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“Elettrosmog: un passo avanti verso al definitiva attuazione che supera le incongruenze del vecchio regime” di Luca RAMACCI (in Guida al Diritto n. 39 dell’11102003 pag. 27).

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Con i due D.P.C.M. dell’8 luglio 2003 pubblicati, rispettivamente, nelle Gazzette Ufficiali n.199 del 28 agosto 2003 e n. 200 del 29 agosto 2003, è stata data attuazione al disposto dell’articolo 4, secondo comma, lettera a) della Legge 22 febbraio 2001 n. 36,Legge - quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”[1].

La legge quadro, come è noto, è sopravvenuta ad una serie di disposizioni che, in precedenza, disciplinavano in modo disorganico ed inefficace il fenomeno dell’inquinamento elettromagnetico il quale, grazie anche all’interessamento dei mass-media sugli aspetti sanitari in generale e, in particolare, su alcune vicende processuali, aveva in più occasioni attirato l’attenzione del grande pubblico non sempre con effetti positivi per quanto riguarda la corretta valutazione dei rischi.

Con la legge quadro, dunque, il legislatore si è proposto di ordinare la materia, fissare principi fondamentali, assicurare la tutela della salute dei lavoratori e della popolazione dall'esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici[2], tutelare l’ambiente ed il paesaggio e promuovere l’attività di ricerca scientifica.

A tale scopo fornisce definizioni, individua le competenze dello Stato e degli enti locali, stabilisce come effettuare i controlli e contenere il fenomeno.

Oggetto dell’interesse del legislatore sono gli impianti, i sistemi e le apparecchiature per usi civili, militari e delle forze di polizia, che possano comportare l'esposizione a campi elettromagnetici con frequenze comprese tra 0 Hz e 300 GHz, con particolare riferimento agli elettrodotti ed agli impianti radioelettrici, compresi le stazioni radio per telefonia mobile, i radar e gli impianti fissi per radiodiffusione.

Come è ormai consuetudine, la concreta attuazione della legge-quadro viene poi subordinata alla successiva emanazione di decreti ministeriali entro un termine prefissato quasi mai rispettato (nel caso dei decreti in esame sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge).

Fino alla data di emanazione dei predetti D.P.C.M. andavano applicate, per espressa previsione dell’articolo 16, le disposizioni del D.P.C.M. 23 aprile 1992[3] e del D.P.C.M. 2891995 (che lo integrava) nonché quelle previste dal D.M. 10 settembre 1998, n. 381 “Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana.

I decreti ora emanati prendono in considerazione i campi magnetici generati a frequenze diverse, rispettando la grande suddivisione abitualmente effettuata, anche dalle disposizioni precedentemente in vigore, tra campi magnetici ad alta frequenza (generati prevalentemente da impianti radiotrasmissione) e campi magnetici a bassa frequenza (generati prevalentemente da elettrodotti).

Dei primi si occupa infatti il D.P.C.M. pubblicato nella GU n.199, che fa riferimento alle frequenze comprese tra i 100Khz ed i 300Ghz, mentre i secondi sono presi in considerazione dal D.P.C.M. contenuto nella GU n. 200 dove il riferimento agli elettrodotti è contenuto nel titolo (unitamente a quello alla frequenza di rete di 50Hz).

Entrambi i decreti hanno lo scopo di fissare i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione le cui definizioni sono contenute nella legge quadro.

In particolare, si intende per esposizione “….la condizione di una persona soggetta a campi elettrici, magnetici, elettromagnetici, o a correnti di contatto, di origine artificiale” (articolo 3, comma primo, lettera a) della legge quadro). Il riferimento è dunque alla tipica situazione di rischio con riferimento, però, alle sole fonti di origine artificiale, rimanendo escluse le irradiazioni di origine naturale.

Viene poi definito (articolo 3, comma primo, lettera b) della legge quadro) come limite di esposizioneil valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore di immissione, definito ai fini della tutela della salute da effetti acuti, che non deve essere superato in alcuna condizione di esposizione della popolazione e dei lavoratori per le finalità di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a”. Va qui evidenziato il riferimento agli effetti acuti dell’esposizione che, contrariamente a quelli cronici (cui si riferiscono invece i “valori di attenzione”) riguardano la quantità di energia assorbita dal soggetto esposto prescindendo dalla durata dell’esposizione.

