Cass. Sez. III n. 49826 del 29 dicembre 2009 (Cc. 1 dic. 2009)
Pres. Teresi Est. Sarno Ric. Bonassisa ed altro
Rifiuti. Accertamento della natura d rifiuto
In tema di rifiuti nel caso in cui si renda possibile solo l’esame di una parte del terreno deve ritenersi comunque probante del superamento dei limiti anche l’esame della sola massa disponibile in quanto, diversamente opinando, sarebbe agevole per il reo attraverso la attività di dispersione del terreno, disperdere anche la prova del reato. L’attività dell\'indagato sostanziatasi nel fare analizzare da un laboratorio privato solo 5 Kg di materiale a suo dire scavato nel cantiere di una erigenda discarica, corrobora la tesi di un comportamento complessivo tendente ad eludere le disposizioni vigenti. La natura di rifiuto di un materiale può legittimamente essere individuata in relazione alla provenienza dei terreni ed all’accertamento sulla concentrazione di inquinanti riscontrata in superiore ai limiti massimi consentiti, né si può ritenere in alcun modo rilevante in tale contesto l’esistenza della VIA ed il rispetto delle condizioni imposte.
2. A Bonassisa Rocco, in particolare, risulta contestato il reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 260 co. l D.Lvo 152/06 perché, quale rappresentante della società A.GE.CO.S. Spa, in concorso con Borrelli Angelo e Nembrotte Antonio, con più operazioni ed attraverso l\'allestimento di mezzi ed attività continuative organizzate, al fine di conseguire l\'ingiusto profitto derivante dal risparmio della spesa necessaria per la gestione lecita dei rifiuti e della loro realizzazione per strade e piazzali, abusivamente smaltiva circa 325000 mc derivanti dalle operazioni di scavo della erigenda discarica di Orta Nuova e dalle confinanti discariche comunali di RSU ed illecitamente conferiti in parte nella ex cava Di Lascia, in parte presso la ex cava Ramundo in parte presso la discarica comprensoriale di Deliceto e in parte smaltiti illecitamente in altri luoghi sconosciuti. In Orta Nova fino al l° febbraio 2008.
3. A Bonassisa Maurizio il reato di cui agli art. 378-61 n. 2 cod. pen. perché per fare conseguire a Rocco Bonassisa la impunità dal reato contestato, previo concerto con lo stesso, istigava Leonardo Di Domenico a rendere dichiarazioni menzognere innanzi alla PG ed alla AG procedenti in ordine alle sue conoscenze circa la sede di destinazione dei rifiuti. In Troia nel dicembre 2008.
4. Il GIP aveva rigettato l\'iniziale richiesta di misura coercitiva sul rilievo che allo stato degli atti mancava la prova che la composizione media dell\'intera massa estratta -i 280000 mc di sterro -avessero una concentrazione di inquinanti superiore ai limiti massimi previsti per classificare le terre e le rocce di scavo come rifiuti e che sussisteva per Bonassisa Maurizio la scriminante dell\'art. 384 cod. pen..
5. Avverso tale ordinanza il PM ha proposto impugnazione.
6. Il tribunale ha accolto l\'impugnazione del PM evidenziando tra l\'altro quanto segue.
6.1 In relazione alla posizione di Bonassisa Rocco:
a) il regime applicabile all\'epoca dei fatti alle terre e rocce da scavo è quello di cui agli artt. l comma 17, L. 443/2001 (c.d. Legge Lunardi) e 184-186 D.Lvo n.152/2006,trattandosi di fatti avvenuti tra il 2005 ed il 2008.
b) La disposizione del TU ambientale esclude dal novero dei rifiuti le terre e rocce da scavo, purché "siano utilizzate secondo le modalità previste nel progetto sottoposto a VIA" e sempre che "la composizione media dell\'intera massa non presenti una concentrazione di inquinanti superiore ai limiti massimi previsti dalle norme vigenti e dal decreto di cui al comma 3".
