Consiglio di Stato Sez. III n. 9674 del 3 dicembre
Beni culturali. Nozione di opera monumentale

L’attributo di “monumentale” riferito ad una villa deve ragionevolmente ricomprendere l’intero complesso architettonico di cui essa è parte. Sarebbe invero illogico escludere da essa – e dunque dal vincolo che la riguarda – l’area prospiciente il fabbricato che contribuisce a rappresentare il significato storico-tradizionale dell’opera, che, anche nella sua percezione visiva, si presenta come un inscindibile unicum. A voler seguire una lettura restrittiva, invero, i proprietari sarebbero liberi di eseguire sulle aree, cortilizia e di accesso all’edificio, qualsivoglia intervento, compresi quelli che comportano l’utilizzo di materiali non tradizionali o comunque incompatibili con quelli di costruzione del palazzo, così come di adottare qualsivoglia soluzione architettonica per gli spazi circostanti, il che porterebbe un inevitabile svilimento dei valori culturali che vanno, al contrario, conservati e protetti.

Pubblicato il 03/12/2024

N. 09674/2024REG.PROV.COLL.

N. 01306/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1306 del 2021, proposto da Pettinatura Antonia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Marco Baccichet, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Poggio a Caiano, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alessandro Cecchi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. 1280/2020


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Poggio a Caiano;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 23 ottobre 2024 il Cons. Sergio Zeuli

Viste le conclusioni delle parti, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La sentenza impugnata ha rigettato il ricorso proposto dalla parte appellante per l’annullamento del provvedimento del 30 novembre del 2009 (prot. n. 16310), a firma del Responsabile dei Servizi Tecnici del Comune di Poggio a Caiano, provincia di Prato, con cui è stata rigettata l’istanza di accertamento di conformità presentata ex art. 140 L.R.T. 3.1.2005, n. 1 (P.E.: 2009/9226), avente ad oggetto l'intervenuta realizzazione di “nuova pavimentazione esterna e ricostruzione di gazebo”; nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente.

A supporto del gravame la parte, proprietaria di un immobile di pregio (“Villa Poggiale”) destinato a civile abitazione, sito in Poggio a Caiano, via Carmignanese n.60, espone le seguenti circostanze in fatto:

- il 7 aprile del 2009 aveva richiesto l’assenso per realizzare sul resede di pertinenza dell’immobile una nuova pavimentazione esterna e per ricostruire il gazebo, ottenendo l’autorizzazione del comune;

- il 15 maggio del 2009 aveva di conseguenza presentato una D.I.A.E., ma la Polizia Municipale, a seguito di sopralluogo, verificava che la realizzazione delle opere era già stata avviata in violazione del termine di venti giorni previsto dall’art. 84 della L.R. T. del 3 gennaio 2005, vigente all’epoca;

- con l’ordinanza del 31 luglio del 2009, n. 54, il comune appellato le ingiungeva la demolizione delle opere abusivamente realizzate, sicché in pari data presentava un’istanza di accertamento di conformità ex art.140 L.R.T. n. 1 del 2005;

- l’ente, con nota del 19 ottobre del 2009, dopo aver dato atto di aver acquisito il parere della Commissione Comunale per la qualità e il paesaggio, comunicava ai sensi dell’art.10 bis della L. n. 241 del 1990 i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, per contrasto con l’art.8 delle N.T.A. del R.U. comunale, per gli interventi di tipo rel.;

- nonostante le osservazioni di replica rassegnate, con la nota del 13 novembre del 2009, l’amministrazione ribadiva l’esistenza di motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza e, con il successivo provvedimento del 30 novembre 2009, prot. 16310, esprimeva il definitivo diniego;

- con la successiva comunicazione, del 29 novembre del 2011, notificata solo il 12 dicembre successivo, il comune diffidava la parte appellante ad adempiere all’ordine di demolizione ingiunto con l’ordinanza n. 54 del 31 luglio del 2009;

La sentenza impugnata ha rigettato il ricorso proposto avverso tutti questi atti.

