TAR Lazio Sez.II-quater n.3208 del 7 marzo 2017
Beni culturali.Vincoli storico artistici su immobili privati
In base alla lett. a) dell'art. 10 comma 3, del Codice dei beni culturali, ai fini dell'imposizione del vincolo, occorre che il bene possegga un intrinseco valore storico-artistico e che, in base alla lett. d) della medesima disposizione, è consentito di sottoporre a vincolo con provvedimento della Pubblica Autorità ulteriori beni che, seppure non necessariamente dotati di per sé di uno specifico e spiccato valore artistico, siano ciò nondimeno di interesse particolarmente importante quale testimonianza storica, in dipendenza o dalla qualità dell'accadimento che con il bene appare collegato o dalla particolare rilevanza che il bene ha rivestito per la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte e della cultura. In questa categoria relativa a quei beni culturali che sono tali "per riferimento" e "per testimonianza identitaria", si reputa comunemente che il valore storico non sia nella cosa ma sia piuttosto esterno alla medesima
Pubblicato il 07/03/2017
N. 03208/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00664/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 664 del 2014, proposto da:
BLASI Giovanni, BLASI Francesco, BLASI Giselda e BLASI Francesca, rappresentati e difesi dagli avv.ti Cinzia De Paolis ed elettivamente domiciliati presso lo Studio dell’avv. Alessandro Zunica in Roma, Circonvallazione Clodia, n. 88;
contro
il MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA’ CULTURALI E DEL TURISMO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede domicilia per legge in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
REGIONE LAZIO, in persona del Presidente della Giunta pro tempore, non costituito in giudizio;
nei confronti di
di BLASI Clemente, rappresentato e difeso dall’avv. Laura Mammuccari ed elettivamente domiciliato presso lo Studio dell’avv. Gregorio Arena in Roma, Largo dei Lombardi, n. 4;
per l'annullamento
- del decreto in data 24 maggio 2013, rep. n. 47/2013 emesso dalla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio con cui il complesso immobiliare denominato “Villa Zioni-Blasi” sito nel Comune di Velletri, Via dei Laghi, distinto in Catasto al Foglio 560 particelle nn. 282, 285, 2364, 2350, 2372, 287 e 2370, è stato ritenuto di interesse particolarmente importante ai sensi dell’art. 10, comma 3, lett. a) e comma 4, del d.lgs. 22 gennaio 2014, n. 42;
- del silenzio serbato dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo sul ricorso gerarchico amministrativo proposto il 23 luglio 2013 nei confronti del suddetto decreto.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata e del controinteressato nonché i documenti prodotti;
Esaminate le ulteriori memorie depositate in giudizio;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2016 il dott. Stefano Toschei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Premettono i Signori Giovanni Blasi, Francesco Blasi, Giselda Blasi e Francesca Blasi di essere proprietari pro indiviso, con il germano Clemente Blasi, per successione aperta in morte dei loro genitori Raffaele Blasi e Nives Colombo, del diritto di proprietà del compendio immobiliare denominato “Villa Zioni Blasi”, nel Comune di Velletri alla Via dei Laghi, costituito da una casa di abitazione, da una dipendenza, da un locale adibito a deposito e stalla e dalle circostanti aree di pertinenza. Puntualizzano i proprietari, oggi ricorrenti, che “l’assetto immobiliare de quo è stato, dai danti causa dei ricorrenti, nel tempo via via modificato con opere di ampliamento e con altre di nuova costruzione, tanto da non rispecchiare più il suo carattere originario” (così, testualmente, alla seconda pagina del ricorso introduttivo).
Riferiscono i ricorrenti che in data 24 maggio 2013 il Direttore regionale del Lazio, della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del(l’allora) Ministero per i beni e le attività culturali, con decreto impositivo di vincolo rep. n. 47/2013 riteneva di interesse particolarmente importante ai sensi dell’art. 10, comma 3, lett. a) e dell’art. 10, comma 4, lett. f) del d.lgs. 22 gennaio 2004, 42 il suddetto compendio immobiliare.
Soggiungono i medesimi ricorrenti di avere proposto ricorso amministrativo avverso il suddetto provvedimento ma che il Ministero, nonostante una comunicazione del 26 agosto 2013 con la quale riferiva di avere avviato la procedura di esame del ricorso proposto, non ha mai fornito risposta, di talché si è formato il silenzio-rigetto sulla istanza giustiziale amministrativa.
