TAR Unbria Sez. I n. 624 del 10 settembre 2021
Beni culturali.Prescrizioni di tutela indiretta

In tema di prescrizioni di tutela indiretta del bene culturali previste dal d.lgs. n. 42 del 2004, l'art. 45 attribuisce all'Amministrazione la funzione di creare le condizioni affinché il valore culturale insito nel bene possa compiutamente esprimersi, senza altra delimitazione spaziale e oggettiva che non quella attinente alla sua causa tipica, consistente nel “prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro”, secondo criteri di congruenza, ragionevolezza e proporzionalità. Nel caso del vincolo indiretto lo scopo legale per cui il vincolo è previsto concerne «la cosiddetta cornice ambientale di un bene culturale: ne deriva che il limite di legittimità in cui si iscrive l'esercizio di tale funzione deve essere ricercato nell'equilibrio che preservi, da un lato, la cura e l'integrità del bene culturale e, dall'altra, che ne consenta la fruizione e la valorizzazione dinamica

Pubblicato il 10/09/2021

N. 00624/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00261/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 261 del 2017, proposto dai sig.ri Attilia Rossi e Giovanni Luchetti, rappresentati e difesi dagli avvocati Alessandro Bovari e Ivano Pontoriero, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alessandro Bovari in Perugia, via Fiume, 17;

contro

Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Perugia, via degli Offici, 14;

per l'annullamento

A) del Decreto della Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale dell'Umbria 29 marzo 2017 di vincolo archeologico, notificato a mezzo pec il 7 aprile 2017, mediante il quale l'Amministrazione ha dichiarato di interesse particolarmente importante, ai sensi dell'art. 10, comma 3, lett. a), d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, “l'area archeologica in cui sono ubicati il monumento funerario di età romana, cosiddetto Monumento A, individuato nella p.lla 705 (per mq. 17,36) del foglio di mappa n. 136 del comune di Foligno (PG) nonché le sepolture terragne, che si dispongono nella fascia compresa tra detto monumento e la moderna SR 316, individuate nelle p.lle 655 (per mq. 49) e 705 (per mq. 218, 14)”, e dettato prescrizioni di tutela indiretta su una vasta area circostante, così individuata “foglio 136 del comune di Foligno, p.lle 655 (parte) (per mq. 214), 705 (parte) (per mq. 4.400), 83 (parte) (per mq 3.790), strada della Chiona (parte) (per mq. 232)”;

B) di ogni altro atto comunque presupposto, connesso e conseguente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all’udienza pubblica del giorno 6 luglio 2021 - tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 (conv., con modificazioni, l. 18 dicembre 2020, n. 176) come modificato dall’art. 6, comma 1, lett. e), del d.l. n. 44 del 2021 - la dott.ssa Daniela Carrarelli come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. E’ controversa la legittimità del Decreto della Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale dell’Umbria 29 marzo 2017 con il quale è stata dichiarata di interesse particolarmente importante ai sensi degli artt. 10 e 13 d.lgs. n. 42 del 2004, “l’area archeologica in cui sono ubicati il monumento funerario di età romana, cosiddetto Monumento A, individuato nella p.lla 705 (per mq. 17,36) del foglio di mappa n. 136 del comune di Foligno (PG) nonché le sepolture terragne, che si dispongono nella fascia compresa tra detto monumento e la moderna SR 316, individuate nelle p.lle 655 (per mq. 49) e 705 (per mq. 218, 14)” e sono state dettate prescrizioni di tutela indiretta su un’area circostante individuata come segue: “foglio 136 del Comune di Foligno, p.lle 655 (parte) (per mq. 214), 705 (parte) (per mq. 4.400), 83 (parte) (per mq 3.790), strada della Chiona (parte) (per mq. 232)”.

