ZONE DI INTERESSE ARCHEOLOGICO: PROCEDIMENTO DI PERIMETRAZIONE E COMPETENZE AMMINISTRATIVE
di Laura Magnani
Publicato su Giur. merito 2008 n.11 pag. 2966 (si ringrazia la redazione)

Laura Magnani

SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. Sulla natura dell'atto amministrativo di perimetrazione delle zone di interesse archeologico e sui rapporti di queste con il vincolo archeologico di cui alla l. n. 1089 del 1939. - 3. Il procedimento di perimetrazione delle zone di interesse archeologico. - 3.1. Il procedimento dalla legge Galasso al d.lg. n. 490 del 1999 - 3.2. Il procedimento alla luce del d.lg. n. 42 del 2004. - 4. Rapporti tra Soprintendenza per i Beni archeologici e quella per i Beni Paesaggistici ed architettonici in merito alla perimetrazione delle zone di interesse archeologico.

1. PREMESSA
La sentenza che qui si commenta si segnala perché esamina un problema, il procedimento per la perimetrazione delle zone di interesse archeologico di cui all'art. 82 comma 5, lett. m), d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, come aggiunto dall'art. 1 comma 1 l. 8 agosto 1985, n. 431 (1) (zone oggi previste dall'art. 142 comma 1, lett. m) d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42, c.d. «codice dei beni culturali e del paesaggio»), privo di regolamentazione specifica a livello normativo ed oggetto di poche (anche se significative) pronunce giurisprudenziali, e perché in questo esame viene affrontata in maniera approfondita la problematica relativa all'autorità competente ad avviare il procedimento ed adottare la proposta di perimetrazione da cui derivano i primi effetti (le misure di salvaguardia) per la collettività.

2. SULLA NATURA DELL'ATTO AMMINISTRATIVO DI PERIMETRAZIONE DELLE ZONE DI INTERESSE ARCHEOLOGICO E SUI RAPPORTI DI QUESTE CON IL VINCOLO ARCHEOLOGICO DI CUI ALLA L. N. 1089 DEL 1939
Come è noto, precedentemente all'entrata in vigore della l. n. 431 del 1985 (c.d. «legge Galasso») il sistema di tutela dei beni culturali nel nostro ordinamento era fondato sulle leggi 1 giugno 1939, n. 1089 (Tutela delle cose d'interesse artistico e storico) e 29 giugno 1939, n. 1497 (Protezione delle bellezze naturali). Oggetto della tutela delle norme in questione, come ricordato dalla Corte costituzionale con la nota sentenza n. 151 del 27 giugno 1986, era la protezione e la valorizzazione diretta alla preservazione di cose e di località di particolare pregio estetico isolatamente considerate. Con la nuova normativa (2), invece, viene imposto il vincolo paesistico secondo tipologie paesistiche ubicazionali o morfologiche rispondenti a criteri di valutazione direttamente operati dal legislatore e che devono essere ricostruiti dall'interprete in via diretta per potere apprezzare l'esistenza del vincolo ex lege(3).
La diversa natura del vincolo si riflette anche sul modo di costituzione dello stesso e sul procedimento amministrativo che ne è alla base.
Per i beni culturali e paesistici di cui alle leggi n. 1089 del 1939 e n. 1497 del 1939 l'imposizione del vincolo non è automatica, ma consegue ad una attività da parte della P.A. di verificazione dell'interesse alla tutela di quei particolari beni, sulla base di procedimenti tipizzati contenuti nelle predette norme (ovvero il procedimento di verifica dell'interesse culturale per i beni culturali (4) e quello di dichiarazione di notevole interesse pubblico per i beni paesaggistici (5)). L'atto amministrativo con il quale viene imposto il vincolo su un determinato bene culturale o paesistico, quindi, ha una valenza costitutiva e deve indicare in motivazione le valutazioni tecnico discrezionali che hanno portato l'amministrazione competente a ritenere che quel determinato bene possiede i caratteri indicati dalla normativa vigente come meritevoli di tutela.
Nel caso dei vincoli introdotti con la legge Galasso, invece, non è richiesta alcuna attività amministrativa discrezionale, operando il vincolo ex lege. Ciò non toglie che, quantomeno per le zone di interesse archeologico, sia comunque necessaria un'attività amministrativa volta all'individuazione, in concreto, dei beni assoggettati a questo tipo di vincolo. Questa attività, comunque, benché richieda delle valutazioni tecnico discrezionali dell'amministrazione competente, è ritenuta, in maniera ormai unanime in giurisprudenza (6), avente natura meramente ricognitiva e non costitutiva.
