Cons. Stato Sez. IV n.2915 18 maggio 2012
Urbanistica. Decadenza titolo abilitativo
La pronuncia di decadenza del titolo edilizio è per certo espressione di un potere strettamente vincolato; ha una natura ricognitiva, perché accerta il venir meno degli effetti del titolo edilizio in conseguenza dell’inerzia del titolare, ovvero della sopravvenienza di una nuova e diversa strumentazione edilizia, e assume pertanto decorrenza ex tunc; inoltre il termine di durata del titolo edilizio non può mai intendersi automaticamente sospeso, essendo al contrario sempre necessaria, a tal fine, la presentazione di una formale istanza di proroga, cui deve comunque seguire un provvedimento da parte della stessa Amministrazione che ha rilasciato il titolo edilizio e che accerti l’impossibilità del rispetto del termine ab origine fissato, e solamente nei casi in cui possa ritenersi sopravvenuto un factum principis, ovvero l’insorgenza di una causa di forza maggiore
N. 02915/2012REG.PROV.COLL.
N. 07659/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7659 del 2006, proposto da:
Jaconelli Conti Maria, rappresentata e difesa dall’Avv. Pasquale Di Rienzo, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Giuseppe Mazzini,11;
contro
Comune di Sacrofano (Rm), in persona del Sindaco pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avv. Enrico Leo, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Ottaviano, 105;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Roma, Sez. II-bis, n. 5370 dd. 28 giugno 2005, resa tra le parti e concernente diniego di proroga a titolo edilizio.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2011 il Cons. Fulvio Rocco e udito per l’appellante l’Avv. Raffaele Izzo, su delega dell’Avv. Pasquale Di Rienzo, nonché l’Avv. Aldo Falcone, su delega dell’Avv. Enrico Leo, per il Comune di Sacrofano.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.1.Con ricorso proposto sub R.G. n. 8488 del 1998 innanzi al T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, la Sig.ra Maria Jaconelli Conti ha chiesto l’annullamento del provvedimento Prot. 3710 dd. 17 aprile 1998 dell’Ufficio Tecnico Comunale di Sacrofano (Roma), recante la reiezione dell’istanza da lei presentata avente ad oggetto il rilascio di una seconda concessione edilizia per un fabbricato agricolo bifamiliare nel Comune di Sacrofano, località Fontana Nuova nonché di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale.
Il diniego è stato opposto alla Jaconelli in dipendenza del contrasto del proprio progetto con le norme di salvaguardia previste dall’art. 8 della L.R. 6 ottobre 1997 n. 29, recante “ Norme in materia di aree naturali protette”, essendo i lavori iniziati non regolarmente come da sopralluogo effettuato dal medesimo Ufficio.
La Jaconelli ha innanzitutto dedotto al riguardo incompetenza, violazione e falsa applicazione dell’allora vigente art. 51 della L. 8 giugno 1990 n. 142, rilevando in tal senso che il provvedimento è stato adottato dal dirigente dell’ufficio tecnico del Comune e non invece dal Sindaco o dall’Assessore comunale a ciò appositamente delegato.
Con un secondo motivo di ricorso la Jaconelli ha viceversa dedotto l’avvenuta violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma. 3, lett. o), punto 1) della L.R. 29 del 1997, dell’art. 4 della L. 10 gennaio 1977 n. 10 e dell’art. 1 della L. 7 agosto 1990 n. 241, nonchè eccesso di potere per difetto dei presupposti, in quanto, a’ sensi dell’art. 8, comma 3, della L.R. 29 del 1997, “all’interno delle zone A previste dall’art. 7, comma 4, lettera a), numero 1), delle aree naturali protette individuate dal piano regionale, sono vietati: … q) la realizzazione di nuovi edifici all’interno delle zone territoriali omogenee E) previste dall'articolo 2 del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 16 aprile 1968 n. 97, in cui sono comunque consentiti: 1) interventi già autorizzati e regolarmente iniziati alla data di entrata in vigore della presente legge”, mentre nel caso di specie, risulterebbe agli atti che i lavori inerenti la costruzione dei due edifici da lei progettati sarebbero regolarmente stati iniziati, in esecuzione della già rilasciata concessione edilizia del 26 marzo 1994, come da comunicazione di inizio dei lavori di cui alla nota Prot. n. 6799 del 5 ottobre 1994.
