TAR Puglia (LE) Sez. I n. 753 del 5 maggio 2016
Beni Culturali. Istituti e luoghi di cultura e servizi di caffetteria ristorazione e guardaroba
La disposizione di cui all’art. 117 del D. Lgs. n. 42/2004, dettato con riferimento a “istituti e luoghi della cultura indicati all’articolo 101” (e cioè musei, biblioteche, archivi, aree e parchi archeologici e complessi monumentali) annovera tra i “servizi per il pubblico” che possono essere istituiti all’interno di detti immobili “i servizi di caffetteria, di ristorazione, di guardaroba”. La norma, infatti, contiene una mera elencazione di servizi solo astrattamente compatibili con i luoghi in questione, dovendo le Amministrazioni preposte alla tutela dei vincoli operare una valutazione tecnico-discrezionale circa la concreta conciliabilità degli stessi servizi con la normativa urbanistica ed edilizia e con la complessiva situazione del contesto. Inoltre, non può sostenersi che la stessa norma contenga un’equiparazione tra “servizi per il pubblico” e “attrezzature di interesse collettivo”.
N. 00753/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01115/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1115 del 2011, proposto da:
Borgo Ducale Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Antonio Quinto, Pietro Quinto, con domicilio eletto presso Pietro Quinto in Lecce, Via Garibaldi 43;
contro
Comune di Oria, rappresentato e difeso dall'avv. Pietrantonio De Nuzzo, con domicilio eletto presso Andrea Fiocco in Lecce, Via Duca degli Abruzzi 20;
per l'annullamento
della nota del Responsabile del Settore Attività Produttive e SUAP del Comune di Oria prot. n. 8644 del 28 aprile 2011, trasmessa in data 6 maggio 2011, con la quale è stata rigettata l'istanza finalizzata all'apertura di un pubblico esercizio di tipo A, previo cambio di destinazione d'uso, al piano terra della parte non monumentale del Castello Svevo di Oria, attualmente già destinata ad "attività turistico-culturale comprendenti le seguenti aree funzionali: sala congressi - sala accoglienza - sala multiuso - cucina - sala da pranzo - office - ufficio amministrativo", nonché al trasferimento del pubblico esercizio già esistente di cui all'istruttoria prot. n. 20774 del 5/12/2008; ove occorra dell'allegato parere sfavorevole dell'Ufficio Tecnico Comunale prot. n. 8349 del 22 aprile 2011, di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Oria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 aprile 2016 il dott. Mario Gabriele Perpetuini e uditi per le parti i difensori come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso, notificato all'Amministrazione comunale in data 6.07.2011 la Borgo Ducale srl chiedeva l'annullamento, previa sospensione, della nota del Responsabile del Settore Attività Produttive e SUAP del Comune di Oria prot. n. 8644 del 28-4-2011, trasmessa in data 6-5-2011, con la quale è stata rigettata l'istanza finalizzata all'apertura di un pubblico esercizio di tipo A, previo cambio di destinazione d'uso, al piano terra della parte non monumentale del Castello Svevo di Oria, attualmente già destinata ad "attività turistico-culturale comprendente le seguenti aree funzionali: sala congressi — sala accoglienza — sala multiuso — cucina — sala da pranzo — office ufficio amministrativo", nonché al trasferimento del pubblico esercizio già esistente di cui all'istruttoria prot. n. 20774 del 5-12-2008.
La ricorrente lamenta l'illegittimità del provvedimento di rigetto con unico articolato motivo con il quale deduce la violazione e falsa applicazione artt. 3 e 10 bis l. n. 241/1990; difetto di istruttoria; eccesso di potere; sviamento; difetto di motivazione; travisamento e contraddittorietà; violazione e falsa applicazione delle NTA del PDF "zona territoriale omogenea a"; violazione e falsa applicazione art. 5 d.m. 2 aprile 1968 n. 1444; violazione e falsa applicazione art. 12, l.r. 4-8-1999 n. 24 e art. 16 l.r. 1-8-2003 n. 11, violazione e falsa applicazione art. 111 d. lgs. n. 42/2004.
Si è costituita l’Amministrazione comunale intimata resistendo al ricorso e chiedendone la reiezione.
Con ordinanza n. 558/2011, questo TAR ha rigettato la richiesta di adozione di misure cautelari non ravvisando il fumus di fondatezza del ricorso in esame.
Successivamente, con apposita memoria, il ricorrente ha ulteriormente specificato i motivi posti a fondamento delle proprie doglianze.