Da qui l’odierna impugnazione del provvedimento di imposizione del vincolo, più sopra indicato e del silenzio-rigetto formatosi sul ricorso gerarchico proposto, in quanto illegittimi per i motivi di impugnazione già espressi nel ricorso gerarchico e che si compendiano nella contestazione dell’omesso esame diretto dello stato deli luoghi e nel conseguente rilevato difetto di istruttoria che, se svolta attentamente, avrebbe condotto ad escludere la possibilità di imporre il vincolo su un bene che aveva ormai perduto l’originario interesse storico-artistico.
2. – In sintesi i ricorrenti si lamentano che il vincolo sia stato apposto nonostante la circostanza che l’istruttoria si sia sviluppata sulla scorta della sola documentazione fotografica e delle note poste a corredo della istanza di dichiarazione di interesse culturale, che il comproprietario Clemente Blasi (odierno controinteressato) aveva proposto con domanda del 22 giugno 2012 (prodotta in atti ed allegata, come allegato n. 5, al ricorso introduttivo). Infatti la relazione storico-artistica, che fa da sfondo istruttorio alla valutazione operata dal Ministero, insieme con la planimetria catastale, contiene elementi descrittivi dello stato dei luoghi e della rilevanza storico-artistica del compendio immobiliare in questione resi in modo estremamente sintetico e a tratti addirittura riproduttivo del contenuto dell’istanza di dichiarazione di interesse culturale, tanto da potersi dire che l’istruttoria tutta, per quanto emerge dalla documentazione collegata al decreto di apposizione del vincolo, non appare essere stata svolta con il necessario approfondimento attento e puntuale.
Ricalcando il contenuto della relazione di parte commissionata ad un professionista tecnico dai ricorrenti (già presentata all’Amministrazione in sede di ricorso amministrativo e versata agli atti del presente giudizio ed allegata, come allegato n. 7, al ricorso introduttivo), questi ultimi in particolare hanno sostenuto che:
a) la caratterizzazione ottocentesca della Villa deve ritenersi ormai perduta da tempo, in quanto dalle planimetrie catastali si può agevolmente rilevare come le caratteristiche originarie dell’immobile sono state stravolte da un intervento di ampliamento e di ristrutturazione edilizia eseguito tra gli anni ’50 e ’60 dello scorso secolo, che ha comportato “demolizioni, modificazioni prospettiche, alcuni cambi di destinazione d’uso ed una diversa distribuzione interna con aperture e/o chiusure di varchi sulle strutture portanti” (così, testualmente, alla quinta pagina del ricorso introduttivo). In tale contesto va rimarcato come all’interno della Villa nulla delle finiture interne di epoca neo-classica sia rimasto ed analogo destino è stato riservato per i pavimenti ed i rivestimenti originari che sono stati sostituiti con materiali tipici dell’epoca in cui sono stati realizzati gli interventi di ristrutturazione;
b) pur non essendo possibile alcun riscontro documentale, per assenza di planimetria in Catasto, con riguardo alla pertinenza della Villa deve comunque rilevarsi la costruzione di un vano posto ad est realizzato intorno al 1980 con cambio di destinazione d’uso della porzione della pertinenza, un tempo destinata ad attrezzi, ad uso residenziale, con la creazione di un vano letto e di servizi, mentre il locale rimessa è stato abusivamente edificato nel 1980, tanto che la sua realizzazione è stata oggetto di domanda di condono inoltrata al Comune di Velletri nel maggio 1986;
c) quanto infine al Parco esso appare essere costituito da un’area di terreno caratterizzato prevalentemente da uliveto con alcune zone non coltivate o in stato di abbandono, senza dunque che vi siano caratterizzazioni dell’area che possano ricondursi all’accezione comune di Parco.
Da qui la richiesta di annullamento giudiziale del provvedimento impugnato.
3. – Si è costituito in giudizio il controinteressato, Signor Clemente Blasi, contestando in fatto ed in diritto quanto sostenuto dai ricorrenti e chiedendo la reiezione del ricorso proposto.