Avverso la decisione sono dedotti i seguenti motivi di appello:

A) ERRONEO RIGETTO DEL PRIMO MOTIVO DI RICORSO E CONSEGUENTE RIPROPOSIZIONE DELLO STESSO, ANCHE AI SENSI DELL’ART. 101, COMMA 2, C.P.A. [I. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8 delle NTA del R.U. del Comune di Poggio a Caiano. Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto dei presupposti. Eccesso di potere per errore manifesto. Eccesso di potere per insufficienza della motivazione

B) ERRONEO RIGETTO DEL SECONDO MOTIVO DI RICORSO E CONSEGUENTE RIPROPOSIZIONE DELLO STESSO, ANCHE AI SENSI DELL’ART. 101, COMMA 2, C.P.A. [II. Eccesso di potere per illogicità dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per contraddittorietà fra atti della medesima Amministrazione. Ulteriore eccesso di potere per difetto di istruttoria. Ulteriore eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto dei presupposti. Ulteriore eccesso di potere per errore manifesto.]

2. Si è costituito in giudizio il comune di Poggio a Caiano, contestando l’avverso dedotto e chiedendo il rigetto dell’appello.

DIRITTO

3. Si può prescindere dall’analizzare l’eccezione di parziale improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse, opposta dalla parte appellata per quanto riguarda la realizzazione della tettoia/gazebo insistente sullo spiazzo antistante l’immobile, attesa la generale infondatezza del gravame.

4. Venendo al merito, il primo motivo d’appello contesta ciascuna delle plurime ragioni ostative indicate dall’amministrazione, a supporto del diniego dell’accertamento di conformità delle opere realizzate sine titulo dall’appellante.

4.1. Converrà partitamente analizzarlo, non senza avere svolto una premessa, e due precisazioni, anch’esse preliminari.

4.1.1. Il motivo è complessivamente infondato.

4.1.2. Innanzitutto, basandosi il provvedimento di diniego su più ragioni ostative, la non illegittimità anche solo di una di esse, rende complessivamente infondato il gravame. Invero “ per sorreggere l'atto plurimotivato in sede giurisdizionale è sufficiente la legittimità di una sola delle ragioni espresse, con la conseguenza che il rigetto delle doglianze svolte contro una di tali ragioni rende superfluo l'esame di quelle relative alle altre parti del provvedimento; pertanto, il giudice, qualora ritenga infondate le censure indirizzate verso uno dei motivi assunti a base dell'atto controverso, idoneo, di per sé, a sostenerne ed a comprovarne la legittimità, ha la potestà di respingere il ricorso sulla sola base di tale rilievo, con assorbimento delle censure dedotte avverso altri capi del provvedimento, indipendentemente dall'ordine con cui i motivi sono articolati nel gravame, in quanto la conservazione dell'atto implica la perdita di interesse del ricorrente all'esame delle altre doglianze . Ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 02/09/2024 , n. 7340.

4.1.3. La seconda precisazione, invece, è necessaria a sottolineare che, nell’occorso, l’amministrazione procedente era titolare di un ampio potere tecnico-discrezionale che, anche per quel che si dirà nei paragrafi che seguono, non risulta essere stato esercitato, alla luce di un sindacato estrinseco di legittimità, in modo irragionevole e/o palesemente dis-funzionale.

4.2. Tutto ciò premesso, il primo dei sub-motivi del primo mezzo di gravame contesta l’esistenza di un vincolo monumentale sull’immobile de quo. Ciò escluderebbe l’applicabilità della disciplina prevista dall’art.8 delle N.T.A. che, per gli interventi di restauro e risanamento conservativo su immobili vincolati, impone i soli interventi detti di “Re1”, meglio specificati dalla normativa di accompagnamento al Regolamento Urbanistico Comunale.

