Il parere vincolante del soprintendente nel procedimento di autorizzazione paesaggistica

di MASSIMO GRISANTI

 

 

 

Nella rivista giuridica on-line Lexambiente.it è stata recentemente pubblicata la sentenza n. 1739/2013 del TAR Puglia, LE (Pres. Cavallari, Est. Lattanzi, Cons. Moro) riguardante il parere vincolante che il Soprintendente deve rendere nel procedimento di autorizzazione paesaggistica.

 

La decisione fa il paio con la n. 1069/2011 emessa sempre dal TAR Puglia, LE (Pres. Cavallari, Est. Lattanzi, Ref. Dibello), confermata dal Consiglio di Stato, Sez. VI, con la sentenza n. 1561/2013 (Pres. Caracciolo, Est. Boccia, Cons. Giovagnoli, Contessa, Scanderbeg).

 

Secondo il TAR Lecce decorsi i termini per l’espressione del parere vincolante del Soprintendente il silenzio assume significato devolutivo, incardinando il potere decisorio sull’istanza di autorizzazione paesaggistica unicamente in capo alla Regione o all’Ente dalla stessa delegato.

 

Così il TAR nella sentenza n. 1739/2013:

“(…) Nel caso in esame, è la stessa soprintendenza a dichiarare, nel provvedimento impugnato, che il parere è stato rilasciato oltre il termine perentorio e, quindi, l’amministrazione comunale non poteva denegare l’autorizzazione limitandosi a richiamare il parere negativo della soprintendenza, ma doveva, eventualmente, motivare sulla condivisione di quanto espresso dalla soprintendenza, posto che il parere tardivo era da considerarsi privo dell’efficacia attribuitagli dalla legge e cioè privo di valenza obbligatoria e vincolante (Cons. St., sez. VI, 15 marzo 2013).”.

 

La sentenza del Cons. Stato (n. 1561/2013), richiamata dal TAR, così si esprime:

“(…) La nota del Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Lecce, Brindisi e Taranto del 6 maggio 2011 contiene una esplicita affermazione che il parere di sua competenza è stato emesso tardivamente rispetto ai termini previsti dall’articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004.

Il Comune di Santa Cesarea Terme ha tuttavia posto detto parere a base esclusiva del provvedimento di diniego del 15 febbraio 2011.

Osserva il Collegio che l’Amministrazione non poteva assumere una simile decisione perché il parere della Soprintendenza era pervenuto con ritardo e, quindi, in relazione al carattere perentorio del termine entro il quale doveva essere espresso, affermato dalla consolidata giurisprudenza di questo Consesso, era da considerarsi privo dell’efficacia attribuitagli dalla legge e cioè privo di valenza obbligatoria e vincolante.

Correttamente, pertanto, il giudice di prime cure ha ritenuto illegittimo il provvedimento del Comune di Santa Cesarea Terme del 15 febbraio 2011 che si era basato, senza averne dato adeguata motivazione, esclusivamente su tale parere per esprimere il diniego all’istanza presentata dal signor Calora.

Ne deriva che non risulta fondata la censura rivolta dall’Amministrazione alla sentenza appellata poiché nella decisione assunta dal giudice di primo grado non è rinvenibile alcun elemento di “degrado” del parere di competenza della Soprintendenza.

La sentenza impugnata, infatti, si è limitata ad annullare i provvedimenti ritenuti illegittimi perché emanati esclusivamente sulla base di un atto inidoneo a produrre effetti giuridici in quanto adottato fuori dei termini previsti dall’art. 146, comma 9 del d. Lgs n. 42 del 2004.

Per quanto sin qui esposto il motivo è infondato e va, pertanto, respinto.”.

 

Premesso che la vincolatività del parere ne racchiude anche l’obbligatorietà (per cui non esiste – in quanto ossimoro – un parere facoltativo e vincolante, come ne fanno apparire la presenza nell’ordinamento i componenti i Collegi giudicanti nelle pronunce richiamate), la recente posizione del TAR Puglia, sposata dalla pronuncia n. 1561/2013 del Consiglio di Stato non è condivisibile per i seguenti motivi:

 

  1. Il comma 8 dell’art. 146 abilita la Regione (o l’Ente delegato) all’esercizio della funzione autorizzatoria unicamente a seguito della ricezione del parere del Soprintendente. Ne consegue che qualora la Regione la eserciti in assenza, il provvedimento adottato è manifestamente illegittimo.