In punto di fatto il controinteressato ricorda che, prima dell’adozione dell’impugnato decreto ministeriale, la Soprintendenza ebbe ad effettuare un sopralluogo nella Villa in questione in data 8 ottobre 2013, anticipato con lettera trasmessa ai comproprietari del complesso immobiliare del 1° ottobre 2013 (allegata al fascicolo della parte controinteressata come all. n. 5) ed al quale, secondo quanto riferisce il controinteressato medesimo, sono stati presenti “tutti gli interessati tra cui anche gli odierni ricorrenti a cura dei rappresentanti della Soprintendenza tra cui l’Arch. Paolina La Franca (Responsabile del procedimento)” (così, testualmente, a pag. 6 della memoria di costituzione del controinteressato). Tale elemento di fatto non è stato sconfessato dalle altre parti in giudizio.
Sempre in punto di fatto il controinteressato deposita una relazione tecnica di parte nella quale si afferma, in sintesi, che:
a) l’edificio ottocentesco (la Villa), malgrado le evidenti alterazioni, conserva l’impostazione classicista conferita dall’architetto che la progettò all’epoca della costruzione datata negli anni 1850-60, caratterizzata tra l’altro da un portico terrazzato a colonne di ordine dorico “greco” senza base e scanalature, da una serie di finestre in stile neo-greco delimitate da cornici con elementi terminanti ad acroterio, con echi vignoliani, dal portico dorico che presenta similitudini con altri esempi quasi coevi come i due Palazzi Torlonia nella Villa in Nomentana a Roma e nel parco rustico sul “Lago” di Traiano a Fiumicino;
b) quanto al Parco, la estesa proprietà, seppure il suo stato sia in parte compromesso, costituisce un esempio rappresentativo di tipica villa-azienda ottocentesca, collocata all’interno del territorio velletrano della Faiola o Fagiola percorsa dall’antica via Corriera che costituiva un importante contesto di campagna romana posto in direzione della via Appia, disseminato di ville e casali già a partire dal seicento. Sulla base di una documentazione fotografica, anche aerea, rimontante al 1944 e poi al 1958 è possibile ricostruire il progetto originario del parco rustico annesso alla villa, essendo tuttora visibili i sistemi di viali principali che originariamente percorrevano la proprietà “longitudinalmente a partire dall’edificio neoclassico fino alla zona più a nord, intercettati ortogonalmente da un’altra serie di viali minori” (così, testualmente, alla terza pagina della perizia di parte depositata dalla parte controinteressata).
Il contointeressato deposita inoltre una seconda relazione tecnica avente ad oggetto una “Indagine sui caratteri, sulla consistenza e identificazione e classificazione delle specie vegetali presenti nel Parco della Villa Zioni-Blasi”, dalla quale si evince la presenza di una variegata composizione floristica dove, accanto alla esistenza di specie comuni o abbastanza comuni molto diffuse sul territorio, si può apprezzare la presenza di specie vegetali meno comuni ed in alcuni casi abbastanza rare e pregiate sia per i caratteri dimensionali, che per il portamento ed infine per l’età raggiunta. La relazione è accompagnata da una analitica descrizione delle specie rinvenute con schede illustrative, dalle quali si evince che gli “esemplari notevoli”, tranne una eccezione, si presentano quasi tutti in buone condizioni, pur richiedendo idonei interventi colturali.
In ragione di quanto sopra la parte controinteressata insisteva per la infondatezza delle censure dedotte dai ricorrenti e per la reiezione del gravame.
4. – Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, per il tramite della difesa erariale, confermando la correttezza dell’istruttoria svolta dagli Uffici competenti in occasione dell’adozione del provvedimento impugnato e la completezza della documentazione acquisita nel corso del percorso procedimentale.
Ribadendo come, dalla documentazione acquisita dalla Soprintendenza e soprattutto dall’esito del sopralluogo svolto in data 8 ottobre 2013, sia emerso che le modifiche subite nel corso del tempo dalla proprietà non hanno comportato alterazioni tali da impedire la riconoscibilità dell’immobile quale compendio di interesse storico-artistico, concludeva per la reiezione del gravame.