1.1. L’adozione del provvedimento contestato è stata preceduta dalla comunicazione a mezzo pec della nota prot. n. 8170 del 15 novembre 2016 di avvio del procedimento di dichiarazione dell’interesse culturale ai sensi degli artt. 10 e 13 d.lgs. n. 42 del 2004 e del procedimento di tutela indiretta ai sensi degli artt. 45-47 del medesimo decreto legislativo. In data 27 gennaio 2017, il sig. Luchetti trasmetteva le proprie memorie ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. b), l. n. 241 del 1990, deducendo come la comunicazione di avvio del procedimento di dichiarazione dell’interesse culturale e del procedimento di tutela indiretta fosse affetta da carenza di motivazione e viziata da gravi profili di contraddittorietà e irragionevolezza, per la manifesta sproporzione nell’individuazione dell’area da sottoporre a vincolo indiretto rispetto alle esigenze di conservazione, tutela e valorizzazione concretamente riscontrabili, che ad avviso dell’odierno ricorrente avrebbero potuto essere soddisfatte con l’apposizione di un vincolo di tutela indiretta sulle aree immediatamente circostanti (con un raggio di 10/15 metri).

In data 7 aprile 2017, l’Amministrazione notificava a mezzo pec il citato Decreto della Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale dell’Umbria 29 marzo 2017 con prescrizioni di tutela indiretta su un’area esattamente corrispondente a quella individuata nella comunicazione di avvio del procedimento.

2. I ricorrenti, proprietari di una porzione dell’area interessata dal vincolo, con un unico ed articolato motivo in diritto chiedono l’annullamento in parte qua del citato decreto impositivo di vincolo in quanto viziato per eccesso di potere, difetto di istruttoria e di motivazione, sviamento di potere e violazione di legge. Il provvedimento gravato, nella parte in cui determina l’estensione dell’area sottoposta a vincolo indiretto, non preciserebbe in base a quali criteri si è provveduto all’individuazione di tale area, che risulterebbe ingiustificatamente estesa, comprendendo le particelle 655 per mq. 214, 705 per mq. 4.400, 83 per mq. 3790 e la Strada della Chiona per mq. 232. L’Amministrazione, riproducendo pedissequamente il contenuto della comunicazione di avvio del procedimento, non avrebbe tenuto conto delle osservazioni presentate ai sensi dell’art. 10 l.241 del 1990.

Nel lamentate la mancata considerazione dell’intenso processo di antropizzazione che ha interessato l’area, tale da far venire meno le ragioni che avrebbero potuto giustificare l’imposizione di prescrizioni di tutela su un’area così estesa, la parte ricorrente ha rammentato le precedenti iniziative di tutela assunte dalla Soprintendenza archeologica dell’Umbria, che non hanno superato il vaglio di questo Tribunale amministrativo regionale. In particolare, con decreto del 15 marzo 1995 è stato già imposto sui terreni dei ricorrenti il vincolo “diretto” di cui all’art. 3 e quello “indiretto” di cui all’art. 21, legge 1° giugno 1939, n. 1089, a protezione di due manufatti monumentali “mausolei” nonché del tracciato dell’antica via Flaminia e dell’assetto agricolo circostante; il decreto è stato tuttavia annullato (T.A.R. Umbria n. 1184/1998). L’Amministrazione ha imposto, per la seconda volta, un vincolo diretto e un vincolo indiretto con il decreto 13 maggio 2000, anch’esso annullato (T.A.R. Umbria n. 68/2003). A dodici anni di distanza, a seguito di una richiesta di costruzione di un distributore in un’area finitima, la Soprintendenza ha disposto l’occupazione temporanea di un’ampia parte della particella 705, con provvedimenti oggetto di separata impugnazione presso questo stesso Tribunale; l’Amministrazione ha poi disposto un vincolo diretto sul Mausoleo B e un vincolo indiretto su una vasta area circostante, con un provvedimento del 28 giugno 2016 oggetto di separata impugnazione presso questo stesso Tribunale.

Ad avviso di parte ricorrente, posto che l’unico bene da tutelare è costituito dal Mausoleo A, sarebbe tutto abnorme l’apposizione di un vincolo indiretto di profondità pari a circa novanta metri (e pertanto tripla) rispetto quello già annullato, in assenza di ritrovamenti che lo giustifichino - essendo la situazione rimasta sostanzialmente invariata rispetto al 2000 - anche in considerazione del fatto che le sepolture richiamate dal provvedimento impugnato risultano ubicate esclusivamente sulla fascia di terreno finitima rispetto al monumento funerario e alla strada. Tali sepolture, inoltre, sono state prontamente rimosse dall’Amministrazione, che ha anche provveduto al ripristino dello stato dei luoghi attraverso interventi di ricopertura. In definitiva, la parte ricorrente lamenta la violazione dei principi di proporzionalità ed adeguatezza per l’estensione del vincolo indiretto pari a 8.636 mq, anche in raffronto ai soli quattro ettari del Parco archeologico di Ercolano.