c) i 284.000 mc di terra da scavare, che il BONASISSA ha trattato come terre e rocce da scavo non contaminate, come se si trattasse di terreno vegetale, non sono stati rinvenuti se non in parte, ossia per 89.000 metri cubi di cui 26.000 rinvenuti nei terreni del Ciaffa e 63.000 nella cava Di Lascia.
d) parte del terreno scavato dal Bonassisa, quello proveniente dalla particella 281, non è terreno vegetale, ma deriva da una ex discarica di RSU del Comune di Orta Nova mai bonificata e da alcune discariche abusive che sorgevano su detta particella, come si evince dalla documentazione fotografica citata dal P.M.
e) il materiale rinvenuto nella Cava Di Lascia (pari a circa 63 mila mc) costituisce rifiuto perché trattasi di terre e rocce da scavo miscelate ad altri rifiuti (materiale bituminosi, residui di demolizioni edilizie, pneumatici ecc.) ed il suo deposito in quel sito è attribuibile al Bonassisa, in base alle dichiarazioni del medesimo Di Lascia e del Di Domenico, i quali hanno riferito che la cava era vuota al momento dell\'inizio dei lavori, nonché alla dichiarazione del Di Domenico che ha riferito che Maurizio Bonasissa gli aveva detto che, nell\'eventualità in cui fosse stato ascoltato dalla Polizia non avrebbe dovuto dire che nella ex cava DI LASCIA era stata scaricata della terra prelevata dalla erigenda discarica; oltre ad altre dichiarazioni di persone che avevano visto gli automezzi dell\'indagato operare in loco tra cui quelle di DI DOMENICO Leonardo, esecutore dei lavori che ha anche prodotto un filmato sui fatti e delle foto scattate dal giornalista Lannes Luciano. Quanto all\'argomento difensivo secondo cui il materiale rinvenuto nella cava sarebbe stato ivi scaricato da terzi ignoti, il tribunale riteneva trattarsi di pura congettura che non valeva a superare le sopra dette dichiarazioni, fotografie e filmati ed era anche smentito dal tentativo del Bonassisa Maurizio di far negare al Di Domenico di aver scaricato nella cava Di Lascia il materiale proveniente dalla discarica.
f) Il terreno inviato in siti di stoccaggio e destinazione individuati nei cantieri di ORDONA e DELICETO, senza alcuna documentazione di trasporto o accompagnamento che ne possa far rintracciare l\'effettivo utilizzo, deve essere considerato rifiuto, perché sottratto alla possibilità di sottoporlo a caratterizzazione e non oggetto di alcuna istanza per ottenere la VIA. Si evidenzia in proposito, infatti, che il Bonassisa, con procedura anomala, si sarebbe limitato a fare analizzare da un laboratorio privato alcuni campioni di terreno a suo dire provenienti dallo scavo per la discarica, qualificati come "inerti", indicandone i luoghi in cui sarebbero stati recuperati.
6.2 In relazione alla posizione di Bonassisa Maurizio:
L\'insussistenza della esimente dell\'art. 384 cod. pen veniva ritenuta sul rilievo che la norma in esame, si consideri o meno come ipotesi speciale della scriminante dello stato di necessità di cui all\'art. 54 c.p., esige che il soggetto sia stato costretto dalla necessità e tale necessità ricorre ove sia imposta dall\'ordinamento (quando il soggetto sia convocato dagli inquirenti o dall\'A.G.) e non provocata spontaneamente dall\'indagato, aggiungendo che nel caso del Bonassisa, questi aveva scelto di istigare un possibile testimone a mentire, non essendovi costretto dalla necessità, ma solo perché determinato dall\'opportunità di agevolare il fratello.
