Consiglio di Stato Sez. VI n. 9860 del 9 dicembre 2024
Beni culturali.Vincolo indiretto

Il vincolo indiretto concerne la cd. cornice ambientale di un bene culturale. Ne deriva che non è il solo bene in sé a costituire oggetto della tutela, ma l’intero ambiente potenzialmente interagente con il valore culturale, che può richiedere una conservazione particolare. In questo senso il canone di verifica del corretto esercizio del potere deve avvenire secondo un criterio di congruenza, ragionevolezza e proporzionalità. Tali criteri sono tra loro strettamente connessi e si specificano nel conseguimento di un punto di equilibrio identificabile nella corretta funzionalità dell’esercizio del potere che deve essere congruo e rapportato allo scopo legale per cui è previsto. Il vincolo indiretto può essere apposto per consentire di comprendere l’importanza dei luoghi in cui gli immobili tutelati dal vincolo diretto si inseriscono mediante la loro conservazione pressoché integrale. La valutazione dell’amministrazione nell’ambito in discorso è per lo più insindacabile, se non sotto il profilo della congruità e della logicità della motivazione ed in particolare per difetto o manifesta illogicità della motivazione o errore di fatto.


Pubblicato il 09/12/2024

N. 09860/2024REG.PROV.COLL.

N. 07123/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7123 del 2022, proposto da
Silvia Tarenzi, Luca Tarenzi e Guido Tarenzi, rappresentati e difesi dagli avvocati Antonello Linetti e Daniele Manca Bitti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Cultura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, n. 89/2022.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Cultura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 novembre 2024 il Cons. Giordano Lamberti e dato atto che nessuno è presente per le parti costituite;

Viste le conclusioni delle parti, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 - Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con decreto emesso in data 4.07.2017, ha posto un vincolo diretto e un vincolo indiretto sul “complesso di immobili costituito dalla chiesa di San Sivino ed aree attigue alla stessa”, in Comune di Manerba del Garda, località San Sivino.

2 – In base al provvedimento, il vincolo diretto riguarda la chiesa; il vincolo indiretto riguarda le aree attigue, che sono state assoggettate alle seguenti prescrizioni:

(i) nell’area campita in azzurro, costituente l’ambito di rispetto dell’edificio di culto, oltre all’uso agricolo, può essere mantenuta la destinazione a verde naturale, privilegiando la conservazione della vegetazione arborea tipica del luogo e presente in loco, non è consentita la nuova edificazione, ma al più gli interventi di consolidamento del terreno, fatti salvi eventuali profili di natura archeologica;

(ii) nell’area campita in blu scuro, sono ammesse le costruzioni esistenti, ovverosia quelle legittime o regolarmente autorizzate alla data del 10.03.2017 (data della comunicazione di avvio del procedimento di apposizione del vincolo), senza possibilità di incrementi di superficie coperta e volume, tranne che per i volumi tecnici, ma con facoltà di interventi di riqualificazione coerenti con la natura e le caratteristiche storico-tipologiche dell’edificio, da concordarsi previamente con la Soprintendenza;

(iii) eventuali scavi archeologici dovranno essere concordati con la Soprintendenza.

3 - I fratelli Silvia, Luca e Guido Tarenzi hanno impugnato avanti il Tar per la Lombardia tale decreto di vincolo, che riguardava le loro proprietà, circostanti la Chiesetta di San Sivino.

4 – Il Tar adito, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto il ricorso.

5 – Avverso tale pronuncia hanno proposto appello gli originari ricorrenti per i motivi di seguito esaminati.

5.1 – Con il primo motivo (“Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione e conseguente violazione della legge sul procedimento amministrativo”) gli appellanti lamentano che non sia stata consentita loro la partecipazione al procedimento, rappresentando che le osservazioni presentate non sono state esaminate, perché erroneamente protocollate.

Nello specifico, parte appellante contesta gli assunti del Giudice di primo grado per cui l’obbligo dell’amministrazione procedente di esaminare gli apporti procedimentali di coloro che vi hanno partecipato è limitato a quelli pertinenti e che le argomentazioni addotte dai fratelli Tarenzi non erano tali.

A sostegno della censura parte appellante precisa che, nel caso di specie, venivano portate all’attenzione dell’amministrazione procedente le problematiche dell’immotivata estensione del vincolo indiretto e della mancata tutela della privacy.