4.2.1. Il motivo è infondato.

4.2.1.1. L’attributo di “monumentale” riferito all’opera di cui alla controversia deve infatti ragionevolmente ricomprendere l’intero complesso architettonico di cui la villa Poggiale è parte. Sarebbe invero illogico escludere da essa – e dunque dal vincolo che la riguarda – l’area prospiciente il fabbricato che contribuisce a rappresentare il significato storico-tradizionale dell’opera, che, anche nella sua percezione visiva, si presenta come un inscindibile unicum.

A voler seguire la lettura restrittiva prospettata dal motivo in esame, invero, i proprietari sarebbero liberi di eseguire sulle aree, cortilizia e di accesso all’edificio, qualsivoglia intervento, compresi quelli che comportano l’utilizzo di materiali non tradizionali o comunque incompatibili con quelli di costruzione del palazzo, così come di adottare qualsivoglia soluzione architettonica per gli spazi circostanti, il che porterebbe un inevitabile svilimento dei valori culturali che vanno, al contrario, conservati e protetti.

4.2.1.2. D’altronde, come fondatamente osservato dalla parte appellata, in tutti gli atti procedimentali presentati per ottenere l’autorizzazione agli interventi, la stessa parte appellante ha sempre inteso riferire l’esistenza del predetto vincolo monumentale all’intero complesso architettonico, senza limitarlo alla villa.

Non a caso, nelle istanze lo stesso è per l’appunto definito “complesso monumentale”, e, per quanto riguarda l’area a verde, “giardino monumentale”.

Oltre che con questi riconoscimenti espressi, peraltro, anche indirettamente la parte appellante ha riconosciuto che il ridetto vincolo fosse esteso a tutti gli spazi pertinenziali. Se così non fosse, invero, non si spiegherebbe il perché abbia ritenuto di chiedere l’assenso preventivo dell’amministrazione, ai sensi del comma 4 dell’art.79 della L.R. Toscana n.1/2005, per l’appunto illo tempore previsto, quale atto prodromico necessario, per i soli interventi edilizi soggetti a D.I.A. relativi ad immobili vincolati.

4.2.2. Tanto premesso, poiché l’art.8 delle N.T.A. al Piano Urbanistico, per quanto riguarda questo tipo di immobili, limita gli interventi ammissibili, in sede di restauro e risanamento conservativo (estratta la relativa nozione da quella contenuta nell’art.29 del d. lgs. n.42/2004) alla cd. tipologia “re1”, nella quale non sono contemplate le opere realizzate dalla parte, ne deriva la complessiva infondatezza di questo motivo di gravame.

4.3. Ciò non di meno, per completezza converrà passare in rassegna le singole censure articolate dalla parte appellante, con riferimento alle ragioni del diniego opposto dal comune, anticipandosene l’infondatezza.

4.3.1. Per un primo profilo, la parte contesta l’illegittimità del diniego opposto, con riferimento alla realizzazione della tettoia/gazebo, deducendo che con l’intervento è stato sostituito un’opera che già esisteva.

4.3.1.1. La censura è infondata. Innanzitutto è incontestato che il preesistente fabbricato – del quale peraltro non è stato esibito il titolo edilizio - è stato edificato nel 1977, dunque certamente non era coevo al fabbricato principale che risale al XVII secolo.

Per contro, le NTA ammettevano solo il recupero del pre-esistente, con riferimento al valore storico tradizionale, dunque già questo basterebbe a ritenere legittimo l’opposto diniego.

4.3.1.2. In secondo luogo, quel fabbricato era crollato in epoca anteriore all’intervento da sanare, dunque correttamente il comune ha qualificato l’intervento quale “nuova costruzione”, non ammissibile in ragione del vincolo (indiretto) esistente.

