Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 3360, del 3 luglio 2014
Beni Culturali.L'imposizione del vincolo storico e artistico non richiede una ponderazione degli interessi privati con gli interessi pubblici

L'imposizione del vincolo storico e artistico non richiede una ponderazione degli interessi privati con gli interessi pubblici connessi con l'introduzione del regime di tutela, neppure allo scopo di dimostrare che il sacrificio imposto al privato sia stato contenuto nel minimo possibile, sia perché la dichiarazione di particolare interesse non è un vincolo a carattere espropriativo, costituendo i beni di rilievo etno-antropologico una categoria originariamente di interesse pubblico, sia perché comunque la disciplina costituzionale del patrimonio storico e artistico della Nazione (art. 9 Cost.) erige la sua salvaguardia a valore primario del vigente ordinamento. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 03360/2014REG.PROV.COLL.

N. 07285/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7285 del 2012, proposto dal Comune di Tarvisio, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Marcello Clarich e Francesco Longo, con domicilio eletto presso il primo in Roma, viale Liegi, 32;

contro

Ministero per i beni e le attivita' culturali - Direzione per i beni culturali e paesaggistici del Friuli - Venezia Giulia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Consorzio Agrario Vicinia di Camporosso, Promotour Spa, Arcidiocesi di Udine - Ufficio Arte Sacra, Parrocchia di Sant'Egidio Abate; 
Ministero dell'interno - Direzione centrale per l’amministrazione del Fondo Edifici del Culto, Corpo Forestale dello Stato - Ufficio territoriale per la biodiversita', Regione Friuli-Venezia Giulia, Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, in persona dei legali rappresentanti pro temporerappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. FRIULI-VENEZIA GIULIA - TRIESTE: SEZIONE I n. 160/2012, resa tra le parti;



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attivita' culturali - Direzione per i beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia; del Ministero dell'interno - Direzione Centrale per l'amministrazione del Fondo Edifici del Culto; del Corpo Forestale dello Stato - Ufficio territoriale per la biodiversità; della Regione Friuli-Venezia Giulia e del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 giugno 2014 il consigliere Maurizio Meschino e uditi per le parti gli avvocati Clarich, Longo e l’avvocato dello Stato Pio Marrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. Il Comune di Tarvisio, con il ricorso n. 116 del 2010 proposto al Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia Giulia, ha chiesto l’annullamento del provvedimento del Ministero per i beni e le attività culturali – Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia, prot. n. 7301 del 15 dicembre 2009, avente ad oggetto "Tarvisio, Strada di pellegrinaggio che conduce al Monte Santo Lussari, tratto che dalla località Case Lussari porta al Santuario, Riferimenti catastali: Comune censuario di Tarvisio/B F.M. 13, p.c. 1965/2; F.M. 13, 16, 19, p.c. 1987; F.M. 19, p.c. 1988/1; F.M. 1988/2. Notifica provvedimento dichiarativo dell'interesse culturale”.

2. Il Tribunale adito, con la sentenza n. 160 del 2012, ha respinto il ricorso, con compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

3. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado,

4. All’udienza del 5 giugno 2014 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Nella sentenza di primo grado:

-a) si rileva, anzitutto, che il ricorso sarebbe inammissibile, non essendovi specificato l’interesse comunale leso dal provvedimento impugnato, non valendo a ciò il generico richiamo di interventi proposti da un soggetto privato (Promotour s.p.a.); la Soprintendenza ha infatti assicurato la compatibilità di tutti gli usi tradizionali del sentiero in questione con il vincolo imposto su di esso, incluso il legittimo sfruttamento della foresta di Tarvisio, essendo inoltre il sentiero già vincolato per il profilo paesaggistico, con conseguente mancanza di interesse del Comune a rimuovere l’ulteriore e coincidente vincolo di cui qui si tratta relativo al profilo etnoantropologico;

- b) si afferma che il ricorso è comunque da respingere nel merito, poiché:

- lo Stato italiano è l’unico titolare del potere di tutela dei siti del proprio territorio, anche se di interesse internazionale, essendo perciò infondato il primo motivo di ricorso, recante violazione del giusto procedimento per la mancata partecipazione procedimentale anche dei residenti oltre confine (austriaci e sloveni), in quanto frequentanti il sentiero e partecipanti ai pellegrinaggi che vi si svolgono;