3. Si è costituito in giudizio il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, chiedendo il rigetto del ricorso ed argomentando circa l’infondatezza nel merito delle censure svolte dalla parte ricorrente. Rammentato che la motivazione per relationem (totale o parziale) assolve all’obbligo di cui all’art. 3 della l. n. 241 del 1990, la difesa erariale ha evidenziato come la motivazione del provvedimento gravato risulti completa sia sul versante dell’indicazione dei presupposti di fatto sia per ciò che attiene alle ragioni giuridiche poste alla base della decisione di apposizione del vincolo indiretto. I presupposti di fatto sono costituiti dalla presenza di due monumenti funerari di epoca romana (Monumento A e B) che sorgono a breve distanza l’uno dall’altro e sono a loro volta inseriti in un complesso di rovine sepolcrali, alcune delle quali solo recentemente portate alla luce; i due mausolei sono situati in elevato e, pertanto, risultano visibili per un lungo tratto nella campagna circostante, coerentemente al loro valore simbolico improntato sulla preminenza del dominus sull’areale ove esercitava anticamente la sua signoria. Dalle particolari caratteristiche dei monumenti, sia per ciò che concerne la posizione sopraelevata sia per il pregio archeologico, meritevole del riconoscimento di cui all’art.10, comma 3, lett. a), nasce quell’esigenza di tutela che, ai sensi dell’art. 45 del d.lgs. n. 42 del 2004, può concretarsi nell’apposizione di vincolo indiretto, fino all’inedificabilità assoluta.

La difesa resistente ha altresì evidenziato che le esigenze di tutela inerenti alla prospettiva, alla luce, alle condizioni di ambiente e al decoro, espressamente richiamate dall’art. 45 del d.lgs. n. 42 del 2004, sono proprio le finalità poste espressamente a fondamento delle contestate prescrizioni (cit. pag. 5 della relazione): «Considerato che il monumento A (con le sue adiacenze) rappresenta elemento identificativo del paesaggio agrario antico che lo circonda; che esso […] si poneva in relazione inscindibile con le componenti naturali ed edificate dei luoghi circostanti, ancora oggi percepibili da vari punti prospettici ... per una più completa ed efficace salvaguardia del complesso archeologico ... si ritiene inoltre necessario dettare particolari prescrizioni, ai senti dell’art. 45 del D.lgs. 12 gennaio 2004, n.42, ... allo scopo di mantenere la cornice ambientale in cui esso è inserito e, pertanto, di assicurarne le migliori condizioni di prospettiva e visibilità». Molte delle evidenze architettoniche e tombali che insieme ai monumenti A e B formano un tessuto connettivo unitario meritevole dell’odierna tutela sono emerse solo di recente, nel corso di due campagne di scavo condotte dalla ex Soprintendenza Archeologica dell’Umbria nel 2015 e 2016, funzionalmente integrate tra loro e concentrate nell’intorno dei due monumenti.

4. La parte ricorrente ha depositato memorie in vista della trattazione in pubblica udienza, insistendo per l’accoglimento del gravame.

5. All’udienza pubblica del 6 luglio 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Il giudizio si inserisce nell’ambito di una annosa vicenda relativa alla dichiarazione di notevole interesse pubblico di due monumenti funerati (Monumento A e Monumento B) posti lungo la via Flamenga nel Comune di Foligno. Come ricordato dalla parte ricorrente, sull’area in oggetto sono già stati apposti in passato dei vincoli archeologici posti con D.M. del 13 marzo 1995 e poi del 13 maggio 2000, annullati dal T.A.R. Umbria con sentenze n. 1184 del 1998 e 68 del 2003, passate in giudicato.

