Consiglio di Stato Sez. VI n. 5700 del 2 luglio 2025
Beni culturali.Prescrizioni di tutela indiretta

Le prescrizioni di tutela indiretta previste dall'art. 45 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, (nel quale è rifluita, con espressioni letterali largamente coincidenti, la fattispecie sostanziale disciplinata dapprima all'art. 21 della l. n. 1089 del 1939 e poi all'art. 49 del d.lgs. n. 490 del 1999) hanno la funzione di completamento pertinenziale della visione e della fruizione dell'immobile principale (gravato da vincolo "diretto"). Tale tipologia di vincolo integra quindi un limite apponibile al diritto di proprietà sulla base di apprezzamenti rimessi all'autorità amministrativa competente, sia pure da contenersi secondo criteri di ragionevolezza e proporzionalità. L'Amministrazione, in particolare, "ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro" (art. 45 del d.lgs. n. 42 del 2004). Il vincolo indiretto concerne la c.d. cornice ambientale di un bene culturale. Ne deriva che non è il solo bene in sé a costituire oggetto della tutela, ma l'intero ambiente potenzialmente interagente con il valore culturale, che può richiedere una conservazione particolare. In questo senso il canone di verifica del corretto esercizio del potere deve avvenire secondo un criterio di congruenza, ragionevolezza e proporzionalità. Tali criteri sono tra loro strettamente connessi e si specificano nel conseguimento di un punto di equilibrio identificabile nella corretta funzionalità dell'esercizio del potere che deve essere congruo e rapportato allo scopo legale per cui è previsto. I valori tutelati dalla norma citata hanno carattere ambivalente ed investono l'ambito territoriale interessato nel loro insieme in ragione della peculiarità dei beni da tutelare, con la conseguenza che il vincolo indiretto può essere apposto per consentire di comprendere l'importanza dei luoghi in cui gli immobili tutelati dal vincolo diretto si inseriscono mediante la loro conservazione pressoché integrale: ecco perché la tutela prevista dall'art. 45 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 comprende tanto una tutela della luce, della cornice e del decoro verso l'immobile oggetto di tutela diretta quanto la salvaguardia degli scorci, degli equilibri prospettici e delle visuali godibili anche dall'immobile stesso.

Pubblicato il 02/07/2025

N. 05700/2025REG.PROV.COLL.

N. 03618/2024 REG.RIC.

logo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3618 del 2024, proposto da
Porta Medicea s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanni Genta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via dei della Robbia, n. 66;

contro

Ministero della Cultura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Segretariato Regionale per la Toscana del Ministero della Cultura - Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale, non costituito in giudizio;

nei confronti

Comune di Livorno, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Primera) n. 77/2024, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Cultura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 giugno 2025 il Cons. Giovanni Pascuzzi e udito per la parte appellante l’avvocato Giovanni Genta;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso del 2023 la società Porta Medicea s.r.l. ha adito il Tar per la Toscana per ottenere:

- la dichiarazione di nullità ex art. 114 c.p.a. o in subordine l’annullamento (previa – occorrendo – conversione dell’azione ex art. 31 c.p.a.) del Decreto n. 9 del 18.01.2023, a firma del Segretario Regionale – Presidente della Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale, con il quale ai sensi dell’art. 45 del d.lgs. 42/04 è stato apposto il vincolo di tutela indiretta - inter alia - su parte dei beni di proprietà della ricorrente, siti nelle immediate vicinanze dei resti dell’Opera di Porta Murata, in Livorno nell’ambito del comparto della c.d. Porta e Mare, sub ambito Lips e Molo Mediceo, nonché di ogni altro atto comunque connesso, presupposto e/o consequenziale.

2. Le premesse in fatto possono essere così sintetizzate:

- la società Porta Medicea s.r.l. ha acquistato dalla società Porta a Mare s.p.a., nel 2008, larga parte dell’area interessata dal Piano Particolareggiato Porta a Mare: essa è pertanto subentrata alla propria dante causa nelle obbligazioni nei confronti della Amministrazione Comunale, come specificate in convenzioni urbanistiche del 2006 e del 2007;

- la società Porta a Mare nacque come società di trasformazione urbana, partecipata anche dal comune di Livorno, con lo scopo di attuare i progetti per la riqualificazione delle aree dismesse dalle industrie cantieristiche e riqualificare una vasta parte del territorio cittadino, secondo quanto previsto nel Piano Particolareggiato “Porta a Mare” (v. infra);

- in data 14 ottobre 2003 con Deliberazione n. 169, avente per oggetto «Piano Strutturale – Sottosistema Funzionale 6 – denominato Porta a Mare UTOE 5-A-1 Porto Mediceo e UTOE 4-B-4 Cantiere Orlando – Piano Particolareggiato» il Consiglio Comunale di Livorno ha definitivamente approvato il Piano Urbanistico Particolareggiato attuativo della vigente normativa urbanistica afferente al comparto della “Porta a Mare”, per la riqualificazione e trasformazione di parte delle aree degli ex Cantieri Navali Orlando;

- all’interno del perimetro del Piano Particolareggiato insistono alcuni resti delle mura del Porto Mediceo e dei bastioni dichiarati di interesse culturale con decreto del Direttore Generale del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali 3 maggio 1997 (vincolo diretto);

- nel 2007 la società Porta a Mare sottoscrisse (unitamente a: Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Interno, Ministero della Difesa, Ministero dei Trasporti, Ministero delle infrastrutture, Ministero dello sviluppo economico, Ministero dell’Ambiente, Ministero dei Beni ed Attività Culturali, Agenzia del Demanio, Comando Guardia di Finanza di Livorno, Regione Toscana, Provincia di Livorno, Comune di Livorno, Autorità Portuale di Livorno, Capitaneria di Porto di Livorno) l’accordo di programma «per lo sviluppo e la trasformazione urbanistica degli ex cantieri Orlando e delle aree portuali limitrofe»;

- detto accordo di programma costituiva attuazione di parte delle previsioni contenute nell’Accordo di programma per il Porto di Livorno sottoscritto in data 26 settembre 1997 (cfr. premesse dell’accordo di programma del 2007, p. 2);

- con nota 21.7.2021 la Soprintendenza appose il vincolo indiretto sulle medesime aree oggetto del provvedimento di cui oggi si discute; avverso detto provvedimento la società Porta Medicea propose ricorso dinanzi al Tar per Toscana, che lo accolse con sentenza n. 470/22, passata in giudicato;

- con decreto n. 9 della Segretaria Regionale per la Toscana del Ministero della Cultura del precedente 17 gennaio, a firma del Presidente della Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale, è stato imposto sulle particelle di proprietà di Porta Medicea s.r.l., site nei sub ambiti Molo e Lips del Piano attuativo, il vincolo cd indiretto di cui all’art. 45 del d.lgs. 42/04.

3. Con il ricorso in primo grado la società Porta Medicea ha chiesto che il provvedimento da ultimo citato fosse in primis dichiarato nullo ex art. 114 c.p.a. e in subordine, previa conversione – occorrendo – dell’azione ex art. 31 c.p.a., illegittimo.

3.1 Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente, in sintesi, sosteneva che con il decreto 9 del 18.01.2023 l’Amministrazione avesse violato il giudicato che si era formato sulla sentenza del Tar per la Toscana n. 470/2022, con la quale era stata annullata la nota del 21 luglio 2021con la quale, ai sensi dell'art. 45 del d.lgs. n.42 del 2004, era stato apposto il vincolo di tutela indiretta su parte dei beni di proprietà della ricorrente, siti nelle immediate vicinanze dei resti dell'Opera di Porta Murata, in Livorno, ritenendo sussistenti i vizi di difetto di istruttoria e di motivazione e di violazione del principio di correttezza.