La Jaconelli, comunque, non ha sottaciuto che tali lavori sono stati successivamente interrotti a causa di propri, gravi motivi di salute e che a sua volta il Comune di Sacrofano non avrebbe mai adottato il provvedimento di decadenza dalla concessione edilizia ai sensi dell’art. 4, comma 4, della L.10 del 1977 per il mancato inizio dei lavori entro l’anno dal rilascio della concessione: dimodochè la stessa Jaconelli reputa nella specie sussistente un difetto di motivazione, posto che dagli atti emergerebbe – semmai - la contraria circostanza dell’intervenuto inizio dei detti lavori e della loro successiva interruzione.
La Jaconelli ha – altresì – formulato espressa riserva di proposizione di motivi aggiunti avverso il verbale di sopralluogo citato nel provvedimento impugnato.
In tale primo procedimento non si è costituito il pur intimato Comune.
1.2. Con ulteriore ricorso proposto sub R.G. 349 del 1999 sempre innanzi al T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, la Jaconelli ha impugnato il provvedimento dell’Ufficio Tecnico Comunale di Sacrofano Prot. n. 10466 dd. 5 novembre 1998, con il quale, in riscontro ad una richiesta di riesame, da lei presentata in data 17 ottobre 1998, del rigetto della prima istanza di medesimo contenuto, è stato ribadito il rigetto dell’istanza di rilascio di una seconda concessione edilizia per un fabbricato agricolo bifamiliare nel Comune di Sacrofano, località Fontana Nuova, atteso che dal sopralluogo dell’Ufficio Tecnico del Comune di Sacrofano effettuato in data 27 febbraio 1998 emergeva come, sul terreno già reso oggetto della concessione edilizia, i lavori iniziati consistevano esclusivamente in modesti sbancamenti oramai ricoperti di acqua e vegetazione, per certo non configurabili per giurisprudenza consolidata sul punto, inizio dei lavori ai fini di cui all’art. 8 della L.R. 29 del 1997 e che, comunque, risultavano irrilevanti le motivazioni inerenti al suo stato di salute nel periodo ricompreso tra la comunicazione di avvio di lavori in data 20 ottobre 1994 e la data (5 marzo 1998) di richiesta della nuova concessione edilizia.
La Jaconelli ha dedotto al riguardo l’illegittimità del nuovo provvedimento da lei impugnato per violazione dell’art. 4 della L. 10 del 1977 e dei principi generali vigenti in materia, rilevando in tal senso che il Comune avrebbe omesso di adottare il provvedimento di decadenza dalla concessione edilizia: circostanza che, sebbene abbia natura dichiarativa, necessiterebbe comunque di un apposito provvedimento in tal senso.
Né, ad avviso della medesima Jacobelli, l’Amministrazione avrebbe considerato che, nella vigenza dell’originaria concessione edilizia, lei aveva presentato in data 15 marzo 1997 istanza di proroga del predetto titolo edilizio: istanza che sarebbe rimasta priva di riscontro da parte del Comune.
Con un secondo ordine di censure la Jaconelli ha anche in questo frangente dedotto l’avvenuta violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 3, lett. o), punto 1), della L.R. 29 del 1997, dell’art. 4 della L. 10 del 1977 e dell’art. 1 della L. 241 del 1990, nonché eccesso di potere per difetto dei presupposti, travisamento dei fatti e difetto di istruttoria.
Con provvedimento istruttorio presidenziale n.10 dd. 10 gennaio 2005 è stato ordinato al Comune il deposito di copia del verbale di sopralluogo del 27 febbraio 1998, della domanda di proroga della concessione edilizia n. 7 del 1994 di cui alla nota Prot. n. 3222 dd.15 marzo 1997 nonché di ogni altro documento utile ai fini delle decisione.
Tale provvedimento istruttorio non è stato ottemperato dal Comune, non costituitosi nel giudizio di primo grado, e la Jaconelli ha pertanto chiesto con memoria dd. 12 maggio 2005 l’applicazione a carico del Comune medesimo dell’art. 116 cod. proc. civ.