6.1. Al riguardo osserva preliminarmente il Collegio che, in considerazione della natura non sovrapponibile tra i suddetti vincoli e quelli oggetto dell’odierno thema decidendum nonché dell’annullamento per vizi di natura “formale” degli stessi, i relativi giudicati risultano sostanzialmente irrilevanti ai fini del presente giudizio, non potendo derivare da essi alcuna preclusione per l’esercizio da parte del Ministero dei Beni e le Attività Culturali e del Turismo delle prerogative istituzionali in tema di tutela dei vincoli.

6.2. Va, altresì, evidenziato che esula dal perimetro del presente giudizio la vicenda che ha interessato la realizzazione di un distributore di carburante sulla particella 702, ricadente nell’ambito del diverso vincolo posto a tutela del Monumento B e della relativa area di tutela indiretta.

6.3. Le censure di parte ricorrente avverso il provvedimento gravato attengono esclusivamente all’introduzione di prescrizioni di tutela indiretta su un’area circostante il Monumento A come sopra individuata, quindi all’apposizione del c.d. vincolo indiretto ai sensi dell’art. 45 del d.lgs. n. 42 del 2004.

Il primo comma del citato articolo dispone che «[i]l Ministero ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro».

Giova rammentare che per costante giurisprudenza «l’imposizione del “vincolo indiretto” disciplinato dall’art. 49 del d.lgs. n. 490 del 1999, e oggi dall’art. 45 del d.lgs. n. 42 del 2004, costituisce espressione della discrezionalità tecnica dell’Amministrazione, sindacabile in sede giurisdizionale solo quando l’istruttoria si riveli insufficiente o errata o la motivazione risulti inadeguata o presenti manifeste incongruenze o illogicità anche per l’insussistenza di un’obiettiva proporzionalità tra l’estensione del vincolo e le effettive esigenze di protezione del bene di interesse storico-artistico, e si basa sull’esigenza che lo stesso sia valorizzato nella sua complessiva prospettiva e cornice ambientale, onde possono essere interessate dai relativi divieti e limitazioni anche immobili non adiacenti a quello tutelato purché allo stesso accomunati dall’appartenenza ad un unitario e inscindibile contesto territoriale. Il c.d. “vincolo indiretto”, inoltre, non ha contenuto prescrittivo tipico, per essere rimessa all’autonomo apprezzamento dell’Amministrazione la determinazione delle disposizioni utili all’ottimale protezione del bene principale – fino all’inedificabilità assoluta –, se e nei limiti in cui tanto è richiesto dall’obiettivo di prevenire un vulnus ai valori oggetto di salvaguardia (integrità dei beni, difesa della prospettiva e della luce, cura delle relative condizioni di ambiente e decoro), in un ambito territoriale che si estende fino a comprendere ogni immobile, anche non contiguo, la cui manomissione si stimi potenzialmente idonea ad alterare il complesso delle condizioni e caratteristiche fisiche e culturali connotanti lo spazio circostante» (C.d.S., sez. VI, 3 luglio 2014, n. 3355, cfr. ex multis, C.d.S., VI, 23 maggio 2006, n. 3078).

Pertanto, in tema di prescrizioni di tutela indiretta del bene culturali previste dal d.lgs. n. 42 del 2004, l'art. 45 attribuisce all'Amministrazione la funzione di creare le condizioni affinché il valore culturale insito nel bene possa compiutamente esprimersi, senza altra delimitazione spaziale e oggettiva che non quella attinente alla sua causa tipica, consistente nel “prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro”, secondo criteri di congruenza, ragionevolezza e proporzionalità. Nel caso del vincolo indiretto lo scopo legale per cui il vincolo è previsto concerne «la cosiddetta cornice ambientale di un bene culturale: ne deriva che il limite di legittimità in cui si iscrive l'esercizio di tale funzione deve essere ricercato nell'equilibrio che preservi, da un lato, la cura e l'integrità del bene culturale e, dall'altra, che ne consenta la fruizione e la valorizzazione dinamica (Consiglio di Stato sez. VI 27 luglio 2015 n. 3669). ... l’imposizione del vincolo indiretto costituisce espressione della discrezionalità tecnica dell' amministrazione, sindacabile in sede giurisdizionale solo quando l'istruttoria si riveli insufficiente o errata o la motivazione risulti inadeguata o presenti manifeste incongruenze o illogicità anche per l'insussistenza di un'obiettiva proporzionalità tra l'estensione del vincolo e le effettive esigenze di protezione del bene di interesse storico-artistico, e si basa sull'esigenza che lo stesso sia valorizzato nella sua complessiva prospettiva e cornice ambientale, onde possono essere interessate dai relativi divieti e limitazioni anche immobili non adiacenti a quello tutelato purché allo stesso accomunati dall'appartenenza ad un unitario e inscindibile contesto territoriale. Occorre peraltro che tale istruttoria e motivazione vengono adeguatamente svolte ed esplicate in sede di determinazione. Infatti, se è vero che l'imposizione dei vincoli in oggetto è conseguente ad una valutazione ampiamente discrezionale dell'amministrazione, questa soggiace a precisi limiti enucleabili nel generale concetto di logicità e razionalità dell'azione amministrativa (onde evitare che la vincolatività indiretta, accessoria e strumentale potesse trasformarsi in una vincolatività generale e indifferenziata); al principio di proporzionalità (congruità del mezzo rispetto al fine perseguito), alla specifica valutazione dell'interesse pubblico "particolare" perseguito ed alla necessità che nella motivazione provvedimentale sia chiaramente espressa l'impossibilità di scelte alternative meno onerose per il privato gravato del vincolo indiretto (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. VI 20 settembre 2005 n. 4866 e 8 settembre 2009 n. 5264)» (C.d.S., sez. VI, 11 maggio 2018, n. 2839).