3.2 Con il secondo motivo di ricorso si lamentava che con il nuovo vincolo - anche se non viene comminata la inedificabilità delle aree ricomprese nel perimetro del vincolo - viene comunque imposto al soggetto attuatore di sottoporre ex novo al vaglio della Soprintendenza qualsiasi progetto interessante l’area, addirittura anche laddove pienamente conforme a quelli già esaminati dalla stessa nel procedimento di formazione del Piano Attuativo, in tal modo pretendendo - in palese assenza di una motivazione - di sottoporre ad un ulteriore vaglio da parte della stessa Soprintendenza gli interventi che aveva già espressamente approvato e di cui addirittura – con l’accordo di programma del 2007, giuridicamente vincolate per le parti che lo hanno sottoscritto (tanto pubbliche che private) - si era impegnata a garantire la ultimazione.

3.3 Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente sosteneva che non sussistevano i presupposti per l’imposizione del vincolo indiretto.

3.4 Con il quarto motivo di ricorso, si sosteneva che la Relazione storico artistica che costituiva parte integrante del decreto che nel 1997 aveva posto il vincolo sui resti delle Mura sarebbe stata chiara nel precisare che l’interesse dei resti era storico e non architettonico-artistico.

3.5 Con il quinto motivo di ricorso si lamentava la eccessiva genericità dei parametri indicati nell’atto impugnato quali principi di riferimento per assentire qualsiasi trasformazione sull’area.

4. Nel giudizio di primo grado si costituivano il Ministero della Cultura e la Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale della Toscana.

5. Con sentenza n. 77/2024 il Tar per la Toscana ha rigettato il ricorso.

6. Avverso la sentenza appena citata ha proposto appello la società Porta Medicea per i motivi che saranno più avanti analizzati.

7. Il Ministero della cultura si è costituito chiedendo il rigetto dell’appello.

8. All’udienza del 5 giugno 2025 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il primo motivo di appello è rubricato: «Erronea, carente e contraddittoria motivazione su un aspetto decisivo della controversia. Violazione o elusione del giudicato. Sviamento di potere».

Parte appellante critica la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto insussistente la eccepita violazione del giudicato portato dalla sentenza del Tar per la Toscana n. 470/2022 (pronuncia resa tra le stesse parti, con cui è stato annullato un precedente provvedimento impositivo di vincolo indiretto ex art. 45 d.lgs. 42/2004) sostenendo che:

- per verificare l’estensione dell’effetto conformativo proprio della citata sentenza n. 470/2022 occorre partire non solo dal contenuto di detta sentenza, ma anche dai motivi di ricorso;

- con la sentenza n. 470/22 è stato definitivamente accertato che – avendo a suo tempo la Soprintendenza avuto modo di valutare il piano attuativo nei suoi compiuti dettagli e avendone riconosciuto la compatibilità con il vincolo a tutela dei beni di pregio storico architettonici presenti sull’area – la stessa, con la firma dell’Accordo di Programma del 1.8.2007, ha esaurito i suoi poteri (“spendita anticipata della discrezionalità”, cit.), senza possibilità di riedizione degli stessi attraverso atti incompatibili (i.e. atti che non permettano alla esponente l’edificazione nei medesimi termini già assentiti);

- non corrisponde all’effettiva portata precettiva del giudicato la lettura datane dalla pronuncia oggi impugnata, che erroneamente ritiene preclusa, da parte della Soprintendenza, la sola imposizione di vincoli che abbiano come conseguenza immediata l’impedimento della edificazione;

- in realtà, il giudicato ha ben più ampia portata perché impedisce alla Soprintendenza qualsiasi reiterazione del potere già speso circa la verifica della compatibilità degli interventi col vincolo tutelato, sia che riguardi prescrizioni in qualsiasi modo ulteriori rispetto a quelle già previste nell’Accordo di Programma, sia (tanto più) che si traduca in impedimento all’edificazione;

- dall’esame più attento delle motivazioni della sentenza n. 470/2022 i giudici di prime cure avrebbero dovuto accertare che col decreto n. 9/2023 la Soprintendenza, imponendo prescrizioni non previste nell’Accordo di Programma (peraltro così generiche da essere potenzialmente idonee a impedire, di fatto, l’edificazione già concessionata – possibilità, questa, riconosciuta dalla stessa sentenza impugnata), ha nuovamente esercitato la medesima potestà pubblica incisa dalla sentenza definitiva, così palesando uno sviamento di potere diretto ad aggirare l’esecuzione delle puntuali prescrizioni stabilite dal giudicato, in tal guisa integrando l’ipotesi di elusione del giudicato;

- l’elusione del giudicato è ancor più chiara e grave con riferimento alla parte del decreto in cui la Soprintendenza si è riservata un ulteriore e nuovo “esame dei progetti”, così rimettendo in capo alla stessa quel potere che il Tar ha accertato essersi esaurito nell’ambito dell’Accordo di Programma.

2. Il motivo è infondato.

2.1 È utile preliminarmente riprodurre il testo della sentenza del Tar per la Toscana n. 470/2022 che si era pronunciata sul precedente vincolo indiretto imposto nel 2021 (il cui giudicato parte appellante sostiene essere stato eluso dalla pronuncia qui impugnata):

«A sostegno del gravame e, in particolare, con il quarto motivo di ricorso, la ricorrente deduce il difetto di istruttoria e di motivazione e violazione del principio di correttezza.

La censura è fondata ed assorbente.

La Soprintendenza non solo ha espresso pare favorevole sul Piano Particolareggiato sulla sua variante e sui progetti attuativi ma ha anche stipulato insieme ad altre autorità un accordo di programma con la Società Porta a Mare (dante causa della ricorrente) che le parti hanno espressamente ricondotto nell’alveo dei patti procedimentali di diritto pubblico previsti dall’art. 11 della Legge 241 del 1990. Patti che si caratterizzano per la spendita anticipata della discrezionalità afferente successivi atti provvedimentali il cui contenuto viene ad essere perciò conformato e vincolato a quanto previamente deciso nella sede negoziale.

In particolare, il menzionato accordo è stato stipulato per consentire il recupero “dell’area fin ora destinata a industria pesante e di parte del porto mediceo” in base alle previsioni “del Piano Particolareggiato approvato dal comune di Livorno con le deliberazioni n. 169 del 14 ottobre 2003 e 170 del 14 ottobre 2003” i cui elaborati, adesso allegati, “definiscono compiutamente la natura e la entità degli interventi edilizi ed urbanistici la cui realizzazione è demandata alla Società di Trasformazione Urbana Porta a Mare S.p.a.” secondo modalità considerate dal Ministero dei beni culturali come “orientate nel loro insieme a rispettare le esigenze di salvaguardia dei valori storicoartistici dei beni coinvolti”, tanto da giustificare l’impegno dello stesso a collaborare tramite i suoi organi periferici allo sviluppo progettuale delle iniziative per quanto concerne i beni culturali coinvolti.

Mediante il predetto accordo il predetto Ministero approvava, pertanto, uno specifico progetto di trasformazione urbanistica del porto di Livorno sancendone la compatibilità con i beni culturali in esso ricompresi e assumendo, quindi, l’obbligo di non adottare atti con asso incompatibili salvo recesso per sopravvenuti motivi di interesse pubblico (secondo il comma 4 dell’art. 11 della L. 241/90).

Negli scritti depositati in giudizio dalla Avvocatura la Soprintendenza ha, nondimeno, affermato che il vincolo indiretto non si porrebbe in contrasto con il contenuto dell’accordo di programma perché questo non avrebbe prefigurato alcuna concreta proposta di sistemazione dell’area portuale esprimendo in termini assolutamente generali l’idea di procedere al recupero funzionale di una zona portuale industriale in disuso, tramite la realizzazione di un porto turistico.