Per gli appellanti, la prova che le argomentazioni addotte fossero pertinenti è data proprio dalla risposta postuma del Soprintendente di Brescia datata 18.07.2017 Protocollo n. 13669, poiché in essa non si respingono le osservazioni in quanto non pertinenti, ma le si contrastano nel merito.

5.2 – Con il secondo motivo (“Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 45 del D.Lgs. n. 42 del 22.01.2004. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, irrazionalità, istruttoria e motivazione insufficiente”) parte appellane contesta che il vincolo diretto apposto dal Ministero sarebbe irrazionale e non proporzionato all’oggettivo stato dei luoghi, in quanto nella chiesetta di San Savino non vengono esercitate funzioni religiose, l’edificio è diroccato ed è pure contestata giudizialmente la titolarità del diritto di proprietà su di esso.

Del pari, sarebbe del tutto irragionevole il vincolo indiretto, tenuto conto: - che sia per la distanza, che per la conformazione dei luoghi (a balze), la chiesa non è visibile dal luogo pubblico; - che non vi è alcun “complesso religioso”, ma una semplice chiesetta di campagna di proprietà privata, caduta in disuso e diroccata, solo di recente oggetto di un intervento peraltro controverso di rifacimento integrale del tetto; - che, ancorché vi sia un contenzioso avanti al Giudice ordinario, la chiesetta non è di proprietà della Curia di Verona, ma degli appellanti; - che il PGT riconosce l’uso agricolo dell’area, ma ammette un ampliamento nel limite del 10% del corpo di fabbrica principale, cosa, viceversa, vietata dal vincolo apposto dalla Soprintendenza, quantunque l’ampliamento non andrebbe a interferire con la vista della chiesetta; - che a fronte di una superficie di circa 100 mq di un edificio di culto diroccato ed abbandonato, si arriva a porre un vincolo indiretto su un’area di oltre 30.000 mq.

L’appellante prospetta inoltre che affermare che l’area circostante fosse utilizzata per le sepolture è una forzatura del Tar, poiché si tratterebbe di una mera ipotesi, non essendo mai emerse tombe, nonostante la coltivazione dei terreni circostanti.

5.3 – Da un altro punto di vista, gli appellanti rappresentano di essere proprietari e gestire in loco un villaggio turistico denominato San Giorgio Vacanze e l’area interessata dal vincolo indiretto potrebbe integrare zona di espansione dell’attività turistica. Ciò precisato, insistono nell’evidenziare che né Ministero, né tanto meno i Giudici amministrativi in primo grado, spiegano perché debba essere vincolata un’area di circa trentamila metri quadrati, per altro a balze, per evitare che possano essere danneggiate la luce e le visuali prospettiche, come precisato nella comunicazione di avvio del procedimento.

Nello specifico deducono che:

- l’area circostante il luogo di culto di proprietà dei ricorrenti è un parco recintato e inaccessibile al pubblico, morfologicamente a balze;

- l’attuale PGT del Comune di Manerba del Garda consente un modesto ampliamento del 10% della Villa Tarenzi e l’imposizione del vincolo indiretto farebbe venir meno anche questa minima possibilità di incremento volumetrico, che è del tutto ingiustificata, alla luce dello stato dei luoghi;

- il Ministero nulla dice della necessaria relazione di continuità storica o del collegamento tipologico, che possano imporre la necessità di non alterare minimamente la vicina Villa Tarenzi, al fine della conservazione architettonica ambientale del bene storico oggetto del vincolo diretto;

- l’edificio di culto è immerso nella vegetazione, che non consente alcuna vista dal lago, perché la spiaggia si trova ad alcuni chilometri di distanza e la spiaggia sottostante, trovandosi ai piedi di un dirupo, non consente alcuna visione della superiore proprietà;

- non è logico richiamare un rapporto volumetrico tra l’edifico di culto e la Villa Tarenzi, affermando che risulti ampiamente in favore della seconda, quando si tratta di un edifico realizzato da almeno 200 anni;

- non è comprensibile e, comunque, non è stato spiegato quali prospettive e quale luce potrebbero essere compromesse se l’edificio adiacente venisse ampliato del 10%, come consentono le norme di PGT, dalla parte opposta rispetto alla chiesa, ove la porzione di edificio è più bassa rispetto alla copertura della parte di edificio realizzata verso il luogo di culto;

- nulla viene motivato sulla conseguente mancata tutela della privacy degli appellanti, poiché l’inedificabilità assoluta, conseguente al vincolo indiretto, non consente nemmeno di erigere un muro che separi la chiesetta di San Sivino dalla loro abitazione, tenuto anche conto del progetto di realizzare in loco in favore dalla cittadinanza un percorso ciclopedonale;

- la Chiesa di San Sivino non è visibile se non dall’interno della proprietà Tarenzi e ciò contraddice alla radice il presupposto secondo cui anche una minima edificazione comporterebbe la manomissione dei coni ottici panoramici esistenti.