1.3. Con sentenza n. 5370 dd. 28 giugno 2005 la Sez.II-bis dell’adito T.A.R. ha respinto entrambi i ricorsi sopradescritti, previa loro riunione, compensando integralmente tra le parti le spese e gli onorari di quel giudizio.
2.1. Con l’appello in epigrafe la Jaconelli chiede pertanto, ora, la riforma di tale sentenza.
L’appellante innanzitutto contesta la tesi, enunciata dal giudice di primo grado, secondo la quale la decadenza del titolo edilizio per mancato inizio e mancata ultimazione dei lavori non discenderebbe da un provvedimento amministrativo ma, in via automatica, dalla mera circostanza dell’avvenuto decorso dei relativi termini in assenza dell’attività normativamente prescritta da parte dell’interessato e reputa comunque sussistenti nella specie i presupposti per l’avvenuto idoneo inizio dei lavori ab origine assentiti.
2.2. Si è costituito nel presente grado di giudizio il Comune di Sacrofano, concludendo per la reiezione dell’appello.
3. Alla pubblica udienza del 20 dicembre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
4.1. Tutto ciò premesso, l’appello in epigrafe va respinto.
4.2. L’appellante contesta innanzitutto la sentenza impugnata laddove testualmente afferma che il collegio ivi giudicante “in aderenza all’orientamento che appare prevalente nella materia da ultimo, ritiene che debba farsi riferimento … alla lettera della legge, la quale fa dipendere la decadenza, non da un atto amministrativo, costitutivo o dichiarativo, ma dal semplice fatto dell’inutile decorso del tempo. Diversamente opinando, infatti, si farebbe dipendere la decadenza non solo da un comportamento dei titolari della concessione ma anche della Pubblica Amministrazione, ai fini dell’accertamento con apposito atto amministrativo dell’intervenuta decadenza della concessione edilizia per l’inutile scadenza del termine di inizio lavori, con probabili disparità di trattamento tra situazioni che nella sostanza si presentano identiche sul punto che interessa. La decadenza della concessione edilizia per mancata osservanza del termine di inizio dei lavori, pertanto, opera di diritto, con la conseguenza che il provvedimento, ove adottato, ha carattere meramente dichiarativo di un effetto verificatosi “ex se” con l’inutile decorso del termine. Segue da ciò che: a) l’eventuale provvedimento di decadenza è sufficientemente motivato con richiamo al termine ultimo previsto per l’inizio dei lavori, senza che sia necessaria una comparazione tra l'interesse del privato e quello pubblico, essendo quest’ultimo “ope legis” prevalente sul primo; b) non è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento, essendo la decadenza un effetto “ipso iure” del mancato inizio dei lavori e non residuando all’Amministrazione alcun margine per valutazioni di ordine discrezionale. … La decadenza della concessione edilizia si determina, pertanto, anche in assenza di un’espressa dichiarazione da parte dell’Amministrazione competente” (cfr. pag. 12 della sentenza impugnata).
Secondo la Jaconelli, viceversa, la tesi del giudice di primo grado andrebbe disattesa, posto che:
a) risulterebbe problematico configurare la sopravvenuta caducazione dei permessi di costruire in assenza di un atto espresso in tal senso, ancorchè avente natura dichiarativa;
b) la tesi stessa sarebbe idonea a generare incertezze nei rapporti tra privati, ad esempio nel caso di cessione dell’immobile);
c)se applicata coerentemente, la tesi medesima determinerebbe comunque conseguenze inaccettabili (ad esempio, se fosse vero che non è necessario pronunciare la decadenza con un provvedimento ancorchè dichiarativo, dovrebbe pure concludersi nel senso che i lavori eseguiti dopo il decorso del termine stabilito dal titolo edilizio dovrebbero considerarsi alla stregua di interventi abusivi realizzati in assenza del titolo medesimo).