6.3 Quanto alle esigenze cautelari, le stesse dovevano ritenersi sussistenti per entrambi gli indagati sotto il profilo del pericolo di reiterazione e dell\'inquinamento probatorio come evidenziato dalla contestazione nei confronti di Bonassisa Maurizio e dalla circostanza che per una ingente parte del terreno non si era reso ancora possibile individuare la destinazione. 7. Propongono in questa sede ricorso Bonassisa Rocco e Maurizio per il tramite del comune difensore. Quest\'ultimo, premette anzitutto che:
7.1 -Bonassisa Rocco, nella qualità di legale rappresentante dell\' Agecos S.p.A., il 30 giugno 2004 aveva presentato alle autorità competenti un progetto volto alla realizzazione di una discarica di rifiuti speciali non pericolosi, in località "Ferranti" del Comune di Orta Nova. -Il successivo 27 gennaio 2005, la proposta ottenne il parere favorevole di VIA della Regione Puglia, contenente alcune prescrizioni tra cui quella di indicare i siti di destinazione dello sterro e che di conseguenza l\'ing. Nembrotte, tecnico dell\'Agecos, aveva approntato una relazione integrativa comunicando che dei 284 mila metri cubi di terra da asportare, 45mila sarebbero stati utilizzati all\'interno dell\'area, mentre i rimanenti 235 mila sarebbero serviti al recupero di cave limitrofe insistenti sulle particelle 140, 141, 261 e 262 del f. 61 , appartenenti a Di Lascia Nobile e che, infine, un altro sito, contrassegnato dalla particella 281, sarebbe stato destinato allo stoccaggio. -Il 5 luglio 2005, la Giunta dell\'Amministrazione provinciale di Foggia, con delibera n. 525/05, aveva approvato il suddetto programma ed i lavori di scavo per la definizione della "fossa" erano iniziati l\'l agosto 2005, durando tuttavia poco più di una settimana e mezza, nel corso della quale furono prodotti soltanto 60 mila metri cubi di terreno, che vennero conferiti nelle su precisate ex cave del Di Lascia. Ciò, perché, a distanza di soli tre giorni dall\'approvazione del piano, l\'Assessore all\'ambiente aveva comunicato al Bonassisa Rocco che il Consiglio provinciale di Foggia, nella seduta del 27 luglio 2005, aveva deciso all\'unanimità che l\'Ente sospendesse la delibera di approvazione del progetto. I lavori di sbancamento furono ripresi solo il 23 ottobre 2007, a distanza di due anni e tre mesi, per una serie di vicissitudini, anche di natura giudiziaria, innanzi al TAR Puglia e al Consiglio di Stato. -L\'l febbraio 2008, la delibera n.525/05 era stata sospesa con atto della Giunta che, di fatto, aveva impedito la prosecuzione dell\'erigenda discarica, da allora rimasta bloccata. -Nel periodo in questione (dal 23 ottobre 2007 all\' l febbraio 2008), il terreno, proveniente dallo scavo per la costruzione della vasca di ricezione dei rifiuti, fu recuperato, oltre che all\'interno dello stesso complesso, anche nei cantieri di Ordona -Parco Eolico e discarica comprensoriale di Deliceto, come da comunicazione inviata il 12 novembre 2007 dal Bonassisa alla Regione Puglia e ad altre Istituzioni locali e provinciali, in ottemperanza al punto 7 della VIA, datata 27 gennaio 2005.
Innanzi al Tribunale del riesame, la difesa aveva depositato una memoria con allegati già facenti parte del fascicolo del P.M. trasmesso al Tribunale in cui si ripercorreva l\'iter della vicenda.