In definitiva, per gli appellanti, non sarebbero state spiegate le ragioni per le quali, a fronte di un edificio di culto della superficie di circa cento metri quadrati, sia necessario porre un vincolo indiretto su di un’area di oltre trentamila metri quadrati e, se fosse quello l’elemento giustificativo, sarebbe illogico un vincolo tanto esteso per dare uniformità all’area circostante nel mero rispetto di quelli che sono stati i dati storici catastali, senza considerare le diversità morfologiche e colturali del terreno vincolato.

6 – Le censure, che possono essere esaminate congiuntamente, sono infondate.

Le valutazioni in ordine all’esistenza di un interesse sia archeologico che storico-artistico, tali da giustificare l’apposizione dei relativi vincoli, è espressione di un potere ampiamente discrezionale, di prerogativa esclusiva dell’Amministrazione; può essere sindacato in sede giurisdizionale solo in presenza di profili di incongruità ed illogicità di evidenza tale da far emergere l’inattendibilità della valutazione tecnico-discrezionale compiuta (ex multis Consiglio di Stato, sez. VI, 6 marzo 2009, n. 1332).

Nel caso di specie, il decreto di apposizione del vincolo e la richiamata relazione della Soprintendenza danno ampiamente conto delle ragioni che hanno condotto il Ministero a dichiarare l’interesse culturale della chiesetta e a sottoporre a vincolo indiretto l’area circostante.

In particolare, quanto al vincolo diretto, la Soprintendenza ha indicato gli elementi che fanno ritenere la chiesetta “un oratorio privato di fondazione altomedievale”, esplicitando anche l’esigenza di sottrarre la parte residua del complesso a ulteriori manomissioni.

Non rileva l’assunto per cui la chiesetta non sarebbe altro che un fabbricato diroccato, tenuto conto che tale circostanza non ne impedisce, di per sé, la remissione in pristino, anche intesa come integrale ricostruzione, soprattutto in presenza di edifici vincolati, con il ripristino delle caratteristiche antecedenti all’evento (Cons. St., Sez. VI, n. 2139/2015).

Quanto al vincolo indiretto, la Soprintendenza spiega e documenta, tra l’altro, che “la cornice ambientale che contraddistingue il piccolo oratorio risulta ancora sostanzialmente integra e riconoscibile così come storicamente documentato dalle mappe catastali e tavole censuarie di epoca Napoleonica (anno 1808) e successivamente del periodo Lombardo-Veneto (1848-1852).”

7 – In riferimento alle contestazioni avverso il cd. vincolo indiretto sulle quali si concentra maggiormente l’appello giova inoltre osservare quanto segue.

In base all’art. 45 del Codice dei beni culturali “Il Ministero ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro”. La norma demanda all’amministrazione di delimitare con intensità variabile, non predeterminata, le misure più idonee a preservare il valore ed il significato che il bene colturale rappresenta nel territorio nel quale è collocato. Va osservato che, visti i rilievi di parte appellante, tale finalità non è circoscritta alla sola visuale o fruibilità del bene culturale (nel caso di specie, la chiesa), ma più in generale a preservarne le “condizioni di ambiente e di decoro”.

La giurisprudenza ha infatti precisato che il vincolo indiretto concerne la cd. cornice ambientale di un bene culturale (cfr. Cons. Stato, IV, 9 dicembre 1969, n. 722; VI, 18 aprile 2011, n. 2354). Ne deriva che non è il solo bene in sé – ovvero la chiesetta - a costituire oggetto della tutela, ma l’intero ambiente potenzialmente interagente con il valore culturale, che può richiedere una conservazione particolare. In questo senso il canone di verifica del corretto esercizio del potere deve avvenire secondo un criterio di congruenza, ragionevolezza e proporzionalità. Tali criteri sono tra loro strettamente connessi e si specificano nel conseguimento di un punto di equilibrio identificabile nella corretta funzionalità dell’esercizio del potere che deve essere congruo e rapportato allo scopo legale per cui è previsto (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 3 luglio 2012 n. 3893).