Per dipanare ogni dubbio in ordine alla concretezza del progetto urbanistico che è stato oggetto dell’accordo di programma e della sua compatibilità con il vincolo indiretto successivamente apposto il Collegio ha disposto una istruttoria, chiedendo al comune di Livorno di depositare in giudizio uno stralcio del Piano Particolareggiato e delle successive varianti approvate dalla Soprintendenza e di evidenziare con apposita relazione se la realizzazione opere in esso previste verrebbe ad essere impedita dal vincolo indiretto impugnato.

Nel rispondere al quesito il Comune di Livorno ha chiarito che: a) apposizione del vincolo indiretto interessa le aree ricomprese nel sub-ambito LIPS e in parte nel sub-ambito MOLO MEDICEO per i quali sono in corso di validità i permessi a costruire rilasciati sulla base delle previsioni contenute nel piano Porta a Mare approvato dal Consiglio Comunale nel 2003 e nel progetto architettonico approvato dalla Giunta Comunale con deliberazione n. 210/ 2004; b) il vincolo impedisce la totalità degli interventi concessionati.

Le affermazioni del comune trovano peraltro conferma dall’esame delle cartografie depositate dallo steso e dalla Società ricorrente dalle quali si evince chiaramente che il contenuto del piano attuativo non era affatto generico masi sostanziava in puntuali previsioni afferenti il numero dei posti barca e la precisa localizzazione delle correlate infrastrutture».

2.2 È utile anche ricordare che perché sia ravvisabile il vizio di violazione o elusione del giudicato non è sufficiente che l'azione amministrativa posta in essere dopo la formazione del giudicato intervenga sulla stessa fattispecie oggetto del pregresso giudizio di cognizione o alteri l'assetto di interessi definito; al contrario, è necessario che la Pubblica Amministrazione eserciti la medesima potestà pubblica, già esercitata illegittimamente, in contrasto con il contenuto precettivo del giudicato (cioè con un obbligo assolutamente puntuale e vincolato, integralmente desumibile nei suoi tratti essenziali dalla sentenza), così dando luogo ad una violazione del giudicato, ovvero che l'attività asseritamente esecutiva della P.A. sia connotata da un manifesto sviamento di potere diretto ad aggirare l'esecuzione delle puntuali prescrizioni stabilite dal giudicato, in tal guisa integrando l'ipotesi di elusione del giudicato (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 08/08/2023, n. 7636).

2.3 La sentenza del Tar Toscana n. 470/2022 (che si era pronunciata sul precedente vincolo indiretto imposto nel 2021) ha posto i seguenti punti fermi:

- (i) ha accolto la censura di difetto di istruttoria e motivazione e di violazione del principio di correttezza;

- (ii) la Soprintendenza ha stipulato un accordo di programma con la società Porta a Mare (dante causa della ricorrente) espressamente riconducibile nell’alveo dei patti procedimentali di diritto pubblico previsti dall’art. 11 della legge 241 del 1990;

- (iii) i patti appena citati si caratterizzano per la spendita anticipata della discrezionalità afferente successivi atti provvedimentali il cui contenuto viene ad essere perciò conformato e vincolato a quanto previamente deciso nella sede negoziale;

- (iv) mediante l’accordo del 2007 il Ministero ha assunto l’obbligo di non adottare atti con esso incompatibili salvo recesso per sopravvenuti motivi di interesse pubblico;

- (v) il vincolo del 2021 impediva la totalità degli interventi concessionati;

- (vi) il contenuto del piano attuativo non era affatto generico ma si sostanziava in puntuali previsioni afferenti, ad esempio, il numero dei posti barca e la precisa localizzazione delle correlate infrastrutture.

2.4 Alla luce di quanto esposto si può affermare quanto segue.

Non è vero, come sostenuto da parte appellante, che la sentenza n. 470/22 avrebbe definitivamente accertato che la Soprintendenza avrebbe esaurito, con la firma dell’Accordo di Programma del 1.8.2007, i suoi poteri.

La sentenza n. 470/2022 del Tar per la Toscana ha statuito che il Ministero mediante l’accordo del 2007 ha assunto l’obbligo di non adottare atti con asso incompatibili.

2.4.1 Conviene ricordare che (come ribadito, ex multis, da Cons. Stato, sez. IV, 04/09/2024, n. 7407) i criteri di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c. , oltre che per l'interpretazione dei contratti, degli atti unilaterali (in quanto compatibili, ai sensi dell' art. 1324 cod. civ. ), dei provvedimenti amministrativi (nei limiti della compatibilità), devono applicarsi anche agli accordi di cui all'art. 11, l. n. 241 del 1990 , in ragione del rinvio, da parte del secondo comma della suddetta disposizione, ai principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti per quanto compatibili.

L’articolo 1362 del codice civile così recita: «Nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole. Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto».

Nell’accordo del 2007 si rinviene un indice testuale utile a ricostruire l’intenzione/volontà del Ministero. A pagina 5 di tale Accordo si legge testualmente:

«le Amministrazioni, gli Enti e le Società firmatarie del presente Accordo, ciascuna per quanto di propria competenza, come di seguito riportato, concordano sulla natura e sull'entità degli interventi indicati negli atti di cui alle Premesse, e si impegnano a porre in essere ogni attività necessaria alla realizzazione degli stessi

(omissis)

Il MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI,

manifesta interesse alla realizzazione del programma riconoscendo che il Piano Particolareggiato Porta a Mare e il Piano Particolareggiato delle aree per le attività portuali sono orientati a rispettare nel loro insieme le esigenze di salvaguardia dei valori storico artistici dei beni coinvolti. Il Ministero, pertanto, collaborerà tramite gli Uffici periferici (Direzione Regionale e Soprintendenze competenti) e gli Organi centrali allo sviluppo progettuale delle iniziative, sin dalla prima fase operativa, limitatamente ai beni culturali coinvolti. Infine, il Ministero stesso si impegna a fornire ogni utile elemento, nell'ambito dei procedimenti ai sensi della normativa vigente in materia di impatto ambientale, cosi come per l'iter di approvazione della Valutazione di Impatto Ambientale della Variante al Piano Regolatore Portuale di Livorno attualmente in corso».

Appare evidente che con la sottoscrizione dell’accordo il Ministero non ha tout court rinunciato ad ogni esercizio ulteriore delle proprie potestà, ma ha manifestato la propria disponibilità a collaborare lealmente alla realizzazione del progetto dopo aver si sono riconosciuto in generale che i manufatti ipotizzati sono «orientati a rispettare nel loro insieme le esigenze di salvaguardia dei valori storico artistici dei beni coinvolti»: espressione quest’ultima che non esclude la possibilità che singole specifiche indicazioni possano essere dettate non già per impedire la realizzazione delle opere ma per realizzarle in modo da assicurare in maniera piena la protezione del patrimonio culturale.

2.5 La sentenza del Tar per la Toscana n. 470/22 ha correttamente dichiarato illegittimo il vincolo del 2021 perché imponeva l’inedificabilità assoluta e quindi di fatto impediva la realizzazione di opere che viceversa le parti dell’accordo auspicavano venissero realizzate.

Ma non ha affatto escluso che il Ministero potesse esercitare le proprie potestà (anche alla luce, aggiunge il Collegio, della chiara interpretazione del testo dell’accordo prima riportato). Ciò che al Ministero è precluso è l’adozione di atti incompatibili con gli obblighi assunti.