- la scelta di estendere il vincolo ai mappali direttamente interessati dal sentiero ed effettivamente censiti come “bene pubblico (strade)” appare logica e coerente, ferma la possibilità della sua successiva estensione, non riscontrandosi gli asseriti vizi di travisamento o deviazione della causa;

- al contrario di quanto dedotto, la determinazione di apposizione del vincolo non è subordinata all’adozione degli indirizzi per la tutela da parte del Ministero, di cui al comma secondo dell’art. 12 del d.lgs. n. 42 del 2004, essendo il potere di tutela già presente nella normativa di settore, e, comunque, risultando emanati gli indirizzi con il decreto ministeriale n. 16713 del 2005;

- non sussistono poi i dedotti vizi: a) di eccesso di potere per irragionevolezza, asserito per non avere la Soprintendenza ponderato gli interessi in campo, nell’esercizio di una discrezionalità non solo tecnica ma anche amministrativa; b) di violazione dei principi della leale collaborazione e del giusto procedimento, dedotta per la mancata partecipazione del Comune al fine di una decisione concordata; c) per il contrasto tra la dichiara finalità di conservazione del sentiero e lo strumento usato; d) per l’asserita penalizzazione dei diritti di servitù attribuiti dal Trattato di Pace di San Germano del 1919; poiché, afferma il primo giudice: e) la valutazione squisitamente tecnico – discrezionale della Soprintendenza è eventualmente sindacabile soltanto per violazione delle norme regolamentari sui criteri guida e non per un diverso apprezzamento di tipo culturale, che, peraltro, il Comune neppure ha prospettato nell’istruttoria procedimentale, ferma, pur con ogni auspicabile concordanza tra soggetti pubblici, la distinzione delle competenze attribuite dalla legge; f) come chiarito dalla Soprintendenza la finalità di conservazione del sentiero non incide sui soggetti tenuti alla sua manutenzione ordinaria e straordinaria, in nulla incidendosi perciò sul principio di sussidiarietà di cui all’art. 118 della Costituzione; g) nessuna precisazione è stata data sulla possibile incidenza del decreto di vincolo sui diritti sanciti dal Trattato di San Germano.

2. Nell’appello, richiamato l’interesse del Comune di Tarvisio al ricorso, in quanto ente cui è affidata la promozione dello sviluppo economico e sociale della comunità locale (interesse riconosciuto dalla stessa Soprintendenza nel momento in cui ha inviato anche al Comune la comunicazione di avvio del procedimento), si censura la sentenza di primo grado, per avere:

- trascurato che lo Stato italiano, con la legge n. 2852 del 1927, di ratifica ed esecuzione dell’accordo stipulato tra il Regno d’Italia e la Repubblica d’Austria, si è impegnato a garantire i diritti e i vincoli ivi riconosciuti sui beni a favore delle genti del luogo (articoli 10, 11 e 12 della legge), mentre per effetto del vincolo si incide giuridicamente su tali beni, non risultando al contempo considerato il dovuto bilanciamento degli interessi in campo in assenza di ogni riferimento alle necessità di fruizione dei beni stessi da parte degli aventi diritto;

- né è fondata l’asserzione del primo giudice sulla genericità della censura dedotta al riguardo, dal momento che la stessa Soprintendenza ha indicato che il vincolo imposto è ulteriore rispetto a quello paesaggistico preesistente, in quanto relativo al profilo etnoantropologico, non precisando però la sua effettiva incidenza nonostante tale diversità la presupponga;

- confermando ciò che con il provvedimento comunque si incide sul regime di beni oggetto dell’accordo bilaterale tra Italia e Austria, con la conseguente illegittimità della sua modifica in via unilaterale;

- neppure risultano adeguate le motivazioni alla base del vincolo, quali invece richieste dall’art. 10, comma primo, del d.lgs. n. 42 del 2004, non essendo sufficiente il riferimento al trascorso passaggio di fedeli in mancanza di ogni reperto o vestigia, ciò che, in una con la mancata inclusione nell’area vincolata di terreni pure interessati dall’antico percorso, appare far emergere l’intento di limitare lo sviluppo di aree in grado di essere regolate dal PRG;

- sussiste la violazione del principio della leale collaborazione, avendo la Soprintendenza operato unilateralmente, senza alcuna ricerca di un accordo paritario con il Comune di Tarvisio, nonostante la posizione equiordinata di Stato e Comune ai sensi dell’art. 114 della Costituzione, che avrebbe dovuto portare all’applicazione nella specie dell’art. 11 della legge n. 241 del 1990, non obbligatoria ma di certo da favorire;

- così come resta censurabile la violazione del principio di sussidiarietà, di cui all’art. 118, comma 3, della Costituzione, avendo lo Stato agito unilateralmente laddove ben più efficacemente si sarebbe potuto provvedere alla protezione di beni in questione coinvolgendo la comunità locale e i suoi cittadini.