7.2 Ciò posto il difensore-in relazione alla posizione di Bonassisa Rocco -deduce in questa sede la violazione di legge, l\'illogicità della motivazione ed il travisamento del fatto rilevando in particolare:
a) che la normativa applicabile nella gestione del materiale di sterro è quella di cui alla L. 443/200l e successive modificazioni, il cui articolo 1, al comma 17 (al pari dell\'art. 186 D. L.vo 152, entrato in vigore il 14 aprile 2006), esclude dal novero dei rifiuti le terre e rocce da scavo, purché "siano utilizzate secondo le modalità previste nel progetto sottoposto a VIA" . Poiché inoltre l\'area della costruenda discarica è zona agricola, tranne una porzione di 1.88 Ha, che ricade in zona estrattiva, non si rende necessaria per tali aree la caratterizzazione, in quanto al pari di quelle verdi, boschive o residenziali le aree agricole escludono, per presunzione, situazioni di pregresso inquinamento; b) L\'erroneità dei rilievi sulla mancanza di VIA" precisandosi che/dopo l\'iniziale comunicazione secondo cui i 235 mila metri cubi di sterro sarebbero stati destinati al risanamento delle cave Di Lascia, Rocco Bonassisa aveva fatto presente all\'Amministrazione provinciale di Foggia, al Sindaco del Comune di Ortanova, all\'Assessorato all\'Ecologia della Regione Puglia e al sig. Nobile Di Lascia, che "gli inerti provenienti dagli scavi della discarica sarebbero stati recuperati, oltre che all\'interno della stessa area cantiere, anche nei propri cantieri di Ordona-Parco Eolico e discarica comprensoriale Deliceto, per la realizzazione di piazzali, massicciate e strade; c) che la VIA e gli adempimenti richiesti all\'indagato dalla Regione Puglia -e puntualmente ottemperati -escludono l\'obbligo della previa caratterizzazione del terreno sbancato;
d) per quanto concerne il rinvenimento dei "rifiuti" nella ex cava di Di Lascia Nobile, mancava la certezza che tutto il materiale non costituente terre e rocce di scavo fosse stato depositato dal Bonassisa in quanto, dopo l\'interruzione del 2005, il terreno era rimasto aperto a tutti. L\'attestazione contraria del tribunale si fondava, ad avviso del ricorrente, su un travisamento dei fatti non avendo nessuna delle persone sentite riferito l\'abbandono di pneumatici, vestiario, mattoni, mattonelle ed altro da parte della Agecos e che anche le scene che sarebbero state filmate durante i lavori di sbancamento mostravano esclusivamente terre e rocce da scavo. Si rileva che, peraltro, il Tribunale del riesame aveva utilizzato questa fonte documentale de relato per non averne avuto la disponibilità, in quanto il dvd non faceva parte del carteggio posto a corredo dell\'atto d\'appello del P.M.
e) come chiarito dal Gip in tema di terre e rocce da scavo, la verifica relativa al rispetto dei livelli di sostanze inquinanti, eventualmente presenti, deve essere effettuata con riferimento alla composizione media dell\'intera massa estratta mentre il dr. Scapicchio, consulente del P.M., con risultati peraltro contraddetti dal consulente di parte, si era limitato ad analizzare 63 mila m.c. di materiale versato nella cava del Di Lascia e 26 mila m.c. depositati sul terreno del Ciaffa, quindi un totale di soli 86 mila metri cubi, che rappresentano meno di un terzo del terreno estratto;
f) l\'accumulo di terra rinvenuto su un\'area di tale Ciaffa non provengono dalla costruenda discarica di Ortanova e, comunque, non vi è prova del contrario;
g) Anche le scene che sarebbero state filmate durante i lavori di sbancamento mostrano esclusivamente terre e rocce da scavo, prive di quei materiali che le qualificherebbero come rifiuti;
h) nessun cenno fa il tribunale alla consulenza difensiva.
Per quanto concerne le esigenze cautelari rileva il difensore che difetta comunque nella specie il rischio di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio essendo Bonassisa Rocco persona incensurata ed essendo venuta meno l\'attualità del pericolo di recidività, risalendo i fatti nel tempo, anche per il venir meno dell\'oggetto che ne sarebbe stata la causa, tanto più che il ricorrente, da oltre un anno, non è più il rappresentante legale dell\'Agecos S.p.a. Quanto al precedente specifico di Diliceto indicato in motivazione dal riesame si osserva che lo stesso appartiene in realtà solo alla cognizione personale dell\'estensore del provvedimento impugnato.