La Jaconelli rimarca pure che la cronologia essenziale degli avvenimenti che contraddistinguono la fattispecie è la seguente:
1) rilascio in data 26 marzo 1994 della concessione edilizia;
2) comunicazione di inizio lavori protocollata agli atti del Comune sub n. 06799 dd. 5 ottobre 1994;
3) richiesta di proroga per l’ultimazione dei lavori presentata a protocollo del Comune sub n. 2322 dd. 15 marzo 1997;
4) provvedimento di reiezione di tale domanda Prot. 3710 dd. 17 aprile 1998 emanato nell’asserito presupposto del mancato regolare inizio dei lavori, impugnato innanzi al T.A.R. sub R.G. 8488 del 1998;
5) presentazione in data 20 ottobre 1998 di una istanza di riesame della domanda di proroga;
6) ulteriore provvedimento di reiezione Prot. n. 10466 dd. 5 novembre 1998, impugnato innanzi al T.A.R. sub R.G. 349 del 1999.
L’appellante ribadisce pure che non è stata comunque ottemperata dall’Amministrazione Comunale l’ordinanza istruttoria emanata dal giudice di primo grado al fine di acquisire agli atti di causa, tra l’altro, copia del verbale del sopralluogo asseritamente effettuato dall’Ufficio Tecnico Comunale in data 27 febbraio 1998 e che pertanto non risulterebbe comprovato nella sua materialità l’assunto del Comune medesimo secondo il quale i lavori non sarebbero nella specie regolarmente iniziati.
La Jaconelli evidenzia, quindi, che il giudice di primo grado ha reputato di superare tale ostacolo rilevando testualmente che “ai fini della verifica dell’effettivo inizio dei suddetti lavori nei termini di legge di cui sopra, in punto di fatto, non può che prendersi dal contenuto essenziale del verbale di sopralluogo dell’Ufficio Tecnico Comunale del 27 febbraio 1998, che, sebbene non depositato in copia agli atti del giudizio, nonostante apposita ordinanza presidenziale istruttoria al riguardo, tuttavia è stato riportato, nella sua parte motivazionale, nel testo del provvedimento di cui al Prot. n. 10466 del 5 novembre 1998, impugnato con il ricorso … rileva la consistenza dei lavori effettuati quali “ modesti sbancamenti di terreno oramai ricoperti di acqua e vegetazione”” (cfr. ibidem, pag. 10 e ss.).
Secondo la stessa appellante, tuttavia, tale ragionamento sarebbe intrinsecamente debole, posto che non potrebbe comunque farsi riferimento ad un verbale non esibito in giudizio e del quale, quindi, potrebbe dubitarsi circa la sua stessa esistenza, stante pure che la menzione del verbale medesimo nel provvedimento impugnato in primo grado non costituisce per certo prova della sua esistenza.
In tale contesto, pertanto, risulterebbe del tutto illogica la mancata applicazione, da parte del giudice di primo grado, dell’art. 116 cod. proc. civ. per la valutazione del comportamento della parte inottemperante, con conseguente affermazione che i fatti affermati dalla controparte devono ritenersi provati.
Ad ogni buon conto, sempre secondo l’appellante, gli interventi in questione comunque comproverebbero una seria ed effettiva volontà di dare inizio ai lavori, la cui mancanza, per contro, dovrebbe essere provata dalla stessa Amministrazione comunale: prova che, nella specie, non sarebbe stata fornita.
L’appellante ha – altresì – reiterato la dianzi descritta censura di avvenuta violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 3, lett. o), punto 1), della L.R. 29 del 1997, dell’art. 4 della L. 10 del 1977 e dell’art. 1 della L. 241 del 1990.