Per fare un esempio riportato dalla stessa sentenza del Tar per la Toscana n. 470/22, il piano attuativo prevedeva la realizzazione di un certo numero di posti barca e la precisa localizzazione delle correlate infrastrutture. Orbene, un provvedimento del Ministero che vietasse la realizzazione dei posti barca ovvero che localizzasse le correlate infrastrutture in posti diversi sarebbe certamente illegittimo [sempre che non ci sia addirittura spazio per l'azione di adempimento prevista dagli artt. 30, comma 1, e 34, comma 1, lett. e), c.p.a. (cfr. Cons. Stato, sez. II, 28/01/2020, n. 705: nel caso di inadempimento ad obbligazioni previste in un accordo stipulato ai sensi dell' art. 11 l. 7 agosto 1990 n. 241 , può essere proposta davanti al giudice amministrativo l'azione di adempimento prevista dagli artt. 30, comma 1, e 34, comma 1, lett. e), cod. proc. amm.)].

Nella specie l’atto impugnato non vieta l’edificazione ma impone specifiche prescrizioni per la realizzazione dei manufatti che non è revocata in dubbio: non c’è alcuna elusione del giudicato.

2.6 Pertanto, correttamente la sentenza impugnata ha statuito che:

(i) il decreto n. 9 del 18.01.2023, diversamente dal precedente atto, non impedisce la realizzazione degli interventi concessionati; se il risultato concreto di tale atto fosse questo, vi sarebbe senza dubbio la violazione dell’accordo di programma, nonché la violazione del giudicato formatosi sulla sentenza n. 470 del 7 aprile 2022;

(ii) nel decreto di che trattasi sono solo imposte delle prescrizioni, quali: che sia perseguito e garantito il costante decoro dello stato dei luoghi, con eliminazione di qualsiasi condizione di degrado ambientale, riconducibile anche ad utilizzi impropri e/o non legittimati dalle autorità competenti, che negli spazi adiacenti ai beni architettonici vincolati sia garantito il mantenimento della coerente fruizione pubblica, principalmente riconducile alla mobilità lenta; che eventuali impianti di illuminazione siano integrati con il contesto per tipologia e materiali e non arrechino danno alla visibilità del complesso monumentale; che i progetti relativi a qualsiasi intervento previsto all’interno del perimetro individuato dal provvedimento, che incida sulla modifica dell’aspetto esteriore dei luoghi, siano trasmessi alla competente Soprintendenza, allo scopo di verificarne e attestarne, prima dell’inizio dei lavori, la rispondenza alle suddette prescrizioni;

(iii) per non incorrere nella violazione del giudicato, tali prescrizioni debbono essere interpretate e applicate dalla Soprintendenza in conformità agli impegni che la stessa si è assunta sottoscrivendo l’accordo di programma del 2007;

(iv) solo ed esclusivamente per eventuali interventi di nuova edificazione, di riqualificazione e trasformazione edilizia o inserimenti di altri manufatti, sia permanenti che temporanei, ricadenti nelle aree suddette sono previste le diverse ed ulteriori prescrizioni: non siano pregiudizievoli per la conservazione e la valorizzazione dei beni architettonici vincolati, distanziandosi adeguatamente dai medesimi, di almeno 10 metri, e garantiscano le adeguate condizioni di prospettiva e di luce, anche mediante congrue parametrazioni geometriche dimensionali tra i suddetti beni immobili vincolati e le soluzioni planivolumetriche previste, non alterandone la sostanziale percezione delle visuali da e verso il mare e la città; garantiscano il mantenimento di una proporzione adeguata fra spazi vuoti e pieni, in modo da non recare pregiudizio alla percezione visiva, anche di tipo ravvicinato, all’interno del contesto storico di riferimento; siano armonizzati con i beni architettonici vincolati e il relativo contesto ambientale, attraverso l’elaborazione di progetti di qualità e pregio architettonico (tipologie costruttive, soluzioni morfologiche, definizioni materiche esteriori, studio delle visuali), compatibili con il valore identitario della circostante antica zona portuale;

(v) l’Amministrazione non ha esercitato la medesima potestà pubblica, già incisa dalla sentenza n. 470 del 7 aprile 2022 di questo Tribunale, in contrasto con il contenuto precettivo del giudicato;

(vi) la richiesta di dichiarare nullo il decreto n. 9 del18.01.2023 per violazione del giudicato non può essere accolta perché infondata.

3. Il secondo motivo di appello è rubricato: «Erronea e carente motivazione su un aspetto decisivo della controversia: carenza di potere e violazione artt. 45 e 46 d.lgs. 42/04. Eccesso di potere per contraddittorietà. Violazione artt. 42 e 97 della Costituzione e del principio della tutela del legittimo affidamento. Difetto o comunque insufficienza della motivazione».

Parte appellante critica la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che non vi sarebbe violazione del legittimo affidamento del privato circa la realizzabilità di quanto previsto nel piano attuativo sostenendo che:

- l’imposizione del vincolo indiretto 2023 comporta la necessità per il soggetto attuatore di sottoporre all’esame della Soprintendenza i progetti relativi a qualsiasi intervento previsto all’interno del perimetro individuato con l’atto impugnato, perché quest’ultima ne verifichi la rispondenza alle prescrizioni contenute nel medesimo atto;

- anche se oggi non viene comminata la inedificabilità delle aree ricomprese nel perimetro del vincolo (a differenza di quanto tentato con il vincolo del 2021), viene comunque imposto al soggetto attuatore di sottoporre ex novo al vaglio della Soprintendenza qualsiasi progetto interessante l’area, addirittura anche laddove pienamente conforme a quelli già esaminati dalla stessa nel procedimento di formazione del Piano Attuativo: imponendo così un evidente aggravio procedimentale e una incertezza in ordine alle modalità di attuazione del Piano.

3.1 Sotto un primo profilo (attinente alla asserita contraddittorietà del comportamento dell’Amministrazione), si sostiene che:

- il Piano Particolareggiato era stato elaborato “in collaborazione con la Soprintendenza” e le tavole che lo formano (in particolare il progetto planivolumetrico) prevedono già tutte le opere previste sulle aree oggi interessate dal vincolo indiretto;

- la Soprintendenza, in data 14.05.2004, ha espresso il proprio assenso di massima sul progetto preliminare delle opere del Piano Attuativo, limitandosi a prescrivere che “l’andamento dei lotti edificabili venga semplificato e regolarizzato, cercando ove possibile l’allineamento dei fronti e dei percorsi interni”;

- in data 1.8.2007, il Ministero per i Beni Culturali ha poi sottoscritto l’accordo di programma “finalizzato al raggiungimento dell’obiettivo condiviso della conclusione del procedimento di attuazione del programma di trasformazione urbanistica e di riqualificazione dell’area del Porto di Livorno” come compiutamente dettagliata negli elaborati del Piano Attuativo che – si legge nelle premesse dell’Accordo – definiscono “compiutamente la natura e l’entità degli interventi edilizi ed urbanistici la cui realizzazione è demandata alla STU Porta a Mare spa” (dante causa – successivamente – della odierna ricorrente);

- il Ministero dei Beni Culturali in detto accordo “manifesta[va] interesse alla realizzazione del programma riconoscendo che il Piano Particolareggiato Porta a Mare e il Piano Particolareggiato delle aree per le attività portuali sono orientati a rispettare nel loro insieme lee esigenze di salvaguardia dei valori storici artistici dei beni coinvolti” (pag. 7); conseguentemente, il Ministero si impegnava “a favorire la realizzazione del programma” e “a garantire la massima puntualità alle procedure amministrative di propria competenza così come per l’iter di approvazione della VIA della Variante al PRP di Livorno attualmente in corso”;

- nel 2006, la Soprintendenza ha espresso il proprio parere favorevole di massima anche sulla variante al sopra ricordato progetto preliminare;