7.3 In relazione alla posizione di Bonassisa Maurizio il difensore eccepisce la violazione degli artt. 378 e 384 cod. peno sottolineando al riguardo che il G.i.p. aveva già ritenuto insuperabile l\'esimente dell\'art. 384 c.p .. E ciò in quanto la "necessità di salvare", che rappresenta la ragione dell\'esimente, si riviene proprio dalla "forza incoercibile degli affetti familiari", capace di determinare il soggetto a violare l\'art.378 c.p. il quale contempla un\'ipotesi di reato a forma libera che può consistere, a differenza di quanto assumono il P.M. e il Tribunale della libertà, anche nel tentativo di persuadere una persona terza, informata sui fatti, a rendere all\'autorità inquirente ragguagli, ritenuti validi a salvaguardare un proprio familiare. Si evidenzia inoltre che in ogni caso non risulta nemmeno vagliata -come richiesto in memoria - l\'attendibilità del Di Domenico. Si eccepisce, infine, la violazione degli artt. 274 lett. a) e c) e 275, co. l, 2, 3 c.p.p. richiamando le argomentazioni svolte per Bonassisa Rocco ed evidenziando anche per Maurizio Bonassisa lo stato di incensuratezza dell\'indagato.
Motivi della decisione
8. I ricorsi sono infondati e vanno pertanto rigettati.
9. Per quanto concerne il Bonassisa Rocco si osserva in particolare quanto segue.
9.1 Si devono anzitutto ribadire in questa sede i limiti connessi al giudizio di legittimità. Si è già precisato che, anche a seguito delle modifiche dell\'art. 606, comma primo, lett. e) ad opera dell\'art. 8 della L. n. 46 del 2006, non è comunque consentito dedurre il "travisamento del fatto", stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, ma solo quella della prova che ricorre solo nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, considerato che, in tal caso, non si tratta di reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano. Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007 Rv. 238215.
Così chiariti i termini della questione, si può passare all\'esame dell\'asserito travisamento delle dichiarazioni in atti per quanto concerne il riempimento della ex cava Di Lascia.
All\'uopo esaminando la motivazione si rileva agevolmente che il tribunale correttamente indica le testimonianze acquisite per affermare il fatto assolutamente incontestato che gli automezzi della Agecos scaricavano terreno nella cava citata. Il collegamento tra l\'attività di scarico ed il reperimento in loco di materiali che nulla avevano a che vedere con le terre e rocce di scavo nasce e si fonda evidentemente su una premessa diversa e, cioè, che in realtà unitamente al terreno proveniente dalla erigenda discarica di Orta Nova, ve ne era altro di discariche limitrofe (ed in particolare di quella insistente sulla particella n. 281), non bonificate.
Quanto al rilievo che i filmati di cui si fa cenno in motivazione, pure citati nella richiesta del PM, non sarebbero stati in realtà allegati agli atti del riesame, si rileva la tardività della proposizione della questione stessa non risultando dall\'esame del ricorso tempestivamente dedotta in sede di riesame ove sarebbe stato senz\'altro possibile procederne all\'acquisizione. Si deve inoltre aggiungere che in questa sede - proprio per gli anzidetti limiti connessi al giudizio di legittimità - non può essere sottoposta al vaglio del Collegio, sub specie di vizio della motivazione, la conclusione cui perviene il tribunale circa il carattere meramente congetturale della lettura degli elementi probatori proposta dalla difesa che indica nell\'azione di non meglio identificati terzi la responsabilità dell\'abbandono di materiali diversi dalle terre e rocce di scavo nella ex cava Di Lascia. Da quanto sopra discende l\' incensurabilità in questa sede della motivazione del tribunale che proprio sul presupposto della eterogenea provenienza del terreno trasportato pone l\'accento per escludere la natura di terre e rocce di scavo per il terreno in questione.