Il valore di attenzione è invece “il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore di immissione, che non deve essere superato negli ambienti abitativi, scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze prolungate per le finalità di cui all’articolo 1, comma 1, lettere b) e c). Esso costituisce misura di cautela ai fini della protezione da possibili effetti a lungo termine e deve essere raggiunto nei tempi e nei modi previsti dalla legge” (articolo 3, comma primo, lettera c) della legge quadro). La definizione, come si è detto, volge l’attenzione agli effetti cronici derivati da un’esposizione prolungata.

Si sarà anche notato che il legislatore prende in considerazione alcuni luoghi rispetto ai quali i valori non devono mai essere superati mentre, in considerazione delle finalità di cautela che si intendono perseguire, in altri luoghi - privi delle caratteristiche di quelli indicati - il superamento dei valori dovrebbe ritenersi come ammesso.

Le due definizioni, come si è fatto rilevare in più occasioni, guardano ai differenti risultati raggiunti dalla comunità scientifica sugli effetti acuti e cronici dell’esposizione, valorizzando comunque le minori conoscenze rispetto a questi ultimi (dovute per lo più all’assenza di validi studi epidemiologici) mediante una scelta di cautela.

Gli obiettivi di qualità (articolo 3, comma primo, lettera d) della legge quadro) riguardano infine i criteri localizzativi, gli standard urbanistici, le prescrizioni e le incentivazioni per l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili ed i valori di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, definiti dallo Stato ai fini della progressiva minimizzazione dell’esposizione.

Il primo dei D.P.C.M. in esame, relativo ai campi elettromagnetici ad alta frequenza, nel disciplinare gli aspetti di cui si è appena detto tiene conto del contenuto del già citato D.M. 38198, che contemplava i sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi e del quale costituisce, dunque, un completamento come espressamente indicato nella premessa.

Nel definirne il campo di applicazione il legislatore richiama, ancora una volta, i differenti risultati raggiunti dalla ricerca scientifica riferendosi, da un lato, agli effetti a breve termine dell’esposizione e, dall’altro ai possibili  effetti a lungo termine (articolo 1).

La differenza viene successivamente rimarcata nell’articolo 3 laddove si afferma “…a titolo di misura di cautela per la protezione da possibili effetti a lungo termine…

Dall’ambito di applicazione del decreto sono espressamente escluse (articolo 1, secondo comma) le esposizioni conseguenti ad attività professionale e quelle per scopo diagnostico o terapeutico nonché le emissioni provenienti da radar ed impianti determinanti esposizioni pulsate che andranno invece disciplinate con apposito decreto da emanarsi successivamente.

Altra esclusione (articolo 1, comma sesto) riguarda le forze armate e di polizia - nei confronti delle quali, secondo quanto disposto dalla legge-quadro (articolo 2, comma terzo) le norme in essa contenute sono applicate tenendo conto delle particolari esigenze al servizio espletato,- con espresso rinvio ad altro D.P.C.M. da emanarsi su proposta del Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio.

Altro elemento degno di nota è il riferimento al concetto di “aree intensamente frequentate” effettuato nel trattare degli obiettivi di qualità (articolo 4) e la cui definizione, contenuta nel secondo comma del medesimo articolo, pare volta ad impedire una restrittiva interpretazione che tenga conto esclusivamente di fenomeni episodici correlati alla presenza solo momentanea in un determinato luogo di un numero rilevante di persone.

Non meno importante, inoltre, è il riferimento alle esposizioni multiple di cui tratta l’articolo 5.

Si tratta di un fenomeno, non infrequente, determinato dalla presenza nel medesimo luogo di più impianti del quale si è anche in un caso occupata, seppure incidentalmente, la giurisprudenza di legittimità[4] e che, nel decreto in esame, viene disciplinato dall’allegato C.

Detto allegato si aggiunge agli altri contenenti le definizioni di alcuni termini tecnici richiamati nel testo (allegato A)  e le tabelle con i limiti ed i valori (Allegato B).

Significativa è, infine, la previsione di un “aggiornamento delle conoscenze” sui rischi provocati dall’esposizione da effettuarsi, sulla base delle nuove conoscenze scientifiche acquisite, a cura del Comitato interministeriale per la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento elettromagnetico  contemplato dall’articolo 6 della Legge quadro (articolo 7).

Nel secondo D.P.C.M. gli aspetti tecnici disciplinati riguardano, come si è accennato, i campi elettromagnetici generati da elettrodotti con esclusione (articolo 1, primo comma) dei fenomeni riguardanti i lavoratori esposti per ragioni professionali e con espresso rinvio (articolo 1, secondo comma) alle restrizioni stabilite nella raccomandazione del Consiglio UE del 12 luglio 1999[5].

