconda domanda di sanatoria edilizia ai sensi dell'art. 17 comma 2 L.R. 23/2004, seguita, in data 4/6/2010, dalla richiesta di accertamento di compatibilità paesaggistica ai sensi dell'art. 167 comma 5 e dell’art. 181 comma 1-quater del D.lgs. 42/2004.

5. Con provvedimento del 19/5/2011 il Comune di Concordia sulla Secchia, alla luce della perizia acquisita dall’Agenzia del Territorio, determinava in euro 118.070,20 la sanzione pecuniaria dovuta in relazione alla richiesta di accertamento di compatibilità paesaggistica, delle quali €. 112.800,00 per incremento di valore dell’immobile, e €. 5.270,20 quale corrispettivo.

6. L’Alea S.r.l. impugnava il suddetto provvedimento innanzi al TAR Emilia Romagna contestando la quantificazione della sanzione pecuniaria.

7. Il ricorso veniva accolto con sentenza n. 601/2016 il TAR Emilia Romagna – Sez. I, che annullava il provvedimento impugnato sul rilievo che la sanzione era stata erroneamente quantificata ragguagliando il profitto, conseguito per effetto dell’illecito intervento, all’incremento del valore di mercato dell’immobile, senza tenere conto dei costi sostenuti per l’esecuzione dell’intervento medesimo, quantificati in €. 124.470,97: secondo il TAR, invece, il profitto, al quale avrebbe dovuto essere parametrata la sanzione, avrebbe dovuto tenere conto anche dei suddetti costi, e quindi essere determinato nell’incremento del valore di mercato al netto dei costi medesimi.

9. Il Comune di Concordia sulla Secchia ha proposto appello.

10. La Nova S.r.l. si è costituita in giudizio rappresentando di aver incorporato la Alea S.r.l., eccependo l’inammissibilità dell’impugnazione per nullità della notifica e, in subordine, insistendo per il rigetto del gravame.

11. La causa è stata chiamata per la discussione in occasione dell’udienza straordinaria del 14.11.2022, a seguito della quale è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

12. Si può prescindere dall’eccezione di inammissibilità sollevata dalla Nova S.r.l., essendo l’appello comunque infondato nel merito.

13. Con il primo motivo d’appello si denuncia la violazione del principio di separazione fra funzioni giurisdizionali ed amministrative e l’errata applicazione dell’art 167 co. 5 D.lgs. 42/04, nonché il travisamento ed il difetto di motivazione.

13.1 Come già precisato, il TAR Emilia Romagna ha accolto il ricorso ritenendo che la quantificazione del profitto operata dal Comune fosse errata in quanto non aveva tenuto conto dei costi sostenuti dalla Alea S.r.l. per la realizzazione dei lavori. Ad avviso del TAR, infatti, tali costi avrebbero dovuto essere sottratti all’incremento del valore dell’immobile per calcolare il profitto tratto dalla società ricorrente dalla realizzazione dell’abuso.

13.2 Il Comune di Concordia sulla Secchia ritiene che con tale valutazione il TAR abbia superato i limiti della giurisdizione. La quantificazione della sanzione pecuniaria, infatti, rientrerebbe nella discrezionalità tecnica dell’amministrazione e sarebbe sindacabile solo per manifesta irragionevolezza. Nel caso di specie, invece, il giudice avrebbe sostituito una propria valutazione tecnica, opinabile, a quella dell’amministrazione, così travalicando i limiti della giurisdizione.

13.3 Il motivo non è fondato.

13.3.1 Le ragioni in base alle quali il TAR ha annullato il provvedimento impugnato non derivano da un sindacato sulla discrezionalità tecnica del Comune, ma da una diversa interpretazione della normativa di riferimento, avente ad oggetto, in particolare, il significato da attribuire al termine “profitto”, contenuto nell’art 167 co. 5 D.lgs. 42/04, che rappresenta il valore al quale la sanzione pecuniaria deve essere perimetrata. In particolare, il TAR ha ritenuto che il concetto di profitto equivalesse alla differenza fra incremento di valore dell’immobile e spese sostenute per realizzarlo, e che, dunque, il suddetto “profitto” non dovesse essere correlato al solo incremento di valore dell’immobile, come invece sostenuto dal Comune.