L'interesse archeologico, dopo l'entrata in vigore della l. n. 431 del 1985, può dunque essere oggetto di due tipi di tutela concorrenti: quella storico-artistica della l. n. 1089 del 1939, che impone un vincolo diretto sul singolo bene ed, eventualmente, indiretto su aree circostanti, e quella paesistica introdotta dalla legge Galasso, che tutela l'intero territorio su cui è ubicato il bene, in quanto l'area presenta un'attitudine alla conservazione e fruizione del contesto di giacenza del patrimonio archeologico.
Tra i due tipi di vincoli, comunque, non vi è relazione di presupposizione. Ciè è reso ben evidente dalla diversità del loro oggetto materiale, quella di cui alla l. n. 1089 del 1939 riguardando singoli beni, o la loro prospettiva (c.d. vincolo indiretto, di cui all'art. 21), e quella di cui alla l. n. 431 del 1985 riguardando invece le più vaste zone interessanti l'archeologia: si tratta di ambiti che non si sovrappongono, né quanto a tutela (regime, procedimenti, competenze) né quanto a dimensioni spaziali.
Diversamente si avrebbe un'inutile reiterazione di tutele vincolistiche, che, seppur di diverso genere, hanno pur sempre in comune la preservazione di valori culturali (7).
La tutela di cui all'art. 1, lettera m), l. n. 431 del 1985, dunque, riferendosi ad una tipologia ubicazionale, è causata dalla presenza originaria di valori archeologici e non già dalla preesistenza di provvedimenti di accertamento di valori archeologici, costitutivi del particolare regime del vincolo.
Quello che conta, in buona sostanza, è quindi la «relazione ubicazionale con valori archeologici già esistenti all'interno della zona così individuata, come ad essa contigui» (8), indipendentemente dal fatto che tali valori siano stati previamente accertati ai fini di uno specifico vincolo (9).

3. IL PROCEDIMENTO DI PERIMETRAZIONE DELLE ZONE DI INTERESSE ARCHEOLOGICO
3.1. Il procedimento dalla legge Galasso al d.lg. n. 490 del 1999
La sentenza che qui si annota evidenzia come non esista un procedimento tipizzato per la perimetrazione delle zone di interesse archeologico, cosicché manca una norma che assicuri il rispetto delle garanzie procedimentali e dei requisiti formali dei relativi atti e che definisca le competenze ed i rapporti tra le varie amministrazioni chiamate ad operare nella fase dell'apposizione del vincolo.
Per ovviare a questa assenza, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha, tramite circolari e direttive disciplinato in via interpretativa ed analogica il procedimento volto alla ricognizione delle aree presentanti il carattere di «interesse archeologico» di cui all'art. 1 lett. m), legge Galasso. Con la circolare ministeriale n. 8 del 31 agosto 1985 ha difatti chiarito che pur operando il vincolo in questione ope legis, e non essendo quindi necessario alcun provvedimento amministrativo di notifica dell'interesse ipso iure tutelato, appare comunque necessaria la perimetrazione delle zone sottoposte a tale vincolo al fine di fornire elementi di certezza in fase di esame delle richieste di autorizzazione paesistica che le amministrazioni competenti dovranno esaminare. Con la successiva direttiva n. 8373 del 29 aprile 1994 è stata poi ribadita la necessità di individuare le zone definite di interesse archeologico dalla l. n. 431 del 1985, con provvedimenti ricognitivi che ne perimetrino con esattezza i confini e, soprattutto, specifichino la interrelazione fra i beni archeologici presenti e l'area che ne costituisce il contesto di giacenza. Infine, con la circolare n. 13099 del 8 giugno 2000 è stata ribadita l'esigenza di cui sopra ed è stata «attualizzata» la procedura individuata al d.lg. 29 ottobre 1999, n. 490 (c.d. Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali).
In buona sostanza, trattandosi di un vincolo di natura paesistica, l'autorità chiamata a «gestire» il procedimento è la Soprintendenza ai Beni Paesaggistici ed Architettonici.
Dopo una fase, che può essere avviata anche dalla Soprintendenza archeologica territorialmente competente, in cui si procede ad elaborare la proposta di individuazione del sito, definendone i confini mediante descrizione letterale e perimetrazione su base cartografica, la Soprintendenza per i Beni Paesaggistici ed Architettonici è chiamata ad esprimere una proposta di perimetrazione.
Tale proposta deve essere pubblicata per un periodo di tre mesi all'albo pretorio di tutti i comuni interessati e depositata presso i competenti uffici degli stessi comuni.