Le definizioni sono contenute nell’allegato A cui rinvia l’articolo 2 dopo un richiamo a quelle di carattere generale che sono indicate nell’articolo 3 della legge quadro.

Valori di attenzione, limiti di esposizione ed obiettivi di qualità sono indicati negli articoli 3 e 4 nei quali si coglie, ancora una volta, la distinzione tra effetti acuti e cronici in base ai risultati della ricerca scientifica.

Vengono inoltre espressamente presi in considerazione (articolo 3, secondo comma ed articolo 4) le “aree gioco per l’infanzia, gli ambienti abitativi, gli ambienti scolastici ed i luoghi adibiti a permanenze non inferiori a quatto ore giornaliere”.

Gli articoli 5 e 6 indicano le tecniche di misurazione ed i parametri per la determinazione delle fasce di rispetto degli elettrodotti, mentre l’articolo 7 prevede il già citato aggiornamento delle conoscenze di competenza del Comitato interministeriale.

Il D.P.C.M. in esame determina infine (articolo 8) l’abrogazione dei discussi D.P.C.M. del 1992 e del 1995, di cui si è detto in precedenza, che per lungo tempo hanno rappresentato - con le loro incongruenze e la sostanziale inefficacia - un sintomo evidente dell’indifferenza del legislatore verso il fenomeno dell’inquinamento elettromagnetico poi venuta meno, con tutte le incertezze e le contraddizioni evidenziate dalla dottrina, con le successive disposizioni e, infine, la legge quadro del 2001.

I due decreti, preceduti da serrati dibattiti e dalla diffusione di bozze provvisorie, rappresentano un ulteriore passo verso una adeguata copertura normativa di un fenomeno sopravvalutato o minimizzato secondo letture dei dati scientifici talvolta approssimative o comunque non del tutto disinteressate.

La seppur tardiva fissazione dei tanto attesi limiti e valori sarà senz’altro motivo di ulteriori discussioni, da parte degli esperti di settore, sull’adeguatezza o meno degli aspetti prettamente tecnici (peraltro difficilmente apprezzabili dal giurista) ma costituisce, indubbiamente, un dato positivo di fronte al quantitativo non indifferente di leggi di tutela ambientale che ancora attendono di essere integrate da decreti annunciati e mai emanati.

 

 

Luca RAMACCI

magistrato

 

 

 

 

 

 



[1] Pubblicata nella G.U. n. 55 del 7 marzo 2001. Sull’inquinamento elettromagnetico in generale (con riferimento al diritto civile, penale ed amministrativo) v. AMATO, RAMACCI, TRIGGIANI “Elettrosmog”, Napoli 2003. Per un commento organico alla legge v. RAMACCI – MINGATI “Inquinamento elettromagnetico, aspetti sanitari e giuridici. Rassegna legislativa e giurisprudenziale”, Napoli 2001, nonché i contributi di RAMACCI, MEZZACAPO, BUTTI, TRICOMI, FORLENZA e AMENDOLA in questa Riv. n. 102001 del 17 marzo 2001 pag. 13 e ss. “Varata la legge-quadro sull’elettrosmog: decreti attuativi entro sessanta giorni”. Per gli orientamenti della giurisprudenza e della dottrina si vedano articoli e sentenze inseriti nella sezione “Elettrosmog” del sito internet www.lexambiente.com

[2] Con esclusione (articolo 2, comma secondo) della esposizione intenzionale per scopi diagnostici o terapeutici.

[3] Pubblicato nella G.U. n. 104 del 651992 pag. 5 e ss. e recante “Limiti massimi di esposizione ai campi elettrico e magnetico generati alla frequenza industriale nominale (50 Hz) negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno

[4] Cass. Sez. I 3012002 (ud.2722002), Suraci in Riv. Pen. n. 52002 pag. 455. Nella pronuncia (che non riconosce l’applicabilità in astratto dell’articolo 674 c.p. al fenomeno dell’inquinamento elettromagnetico)  viene fatto riferimento  non solo all’insufficienza del semplice superamento dei limiti (posti a soli fini di cautela) quale valido elemento per dimostrare la nocività delle emissioni ma anche alla circostanza (non considerata dai giudici del riesame) che il superamento delle emissioni era conseguenza della compresenza di più emittenti che, singolarmente verificate, non supervano i limiti imposti.

[5] In GUCE n. 199 del 30 luglio 1999