- nel 2009 - in sede di formazione del PRP di Livorno (che include il sub ambito LIPS) e contestuale variante del R.U.C. - il Ministero nel Decreto di VIA n. 430 del 7.5.2009 ha confermato il proprio assenso al completamento del Piano Attuativo con la realizzazione di quanto già previsto e nel frattempo anche assentito dal Comune;

- negli atti sopra ricordati la Soprintendenza ha ribadito la centralità dell’esigenza di tutelare i beni oggetto di vincoli, ma non ha mai evidenziato la necessità di modificare il vincolo diretto già esistente sui beni storici affiancando ad esso un vincolo di tutela indiretta, e quindi di variare in qualche modo i progetti del Piano Attuativo sui quali aveva già espresso il proprio assenso;

- non si può condividere l’assunto della Soprintendenza – contenuto a pag. 2 delle proprie controdeduzioni del 13.1.2023 - secondo il quale la stessa, sottoscrivendo l’accordo di programma, comunque “non [avrebbe] mai avuto modo di valutare in concreto alcuna sistemazione dell’area” perché “le valutazioni pregresse si sono basate su generiche previsioni urbanistiche” e che quindi – come affermato dai giudici di prime cure – sarebbe residuato un margine di discrezionalità in ordine al quomodo della realizzazione delle opere: l’Accordo di Programma è stato sottoscritto nel 2007, dopo che la Soprintendenza aveva prestato il proprio assenso non solo al Piano Attuativo (2003), ma anche al progetto preliminare delle opere in situ, prendendo così piena cognizione del concreto assetto disegnato per la trasformazione dei subambiti che oggi interessano;

- è pertanto di tutta evidenza la illegittimità della pretesa soprintendentizia di sottoporre ad un proprio ulteriore vaglio quanto essa stessa non solo aveva già espressamente approvato, ma di cui addirittura - con l’accordo di programma del 2007 - si era impegnata a garantire la ultimazione;

- la contraddittorietà è ancora più grave in quanto: (i) l’apposizione del vincolo che si contesta non è sorretta da alcuna specifica motivazione che possa giustificare un simile revirement; (ii) costituisce un palese inadempimento agli obblighi assunti con l’Accordo di Programma, che costituisce a tutti gli effetti un contratto di diritto pubblico, giuridicamente vincolate per le parti che lo hanno sottoscritto (tanto pubbliche che private) e come tale non può pertanto essere unilateralmente modificato da uno o più dei suoi firmatari.

3.2 Sotto un secondo profilo parte appellante denuncia la violazione del principio della tutela del legittimo affidamento conseguente all’uso distorto del potere di tutela da parte del Ministero sostenendo che:

- il vincolo diretto è del 1997 e preesisteva - quindi - alla formazione del Piano Particolareggiato (2003) ed alla approvazione del progetto preliminare dell’intervento (2006), procedimenti ai quali ha partecipato la Soprintendenza, nonché alla sottoscrizione dell’Accordo di Programma del 1.8.2007 da parte della stessa; il privato, cui con il Piano Attuativo è stato espressamente riconosciuto il diritto a demolire le fatiscenti strutture industriali preesistenti per realizzare sullo stesso sito nuove strutture rispettose del vicino bene di interesse storico, ha certamente fatto affidamento sulla realizzabilità di quanto previsto dal Piano Attuativo, senza necessità di acquisire ulteriori pareri dalla Soprintendenza.

3.3 Sotto un ulteriore profilo parte appellante stigmatizza il fatto che nell’atto impugnato non è dato rinvenire un’adeguata motivazione che giustifichi l’evidente aggravio imposto al privato, motivazione che nel caso di specie avrebbe dovuto esser particolarmente accurata e stringente se si pensa che la odierna appellante è titolare dei permessi per la edificazione di nuove strutture nell’ambito del, ed in coerenza con, il Piano Attuativo della Porta a Mare, peraltro con l’espresso assenso della stessa Soprintendenza, e i relativi lavori hanno già avuto inizio.

4. Il motivo è infondato.

4.1 Alla luce delle considerazioni esposte nel rigettare il primo motivo di appello, appare infondata la tesi secondo cui una volta sottoscritto l’accordo del 2007 dovevano considerarsi esauriti tutti gli ambiti di discrezionalità riservati all’Amministrazione.

L’atto impugnato chiede al soggetto attuatore di sottoporre all’esame della Soprintendenza i progetti relativi ad ogni intervento previsto all’interno del perimetro individuato così da dare alla stessa Soprintendenza la possibilità di verificare la rispondenza alle prescrizioni contenute nel medesimo atto. Ma tale procedura non è illegittima.

Per un verso l’Amministrazione deve poter valutare la corrispondenza di quanto si intende realizzare i progetti a suo tempo contemplati negli atti citati nell’accordo del 2007 (per rimanere all’esempio prima fatto, se anziché realizzare il numero di posti barca originariamente previsti ci si propone di realizzarne il doppio, dovrebbe essere precluso alla Soprintendenza ogni potere di farlo notare?).

Per altro verso (in ragione di quanto detto circa i poteri che comunque residuano in capo all’Amministrazione anche dopo la sottoscrizione dell’accordo) l’Amministrazione deve poter verificare il rispetto delle modalità realizzative delle opere, ovvero può dettare prescrizioni applicabili a future edificazioni, ulteriori rispetto a quelle già programmate.

4.2 Insussistente è l’asserita lesione dell’affidamento in ordine alla realizzabilità di quanto previsto dal piano attuativo, senza necessità di acquisire ulteriori pareri dalla Soprintendenza.

La realizzabilità di quanto a suo tempo previsto non è in discussione.

E il piano attuativo, non azzerando i poteri della Soprintendenza, non poteva essere interpretato nel senso che nessun parere avrebbe dovuto essere chiesto alla Soprintendenza stessa.

4.3 Infondata è anche la censura di difetto di motivazione.

L’atto impugnato appare sufficientemente motivato nella parte in cui, a pagina 2, afferma:

«Considerato che l’immobile denominato “I Resti dell’Opera di Porta Murata – comprendenti la Tor-retta del Ponte girevole, la Cortina verso il Porto Mediceo, il Forte alla Sassaia e la Piattaforma”, presenta interesse culturale, come dichiarato con provvedimento emesso in data 03.05.1997, ai sensi della Legge 1089/39 che conserva efficacia come disposto dall’art. 128 comma 2 del D. Lgs. 42/2004;

Ritenuto che ai fini della salvaguardia dell’integrità di detto complesso architettonico e delle sue condizioni di prospettiva, luce, visibilità, cornice ambientale e decoro è necessario dettare particolari prescrizioni nei confronti degli “Immobili posti nelle immediate vicinanze dei Resti dell’Opera di Porta Murata”».

In ogni caso non è corretto sostenere che occorresse motivare “l’aggravio imposto al privato”.

La motivazione deve riguardare le ragioni dell’imposizione del vincolo (che, nella specie, appare sufficiente). L’asserito aggravio discende dall’esercizio del potere: ma di aggravio non si può parlare se (come detto) l’esercizio del potere è stato legittimo e nessuno specifico affidamento era sorto in capo al tipo di adempimenti imposti al privato rispetto alle opere la cui realizzazione non è in discussione.

5. Il terzo motivo di appello è rubricato: «Omessa pronuncia e comunque erronea e carente motivazione su un aspetto decisivo della controversia: eccesso di potere per carenza del presupposto, travisamento dei fatti, difetto di motivazione e carenza di istruttoria. Sviamento di potere e violazione artt. 45 e 46 d.lgs. 42/04. Violazione artt. 42 e 97 della Costituzione».