Della pubblicazione della proposta deve essere poi data contestualmente notizia su almeno due quotidiani diffusi nella regione territorialmente interessata, nonché su un quotidiano a diffusione nazionale.
Entro il termine di sessanta giorni dall'avvenuta pubblicazione le regioni, gli enti territoriali e gli altri soggetti interessati possono presentare osservazioni al Ministero.
La proposta è approvata con decreto del Ministro dei Beni Culturali e Ambientali (10), sentito il competente comitato di settore del Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali, che si pronuncia anche sulle eventuali osservazioni formulate (11).

3.2. Il procedimento alla luce del d.lg. n. 42 del 2004
Questo stato di incertezza sembra essere stato superato con l'entrata in vigore del nuovo codice dei beni culturali e del paesaggio.
L'originario testo dell'art. 142 d.lg. n. 42 del 2004 riproponeva in maniera pressoché invariata il testo dell'art. 1 comma 1, della legge Galasso ma introduceva, al successivo art. 157 una grande novità. Questo, difatti, nel disciplinare l'efficacia delle notifiche eseguite, degli elenchi compilati e dei provvedimenti ed atti emessi ai sensi della normativa previgente al nuovo codice dispone che «i procedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico e di riconoscimento delle zone di interesse archeologico in ordine ai quali, alla data di entrata in vigore del presente codice, sia stata formulata la proposta ai sensi dell'articolo 138, restano assoggettati alla disciplina dell'art. 144 del d.lg. 29 ottobre 1999, n. 490». Per la prima volta dal 1985, quindi, sia pure in via indiretta, è stato codificato con atto avente forza di legge che il procedimento per la perimetrazione delle aree di interesse archeologico è (era) quello disciplinato dall'art. 144 del Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali. Nulla veniva però stabilito, nel codice, in merito ai procedimenti di perimetrazione non ancora avviati, per i quali, quindi, bisognava tornare a fare affidamento alle già citate circolari e direttivi del Ministero. Probabilmente anche per ovviare a questa mancanza, con l'entrata in vigore del d.lg. 24 marzo 2006, n. 157, che ha pesantemente innovato il codice dei beni culturali e del paesaggio, il Governo ha provato a modificare le cose.
Il novellato art. 142 d.lg. n. 42 del 2004, difatti, prevedeva che fossero zone di interesse archeologico tutelate ex lege solo quelle individuate in maniera espressa alla data di entrata in vigore del codice. Le zone archeologiche non ancora individuate, invece, venivano fatte rientrare tra gli immobili ed aree di notevole interesse pubblico di cui all'art. 134 d.lg. n. 42 del 2004 (12). Il procedimento per l'individuazione delle stesse, quindi, diventava un procedimento tipico, dovendosi applicare quello discipli nato dagli artt. 137 ss. del codice dei beni culturali e del paesaggio per la dichiarazione di notevole interesse pubblico.
Con la recente modifica al codice dei beni culturali apportata dal d.lg. 26 marzo 2008, n. 63, il Governo sembra essere tornato sui suoi passi così che all'art. 142 è stato eliminato il riferimento alla individuazione del perimetro prima dell'entrata in vigore del codice ed all'art. 134 (13) le zone di interesse archeologico sono state espunte dagli immobili ed aree di notevole interesse pubblico.
Pur nell'incertezza dovuta al fatto che il Ministero non ha ancora emesso una circolare che chiarisca quale sia, ora, il procedimento da seguire per procedere alla perimetrazione delle zone non ancora perimetrate, si ritiene, sulla scorta di quanto sopra esposto, delle sopra richiamate circolari e direttive ministeriali e della disposizione di cui al già ricordato art. 157 comma 2 d.lg. n. 42 del 2004 che la norma da cui trarre oggi spunto sia l'art. 141 del codice dei beni culturali e paesaggistici che può essere così riassunto: la proposta di perimetrazione, corredata di planimetria redatta in scala idonea alla puntuale individuazione degli immobili e delle aree che ne costituiscono oggetto, deve essere pubblicata per novanta giorni all'albo pretorio e depositata a disposizione del pubblico presso gli uffici dei comuni interessati. Dell'avvenuta proposta e relativa pubblicazione è data senza indugio notizia su almeno due quotidiani diffusi nella regione interessata, nonché su un quotidiano a diffusione nazionale e sui siti informatici della regione e degli altri enti pubblici territoriali nel cui ambito ricadono gli immobili o le aree da assoggettare a tutela. Dal primo giorno di pubblicazione decorrono le misure di salvaguardia di cui all'art. 146 comma 1 d.lg. n. 42 del 2004 (14). Il Ministero, valutate le eventuali osservazioni presentate (15) entro trenta giorni dalla scadenza dei termini per la pubblicazione all'albo pretorio e sentito il competente Comitato tecnico-scientifico, adotta con decreto il provvedimento di perimetrazione (16).