4.3.1.3. Inoltre, rispetto al preesistente, l’intervento ha comportato un aumento di superficie di circa otto metri quadri, attestato dalla sovrapposizione delle due planimetrie, ma anche da quanto dichiarato dal Tecnico, il geometra Maurizio Bencini, che ha curato la pratica, nella comunicazione del 24 luglio del 2009.

E anche questo incremento, di per sé solo, rappresentava un elemento ostativo al rilascio dell’atto di assenso.

4.3.1.4. Infine, in violazione di quanto previsto dal citato art. 8 delle N.T.A. in tema di limiti Re1 risultano utilizzati, per la sua edificazione, materiali non compatibili, quali pilastri in cemento armato, tavolati in legno, guaina impermeabilizzante rivestita in rame, che non sono tradizionali, e che comunque non corrispondono a quelli della villa, e più in generale, del complesso monumentale oggetto di tutela.

4.3.2. Analoga incompatibilità – malgrado le doglianze della parte appellante – si riscontra con riferimento alla pavimentazione della strada di accesso alla villa, che, innanzitutto, costituisce un’opera di notevoli dimensioni, avente significativo impatto sull’ambiente circostante: è infatti lunga cento metri e larga otto metri e sessanta.

4.3.2.1. Tra gli elementi incompatibili è stata poi rilevata la presenza di disegni – realizzati con sestini di diversi colori – che riproducono lo stemma della villa e che, sia per stile, che per gli stessi materiali utilizzati, non sono coerenti con le ragioni di tutela.

Oltre ai ricordati sestini, la pavimentazione del manto stradale è costituita da elementi di finitura pre-fabbricati in cls vibrato (cordoli e zanelle). In entrambi i casi si tratta di materiali e tecnologie del tutto estranee all’originario impianto architettonico.

Di conseguenza ne è palese il contrasto con le previsioni di cui all’art. 8 delle NTA che, imponendo per il restauro ed il risanamento conservativo la sola tipologia di intervento RE1 prescrive, per la conservazione e il ripristino dei detti spazi e dei singoli elementi costitutivi originari, solo l’utilizzo di materiali e tecnologie originari, mentre nel caso di specie entrambi questi elementi sono evidentemente moderni.

4.4. Il terzo sub-motivo d’appello contesta al provvedimento impugnato l’illegittimità del motivo ostativo ravvisato nella carenza professionale del tecnico che ha curato la pratica, trattandosi di professionista non laureato.

Al contrario, sostiene la parte appellante che all’avvio dei lavori sarebbe stato nominato un direttore dei lavori munito del titolo professionale adeguato, e che invece analoga professionalità non era richiesta dalla normativa per la semplice istruttoria della pratica.

4.4.1. Il motivo è infondato. L’art.8 delle N.T.A. infatti, riserva, inderogabilmente, gli interventi sugli immobili vincolati, per implicite ragioni di tutela dell’interesse culturale da essi recato, al solo architetto, o comunque ad un professionista laureato ai sensi della Direttiva CEE384 del 10 giugno del 1985, senza distinguere tra fase procedimentale e fase esecutiva.

Del resto la doglianza è anche irragionevole, essendo evidente che la fase più delicata, per assicurare la necessaria tutela al bene, è quella della progettazione dell’intervento e non quella della sua esecuzione.

4.5. Il terzo sub-motivo contesta al provvedimento impugnato di aver erroneamente denegato la sanatoria per la ritenuta difformità dell’intervento dalle previsioni di cui al D.C.RT. 23071994 e del R.U. in materia di permeabilità delle aree e per la mancanza del collaudo anti-sismico sulle opere strutturali da parte del Genio Civile.

Al contrario, sostiene la parte appellante, quanto al primo punto, che era stata pienamente rispettata la permeabilità delle aree, nella misura prevista dalla legge, pari ad almeno il 25% della superficie fondiaria, e che comunque la pavimentazione realizzata, essendo posta su di un letto di sabbia, garantisce una generale permeabilità a prescindere dai materiali utilizzati.

