L’impossibile sottrazione dal vincolo paesaggistico dei laghi aventi perimetro inferiore a 500 metri (Alias: Come il MIBACT vìola il Codice del paesaggio e la Costituzione)
di Massimo GRISANTI
A mezzo di accordi di pianificazione stipulati con talune Regioni (Lazio, Piemonte, Toscana e Sardegna) per la formazione dei piani paesaggistici regionali, il Ministero per i beni e le attività culturali, tradendo la funzione (potere-dovere) di guardiano dei beni paesaggistici, ha manifestamente violato il Codice del paesaggio e la Costituzione, così concorrendo nella realizzazione di insanabili abusi paesaggistici, con tutto ciò che ne consegue in termini di responsabilità aquiliana.
Mi riferisco ai beni paesaggistici dei “territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi”, nei cui piani paesaggistici delle regioni summenzionate – e prossimamente anche in quello della regione Campania, stante l’intesa raggiunta – i territori contermini a laghi il cui perimetro è inferiore a 500 metri sono dichiaratamente stati esclusi dal vincolo paesaggistico e dall’obbligo di munirsi di autorizzazione paesaggistica per le trasformazioni ivi eseguibili.
A torto, e a ragione, l’illustre ex giudice costituzionale Prof. Sabino Cassese individua, da tempo, nell’inarrestabile declino qualitativo dei componenti la pubblica amministrazione uno dei principali motivi della condizione in cui versa attualmente lo Stato: “Troppi giuristi dentro la Pubblica Amministrazione, la burocrazia ha bisogno di più competenze”, così si esprime nell’intervista resa il 18 novembre 2020 a Stefania Zolotti per SenzaFiltro. Tanti giuristi che, a ben vedere, non sanno cosa sostenne la Presidenza del Consiglio dei Ministri nel ricorso n. 3/2007 alla Corte costituzionale promosso contro l’art. 3 della legge della Regione Valle d’Aosta n. 22/2006, definito con sentenza n. 164/2009, che intendeva sottrarre i laghi artificiali dal vincolo paesaggistico ex art. 142, co. 1, lett. b) del d.lgs. 42/2004: “… il codice dei Beni culturali e del paesaggio (d.lgs n. 42/2004) che dà attuazione all’articolo 9 della Costituzione, prevede all’articolo 142 che i territori contermini ai laghi, senza alcuna distinzione, abbiano valenza paesaggistica e necessitino di adeguata tutela …”. Senza alcuna distinzione.
Quindi necessitano giuristi più competenti.
Il vincolo paesaggistico ex art. 142 Codice opera ope legis ed a mente dell’incipit “Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo” qualsiasi norma contenuta nei piani paesaggistici derogatoria dal vincolo, macroscopicamente illegittima, non fa divenire lecito l’intervento eseguito in assenza della prescritta autorizzazione paesaggistica.
Nella lettera b) del primo comma dell’art. 142 del Codice il legislatore, che ben poteva farlo, non ha introdotto alcun elemento discretivo per sottrarre i laghi e i territori contermini dal vincolo paesaggistico. Il bene ambientale da proteggere è l’acqua, che dà vita, che crea paesaggi. Sia che essa sia ferma (laghi) o in movimento (fiumi, torrenti, corsi d’acqua, di cui alla lettera c). E non importa, perciò, che sia contenuta in invasi artificiali (v. Corte costituzionale, n. 164/2009): è la sua presenza comunque che crea paesaggio, quindi da difendere. Allorquando il legislatore ha voluto introdurre criteri discretivi lo ha fatto, sottoponendo a vincolo i territori montani sopra i 1600 metri per quelli alpini e 1200 per quelli appenninici e insulari.
Ciò che solo conta per l’insorgenza del vincolo è che si sia in presenza di laghi, cioè di specchi d’acqua a carattere permanente (v. Tribunale Superiore Acque Pubbliche, 27 luglio 1956, n. 17), di corpi idrici superficiali interni fermi (v. definizione art. 54 del testo unico dell’ambiente).
Per tali motivi il criterio discretivo dell’estensione del perimetro del lago, introdotto nei piani paesaggistici delle regioni suindicate attraverso accordi di pianificazione col Ministero, sconosciuto al legislatore statale, non può avere alcun effetto elusivo del vincolo paesaggistico introdotto con l’art. 142 del Codice, una norma di grande riforma economico-sociale attuativa dell’art. 9 della Costituzione e perciò di stretta interpretazione. “(…) È proprio la natura della disposizione in esame ad escludere possibili interpretazioni estensive delle ipotesi vincolistiche e delle deroghe dalla stessa previste, le une e le altre dovendo essere limitate ai casi nominativamente e tassativamente individuati dal legislatore. Deve parimenti escludersi, di conseguenza, la facoltà per le amministrazioni interessate di estendere la deroga al vincolo a ipotesi differenti da quelle espressamente contemplate dall’art. 142 (…)”, così TAR Toscana, n. 1603/2020 depositata il 03.12.2020.
Gli organi di Polizia Giudiziaria sono invitati a contestare la violazione del vincolo paesaggistico per qualsivoglia intervento eseguito in assenza di autorizzazione paesaggistica entro la fascia di 300 metri dalla linea di battigia di qualsivoglia lago. Solo così potrà essere assicurata quella tutela al paesaggio voluta dal legislatore, ma che viene negata dal Ministero e dalle Regioni.