Parte appellante critica la sentenza del Tar accusato di aver sostanzialmente omesso di pronunciarsi sul terzo motivo di ricorso, laddove si lamentava la carenza dei presupposti per la apposizione del vincolo indiretto, sostenendo che:

- nel motivo di ricorso si affermava che la “ritrovata leggibilità” delle opere a suo tempo vincolate per il loro pregio storico non può oggi costituire il presupposto per la imposizione del vincolo indiretto;

- la relazione descrittiva Storico – Artistica allegata al provvedimento impugnato reca la storia del complesso dell’Opera di Porta Murata, dando atto che nel corso del 900, “a causa del progressivo sviluppo dell’area cantieristica …e del nuovo assetto del bacino di carenaggio nel periodo della ricostruzione post bellica, si sono mantenuti solo alcuni tratti distintivi ... tornati pienamente visibili grazie all’abbattimento degli edifici produttivi novecenteschi”; su questa premessa, sempre con riferimento ai resti oggetto del vincolo diretto apposto nel 1997, la medesima relazione conclude che “si rileva l’indispensabilità di un provvedimento che ne salvaguardi la rinnovata leggibilità e il ritrovato rapporto con la città”;

- con la apposizione del vincolo di tutela indiretta di cui oggi si discute, il Ministero ha inteso salvaguardare la visibilità dei resti delle mura che è conseguita esclusivamente alla demolizione dei cantieri della LIPS, realizzati nel secolo scorso per la costruzione delle eliche delle navi: visibilità che il Ministero – appunto – definisce “rinnovata”, perché si era persa agli inizi ‘900;

- ma la demolizione delle fatiscenti strutture industriali che oscuravano la vista dei resti delle Mura è prevista dal Piano Particolareggiato della Porta a Mare quale fase esclusivamente e necessariamente propedeutica alla realizzazione, sulle medesime aree, di nuove strutture destinate a RTA, albergo e attività terziaria, strettamente collegate alla funzionalità del contiguo porto turistico: le norme tecniche del Piano Particolareggiato del 2003 (tuttora efficace) statuiscono la volumetria massima realizzabile sulla LIPS per ciascuna di queste destinazioni mentre gli elaborati planivolumetrici del Piano indicano l’assetto dell’area dopo la sua definitiva trasformazione; assetto certamente più rispettoso della vicinanza dei resti delle Mura, rispetto a quello che era lo sviluppo cantieristico del secolo scorso (sia per le altezze, che per l’ingombro e le sagome degli edifici, nonché la loro distanza dai resti: si evidenza che secondo le indicazioni del Piano Attuativo gli edifici progettati sono già tutti ad una distanza superiore a mt 10 dai beni tutelati, cioè quella medesima distanza che oggi la Soprintendenza riterrebbe opportuno imporre con l’atto impugnato); tant’è che la stessa Soprintendenza ha, dal 2003 in poi, condiviso senza riserva i progetti di trasformazione del sito, condividendo con il Comune il Piano Particolareggiato del 2003 ed esprimendo poi il proprio assenso di massima sul progetto preliminare degli interventi previsti dal PP (2004) nonché sulle successive varianti a quest’ultimo (2006), così come, più recentemente, ha espresso il medesimo parere favorevole anche in sede di formazione della variante al Regolamento Urbanistico, che espressamente ha confermato la previsione del completamento del Piano Particolareggiato della Porta a Mare (2015);

- è pertanto evidente l’errore di istruttoria in cui è incorso il Ministero e non rilevato dai giudici di primo grado, ritenendo di poter tutelare la condizione di “rinnovata leggibilità” dei resti delle Mura: quello che si pretende di rendere immutabile non è un assetto definito dei luoghi, ma solo un momento di passaggio tra la demolizione dell’assetto preesistente e la realizzazione del “nuovo” come legittimamente assentito;

- in altre parole, la Soprintendenza ha “fotografato” un momento della esecuzione dei lavori (quello della fine delle demolizioni) e - cercando di cogliere l’occasione - pretende oggi di congelarlo, imponendo gravose limitazioni all’attività edificatoria sull’area;

- in tal modo - diversamente da quanto sostenuto dal Tar – vengono disattese proprio le finalità perseguite con il vincolo di cui all’art. 45, che sono quelle di garantire che le condizioni di visibilità esistenti non vengano alterate e conservare una situazione esistente di fruibilità per il pubblico: nel caso di specie, però, la condizione di “rinnovata leggibilità” (conseguente alle demolizioni ad oggi effettuate) non può essere assunta come condizione “esistente” da salvaguardare, perché trattasi di assetto meramente transitorio, di un momento nel procedimento di trasformazione dell’area (come già autorizzato da tutte le Amministrazioni competenti, ivi compresa la Soprintendenza), destinato ad essere superato dalla realizzazione di quanto previsto nel Piano Attuativo.

6. Il motivo è infondato.

6.1 Conviene preliminarmente ricordare che l'imposizione del vincolo indiretto è espressione della discrezionalità tecnica dell'Amministrazione, sindacabile in sede giurisdizionale in caso di istruttoria insufficiente, motivazione inadeguata o incongruenze anche per la mancanza di proporzionalità tra l'estensione del vincolo e le effettive esigenze di protezione del bene di interesse storico-artistico (Cons. Stato, sez. VI, 08/01/2024, n. 276). Nella specie, i requisiti dettati dalla giurisprudenza per revocare in dubbio la legittimità del vincolo non sussistono.

6.2 La giurisprudenza ha chiarito che le prescrizioni di tutela indiretta previste dall'art. 45 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, (nel quale è rifluita, con espressioni letterali largamente coincidenti, la fattispecie sostanziale disciplinata dapprima all'art. 21 della l. n. 1089 del 1939 e poi all'art. 49 del d.lgs. n. 490 del 1999) hanno la funzione di completamento pertinenziale della visione e della fruizione dell'immobile principale (gravato da vincolo "diretto"). Tale tipologia di vincolo integra quindi un limite apponibile al diritto di proprietà sulla base di apprezzamenti rimessi all'autorità amministrativa competente, sia pure da contenersi secondo criteri di ragionevolezza e proporzionalità. L'Amministrazione, in particolare, "ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro" (art. 45 del d.lgs. n. 42 del 2004): così si è espresso Cons. Stato, Sez. VI, 27/02/2020, n. 1430.

La giurisprudenza ha precisato che il vincolo indiretto concerne la c.d. cornice ambientale di un bene culturale (cfr. Cons. Stato, IV, 9 dicembre 1969, n. 722; VI, 18 aprile 2011, n. 2354). Ne deriva che non è il solo bene in sé a costituire oggetto della tutela, ma l'intero ambiente potenzialmente interagente con il valore culturale, che può richiedere una conservazione particolare. In questo senso il canone di verifica del corretto esercizio del potere deve avvenire secondo un criterio di congruenza, ragionevolezza e proporzionalità. Tali criteri sono tra loro strettamente connessi e si specificano nel conseguimento di un punto di equilibrio identificabile nella corretta funzionalità dell'esercizio del potere che deve essere congruo e rapportato allo scopo legale per cui è previsto: cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 30/06/2021, n. 4923.

I valori tutelati dalla norma citata hanno carattere ambivalente ed investono l'ambito territoriale interessato nel loro insieme in ragione della peculiarità dei beni da tutelare, con la conseguenza che il vincolo indiretto può essere apposto per consentire di comprendere l'importanza dei luoghi in cui gli immobili tutelati dal vincolo diretto si inseriscono mediante la loro conservazione pressoché integrale: ecco perché la tutela prevista dall'art. 45 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 comprende tanto una tutela della luce, della cornice e del decoro verso l'immobile oggetto di tutela diretta quanto la salvaguardia degli scorci, degli equilibri prospettici e delle visuali godibili anche dall'immobile stesso (Cons. Stato, Sez. VI, 30/06/2021, n. 4923).