Quanto al secondo punto, la parte sostiene che il collaudo avrebbe dovuto seguire e non precedere il perfezionamento della DIA. E che nel caso di specie, essendo stati avviati i lavori prima del perfezionamento del titolo tacito, il previo deposito del collaudo non fosse necessario.

4.5.1. Entrambe le doglianze sono infondate.

Innanzitutto, si osserva che la parte appellata ha individuato le ragioni ostative, in entrambi i casi, in carenze documentali, e non nella difformità delle opere dagli standard normativi. Carenze che peraltro erano già state segnalate in sede di preavviso di diniego che, tuttavia, la parte, sebbene sollecitata, non ha provveduto ad integrare.

Le dette lacune hanno dunque impedito all’amministrazione appellata di valutare la sanabilità degli interventi sotto entrambi i profili con conseguente diniego che appare perciò giustificato.

4.5.2. Anche a voler trascurare quanto appena osservato, che pure è esaustivo dequota la doglianza in esame, si osserva, quanto alla permeabilità dell’area, che la parte appellante la riferisce alla sola porzione di terreno esterno alla villa, mentre la sua esistenza andrebbe dimostrata con riferimento all’intero complesso immobiliare.

4.5.3. Quanto al collaudo anti-sismico si osserva che, con provvedimento dell’8 luglio del 2013, il Genio Civile ha rigettato la relativa richiesta, il che significa che l’originaria carenza documentale evidenzia al momento l’insussistenza di un requisito strutturale necessario per il rilascio dell’accertamento di conformità. Il che, anche in questo caso, dequota le doglianze della parte.

5. Il secondo motivo d’appello denuncia il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà nel diniego impugnato.

A tal proposito la parte appellante evidenzia che, in precedenza, il comune, con l’atto di pre-assenso obbligatoriamente previsto dall’art.79 comma 4 L.R. Toscana 1/2005, aveva mostrato di ritenere autorizzabile l’intervento. Sarebbe dunque frutto di un travisamento dei presupposti l’avere, in via preventiva, il comune assentito ad un progetto che, successivamente è stato ritenuto del tutto incompatibile con il regime urbanistico vigente.

5.1. Il motivo è infondato perché tra il progetto oggetto del pre-assenso e quello oggetto della richiesta di sanatoria esistevano – come dimostrano anche le considerazioni che precedono - significative difformità.

Infatti, la tettoia occupava una superficie più ampia di quella in progetto, e la pavimentazione è stata realizzata con materiali e modalità non previste nell’atto di assenso e, per di più, del tutto incompatibili con il carattere vincolato del complesso.

5.2. Aggiungasi che l’atto di pre-assenso conteneva un’approvazione di massima e preventiva del progetto, che comunque non escludeva la necessità per la parte, di munirsi dei titoli edilizi previsti dalla legge.

Questi ultimi, dunque, in quanto soggetti alle norme edilizie ordinarie non erano condizionati dal precedente assenso che, contrariamente a quanto ritenuto dalla doglianza in esame, non vincolava affatto l’amministrazione – che rimaneva libera nel suo giudizio - alla loro emanazione. Si trattava, in altre parole, di atti del tutto autonomi ed indipendenti dal pre-assenso, in alcun modo condizionati da quest’ultimo.

Anche per questo profilo, dunque, non può essere condivisa la censura in esame.

6. Questi motivi inducono al rigetto del gravame. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna la parte appellante al pagamento delle spese processuali che si liquidano in complessivi euro 4000,00 (euroquattromila,00) da corrispondere alla parte appellata.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio celebrata da remoto, del giorno 23 ottobre 2024 con l'intervento dei magistrati:

Fabio Franconiero, Presidente FF

Davide Ponte, Consigliere

Sergio Zeuli, Consigliere, Estensore

Carmelina Addesso, Consigliere

Laura Marzano, Consigliere