7. Ciò posto, il ricorso è infondato per le considerazioni che seguono.

7.1. In primo luogo, non corrisponde al vero l’affermazione per cui l’Amministrazione avrebbe semplicemente ignorato le osservazioni prodotte dal ricorrente a seguito della comunicazione di avvio del procedimento. Emerge, infatti, dagli atti di causa che l’Amministrazione ha valutato i citati apporti procedimentali, formulando diffuse controdeduzioni trasmesse alla Commissione regionale per il patrimonio culturale con nota del 14.03.2017 prot. 5465 a firma del Soprintendente Mercalli (cfr. doc. 4 della produzione di parte resistente), espressamente richiamata nel gravato decreto della Commissione regionale.

7.2. Prive di pregio risultano altresì le censure svolte per difetto di istruttoria e di motivazione.

Come già ricordato, la motivazione del Decreto della Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale dell’Umbria del 29 marzo 2017 è integrata per relationem tanto dalla “relazione archeologica” quanto dagli altri atti dell’istruttoria compiuta dalla Soprintendenza di settore, tra cui figura la nota del 14.03.2017 prot. 5465.

Il citato atto della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria espone compiutamente le motivazioni che hanno indotto la Soprintendenza a proporre, e la Commissione regionale ad approvare, la contestata area di tutela indiretta. Si legge in tale atto che «La perimetrazione dell’area sottoposta a prescrizioni di tutela indiretta è motivata dall’esigenza di proteggere le condizioni di visibilità del manufatto, sulla base di motivazioni ampiamente sviluppate, in sede di interpretazione delle evidenze materiali, nella “relazione archeologica” allegata alla comunicazione di avvio del procedimento... dove emerge che il monumento A, come nel caso del poco distante monumento B, è inquadrabile in un complesso integrato di rovine in parte conservate fuori terra e rimaste da tempo immemore visibili, e in parte portate alla luce solo a seguito di recenti indagini di scavo. ... l’esigenza di sottoporre a tutela un’ampia area ... appare evidente, considerato che i due monumenti funerari, conservati quasi integralmente in elevato, pur on segni di spoliazioni e della defunzionalizzazione, risultano visibili per ampio tratto nella campagna circostante, che la percezione dei due manufatti e dei messaggi ad essi affidati ... dal tipo architettonico di cui sono espressione, sia stata opportunamente preservata, ai sensi dell’art. 45 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, “ad evitare che ne sia messa in pericolo l’integrità, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce e ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro”, dalle prescrizioni di tutela indiretta proposte da questo Ufficio; e che il sacrificio conseguente dalle potestas del proprietario risulti calibrato sul particolare interesse del bene intorno al quale si è ritenuto opportuno creare un’area di rispetto secondo i criteri sin qui ricordati. ... Con riguardo infine alle limitazioni all’uso del suolo contenute nella proposta di tutela indiretta ... va rilevata la circostanza che, nel caso del monumento A, di cui si discute, l’area occupata dalla necropoli si estende ad evidenza oltre il saggio indagato stratigraficamente nel suo immediato intorno, e che pertanto la perimetrazione dell’area di vincolo indiretto, determinata in ragione della visuali di percezione del monumento, contiene altresì gli elementi costitutivi di quella ampia estensione... in cui le evidenze restituite dal terreno sono componenti di un coacervo di funzioni strettamente interrelate e integrate (viabilità, opere di irreggimentazione, spazi funerari)».