6.3 L’intero motivo di appello, partendo dall’espressione “rinnovata leggibilità” contenuta nell’atto impugnato, fa leva sull’asserito errore istruttorio che sarebbe stato compiuto non considerando il fatto che alcune delle opere preesistenti demolite saranno sostituite dalle opere nuove che sono state previste e che saranno autorizzate e che quindi si sarebbe voluto salvaguardare unicamente un assetto transitorio dello stato dei luoghi.

Ma siffatta ricostruzione non è avallata dall’atto impugnato nel quale non si fa alcun riferimento a demolizioni di sorta.

L’espressione “rinnovata leggibilità” deve essere interpretata alla luce di un altro passaggio del provvedimento impugnato dove pure si usa la parola “leggibilità”. In particolare quasi all’inizio della Relazione descrittiva Storico-Artistica si legge quanto segue: «Nonostante le condizioni attuali, i pregevoli resti del complesso architettonico consentono ancora una chiara leggibilità spaziale e funzionale del sistema difensivo, e rivestono notevole interesse artistico come già esplicitato con il provvedimento di vincolo dell’intero complesso architettonico».

La leggibilità, pertanto, non è riferibile alle demolizioni bensì alla leggibilità spaziale e funzionale del sistema difensivo che ancora è possibile.

6.4 - In definitiva, il contenuto del vincolo impugnato risulta in sintonia con le caratteristiche del bene monumentale al quale è funzionale. In altre parole, il potere concretamente esercitato dall'Amministrazione, che come detto è espressione di discrezionalità tecnica, non appare irragionevole o illogico, trovando invece la propria giustificazione nell'esigenza conservativa determinata dal vincolo diretto, tenuto conto delle peculiarità dello specifico bene che viene in considerazione.

A fronte delle approfondite valutazioni espresse nella relazione tecnico scientifica, le censure di difetto di istruttoria e di motivazione, riproposte in appello, sono pertanto inconsistenti e le valutazioni espresse al riguardo dall'appellante sconfinano in un inammissibile giudizio di merito.

7. Il quarto motivo di appello è rubricato: «Erronea e carente motivazione su un aspetto decisivo della controversia: eccesso di potere per irragionevolezza ed illogicità manifesta, carenza di istruttoria e difetto di motivazione. Sviamento di potere sotto un ulteriore profilo ed eccesso di potere per manifesta sproporzione ed inadeguatezza».

Parte appellante critica la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato il quarto motivo di ricorso in primo grado (con il quale si lamentava che il Ministero nell’apporre il vincolo diretto a tutela dei resti di porta murata nel 1997 aveva inteso tutelare i beni per il loro pregio storico, senza però alcun riferimento al rilievo architettonico degli stessi: di qui la necessità di tutelare la integrità dei resti, ma non anche quella di garantire adeguate condizioni di prospettiva e di luce) sostenendo che:

- la Relazione storico artistica che costituiva parte integrante del decreto che nel 1997 pose il vincolo sui resti delle Mura era chiara nel precisare che l’interesse dei resti era storico e non architettonico-artistico: le vicende delle mura, riassunte in detta relazione (ripresa in modo pressoché pedissequo nella relazione allegata al decreto che oggi si impugna), evidenziavano infatti la rilevanza di dette strutture come elementi integranti delle più ampie strutture portuali per le operazioni di quarantena (Lazzeretto di S. Rocco) e come parte dell’apparato difensivo: la relazione concludeva ricordando che “del costruito sopra l’acqua, pochi tratti si sono mantenuti a documentare la complessità del sistema dell’Opera di Porta Murata, sia per il progressivo sviluppo dell’area cantieristica e per i danneggiamenti dell’ultimo conflitto, che per il nuovo modello assunto dal bacino di carenaggio nel periodo di ricostruzione post bellica”;

- nessun riferimento è dato di trovare nella relazione del 1997 a caratteristiche di pregio artistico–architettonico dei resti delle mura, confermando tale circostanza che questi ultimi sono tutelati esclusivamente quali memoria storica di un’epoca passata e di un assetto funzionale del porto, oggi per il resto non più rinvenibile;

- il vincolo diretto volto a tutelare la memoria storica di un luogo comporta certamente la necessità di tutelare la integrità dei resti che di tale memoria sono l’effige; non pare però logico che a tutela della memoria storica si debbano garantire condizioni di prospettiva o di luce;

- a tutela di detta memoria, proprio con la collaborazione della Soprintendenza, erano già state individuate misure specifiche volte a garantire la integrità dei resti delle Mura, tanto in sede di formazione del Piano Attuativo quanto in sede di approvazione del Progetto Preliminare;

- né la relazione allegata al decreto impugnato permette di verificare in termini di valutazioni effettuate quali siano le ragioni che giustificherebbero il nuovo vincolo: la relazione, infatti, dopo aver ricordato le vicende costruttive dell’Opera di Porta Murata, non evidenzia alcun pregio architettonico dei suoi resti ancora visibili limitandosi ad asserire che “valutato il contesto d’inserimento del bene culturale immobile … si rileva la indispensabilità di un provvedimento che ne salvaguardi la rinnovata leggibilità”;

- è pertanto evidente il vizio di abuso di potere che si concreta nel caso di specie nella violazione del principio di proporzionalità, inteso come congruità del mezzo (limiti imposti alla proprietà privata) rispetto al fine perseguito (tutela dell’integrità del bene cui si è riconosciuta rilevanza essenzialmente storica).

8. Il motivo è infondato.

Parte appellante si propone di dimostrare l’esistenza di una discrasia tra l’imposizione del vincolo sul bene (del 1997) e il vincolo indiretto imposto con l’atto impugnato. Il primo si era proposto di tutelare la memoria storica dei resti e questo nulla avrebbe a che fare con la volontà di garantire adeguate condizioni di prospettiva e di luce (obiettivo del vincolo indiretto).

Come ricordato da Cons. Stato, Sez. VI, 10/02/2020, n. 1023 «ai sensi della L. n. 1089 del 1939 (artt. 1 e 3), il vincolo archeologico c.d. diretto viene imposto su beni o aree nei quali sono stati ritrovati reperti archeologici, o in relazione ai quali vi è certezza dell'esistenza, della localizzazione e dell'importanza del bene archeologico, mentre il vincolo archeologico c.d. indiretto (art. 21 L. n. 1089 del 1939), viene imposto su beni e aree circostanti a quelli sottoposti a vincolo diretto, per garantirne una migliore visibilità e fruizione collettiva, o migliori condizioni ambientali e di decoro (cfr., in tal senso, Cons. Stato, Sez. VI, 19 gennaio 2007 n. 111). In linea di diritto va, ancora, ricordato come il vincolo storico artistico c.d. diretto venga imposto sui beni o sulle aree nei quali sono stati rinvenuti beni di tale valenza, o in relazione ai quali vi è la certezza dell'esistenza, della localizzazione e dell'importanza di tali beni, mentre il vincolo c.d. indiretto viene imposto sui beni e sulle aree circostanti a quelli sottoposti a vincolo diretto, così da garantirne una migliore visibilità e fruizione collettiva, o migliori condizioni ambientali e di decoro. Spetta alla discrezionalità tecnica della Pubblica Amministrazione valutare se emettere o meno la declaratoria del particolare interesse archeologico di un immobile, tale valutazione è pertanto sindacabile in sede di legittimità solo per difetto di motivazione o per erroneità o illogicità, ovvero per inattendibilità della valutazione stessa (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. VI, 30 maggio 2018 n. 3246)».

Emerge in maniera evidente che, pur nella loro complementarietà, vincolo diretto e vincolo indiretto si presentano come strumenti differenti, caratterizzati ognuno da una propria particolare funzione. Quand’anche il vincolo del 1997 non si fosse occupato condizioni di prospettiva e di luce non è detto che tali condizioni non rilevino ai fini dell’apposizione del vincolo indiretto del 2021: anzi, la precipua funzione del vincolo indiretto legittima la tutela di dette condizioni.