Deve inoltre osservarsi come la giurisprudenza abbia precisato che il vincolo indiretto può essere apposto per consentire di comprendere l’importanza dei luoghi in cui gli immobili tutelati dal vincolo diretto si inseriscono mediante la loro conservazione pressoché integrale (Consiglio di Stato, Sez. VI, 26 maggio 2017, n. 2493).

Va rimarcato come la valutazione dell’amministrazione nell’ambito in discorso è per lo più insindacabile, se non sotto il profilo della congruità e della logicità della motivazione ed in particolare per difetto o manifesta illogicità della motivazione o errore di fatto (cfr. Cons. St., sez. IV, 22 giugno 2005, n. 3305; Cons. St., sez. VI, 22 agosto 2006, n. 4923; Cons. St., sez. IV, 9 febbraio 2006, n. 659).

7.1 - Nel caso in esame, la Soprintendenza nella relazione richiamata nel decreto, dopo aver descritto i tratti caratteristici della zona, mette in luce che “la cornice ambientale che contraddistingue il piccolo oratorio risulta ancora sostanzialmente integra e riconoscibile così come storicamente documentato dalle mappe catastali e tavole censuarie di epoca Napoleonica (anno 1808) e successivamente del periodo Lombardo-Veneto (1848-1852)”, così come spiega che la perimetrazione dell’area sottoposta a vincolo segue le mappe storiche, di cui si dà atto nella relazione. Al contempo, la documentazione fotografica, parimenti rappresentata nella relazione, evidenzia i rapporti dimensionali e le distanze tra l’oratorio e il fabbricato a uso abitativo dei ricorrenti, rendendo plausibili le ragioni di tutela che giustificano il vincolo di inedificabilità.

In disparte ogni profilo attinente al merito della scelta, che resta insindacabile per il Giudice, la giustificazione del vincolo indiretto e la sua estensione ed incidenza appaiono coerenti con la natura, le caratteristiche e le ragioni di tutela del bene monumentale al quale è funzionale, come innanzi anticipato.

Le doglianze di parte appellante, suscettibili in astratto di un qualche margine di apprezzamento, devono essere valutate in concreto, tenuto conto che il provvedimento di tutela indiretta, a prescindere dall’aspetto legato alla mera visuale della chiesa, intende conservare i caratteri peculiari della cornice ambientale entro la quale la stessa è collocata, della quale vi è una puntuale descrizione nel provvedimento, e che non è riconducibile alla mera visibilità prospettica del bene culturale.

Al riguardo, la giurisprudenza ha già avuto modo di osservare che i valori tutelati dalla norma citata hanno carattere ambivalente ed investono l’ambito territoriale interessato nel loro insieme in ragione della peculiarità dei beni da tutelare, con la conseguenza che il vincolo indiretto può essere apposto per consentire di comprendere l’importanza dei luoghi in cui gli immobili tutelati dal vincolo diretto si inseriscono mediante la loro conservazione pressoché integrale (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 26 maggio 2017, n. 2493).

In definitiva, il potere concretamente esercitato dall’amministrazione - che, come detto, è espressione di discrezionalità tecnica - non appare irragionevole o illogico, trovando invece la propria giustificazione nell’esigenza conservativa determinata dal vincolo diretto, tenuto conto delle peculiarità dello specifico bene che viene in considerazione e del contesto nel quale è inserito, ben spiegati nella relazione allega al decreto di vincolo.

Ne deriva che, a fronte delle valutazioni espresse nella relazione tecnico scientifica allegata al provvedimento, le censure di difetto di istruttoria e di motivazione, riproposte in appello, da un lato, appaiono inconsistenti; dall’altro, le valutazioni espresse al riguardo dall’appellante sconfinano in un inammissibile giudizio di merito.

7.1 - Alla luce delle considerazioni che precedono, devono essere disattesi anche i rilievi con i quali l’appellante lamenta la violazione del principio di proporzionalità e l’ingiusto sacrificio imposto alla proprietà privata.

Si è già osservato innanzi che il cd. vincolo indiretto non ha contenuto prescrittivo tipico, per essere rimessa all’autonomo apprezzamento dell’amministrazione la determinazione delle disposizioni utili all’ottimale protezione del bene principale, fino all’inedificabilità assoluta, se e nei limiti in cui tanto è richiesto dall’obiettivo di prevenire un vulnus ai valori oggetto di salvaguardia (cfr. Cons. St. n. 3663/2021).