4.3. Si è costituito nel presente grado di giudizio il Comune di Sacrofano, concludendo per la reiezione dell’appello.
5. Alla pubblica udienza del 20 dicembre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
6.1. Tutto ciò premesso, l’appello in epigrafe va respinto.
6.2.1. Per quanto attiene alla questione di fondo che contraddistingue la causa, ossia se la decadenza del titolo edilizio consegue dal mero decorso del tempo correlato all’inattività dell’interessato o se necessita a tal fine un esplicito provvedimento amministrativo, costitutivo o dichiarativo, nella sentenza impugnata si legge che “l’orientamento giurisprudenziale sulla necessità di un espresso provvedimento di decadenza non è costante. … Infatti una parte della giurisprudenza ritiene che la decadenza della concessione edilizia per mancato inizio ed ultimazione dei lavori non sia automatica e, pertanto, tale decadenza debba essere necessariamente dichiarata con apposito provvedimento, nei cui riguardi il privato non vanta che una posizione giuridica di interesse legittimo, sicché non è configurabile nella specie un giudizio d’accertamento ( T.A.R. Abruzzo Pescara, 28 giugno 2002, n. 595) e che, pertanto, affinché la concessione edilizia perda, per decadenza , la propria efficacia occorre un atto formale dell’Amministrazione che renda operanti gli effetti della decadenza accertata ( Consiglio Stato, sez. V, 26 giugno 2000, n. 3612)”, con la conseguenza – quindi – che “la decadenza avrebbe, pertanto, dovuto formare oggetto di un apposito provvedimento sindacale, che ne avesse accertato i presupposti rendendone operanti gli effetti, come richiesto per tutti i casi di decadenza di concessioni edilizie (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 15.6.1998, n. 834), considerato che la perdita di efficacia della concessione è subordinata all’esplicazione di una potestà provvedimentale” (cfr. pag. 11 e ss. della sentenza impugnata).
Ad avviso del Collegio, a ragione il giudice di primo grado ha respinto la tesi testè riassunta, “in aderenza all’orientamento che appare prevalente nella materia da ultimo” e sulla scorta del diretto “riferimento … alla lettera della legge, la quale fa dipendere la decadenza, non da un atto amministrativo, costitutivo o dichiarativo, ma dal semplice fatto dell’inutile decorso del tempo” (cfr. ibidem).
Nell’art. 4 della L. 10 del 1977, vigente all’epoca dei fatti di causa, si disponeva infatti al terzo comma che “nell’atto di concessione sono indicati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori”, nel mentre nel susseguente sua quarto comma si disponeva che “il termine per l’inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno”, che “il termine di ultimazione, entro il quale l’opera deve essere abitabile o agibile, non può essere superiore a tre anni”, e si disciplinavano quindi le ipotesi di proroga della concessione stessa.
Nel quinto comma si disponeva – altresì – che “qualora i lavori non siano ultimati nel termine stabilito, il concessionario deve presentare istanza diretta ad ottenere una nuova concessione; in tal caso la nuova concessione concerne la parte non ultimata”, nel mentre nel sesto comma era stata introdotta una norma di chiusura del “sistema”, in forza della quale la concessione era “irrevocabile, fatti salvi i casi di decadenza ai sensi della presente legge”.e le sanzioni previste dall'articolo 15 della stessa.
Risulta ben evidente, pertanto, che in tale contesto non era ravvisabile la presenza di una norma che imponesse l’emanazione di un provvedimento al riguardo, posto che la legge stessa disciplinava in via diretta la durata della concessione e, in via tassativa, le ipotesi per ottenerne la proroga: con la conseguenza, quindi, che la decadenza della concessione edilizia per mancata osservanza del termine di inizio dei lavori operava di diritto e che il provvedimento pronunciante la decadenza, ove adottato, aveva carattere meramente dichiarativo di un effetto verificatosi “ex se” , in via diretta,con l’infruttuoso decorso del termine prefissato.
Va opportunamente denotato che tale assetto delle cose permane anche nell’attuale disciplina contenuta nell’art. 15, comma 2, del T.U. approvato con D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, laddove si dispone, in tema di rilascio del permesso di costruire ma in via ancor più puntuale, che “il termine per l’inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l’opera deve essere completata non può superare i tre anni dall'inizio dei lavori. Entrambi i termini possono essere prorogati, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso. Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza venga richiesta una proroga. La proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, esclusivamente in considerazione della mole dell’opera da realizzare o delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive..”.
L’adesione all’orientamento maggioritario della giurisprudenza trova conforto nella notazione – puntualmente svolta dal giudice di primo grado – secondo la quale, diversamente opinando, si farebbe dipendere la decadenza non solo da un comportamento dei titolari della concessione ma anche della Pubblica Amministrazione che potrebbe – quindi – in taluni casi adottare un provvedimento espresso e in altri casi no, con non evanescenti ipotesi di disparità di trattamento tra situazioni che nella sostanza si presentano tuttavia identiche sul punto di fondo che qui segnatamente interessa.