4. RAPPORTI TRA SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI E QUELLA PER I BENI PAESAGGISTICI ED ARCHITETTONICI IN MERITO ALLA PERIMETRAZIONE DELLE ZONE DI INTERESSE ARCHEOLOGICO
Tutto ciò premesso è semplice comprendere il ragionamento operato dai giudici del Tar Lazio che hanno ritenuto incompetente la Soprintendenza per i Beni archeologici a far pubblicare direttamente all'albo pretorio la proposta di perimetrazione di un'area avente interesse archeologico. Secondo il Tar Lazio, difatti, la Soprintendenza per i Beni archeologici può, al massimo, fare una proposta di perimetrazione, ma l'adozione della stessa, e l'invio per la pubblicazione, con tutto ciò che ne consegue in termini di onere per i privati (id est le misure di salvaguardia di cui all'art. 146 comma 1 d.lg. n. 42 del 2004) spetta alla Soprintendenza per i Beni paesaggistici ed architettonici e questo perché, come già più volte evidenziato, il vincolo di cui all'art 82 comma 5, lett. m), d.P.R. n. 616 del 1977 è un vincolo di natura paesistica ben distinto, ed indipendente, dal vincolo archeologico previsto dalla l. n. 1089 del 1939.


NOTE
(1) L'art. 1 comma 1 l. 8 agosto 1985, n. 431 così disponeva «Fino alla data di entrata in vigore delle norme e dei provvedimenti previsti dalla legge che disciplinerà la tutela e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali e, comunque, non oltre il 31 dicembre 1985, sono sottoposti a vincolo paesaggistico ai sensi della l. 29 giugno 1939, n. 1497, con eccezione dei centri abitati delimitati dagli strumenti urbanistici vigenti oppure ai sensi del l'art. 41-quinquies, lett. a), l. 17 agosto 1942, n. 1150, nel testo modificato dall'art. 17 l. 6 agosto 1967, n. 765, i seguenti beni e luoghi:
a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;
b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;
c) i fiumi, i torrenti ed i corsi d'acqua iscritti negli elenchi di cui al testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici, approvato con r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative ripe per una fascia di 150 metri ciascuna;
d) le montagne per la parte eccedente 1600 metri sul livello del mare;
e) i ghiacciai ed i circhi glaciali;
f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi;
g) i boschi e le foreste;
h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;
i) le zone umide incluse nell'elenco di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;
l) i vulcani;
m) le zone di interesse archeologico».
(2) «La norma impugnata si discosta nettamente dalla disciplina delle bellezze naturali contenuta nella legislazione precostituzionale di settore (l.e 29 giugno 1939, n. 1497). (...) La normativa impugnata (...) proprio per l'estensione e la correlativa intensità dell'intervento protettivo - imposizione del vincolo paesistico (e quindi preclusione di sostanziali alterazioni della forma del territorio) in ordine a vaste porzioni e a numerosi elementi del territorio stesso individuati secondo tipologie paesistiche ubicazionali o morfologiche rispondenti a criteri largamente diffusi e consolidati nel lungo tempo - introduce una tutela del paesaggio improntata a integralità e globalità, vale a dire implicante una riconsiderazione assidua dell'intero territorio nazionale alla luce e in attuazione del valore estetico-culturale» così C. cost. 27 giugno 1986, n. 151, in Riv. giur. ed., 1986, I, 701.
(3) Cfr. sul punto Cons. Stato, sez. VI, 3 luglio 2002, n. 3633, in Riv. giur. ed., 2002, I, 1432.
(4) Procedimento oggi disciplinato dagli artt. 12 ss. d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42.
(5) Procedimento oggi disciplinato dagli artt. 136 ss. d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42.
(6) Sul punto non si può non rinviare alla sentenza del Cons. Stato, sez. VI, 12 novembre 1990, n. 951 (in Cons. Stato, 1990, I, 1445) che, di fatto, ha messo un punto fermo sul dibattito giurisprudenziale e dottrinario che all'epoca veniva fatto in ordine alla natura ricognitiva o costitutiva dell'atto di perimetrazione da parte dell'amministrazione competente.
(7) Sulla assenza di presupposizione tra i due vincoli e sulle differenze tra gli stessi cfr. Cons. Stato, sez. IV, 10 dicembre 2003, n. 8145, in Foro Amm.CdS, 2003, 3623.