3. L’appello è infondato per le ragioni che seguono.

3.1. Il provvedimento impugnato non è lesivo dello status dei beni sottoposti al vincolo, in quanto sia da identificare, secondo la prospettazione del Comune appellante, nelle “servitù boschive e di pascolo, nonché tutti gli altri diritti ed oneri reali di diritto privato che in base ai libri pubblici o in base ad usucapione, gravano su stabili situati in una delle parti del comune, diviso dal nuovo confine, a favore degli stabili situati nell’atra parte del comune.”, fermo restando che “Gli aventi diritto sono obbligati ad attenersi rigorosamente a quanto prescrivono le norme in vigore nel luogo dove si trovano i beni immobili gravati. In ogni caso godranno le facilitazioni connesse pel traffico di frontiera e dovranno ottemperare a tutte le disposizioni a tal riguardo stabilite dalle Alte Parti contraenti.” (articoli 10 e 11 dello <<Accordo fra il Regno d'Italia e la Repubblica d'Austria per regolare amichevolmente la sistemazione degli interessi inerenti ai territori dell'ex Ducato di Carinzia>>, cui è data esecuzione con il R. decreto-legge n. 1111 del 1926 convertito in legge n. 2852 del 1927).

L’uso del sentiero per l’esercizio delle dette servitù e diritti non risulta infatti limitato per effetto del vincolo, considerato, da un lato, che questo comporta soltanto il divieto di introdurre modificazioni non autorizzate dall’Amministrazione competente e perciò di volta in volta da valutare, e, dall’altro che, nella specie, la Soprintendenza, con nota del 24 aprile 2009 ha assicurato la compatibilità con il vincolo dei possibili usi del sentiero, indicati peraltro in modo particolarmente dettagliato nel quesito che le era stato posto al riguardo dai consiglieri di amministrazione del Consorzio Agrario Vicinia di Camporosso, affermando inoltre, specificamente, che “Tutti gli usi connessi tanto con i riti di pellegrinaggio che con le azioni di sfruttamento legittimo della foresta di Tarvisio sono quindi tutelati dalle motivazioni stesse del provvedimento”.

Non ha rilievo perciò il richiamo fatto in appello all’art. 12 del citato Accordo internazionale, per il quale “I diritti accennati agli articoli 10 e 11 non possono venire affrancati né diversamente regolati che in base ad accordi fra le Alte Parti contraenti.”, né, ove valutabile, l’evocazione di un qualsiasi coinvolgimento di soggetti stranieri nell’esercizio di un potere attribuito allo Stato italiano dall’ordinamento interno con efficacia nell’ambito del territorio nazionale.

3.2. La partecipazione al procedimento è stata garantita risultando in atti: la comunicazione di avvio del procedimento in data 25 marzo 2009 indirizzata ad una pluralità di soggetti tra cui il Comune di Tarvisio; il già citato quesito posto dai consiglieri di amministrazione del Consorzio agrario Vicinia di Camporosso (del 24 aprile 2009); la nota di osservazioni del Consorzio Vicinale di Camporosso in Valcanale (del 12 agosto 2009); la nota di osservazioni del Comune di Tarvisio (del 13 novembre 2009); l’avvenuta considerazione da parte della Soprintendenza di quanto prospettato, nelle motivazioni del provvedimento impugnato e con la altresì citata risposta al quesito suddetto (in pari data 24 aprile 2009).

3.3. La Soprintendenza, garantita con ciò la piena partecipazione procedimentale, non aveva alcun obbligo di procedere attraverso l’intesa con il Comune, non essendo ciò previsto da alcuna norma regolatrice del potere esercitato, essendo comunque facoltativo il ricorso agli accordi ai sensi dell’art. 11 della legge n. 241 del 1990, né rilevando l’asserita “equordinazione” fra il Comune e lo Stato, richiamato anche quanto chiarito al riguardo dalla Corte Costituzionale, per cui “Lo stesso art. 114 della Costituzione non comporta affatto una totale equiparazione fra gli enti in esso indicati, che dispongono di poteri profondamente diversi tra loro: basti considerare che solo allo Stato spetta il potere di revisione costituzionale e che i Comuni, le Città metropolitane e le Province (diverse da quelle autonome) non hanno potestà legislativa.” (Sentenza n. 274 del 2003).