9.2 Occorre a questo punto esaminare l\'altra questione sostanziale posta dal ricorrente e, cioè, quella relativa alla procedura di caratterizzazione del terreno, affrontata dal tribunale specificamente con riferimento ai cantieri di Ordona e Deliceto ma valevole evidentemente anche per gli altri siti. Si sostiene nell\'ordine che tale obbligo non era previsto dalla normativa del 2001; che l\'utilizzazione del terreno secondo le modalità previste nel progetto sottoposto a VIA escludeva l\'obbligo della caratterizzazione; che in ogni caso nessuna disposizione prevedeva che il prelievo per i necessari accertamenti potesse avvenire presso i siti di destinazione del materiale; che non era possibile giungere a sicure conclusioni attraverso un esame - anch\'esso peraltro contestato dal punto di vista tecnico - che riguardava solo un terzo del terreno e che, in mancanza di prova fornita dall\'accusa, doveva presumersi la natura lecita del terreno trasportato.
Ora va subito osservato che, riguardando la contestazione una condotta protratta sino al 2008, certamente doveva trovare applicazione anche l\'art. 186 del D.Lvo 152/06 come correttamente sostenuto dal tribunale. Peraltro, la cd. Legge Obiettivo 21 dicembre 2001, n. 443, come già evidenziato in precedenti decisioni di questa Corte (Sez. 3, n. 24046 del 28/04/2006 Rv. 234473), ha subito modifiche per effetto della L. n. 306 del 2003. Per effetto delle modifiche apportate dall\'art. 23 della L. n. 306/2003, l\'art. l, comma 17, cui fa cenno il ricorrente, ponendo una norma di interpretazione autentica, prevedeva che "il D.Lgs. n. 22 del 1997, articolo 7, comma 3, lettera b), e l\'art. 8, comma l, lettera f bis), si interpretano nel senso che le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, non costituiscono rifiuti e sono, perciò, escluse dall\'ambito di applicazione del medesimo decreto legislativo, solo nel caso in cui, anche quando contaminate, durante il ciclo produttivo, da sostanze inquinanti derivanti dalle attività di escavazione, perforazione e costruzione siano utilizzate, senza trasformazioni preliminari, secondo le modalità previste nel progetto sottoposto a VIA ovvero, qualora non sottoposto a VIA, secondo le modalità previste nel progetto approvato dall\'autorità amministrativa competente previo parere dell\'ARPA, sempreché la composizione media dell\'intera massa non presenti una concentrazione di inquinanti superiore ai limiti massimi previsti dalle norme vigenti". Appare evidente, quindi, che anche nella vigenza della disciplina precedente, si era affermato che la presenza di materiali non utilizzati per le attività di escavazione, perforazione, ecc. comportava la qualifica di rifiuto per il terreno utilizzato. Ed era anche altrettanto pacifico che l\'assoggettamento del progetto a VIA escludeva -come disposto anche nel D.Lgs. del 2006 -la natura di rifiuto solo in assenza anche di contaminazioni o di concentrazioni inquinanti superiori al consentito. II successivo comma 18 dell\'art. l citato (come modificato dalla L. n. 306 del 2003) disponeva, infatti, che "il rispetto dei limiti di cui al comma 17 può essere verificato in accordo alle previsioni progettuali anche mediante accertamenti sui siti di destinazione dei materiali da scavo. I limiti massimi accettabili sono individuati dall\'allegato l, tabella l colonna B del D.M. Ambiente 25 ottobre 1999, n. 471 e successive modificazioni, salvo che la destinazione urbanistica del sito non richieda un limite inferiore".