Nel caso di specie, dove per altro anche in base alla strumentazione urbanistica è prevista solo una limitata capacità edificatoria (sul punto vedasi oltre), anche volendosi accogliere una connotazione del principio di proporzionalità non calibrato solo in una prospettiva interna, ovvero in funzione del bene da proteggere, ma estendendone la portata anche agli interessi esterni con i quali l’interesse primario di preservazione del bene culturale deve confrontarsi, la motivazione del provvedimento - dando conto in maniera esaustiva delle componenti che contribuiscono a concretizzare il valore storico ed artistico del bene culturale, del quale, come detto, partecipa in modo determinante l’ambiente circostante, ed al quale, pertanto, deve conformarsi anche la misura indiretta di tutela al fine di poter assolvere alla precipua funzione alla stessa riconosciuta dall’ordinamento – vale anche a giustificare le caratteristiche e l’estensione del vincolo in rapporto al contrapposto interesse proprietario, che nel caso di specie non risulta ingiustamente sacrificato, rispondendo la sua pur intensa limitazione alla necessità di preservare il particolare bene culturale che viene in questione.

7.2 – Appaiono irrilevanti i rilievi facenti leva sul riconoscimento da parte dello strumento urbanistico comunale di una limitata edificabilità dell’area, non potendosi ammettere indebite sovrapposizioni, tra il potere esercitato dalla Soprintendenza e il contenuto proprio della pianificazione urbanistica di competenza dell’ente locale. Invero, le valutazioni volte alla tutela storico artistica, tra le quali è compreso il vincolo indiretto, operano su di un piano differente, esterno e sovraordinato rispetto a quello urbanistico, come si desume chiaramente dall’art. 45 comma 2 del D.lgs. 22 gennaio 2004, secondo il quale gli enti pubblici territoriali recepiscono le prescrizioni nei regolamenti edilizi e negli strumenti urbanistici. La giurisprudenza con riferimento al rapporto tra tutela dei valori culturali e paesaggistici e pianificazione urbanistica, sulla base dell’art. 9 Cost., ha affermato la prevalenza dell’impronta unitaria della tutela culturale e paesaggistica sulle determinazioni urbanistiche, pur nella necessaria considerazione della compresenza degli interessi pubblici intestati alle due funzioni (cfr. Corte Cost. n. 180 e n. 437 del 2008; n. 367 del 2007).

7.3 - Va infine precisato che qualora in futuro dovessero effettivamente emergere violazioni della riservatezza e della sicurezza per la proprietà degli appellanti ben potranno essere valutate adeguate misure al fine di salvaguardare i loro diritti, pur nel rispetto del vincolo.

8 – Alla luce delle considerazioni che precedono, non può trovare accoglimento neppure la doglianza con la quale si lamenta la lesione del principio del contraddittorio, dal momento che, come rilevato dal Tar, le osservazioni di parte appellante, stante il loro contenuto, non introducono alcun elemento concreto e significativo al fine della valutazione che l’amministrazione era chiamata a compiere (nella memoria degli appellanti ci si limitava semplicemente a far presente che “le aree interessate sono già soggette a vincolo ambientale regionale ed a vincolo di inedificabilità dell’attuale PGT del comune di Manerba del Garda. Un ulteriore vincolo, così come proposto, risulta eccessivo e penalizzante per la proprietà. Si sottolinea inoltre che non è stata presa in considerazione la necessità di salvaguardare la nostra privacy e la nostra sicurezza con recinzioni e barriere non solo vegetali”).

Al riguardo, sul piano formale, deve inoltre rilevarsi che la Soprintendenza ha ritualmente inoltrato agli appellanti la comunicazione di avvio e, seppur in un secondo tempo, ha comunque avuto contezza delle osservazioni degli appellanti, disattendendole formalmente.

Giova infine ricordare che la pubblica amministrazione non è tenuta a confutare in maniera analitica ogni singolo punto, ma si può limitare ad una replica che faccia intendere le motivazioni del mancato accoglimento delle osservazioni del privato (ex multis, Cons. St., Sez. VI, 3 luglio 2014, n. 3355).

9 – Per le ragioni esposte, l’appello va respinto.

Le spese di lite, ad una valutazione complessiva della lite, possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello e compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2024 con l'intervento dei magistrati:

Hadrian Simonetti, Presidente

Giordano Lamberti, Consigliere, Estensore

Davide Ponte, Consigliere

Roberto Caponigro, Consigliere

Giovanni Gallone, Consigliere