5. – La parte controinteressata ha prodotto in prossimità dell’udienza di merito memorie con le quali ha ribadito le già rassegnate conclusioni. Con l’ultima memoria ha però sollevato eccezione di improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse alla decisione essendo sopravvenuto un nuovo provvedimento della Soprintendenza, con il quale è stato ritenuto non ammissibile il frazionamento della villa e del parco, idoneo a calamitare ogni profilo di pregiudizio delle posizioni soggettive in capo ai ricorrenti, il giudizio di impugnazione nei confronti dell’atto impositivo del vincolo non ha più ragione di essere coltivato perché la sua portata pregiudizievole si è ormai trasferita sul nuovo atto, rispetto al quale i ricorrenti non hanno proposto alcuna impugnazione.
All’udienza di merito del 5 dicembre 2016 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
6. – Va esaminata, in via preliminare, l’eccezione di improcedibilità del ricorso proposto in quanto l’impugnato provvedimento impositivo del vincolo avrebbe perso sostanzialmente la propria autonoma portata afflittiva nei confronti delle posizioni soggettive fatte valere dai ricorrenti nel presente giudizio, atteso che l’adozione da parte della medesima Amministrazione di un nuovo atto, del 7 ottobre 2015 prot. n. 0018281, recante la decisione di dichiarare inammissibile il frazionamento della villa e del parco, coagulando ogni effetto sfavorevole nei confronti dei proprietari (ricorrenti), avrebbe dovuto essere da questi impugnato tempestivamente, adempimento che costoro non hanno realizzato.
Orbene, dalla lettura del provvedimento indicato dalla parte controinteressata e da questa prodotto in giudizio, si può facilmente evincere che esso consiste in una espressione di un parere della Soprintendenza, con riferimento ad un quesito proposto (in data 14 settembre 2015) all’Amministrazione dall’ing. Quattrino e trasmesso dall’Amministrazione all’odierno controinteressato Signor Clemente Blasi circa la possibilità di procedere ad un intervento di frazionamento del compendio immobiliare in questione, rispetto al quale gli Uffici, partendo dal presupposto dell’esistenza sul compendio immobiliare del vincolo imposto con il decreto impugnato nel presente giudizio e poggiando integralmente sul contenuto e sulla portata dell’atto impositivo del vincolo, concludono affermando che “non si ritiene ammissibile né il frazionamento della villa (P.lla 2370) né tantomeno quello del parco ad essa annesso (P.lle 282, 285, 287, 2364, 2350, 2372) parte integrante dello stesso vincolo” (così, testualmente, nella parte motiva dell’atto).
Appare evidente che tale determinazione della Soprintendenza, resa nell’esercizio di una attività consultiva e ad iniziativa di parte, non assurge al livello giuridico di una (nuova) manifestazione di volontà dell’ente in ordine alla rilevanza storico-artistica del compendio, assumendo invero una portata esclusivamente ricognitiva e deduttiva collegata strettamente alla esistenza del provvedimento di imposizione del vincolo qui oggetto di scrutinio in sede giurisdizionale amministrativa.
Deriva da quanto sopra che nessuna portata afflittiva autonoma nei confronti dei proprietari assume il contenuto dell’atto del 7 ottobre 2015 prot. n. 0018281, non potendo quest’ultimo assurgere al rango di atto confermativo non manifestando una nuova volontà dell’Amministrazione ma, semmai, di atto meramente confermativo, stante la sua consistenza riepilogativa in relazione al provvedimento di imposizione del vincolo qui impugnato e puramente descrittiva delle conseguenze che discendono da tale vincolo, rafforzando, al contrario, l’interesse dei ricorrenti alla coltivazione del presente gravame.
L’eccezione preliminare va, dunque, dichiarata infondata.
7. - Passando all’esame del merito, il Collegio ritiene che l’unico e complesso motivo di gravame nei confronti del provvedimento impositivo del vincolo, seppur si tenga conto dei singoli profili di censura che lo compongono, non si presta ad essere ritenuto fondato.