 

  1. Il comma 9 prevede la facoltà, per l’Ente titolare della funzione, di indire una conferenza dei servizi.

Tuttavia, poiché il legislatore – con disposizione speciale rispetto a quella ex art. 14-ter, comma 7, della legge n. 241/1990 e ss.mm.ii. – ha prescritto che il Soprintendente partecipi alla conferenza o faccia pervenire il proprio parere in tale sede, ecco che in assenza della partecipazione o del parere non può mai considerarsi acquisito il relativo consenso.

Peraltro, si consideri che la stessa disposizione dell’art. 14-ter della legge n. 241/1990 considera acquisito l’assenso dell’amministrazione qualora la volontà sia stata espressa almeno con un parere interlocutorio o di massima, giammai quando l’amministrazione non si sia espressa in alcun modo o termini.

Invero, non può esistere l’assoluto silenzio-assenso in materia paesaggistica, giacché la carenza assoluta di motivazione o di argomentazioni finisce per costituire una surrettizia modifica delle motivazioni sottese all’apposizione del vincolo paesaggistico e, quindi, in ultima analisi in una deperimetrazione dall’area vincolata senza l’esperimento delle procedure di legge.

 

  1. Non è dato rinvenire, in alcun modo, nell’art. 146 del Codice del Paesaggio una disposizione positiva che qualifichi come perentorio il termine entro il quale si debba esprimere il Soprintendente, pena la trasmutazione del parere vincolante in intesa.

Invero, l’inutile decorrenza del termine non dà luogo ad un silenzio devolutivo, come correttamente statuito dalla stessa Sez. VI del Consiglio di Stato (Pres. Maruotti, Est. Scola, Cons. Meschino, Contessa, Vigotti) con la sentenza n. 5066/2012 che conferma la sentenza n. 1459/2008 del TAR Puglia, LE (Pres. Ravalli, Est. Viola, Ref. Manca) prima che la dott.ssa Lattanzi iniziasse a far mutare l’orientamento dei collegi salentini:

“Ai sensi della previsione dell’art. 167, comma 5, d.lgs. n. 42/2004, il parere della Soprintendenza è, quindi, vincolante (e deve essere espresso in senso negativo quando risultino realizzati volumi di qualsiasi tipo) e non può essere surrogato da meccanismi di silenzio-assenso o inerzia devolutiva ed anche l’eventuale applicazione alla fattispecie dell’art. 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio non cambierebbe certo i termini del problema, dovendo trovare comunque applicazione la previsione dell’ottavo comma della disposizione citata, assegnante comunque valore vincolante al parere della Soprintendenza fino all’“approvazione del piano paesaggistico ai sensi dell'articolo 143, comma 3, e all'avvenuto adeguamento ad esso degli strumenti urbanistici comunali” (evenienze ben lungi dal verificarsi).

Nella fattispecie concreta non si sarebbe potuta poi applicare neanche la previsione dell’art. 159, d.lgs. n. 42/2004, contemplante un regime transitorio destinato a trovare applicazione fino al 1° maggio 2008 (o all’eventuale anteriore approvazione dei piani paesaggistici adeguati al nuovo codice dei beni culturali e del paesaggio) e costituito dalla riproposizione dell’ormai tradizionale strutturazione attribuente alla Soprintendenza il potere di annullare per motivi di legittimità (ed entro un termine perentorio di sessanta giorni) le autorizzazioni paesaggistiche rilasciate dagli organi competenti.”;

 

  1. L’inerzia del Soprintendente può, anzi deve, unicamente portare all’adozione, da parte dell’Ente che esercita la funzione autorizzatoria, di un provvedimento lesivo della sfera giuridica del destinatario, dimodoché possa essere impugnato dall’interessato innanzi al TAR al fine di ottenere una pronuncia dichiarativa dell’obbligo di provvedere, anche ai fini della successiva introduzione di una causa per risarcimento danni consequenziali all’inerzia (oggi quantificati in via forfetaria in €/die 50, con massimo di € 2.000).

 

  1. L’intervento surrogatorio della Regione previsto dal comma 10 dell’art. 146 può essere richiesto unicamente nel caso in cui ottenuto il parere del Soprintendente (in via diretta o in conferenza dei servizi) l’Ente delegato all’esercizio della funzione non provveda alla conclusione del procedimento entro i successivi venti giorni.