13.3.2 Il vizio accertato dal TAR, pertanto, si è estrinsecato nella violazione di legge, e non nell’eccesso di potere. Non sussiste, pertanto, sconfinamento alcuno dei limiti della giurisdizione, rientrando pienamente fra i poteri del giudice quello di fornire una diversa interpretazione della disciplina di riferimento, rispetto a quella adottata dall’amministrazione.

13.4 Ciò premesso, l’interpretazione della norma accolta dal TAR è condivisibile.

13.4.1 L’art 167 co. 5 D.lgs. 42/04 stabilisce, infatti, che “Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli interventi di cui al comma 4 presenta apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L'importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima. In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui al comma 1. La domanda di accertamento della compatibilità paesaggistica presentata ai sensi dell'articolo 181, comma 1-quater, si intende presentata anche ai sensi e per gli effetti di cui al presente comma.”.

13.4.2 La norma non fornisce criteri specifici per calcolare il profitto conseguito mediante la trasgressione e dunque impone di fare riferimento alla nozione generale di profitto come “grandezza volta a descrivere in senso dinamico la differenza fra flussi di ricavi e flussi di costi riferibili ad un determinato arco temporale” (Consiglio di Stato sez. VI, 19/06/2009, n.4136).

13.4.3 L’opzione ermeneutica accolta dal TAR appare coerente con tale definizione in quanto ha come riferimento una grandezza economica che esprime l’aumento effettivo del valore del patrimonio conseguito dall’autore dell’opera abusiva. Si tratta inoltre dell’interpretazione già accolta in passato da questo Consiglio di Stato (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, n. 4783 del 26 settembre 2013, secondo cui “La sanzione amministrativa prevista dall'art. 15 l. 29 giugno 1939 n. 1497 è pari alla maggior somma tra danno ambientale causato e profitto conseguito con la trasgressione; quest'ultimo deve essere rapportato all'effettivo vantaggio economico ottenuto dal trasgressore ovvero va identificato nell'incremento del valore venale che gli immobili acquistano per effetto della trasgressione; incremento che viene determinato come differenza tra il valore attuale e il valore dell'immobile prima dell'esecuzione delle opere abusive, in quanto l'arricchimento ottenuto dalla realizzazione dell'abuso non può coincidere con il valore venale attuale del medesimo senza detrazione del costo sostenuto per la sua costruzione. Occorre cioè apprezzare il valore dell'immobile prima e dopo la realizzazione del manufatto abusivo e portare in detrazione dal valore venale dell'opera abusiva il costo sostenuto per la sua esecuzione.”.

13.4.4. L’interpretazione del Comune di Concordia con la Secchia, come si è visto, non è conforme all’indicato criterio, e quindi non è condivisibile, poiché parametra la sanzione all’incremento del valore di mercato del bene conseguito per effetto della realizzazione delle opere abusive, senza tenere conto dei relativi costi, in tal modo accreditando all’autore delle opere illecite un incremento del patrimonio significativamente superiore a quello effettivo.

14. Con il secondo motivo d’appello si denuncia il difetto di motivazione dell’impugnata sentenza e la sua illogicità ed irragionevolezza.

14.1 Il Comune ritiene che il criterio di “calcolo del profitto come valore dell’immobile al netto dei costi per eseguirlo” sia stato accolto dal TAR alla luce dell’art. 2 del D.M. 26/9/1997. (“Regolamento per la determinazione dei paramenti e delle modalità per la quantificazione della indennità risarcitoria per le opere abusive realizzate nelle aree sottoposte a vincolo”), nonché in considerazione del fatto che il giudice penale aveva assolto il legale rappresentante della società “affermando che le opere eseguite non hanno modificato la destinazione di uso degli edifici”. Ad avviso dell’appellante la sentenza penale sarebbe irrilevante ai fini del presente giudizio, mentre il richiamo al D.M. 26/9/1997 sarebbe fuorviante in quanto la norma detta criteri per il calcolo della sanzione pecuniaria applicabili solo in materia di condono edilizio. La motivazione della pronuncia impugnata si rivelerebbe dunque apparente ed illogica.

14.1.1 In relazione all’applicazione del D.M. 26 settembre 1997, inoltre, la pronuncia impugnata sarebbe anche viziata da contraddittorietà, in quanto da un lato condivide la premessa secondo la quale i criteri ivi contenuti si applicano solo in materia di condono, dall’altro però fa applicazione dei suddetti criteri anche nel caso di specie.