All’udienza pubblica del 6 aprile 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
In particolare il ricorrente lamenta che la determinazione impugnata non è stata preceduta dalla trasmissione del preavviso di rigetto ex ad. 10 bis della L. n. 241/1990, contesta il profilo di asserito contrasto con lo strumento urbanistico generale vigente, profilo che denoterebbe una carenza istruttoria, sostiene che il provvedimento per cui è causa sconterebbe il disconoscimento delle caratteristiche dell'attività che la società ricorrente intende realizzare, della specificità della destinazione urbanistica della porzione immobiliare de qua e del contenuto effettivo delle NTA dello strumento urbanistico generale vigente in rapporto alla legislazione statale in materia di valorizzazione dei beni culturali. Inoltre sostiene che, contrariamente a quanto riportato nella determinazione impugnata, avuto riguardo alla formulazione della NTA relativa alla zona territoriale omogenea A, l'attività commerciale di ristorazione sarebbe compatibile con lo strumento urbanistico generale vigente. Infine si lamenta il difetto di istruttoria in cui sarebbero incorsi gli organi comunali consistente nel non aver considerato che l'ordinamento statale avrebbe ormai definitivamente superato il tradizionale concetto di mera conservazione dei beni culturali, attribuendo agli interventi di valorizzazione di iniziativa privata, la portata di attività socialmente utile.
Le censure non sono fondate.
In primo luogo il Collegio rileva che è ormai orientamento consolidato in giurisprudenza quello secondo cui “la mancata comunicazione del preavviso di rigetto non comporta ex se l'illegittimità del provvedimento finale in quanto la norma sancita dall'art. 10 bis, L. 7 agosto 1990 n. 241 va interpretata alla luce del successivo art. 21 octies comma 2 il quale, nell'imporre al giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento e di non annullare l'atto nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale del medesimo, rende irrilevante la violazione delle disposizioni sul procedimento o sulla forma dell'atto allorché il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato" (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 03/05/2012, n. 2548).
Nel caso in esame, inoltre, considerata la vincolatività del provvedimento adottato stante il rilievo di difformità edilizie dai titoli abilitativi rilasciati, si ritiene infondata la censura, atteso che, in applicazione dell'art. 21 octies, comma 2, cpv. 1 della Legge n.241 del 1990, non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento, quando, per la natura vincolata della determinazione finale, è palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Inoltre, l'attività richiesta non può esser consentita considerati i vincoli individuati nella regolamentazione urbanistica della Zona omogenea "A".
Infatti, il vigente strumento urbanistico ed in particolare le NTA ammettono come destinazioni d'uso solo abitazioni, uffici e attrezzature di interesse collettivo nonché, per gli edifici storici, monumentali e artistici, opere di consolidamento e restauro.
Sul punto, questo TAR aveva già respinto l’invocata richiesta di tutela cautelare “Considerato:
- che il bene in questione rientra, ai sensi delle NTA, in zona omogenea “A”, destinata ad “attrezzature di interesse collettivo”;
- che l’attività di ristorazione non è un’attrezzatura di interesse collettivo”.
A dimostrazione di tanto, la stessa Borgo Ducale ha riconosciuto la necessità di un preventivo mutamento di destinazione di uso per attivare l'esercizio richiesto che contrasta di per sé con una piena compatibilità delle aree come si vorrebbe far credere.
Sul punto si richiama la stessa relazione tecnica allegata all'istanza di rilascio di Autorizzazione ai sensi dell’art. 4 del DPR 447/98, in cui si afferma che “In questa sede si chiede il cambio di destinazione d'uso del piano terra dell'ex nucleo abitativo al fine di consentire lo svolgimento delle attività commerciali di ristorazione in occasione di congressi, ricevimenti e matrimoni”.
Non appare condivisibile, inoltre, la ricostruzione operata dal ricorrente della disposizione di cui all’art. 117 del D. Lgs. n. 42/2004, dettato con riferimento a “istituti e luoghi della cultura indicati all’articolo 101” (e cioè musei, biblioteche, archivi, aree e parchi archeologici e complessi monumentali) annovera tra i “servizi per il pubblico” che possono essere istituiti all’interno di detti immobili proprio “i servizi di caffetteria, di ristorazione, di guardaroba”.
La norma, infatti, contiene una mera elencazione di servizi solo astrattamente compatibili con i luoghi in questione, dovendo le Amministrazioni preposte alla tutela dei vincoli operare una valutazione tecnico-discrezionale circa la concreta conciliabilità degli stessi servizi con la normativa urbanistica ed edilizia e con la complessiva situazione del contesto. Inoltre, non può sostenersi che la stessa norma contenga un’equiparazione tra “servizi per il pubblico” e “attrezzature di interesse collettivo”.
Osserva, inoltre, il Collegio che il D. Lgs. n. 42/2004 nel suo complesso si propone di non limitare la tutela e valorizzazione di un territorio soltanto alle sue manifestazioni museali o architettoniche o archeologiche ma di allargarsi al fine di produrre effetti benefici esterni al singolo bene evitando però una speculazione offensiva del paesaggio storico e del patrimonio architettonico e archeologico. Del tutto improprio quindi il richiamo da parte ricorrente alla portata di attività socialmente utile che sarebbe insita nella richiesta di apertura di un ristorante all'interno del "bene culturale" evidenziandosi, invece, solo il carattere strettamente commerciale della stessa attività.
Per i motivi suesposti il ricorso deve essere respinto.
Spese liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in complessivi euro 1.500,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 6 aprile 2016 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Pasca, Presidente
Patrizia Moro, Consigliere
Mario Gabriele Perpetuini, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/05/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)