8.1 In ogni caso, priva di fondamento è l’affermazione secondo cui la Relazione dopo aver ricordato le vicende costruttive dell’Opera di Porta Murata, non evidenzierebbe alcun pregio architettonico dei suoi resti ancora visibili. Come già ricordato, a pagina 1 della Relazione descrittiva Storico-Artistica si legge testualmente: «Nonostante le condizioni attuali, i pregevoli resti del complesso architettonico consentono ancora una chiara leggibilità spaziale e funzionale del sistema difensivo, e rivestono notevole interesse artistico come già esplicitato con il provvedimento di vincolo dell’intero complesso architettonico».

8.2 Infondata è la censura rivolta ad un asserito abuso di potere che si sarebbe concretizzato nella violazione del principio di proporzionalità, inteso come congruità del mezzo (limiti imposti alla proprietà privata) rispetto al fine perseguito (tutela dell’integrità del bene cui si è riconosciuta rilevanza essenzialmente storica).

A tacere del ricordato principio secondo il quale il potere esercitato dall'Amministrazione è espressione di discrezionalità tecnica (sindacabile solo se irragionevole o illogico), si deve ribadire che il cd. vincolo indiretto non ha contenuto prescrittivo tipico: è rimessa all'autonomo apprezzamento dell'Amministrazione la determinazione delle disposizioni utili all'ottimale protezione del bene principale, fino all'inedificabilità assoluta, se e nei limiti in cui tanto è richiesto dall'obiettivo di prevenire un vulnus ai valori oggetto di salvaguardia.

Anche a voler calibrare il principio di proporzionalità al punto di estenderne la portata anche agli interessi esterni del privato con i quali l'interesse primario di preservazione del bene culturale deve confrontarsi, nella specie nessun elemento della motivazione del provvedimento fornisce conforto alla tesi di parte appellante circa l’esistenza dell’asserito abuso di potere.

La motivazione del provvedimento, infatti, giustifica le caratteristiche e l'estensione del vincolo in rapporto al contrapposto interesse proprietario, che nel caso di specie non risulta ingiustamente sacrificato, rispondendo la sua eventuale limitazione alla necessità di preservare il particolare bene culturale che viene in questione.

9. Il quinto motivo di appello è rubricato: «Erronea e carente motivazione su un aspetto decisivo della controversia: eccesso di potere per genericità, illogicità e carenza assoluta di motivazione. Sviamento di potere. Violazione art. 97 Cost. - Falsa applicazione artt. 45 e 46 d.lgs. 42/04 sotto un ulteriore profilo».

Parte appellante critica la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato la censura di eccessiva genericità dei parametri indicati nell’atto impugnato quali principi di riferimento per assentire qualsiasi trasformazione sull’area, sostenendo che:

- il riferimento a concetti vaghi, quali “adeguata proporzione” e “congrue parametrazioni”, come tali suscettibili di molteplici applicazioni (anche assai diverse tra loro), crea una evidente incertezza che non permette al soggetto attuatore di comprendere ex ante le direttive da applicare per poter sottoporre alla Soprintendenza progetti che abbiano una qualche chance di essere dalla stessa positivamente apprezzati;

- quanto sopra è ancor più grave e lesivo degli interessi del privato se si considera l’ampia discrezionalità che è riconosciuta alla Soprintendenza in sede di esame dei progetti;

- la chiarezza ed univocità delle prescrizioni da applicare in sede progettuale costituiscono certamente una declinazione del principio di buon andamento e razionalità dell’agere amministrativo, cui neppure la Soprintendenza può sottrarsi.

9.1 Parte appellante critica la sentenza impugnata nella parte in cui ritiene che la previsione di una mobilità lenta intorno ai beni vincolati non sarebbe viziata da palese incompetenza sostenendo che:

- l’imposizione di una non meglio precisata “coerente (?) fruizione pubblica” intorno ai beni vincolati, sino a giungere a prescrivere la “mobilità lenta” esorbita certamente dai poteri conferiti alla Soprintendenza a tutela dei beni vincolati, costituendo una illegittima ingerenza in scelte di tipo pianificatorio rimesse all’esclusiva competenza del Comune;

- tale prescrizione è in larga parte inattuabile, in quanto intorno al torrione e lungo parte delle mura sul Molo mediceo il piano attuativo – che, si ricorda, ha ottenuto l’espressa approvazione della Soprintendenza – prevede la realizzazione di viabilità pubblica, destinata al transito anche delle auto che debbono recarsi verso la parte più estrema del molo.

10. Il motivo è infondato.

10.1 Infondata è l’accusa di genericità delle prescrizioni.

Correttamente il Tar ha rilevato che le prescrizioni imposte dall’Amministrazione sono sufficientemente dettagliate e che un maggior dettaglio avrebbe comportato un’eccessiva limitazione nella realizzazione delle opere progettate.

L’espressione “adeguata proporzione” è usata, in maniera molto specifica e chiara con riferimento alla necessità di garantire una proporzione fra spazi vuoti e pieni, in modo da non recare pregiudizio alla percezione visiva, anche di tipo ravvicinato, all’interno del contesto storico di riferimento.

L’espressione “congrue parametrazioni” è usata esclusivamente rispetto alla necessità di garantire le adeguate condizioni di prospettiva e di luce con riferimento alle parametrazioni geometriche dimensionali tra i beni immobili vincolati e le soluzioni planivolumetriche previste, al fine di non alterare la sostanziale percezione delle visuali da e verso il mare e la città.

É di tutta evidenza come non siano stati usati concetti vaghi suscettibili di molteplici applicazioni, come sostenuto dall’appellante.

Al contrario sono stati individuati concetti che assumono precisi significati nel contesto conformativo nei quali sono stati usati.

10.2 Infondata è la censura che fa leva sulla previsione di una “mobilità lenta”.

La disposizione rilevante dell’atto impugnato così recita: «negli spazi adiacenti ai beni architettonici vincolati sia garantito il mantenimento della coerente fruizione pubblica, principalmente riconducile alla mobilità lenta».

L’obiettivo della norma è il mantenimento della fruizione pubblica. Il riferimento alla “mobilità lenta” è un parametro e certamente l’Amministrazione non ha voluto esercitare poteri del Comune (se così fosse stato, avrebbe dovuto dettare prescrizioni specifiche per assicurare la mobilità lenta, cosa che non è stata fatta).

Né ha pregio sostenere che la prescrizione sarebbe in larga parte inattuabile proprio perché non c’è una disposizione specifica sulla mobilità lenta.

11. Nella memoria presentata in vista dell’udienza di discussione, parte appellante ricostruisce una vicenda procedimentale che ha portato la stessa società Porta Medicea ad impugnare davanti al Tar per la Toscana la determinazione conclusiva della conferenza dei servizi numero 765 del 12 settembre 2024 inerente una richiesta variante edilizia relativa alla realizzazione nel subambito Lips di 2 edifici a destinazione turistico/ricettiva e commerciale.

Si tratta di eventi successivi alla emanazione degli atti impugnati in questa sede che, come tali, non incidono sullo scrutinio della legittimità o meno degli stessi.

12. Per le ragioni esposte l’appello deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna parte appellante al pagamento delle spese di giudizio in favore del Ministero della Cultura, liquidate in complessivi euro 3.000,00 (tremila\00), oltre accessori dovuti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2025 con l'intervento dei magistrati:

Sergio De Felice, Presidente

Giordano Lamberti, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere

Lorenzo Cordi', Consigliere

Giovanni Pascuzzi, Consigliere, Estensore