Tale constatazione toglie, pertanto, per se stessa pregio alle surriportate obiezioni dell’appellante secondo le quali risulterebbe problematico configurare la sopravvenuta caducazione dei permessi di costruire in assenza di un atto espresso in tal senso, ancorchè avente natura dichiarativa, ovvero si ingenererebbero incertezze nei rapporti tra privati e, ancora, conseguenze inaccettabili.
Semmai, proprio il diretto riferimento dei termini e delle conseguenze per la loro violazione alla previsione di legge elimina in radice – come detto innanzi – ogni ipotesi di disparità di trattamento, e la necessità dell’applicazione del regime sanzionatorio per i lavori eseguiti dopo il decorso del termine stabilito dal titolo edilizio è, a sua volta, conseguenza necessitata - e non già “inaccettabile” - della violazione da parte dell’interessato di puntuali obblighi a lui commessi dalla stessa legge.
Deve dunque concludersi sul punto che la pronuncia di decadenza del titolo edilizio è per certo espressione di un potere strettamente vincolato; ha una natura ricognitiva, perché accerta il venir meno degli effetti del titolo edilizio in conseguenza dell’inerzia del titolare, ovvero della sopravvenienza di una nuova e diversa strumentazione edilizia, e assume pertanto decorrenza ex tunc; inoltre il termine di durata del titolo edilizio non può mai intendersi automaticamente sospeso, essendo al contrario sempre necessaria, a tal fine, la presentazione di una formale istanza di proroga, cui deve comunque seguire un provvedimento da parte della stessa Amministrazione che ha rilasciato il titolo edilizio e che accerti l’impossibilità del rispetto del termine ab origine fissato, e solamente nei casi in cui possa ritenersi sopravvenuto un factum principis, ovvero l’insorgenza di una causa di forza maggiore (cfr. al riguardo, ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 10 agosto 2007, n. 4423 e 18 giugno 2008 n. 3030).
6.2.2. Circa l’allegazione dell’attuale appellante secondo la quale non sarebbe stata nella specie ottemperata dall’Amministrazione Comunale l’ordinanza istruttoria emanata dal giudice di primo grado al fine di acquisire agli atti di causa, tra l’altro, copia del verbale del sopralluogo asseritamente effettuato dall’Ufficio Tecnico Comunale in data 27 febbraio 1998 e che pertanto non risulterebbe comprovato nella sua materialità l’assunto del Comune medesimo secondo il quale i lavori non sarebbero nella specie regolarmente iniziati, il Collegio – per parte propria – non può non evidenziare che, secondo il generale principio di distribuzione dell’onere della prova di cui al combinato disposto dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 cod. proc. civ. – ora espressamente recepito dall’art. 64, comma 1, cod. proc. amm. ma reputato immanente nell’ordinamento processuale amministrativo, se non altro per quanto attiene alle ipotesi che come per il caso di specie pertengono alla giurisdizione esclusiva, anche in epoca antecedente all’entrata in vigore del nuovo codice di rito (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, Sez. V, 7 ottobre 2009 n. 6118) – competeva all’attuale appellante dedurre che le opere da lei asseritamente realizzate prima della scadenza del termine annuale fissato per l’avvio dei lavori erano comunque idonee a dimostrare una sua seria e concreta volontà di utilizzare il titolo edilizio a lei rilasciato.
Al riguardo, risulta corretta la notazione di fondo del primo giudice secondo la quale tra i “modesti sbancamenti di terreno oramai ricoperti di acqua e vegetazione” testualmente riferiti dall’Amministrazione Comunale in esito al sopralluogo da essa effettuato e i lavori affermati come già eseguiti dalla Jaconelli in sede di richiesta di riesame del primo diniego di proroga a lei opposto ( “picchettatura del terreno interessato dalla costruzione, livellamento del medesimo terreno al livello delle fondazioni, creazione degli scavi per il getto dei plinti di fondazione di entrambi gli assentiti edifici, realizzazione della strada di accesso”) non esiste, in realtà, un reale contrasto.