Appare legittima pertanto la preoccupazione del tribunale di affrontare ex professo anche la questione della caratterizzazione ed ugualmente corrette appaiono le soluzioni adottate. In particolare è da condividere quella secondo cui nel caso in cui si renda possibile solo l\'esame di una parte del terreno deve ritenersi comunque probante del superamento dei limiti anche l\'esame della sola massa disponibile in quanto, diversamente opinando, sarebbe agevole per il reo attraverso la attività di dispersione del terreno, disperdere anche la prova del reato. Appare infine ugualmente logico sostenere -alla luce del quadro di riferimento esaminato -che l\'attività del ricorrente sostanziatasi nel fare analizzare da un laboratorio privato solo 5 Kg di materiale a suo dire scavato nel cantiere della erigenda discarica, corrobori la tesi di un comportamento complessivo tendente ad eludere le disposizioni vigenti. L\'aspetto che il tribunale intende stigmatizzare non è infatti direttamente connesso alla provenienza del campione -sito di destinazione che sito di provenienza -quanto piuttosto relativo alle modalità di prelievo eseguito -si sostiene -in condizioni di massima libertà in ordine al materiale da prelevare. In sintesi, si deve ritenere dunque esente da vizi deducibili in questa sede la conclusione cui perviene il tribunale che individua -sulla base delle indagini sin qui espletate -la natura di rifiuto in relazione alla provenienza dei terreni ed all\'accertamento sulla concentrazione di inquinanti riscontrata in superiore ai limiti massimi consentiti, né si può ritenere in alcun modo rilevante in questo contesto l\'esistenza della VIA ed il rispetto delle condizioni imposte.
9.3 Sulle esigenze cautelari appare corretta la motivazione che rileva come il pericolo di reiterazione per Bonassisa Rocco sia connesso all\' attività imprenditoriale del ricorrente, a prescindere, quindi, dall\'esito della vicenda in esame, e per il pericolo di inquinamento probatorio specificamente rilevino gli artifici utilizzati nella specie per far passare il terreno come vegetale, l\'occultamento di ogni traccia di reato anche attraverso diretti contatti con i possibili testimoni.
10. La posizione di Bonassisa Maurizio impone invece di affrontare esclusivamente il tema dell\'esimente di cui all\'art. 384 cod. pen. rispetto al reato di favoreggiamento.
L\'attendibilità delle dichiarazioni del Di Domenico il quale solo dinanzi all\'AG che contestava il contenuto delle intercettazioni telefoniche ha ammesso di avere concordato con il Bonassisa la versione resa alla PG, deve ritenersi implicitamente affermata in ragione degli altri elementi indicati nell\'ordinanza del riesame in ordine al riempimento della ex cava DI LASCIA in precedenza enunciati.
Ora va anzitutto rilevato che, come più volte affermato da questa Cotte, in ordine all\'applicazione dell\'esimente di cui all\'art. 384 cod. pen. il giudice di merito è tenuto a svolgere un\'indagine diretta per accertare se il reato sia stato effettivamente commesso per salvare se stesso o un congiunto da un danno nella libertà o nell\' onore, non essendo sufficiente in proposito una situazione di dubbio.
In ogni caso, come rilevato anche dal tribunale, il nocumento avuto di mira dall\'art. 384 cod. pen. è quello che procurerebbe lo stesso soggetto se tenesse il comportamento dovuto.
In questo senso si è osservato in dottrina che non può riconoscersi diretta rilevanza ad un nocumento derivante da altre circostanze quali, ad esempio, le altrui deposizioni e questa Corte, in linea con l\'orientamento citato, ha già precisato che l\'esimente in parola non opera, ad esempio, a favore di chi, sia pure per i motivi indicati nella medesima disposizione (art. 384), abbia indotto altri a rendere falsa testimonianza. Si è precisato, infatti, che l\'esimente di cui al comma primo dell\'art 384 cod. pen. postula che la necessita di salvare se medesimo o un prossimo congiunto da un grave ed inevitabile nocumento nella liberta o nell\'onore concerna il soggetto che ha commesso l\'azione tipica e che, pertanto, non si applica a chi abbia determinato altri a deporre il falso (Sez. l, n. 6979 del 03/02/1976 Rv. 133837). Per come è formulata la contestazione si può ritenere pertanto correttamente esclusa in questa fase la configurabilità dell\'esimente.
10.2 Appaiono in re ipsa sussistenti anche per Bonassisa Maurizio, alla luce della contestazione, le esigenze connesse alla tutela della genuinità dell\'accertamento probatorio, rispetto alle quali correttamente risulta esclusa la rilevanza dello stato di incensuratezza dedotto.
11. Al rigetto del ricorso consegue l\'onere per i ricorrenti del pagamento delle spese processuali.