Quanto sopra esplicita ulteriormente le esigenze poste a fondamento dell’imposizione e dell’estensione del vincolo indiretto già espresse nella “relazione archeologica”, ossia di assicurare le “migliori condizioni di prospettiva e di visibilità” del complesso archeologico.

In definitiva, l’Amministrazione, nell’esercizio della discrezionalità che la legge le riserva risulta aver motivato in modo non illogico né contraddittorio circa le esigenze di tutela che hanno condotto all’imposizione del contestato vincolo indiretto ed alle relative prescrizioni.

La giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di chiarire che «[q]uanto alle doglianze con cui si lamenta la eccessività del sacrificio imposto ai privati e l’erronea valutazione e comparazione degli interessi coinvolti, va considerata la sufficienza che l’Amministrazione dia adeguato conto della necessità di certe misure per tutelare la c.d. “cornice ambientale” del bene principale, come è nella specie: vi recede l’utilizzazione urbanistico-edilizia delle aree dei privati, il cui diritto di proprietà, del resto, è intrinsecamente assoggettato a limiti di varia natura e contenuto per ragioni di preminente interesse generale (cfr. Cons. Stato, VI, 3 luglio 2012, n. 3893, che ricorda che l’estensione dell’area da assoggettare a vincolo indiretto attiene alla stretta valutazione dell’amministrazione, che legittimamente può riferirlo non solo alla tutela diretta di un singolo bene culturale, ma anche di un intero insieme)» (C.d.S., sez. VI, 3 luglio 2014, n. 3355).

Non è ravvisabile, inoltre, la pretesa contraddittorietà con i precedenti provvedimenti impositivi di vincolo già annullati da questo Tribunale amministrativo regionale. Richiamato quanto già evidenziato nel § 6.1., dagli atti di causa emerge che i precedenti decreti avevano assoggettato a vincolo diretto un tratto della moderna SS 316 sull’assunto che al di sotto dell’asfalto fossero conservate le strutture dell’antica via consolare Flaminia, predisponendo un vincolo indiretto calibrato in base a tali esigenze di tutela; l’attuale vincolo - unitamente allo speculare provvedimento posto a tutela del Mausoleo B - focalizza l’attenzione sul Mausoleo A, individuando una fascia di rispetto di estensione ragionevolmente più ampia in quanto calibrata sulle visuali di percezione del manufatto antico.

Né può diversamente opinarsi in considerazione della parziale antropizzazione dei dintorni, in quanto la presenza di eventuali costruzioni nelle prossimità di un’area di interesse archeologico non fa venir meno l’esigenza di apporre vincoli di natura diretta o indiretta, ma semmai contribuisce a rafforzarla, stanti le finalità cautelari e conservative di detta tutela (ex multis T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 22 giugno 2017, n. 7310; C.d.S., sez. VI, 16 luglio 2015 n. 3560; Id. 8 aprile 2015, n. 1779; Id. 3 aprile 2003 n. 1718; Id. 3 settembre 2001 n. 4591; Id. 28 dicembre 2000 n. 7034 e 30 novembre 1995 n. 1362) .

7.3. Da quanto sopra discende, inoltre, l’infondatezza della censura di violazione di legge, apparendo il gravato provvedimento coerente con la previsione dell’art. 45 del d.lgs. n. 42 del 2004.

8. Per quanto esposto, il ricorso deve essere respinto.

Si ravvisano giusti motivi per la compensazione tra le parti delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 6 luglio 2021, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto previsto dalle disposizioni citate in epigrafe, con l'intervento dei magistrati:

Raffaele Potenza, Presidente

Enrico Mattei, Consigliere

Daniela Carrarelli, Referendario, Estensore