14.1.2 L’applicazione di tali criteri, peraltro, finirebbe con l’avere conseguenze irrazionali in quanto porterebbe a premiare l’autore degli abusi consentendogli di detrarre i costi sostenuti per lo svolgimento dell’attività illecita, con la conseguenza che al crescere dei costi sostenuti diminuirebbe l’entità della sanzione. Ciò consentirebbe di punire meno severamente abusi più consistenti.

14.2. Anche questa censura è infondata.

14.2.1 La nozione di profitto accolta dal TAR non è desunta dal dettato del D.M. 26/9/1997 (che detta criteri per la determinazione in via forfettaria del profitto applicabili solo in materia di condono edilizio), né dalle statuizioni del giudice penale, ma è dedotta dal primo giudice dalla precedente giurisprudenza e da considerazioni di ordine logico e sistematico.

14.2.2 Con particolare riferimento al D.M. 26/9/1997, peraltro, occorre precisare che non è la nozione di profitto contenuta all’art 2 (“'L’indennità risarcitoria di cui all'art. 15 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, è determinata previa apposita perizia di valutazione del danno causato dall'intervento abusivo in rapporto alle caratteristiche del territorio vincolato ed alla normativa di tutela vigente sull'area interessata, nonché mediante la stima del profitto conseguito dalla esecuzione delle opere abusive. In via generale è qualificato quale profitto la differenza tra il valore dell'opera realizzata ed i costi sostenuti per la esecuzione della stessa, alla data di effettuazione delle perizia”) ad avere un campo di applicazione limitato, ma i criteri di calcolo previsti dall’art 3 (1. Il profitto è pari, in via ordinaria al tre per cento del valore d'estimo dell'unità immobiliare come determinato ai sensi dell'art. 2 della legge 24 marzo 1993, n. 75, del decreto legislativo 28 dicembre 1993, n. 568, e della legge 23 dicembre 1996, n. 662. 2. Le amministrazioni competenti, con propria delibera possono determinare l'incremento della predetta aliquota in relazione alle tipologie di abuso individuate nella tabella allegata alla legge 28 febbraio 1985, n. 47, nonché in relazione alle norme di tutela, secondo lo schema di seguito riportato, per le prime tre tipologie di abuso….”). L’art 2, infatti, si limita a stabilire che il profitto equivale alla differenza fra il valore dell’opera ed i costi sostenuti per l’esecuzione della stessa alla data di effettuazione della perizia, e dunque detta un criterio compatibile con la nozione generale, e comune, di profitto e, pertanto, suscettibile di applicazione analogica. Ad avere natura eccezionale sono invece i criteri di calcolo previsti dall’art 3, che consentono di prescindere da una quantificazione esatta del profitto e ricostruirlo in via presuntiva, e che peraltro sottendono l’applicazione di tali criteri alle opere “abusive individuate nella tabella allegata alla legge 28 febbraio 1985 n. 47…”. Non si riscontra dunque alcun profilo di illogicità nella motivazione dell’impugnata sentenza relativamente all’applicazione dei criteri di cui al citato D.M. 26 settembre 1997.

14.2.3 Quanto all’affermazione dell’appellante, secondo la quale il criterio in esame porterebbe ad esiti irrazionali premiando gli autori di abusi maggiormente consistenti, è agevole replicare che: (i) in primo luogo è ragionevole presumere che il valore di un’opera sia normalmente superiore ai costi per realizzarla, in quanto in caso contrario la sua realizzazione sarebbe antieconomica; di regola, dunque, il profitto tratto dalla realizzazione di un abuso avrà valore positivo; (ii) in secondo luogo, tenuto conto del fatto che la sanzione deve essere determinata nel maggior importo tra il profitto conseguito e il danno ambientale arrecato dall’opera abusiva, si può obiettare che gli effetti paradossali evidenziati dall’appellante possono essere compensati, poiché in presenza di abusi particolarmente consistenti l’adeguatezza della sanzione è assicurata, in linea di massima, dal ricorso al parametro del danno ambientale provocato, qualora esso sia superiore al profitto conseguito.

15. In conclusione, l’appello è infondato.

16. Le spese possono essere compensate in ragione della novità e complessità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

La relativa novità della questione tratta consente, tuttavia, di disporre la compensazione delle spese relative alla presente fase del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 novembre 2022 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Massimiliano Tarantino, Presidente FF

Giovanni Sabbato, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere

Roberta Ravasio, Consigliere, Estensore

Annamaria Fasano, Consigliere