3.4. Quanto al corretto uso del potere esercitato dalla Soprintendenza, in relazione all’asserita non ponderazione degli interessi sul campo, si richiama l’indirizzo costante della giurisprudenza, da cui non vi è qui motivo di discostarsi, per cui “L'imposizione del vincolo storico e artistico non richiede una ponderazione degli interessi privati con gli interessi pubblici connessi con l'introduzione del regime di tutela, neppure allo scopo di dimostrare che il sacrificio imposto al privato sia stato contenuto nel minimo possibile, sia perché la dichiarazione di particolare interesse non è un vincolo a carattere espropriativo, costituendo i beni di rilievo etno-antropologico una categoria originariamente di interesse pubblico, sia perché comunque la disciplina costituzionale del patrimonio storico e artistico della Nazione (art. 9 Cost.) erige la sua salvaguardia a valore primario del vigente ordinamento.” (C. G. A. R. S. 10 giugno 2011, n. 418).

Fermo restando che, nella specie, gli interessi privati risultano, come detto, puntualmente considerati, come emerge in particolare dalla sopra citata nota della Soprintendenza del 24 aprile 2009, non essendo d’altro lato configurabile la formale applicazione del principio di sussidiarietà per l’esercizio di un potere proprio dell’organo statale da esercitare secondo un procedimento normativamente regolato.

3.5. Il costante e condivisibile orientamento della giurisprudenza deve anche essere richiamato riguardo all’asserita insufficienza della motivazione tecnico-discrezionale alla base del provvedimento.

Questo Consiglio ha infatti chiarito che la dichiarazione della qualità di interesse culturale di un bene è basata sull’esercizio di discrezionalità tecnica, con l’applicazione di cognizioni tecnico – scientifiche specialistiche, per cui il sindacato del giudice concerne la logicità, coerenza e completezza della valutazione, considerata anche per il profilo della correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, restando però fermo il limite della relatività delle valutazioni scientifiche, potendo quindi il giudice amministrativo censurare la sola valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di opinabilità, affinché il suo sindacato, pur non restando estrinseco, non divenga sostitutivo di quello dell’Amministrazione con l'introduzione di una valutazione parimenti opinabile (Sez. VI: 6 maggio 2014, n. 2295; 14 luglio 2011, n. 4283); ciò che risulta in particolare riguardo al giudizio in materia storico – artistica, ovvero per il profilo etnoantropologico, che, pur ancorato a criteri tecnici, presenta margini notevoli di opinabilità per la stessa natura delle discipline applicate (Sez. VI, 22 aprile 2014, n. 2019).

In questo quadro il provvedimento impugnato non risulta inficiato da vizi di incompletezza, illogicità, travisamento dei fatti ovvero di scorretta scelta o applicazione del criterio tecnico tali da renderlo illegittimo, salva la sostituzione al giudizio reso di un altro fondato su analisi diverse ma ugualmente opinabile; esso si basa infatti su un’articolata “Relazione storica” in cui sono studiate le vicende del sito, da cui emerge, si precisa e consolida nel tempo la sua qualità culturale immateriale di “interesse etnoantropologico particolarmente importante”.

Né la mancata estensione del vincolo ad un tratto ulteriore del sentiero è ragione sufficiente per configurarne l’illegittimità, essendo comunque stata vincolata la parte ritenuta significativa (conducente al Santuario), così come sprovvista di ogni principio di prova è la deduzione per cui tale limitazione dell’area del vincolo vizierebbe il provvedimento per sviamento di potere perché volto, surrettiziamente, a condizionare le determinazioni del PRG.

4. Per le ragioni che precedono l’appello è infondato e deve essere respinto.

Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello in epigrafe n. 2785 del 2012.

Condanna il Comune di Tarvisio, appellante, al pagamento delle spese del presente grado del giudizio a favore del Ministero per i beni e le attività culturali, appellato, che liquida in euro 5.000,00 (cinquemila/00); le compensa nei confronti delle altre parti intimate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2014, con l'intervento dei magistrati:

Filippo Patroni Griffi, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere, Estensore

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Roberta Vigotti, Consigliere

Andrea Pannone, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 03/07/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)