Al di là del diverso impianto descrittivo delle due rappresentazioni di fatto, ben si evince infatti che secondo entrambe le tesi poste a raffronto i lavori in questione si sono fermati al livello dello sbancamento dei terreni e della loro preparazione all’edificazione, senza che quest’ultima possa effettivamente reputarsi come in concreto iniziata.
Come è ben noto, ai fini della sussistenza dei presupposti per la decadenza dalla concessione edilizia, l’effettivo inizio dei lavori deve essere valutato non in via generale ed astratta, ma con specifico e puntuale riferimento all’entità ed alle dimensioni dell’intervento edilizio così come programmato e autorizzato, e ciò al ben evidente scopo di evitare che il termine per l’avvio dell’edificazione possa essere eluso con ricorso a lavori fittizi e simbolici, e quindi non oggettivamente significativi di un effettivo intendimento del titolare della concessione stessa di procedere alla costruzione (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, Sez. V, 16 novembre 1998 n. 1615).
Sempre in tal senso, l’inizio dei lavori idoneo ad impedire la decadenza della concessione edilizia può ritenersi sussistente quando le opere intraprese siano tali da evidenziare l’effettiva volontà da di realizzare il manufatto l’opera, non essendo a ciò sufficiente il semplice sbancamento del terreno e la predisposizione degli strumenti e materiali da costruzione (così Cons. Stato, Sez. V, 22 novembre 1993 n. 1165); ovvero, detto altrimenti, l’inizio dei lavori non è configurabile per effetto della sola esecuzione dei lavori di scavo di sbancamento e senza che sia manifestamente messa a punto l’organizzazione del cantiere e sussistendo altri indizi che dimostrino il reale proposito di proseguire i lavori sino alla loro ultimazione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 3 ottobre 2000 n. 5242), con la conseguenza che la declaratoria di decadenza della licenza edilizia per mancato inizio dei lavori entro il termine fissato è illegittima solo se sono stati perlomeno eseguiti “lo scavo ed il riempimento in conglomerato cementizio delle fondazioni perimetrali fino alla quota del piano di campagna entro il termine di legge” ( Cons. Stato, Sez. V, 15 ottobre 1992 n. 1006) o se lo sbancamento realizzato si estende un’area di vaste dimensioni (Cons.Stato, Sez. V, 13 maggio 1996 n. 535): circostanze, queste ultime, non comprovate nella specie dalla Jaconelli.
6.2.3. In questo stesso contesto non può assumere rilievo l’allegazione dello stato di salute della Jaconelli quale circostanza impeditiva della decadenza, stante la natura intrinsecamente oggettiva di tale istituto.
6.2.4. Va anche soggiunto che la circostanza che sia stata data comunicazione dell’inizio dei lavori con nota Prot. n. 06799 del 5 ottobre 1994 non giova nella specie alla prospettazione della medesima Jaconelli, stante il fatto di un positivo riscontro materiale al riguardo.
6.2.5. Né, da ultimo, è riscontrabile l’asserita violazione dell’art. 8, comma 3, lett. o), punto 1), della L.R. 29 del 1997.
Come detto innanzi, ivi si dispone che “all’interno delle zone A previste dall’ articolo 7, comma 4, lettera a), numero 1) delle aree naturali protette individuate dal piano regionale, sono vietati … q) la realizzazione di nuovi edifici all’interno delle zone territoriali omogenee E) previste dall’articolo 2 del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 16 aprile 1968, n. 97, in cui sono comunque consentiti: 1) interventi già autorizzati e regolarmente iniziati alla data di entrata in vigore della presente legge”: ma tale disciplina non può – per l’appunto – rilevare nel caso di specie proprio in quanto non è riscontrabile, per tutto quanto detto innanzi, un effettivo inizio dei lavori, idoneo - in quanto tale - a giustificare la mancata decadenza del titolo edilizio per l’innanzi rilasciato.
7. Le spese e gli onorari del presente grado di giudizio possono essere comunque integralmente compensati tra le parti.
Va peraltro dichiarato irripetibile il contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 relativo al presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.
Dichiara irripetibile il contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 relativo al presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:
Anna Leoni, Presidente FF
Guido Romano, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere, Estensore
Umberto Realfonzo, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/05/2012