(8) Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 12 novembre 1990, n. 951, cit.
(9) Sul punto Tar Lazio 26 maggio 2003, n. 4722, ha affermato che «l'asserita localizzazione dei reperti archeologici in aree determinate e circoscritte del comprensorio risulta essere giuridicamente irrilevante ai fini della legittimità del contestato vincolo, in quanto la suddetta circostanza se assume una specifica rilevanza ai fini dell'imposizione di un vincolo di interesse storico (diretto o indiretto), in cui la tutela dell'immobile è accessoria, conseguenziale e subordinata alla tutela del reperto archeologico ubicato nel suddetto immobile, nella fattispecie in questione, trattandosi di un vincolo paesaggistico finalizzato a preservare il complessivo habitat territoriale in cui i reperti sono ubicati, la circoscritta localizzazione degli stessi in determinate aree non fa venir meno tale esigenza di tutela anche nei confronti delle altre aree, le quali, anche se non adiacenti o limitrofe alle prime, tuttavia vengono assoggettate al vincolo de quo se ritenute dall'amministrazione ricadenti nell'ambito del medesimo bacino territoriale».
(10) È interessante segnalare che secondo la sentenza che si annota il potere di adottare il provvedimento di perimetrazione, trattandosi di attività meramente ricognitiva, spetterebbe, nel caso di specie, in sede di redazione del Piano territoriale paesistico, anche alla Regione Lazio, quale soggetto chiamato per legge alla tutela paesaggistica. Questa interpretazione appare corretta soprattutto alla luce del vigente art. 143 d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42 che, al comma 4, lett. a), dispone che il piano paesaggistico può prevedere «la individuazione di aree soggette a tutela ai sensi dell'articolo 142 e non interessate da specifici procedimenti o provvedimenti ai sensi degli artt. 136, 138, 139, 140, 141 e 157, nelle quali la realizzazione di interventi può avvenire previo accertamento, nell'ambito del procedimento ordinato al rilascio del titolo edilizio, della conformità degli interventi medesimi alle previsioni del piano paesaggistico e dello strumento urbanistico comunale».
(11) Sempre secondo la procedura prevista è il Direttore Generale per i Beni Architettonici ed il Paesaggio a predisporre il decreto ministeriale ricognitivo dell'esistenza delle specifiche aree in concreto rientranti nella categoria generale ed astratta contemplata dalla legge. Tali decreti saranno poi assoggettati alle normali garanzie di controllo esterno (visto della Corte dei Conti) e ad adeguate forme di pubblicizzazione, compresa la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e sul Bollettino Ufficiale della Regione.
(12) Il testo dell'art. 136 d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42, così come novellato dall'art. 4 d.lg. 24 marzo 2006, n. 157, disponeva che «Sono soggetti alle disposizioni di questo Titolo per il loro notevole interesse pubblico: (...) c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, ivi comprese le zone di interesse archeologico».
(13) Il testo vigente dell'art. 136 d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42, così come novellato dall'art. 2 comma 1, lett. f), d.lg. 26 marzo 2008, n. 63, così dispone: «1. Sono soggetti alle disposizioni di questo Titolo per il loro notevole interesse pubblico: a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali; b) le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del presente codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza; c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici; d) le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze».
(14) È opportuno comunque ricordare che se il provvedimento ministeriale non è adottato entro 90 giorni dalla scadenza dei termini per la pubblicazione della proposta all'albo pretorio, cessano gli effetti di cui all'art. 146 comma 1.
(15) Ai sensi dell'art. 139 comma 5 d.lg. n. 42 del 2004 possono presentare osservazioni «i comuni, le città metropolitane, le province, le associazioni portatrici di interessi diffusi individuate ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di ambiente e danno ambientale, e gli altri soggetti interessati».
(16) È opportuno qui ricordare che trattandosi, il vincolo in esame, di un vincolo su bellezze d'insieme e non su bellezze individue da una parte non è necessario che ogni singolo bene (o proprietà) compreso nel paesaggio abbia i caratteri di bellezza naturale, dall'altra, non sono richiesti, sotto il profilo procedimentale, gli adempimenti della notifica e della trascrizione che l'art. 6 l. n. 1497 del 1939 prevedeva solo per il vincolo su bellezze individue (cfr. in proposito C. cost., 28 luglio 1995, n. 417, in Riv. giur. ed., 1995, I, 1000; Cons. Stato, sez. IV, 10 ottobre 2003, n. 8145, in Foro Amm., CdS, 2003, 3623).