 

Pertanto, nel procedimento di autorizzazione paesaggistica non esiste alcun silenzio-assenso, tantomeno il silenzio-devolutivo. Il Soprintendente deve sempre esprimere il proprio parere vincolante (che è tale fino all’adeguamento degli strumenti urbanistici al piano paesaggistico).

 

E non può essere diversamente, giacché – nonostante tutti se lo siano dimenticato o facciano finta – è sempre vigente, e ne deve essere fatta applicazione ai sensi dell’art. 158 del D.Lgs. n. 42/2004, il regolamento di attuazione della legge n. 1497/1939 approvato con il R.D. n. 1357/1940.

 

L’art. 28 del regolamento di attuazione dispone:

“I criteri da seguire nella redazione dei piani regolatori e d'ampliamento dell'abitato debbono essere preventivamente concordati, quanto ai fini della protezione delle bellezze naturali e panoramiche, fra gli uffici interessati e la locale regia Soprintendenza, la quale li comunicherà al Ministero. Il Ministero prima di consentire l'approvazione dei piani stessi, potrà udire, ove sembri opportuno, la Commissione provinciale per la compilazione degli elenchi delle bellezze naturali.”.

 

Come è notorio, nelle zone vincolate l’attività edilizia (prevista dagli strumenti urbanistici) non può avvenire in assenza di autorizzazione paesaggistica, tanto che la realizzazione di volumi e/o superfici in difetto di essa è soggetta alla sanzione demolitoria, senza possibilità di sanatoria.

 

Sembra che solo con il Codice Urbani gli studiosi del diritto amministrativo abbiano scoperto il pan-paesaggismo, ritenendolo sino ad allora sconosciuto all’ordinamento.

 

Invece, come ben vediamo, la visione pan-paesaggistica è stata introdotta nell’ordinamento sin dalla legge n. 1497/1939 mediante il suo regolamento di attuazione.

Tanto era severo il legislatore statale – e lo è sempre – che non solo i criteri da seguire nella formazione dei piani regolatori dovevano formare il contenuto di un’Intesa interistituzionale, ma addirittura gli strumenti urbanistici non possono procedere nell’iter di approvazione sintanto che il Ministero dell’Istruzione (oggi il MIBAC) non dia il proprio nulla-osta.

 

E’ bene ricordare che all’indomani del trasferimento delle funzioni dallo Stato alle Regioni a statuto ordinario mediante il D.P.R. n. 8/1972, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 141/1972 resa a seguito di ricorso promosso da talune regioni, ebbe a statuire che:

“(…) Alle Regioni a statuto ordinario, in conclusione, e in maniera costituzionalmente non illegittima, sono state trasferite solo le funzioni ed attribuzioni del Ministero della pubblica istruzione previste dalle leggi di disciplina dell'urbanistica, nonché dall'art. 5 della ripetuta legge n. 1497 del 1939.”.

Di conseguenza, allo Stato – e per esso alle Soprintendenze – è rimasta la funzione concertativa dei criteri in sede di formazione dei PRG, così come è rimasta la funzione permissiva dell’approvazione degli strumenti urbanistici da parte delle Regioni (od ente delegato).

Ovviamente, così come l’atto approvativo regionale del PRG comunale ha valore costitutivo (cfr. Corte Costituzionale, n. 26/1996) – in assenza del quale il PRG è giuridicamente inesistente e deve farsi applicazione delle limitazioni ex art. 9 del D.P.R. n. 380/2001 – a fortiori ha valore costitutivo l’atto del MIBAC permissivo l’approvazione, prescritto dal combinato disposto dell’art. 158 del D.Lgs. n. 42/2004 e dall’art. 28 del R.D. n. 1357/1940).

 

Poiché è facilmente intuibile il fatto che la stragrande maggioranza dei Comuni – se non tutti – sono dotati di PRG la cui approvazione non è stata consentita dal MIBAC (tantomeno ne esiste l’Intesa sui criteri di formazione per gli interventi previsti nelle zone vincolate), ecco che il parere vincolante del Soprintendente è INDEFETTIBILE e INSOSTITUIBILE, arrivando a fungere come atto di sanatoria delle previsioni contenute nei PRG (purché, però, la Soprintendenza abbia redatto una specie di summa di criteri gestionali del vincolo, approvati dal MIBAC, che sia in grado di garantire una tutela non episodica dei beni paesaggistici).

 

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Scritto il 28/07/2013