In punto di diritto giova in questa sede ricordare come la giurisprudenza, in materia di imposizioni di un vincolo storico-artistico su un immobile di proprietà privata, ha avuto modo di affermare che:
a) il giudizio che presiede all'imposizione di una dichiarazione di interesse (c.d. vincolo) culturale è connotato da un'ampia discrezionalità tecnico-valutativa, poiché implica l'applicazione di cognizioni tecnico-scientifiche specialistiche proprie di settori scientifici disciplinari (della storia, dell'arte e dell'architettura) caratterizzati da ampi margini di opinabilità. Ne consegue che l'apprezzamento compiuto dall'Amministrazione preposta alla tutela - da esercitarsi in rapporto al principio fondamentale dell'art. 9 Cost. - è sindacabile, in sede giudiziale, esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione, considerati anche per l'aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, ma fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche; sicché, in sede di giurisdizione di legittimità, può essere censurata la sola valutazione che si ponga al di fuori dell'ambito di opinabilità, affinché il sindacato giudiziale non divenga sostitutivo di quello dell'Amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. VI, 2 marzo 2015 n. 1000);
b) in altri termini, la valutazione in ordine all'esistenza di un interesse culturale (artistico, storico, archeologico o etnoantropologico) particolarmente importante, tale da giustificare l'imposizione del relativo vincolo ai sensi degli artt. 13, comma 1, e 10, comma 3, lett. a), del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, è prerogativa esclusiva dell'Amministrazione preposta alla gestione del vincolo e può essere sindacata in sede giurisdizionale solo in presenza di profili di incongruità ed illogicità di evidenza tale da far emergere l'inattendibilità della valutazione tecnico-discrezionale compiuta (cfr., ancora, Cons. Stato, Sez. VI, 14 ottobre 2015 n. 4747);
c) quindi, nel caso della tutela di beni culturali la valutazione dell'interesse culturale è caratterizzata da una discrezionalità mista, nella quale si compenetrano elementi di discrezionalità tecnica e discrezionalità amministrativa. Tale particolare configurazione è dovuta alla peculiarità del potere attribuito all'Amministrazione nelle materie in questione, nel cui esercizio occorre tener conto non soltanto dei vari interessi, pubblici e privati, che possono venire in rilievo nella valutazione, ma altresì di una serie di profili tecnici - cd. fatti complessi - relativi agli aspetti storici ed architettonici del bene. La valutazione dell'Amministrazione è, dunque, sindacabile dal giudice amministrativo soltanto quando presenti profili di illegittimità ed irrazionalità di tale evidenza da far emergere l'inattendibilità della valutazione tecnico-discrezionale compiuta da valutarsi nella sua portata complessiva. La logica conseguenza è che, in presenza di valutazioni di interesse storico-artistico fondate su una pluralità di indici rivelatori, non è sufficiente che alcuni soltanto di essi palesino aspetti di particolare opinabilità per infirmare nel complesso la validità delle conclusioni raggiunte, ma è necessario che la sommatoria delle lacune individuate risulti di tale pregnanza da compromettere nel suo complesso l'attendibilità del giudizio espresso dall'organo competente (cfr. TAR Piemonte, Sez. II, 9 maggio 2014 n. 821 e TAR Abruzzo, Pescara, Sez. I, 8 marzo 2012 n. 121)
d) peraltro e sotto altro profilo di specifico interesse nel presente contenzioso, lo stato di degrado di un bene non osta alla dichiarazione di interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, potendo un manufatto in condizione di degrado ben costituire oggetto di tutela storico-artistica, sia per i valori che ancora presenta, sia per evitarne l'ulteriore degrado, restando rimesso all'apprezzamento discrezionale della competente Amministrazione la valutazione dell'idoneità delle rimanenze ad esprimere il valore che si intende tutelare (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 16 luglio 2015 n. 3560, 8 aprile 2015, n. 1779, 3 aprile 2003 n. 1718, 3 settembre 2001 n. 4591, 28 dicembre 2000 n. 7034 e 30 novembre 1995 n. 1362).
8. - Posto quanto sopra in ordine al tipo di potere espresso dalla Soprintendenza nell’ambito della riconoscibilità di interesse storico-artistico di un immobile ai fini dell’imposizione del vincolo indiretto nonché in merito al limitato potere di sindacato lasciato dalla normativa di settore al giudice amministrativo, nel caso di specie nemmeno rileva che il manufatto abbia subito, nel tempo, alterazioni rispetto alla sua originaria configurazione. È infatti il caso di osservare che la tutela storico-artistica protegge non già un'opera dell'ingegno dell'autore, ma un'oggettiva testimonianza materiale di civiltà la quale, nella sua consistenza effettiva e attuale, ben può risultare da interventi successivi e sedimentati nel tempo, tali da dar luogo ad un manufatto storicamente complesso e comunque diverso da quello originario.
In argomento si è affermato, con orientamento che convince il Collegio tanto non ritenere necessario sottoporlo a giudizio critico, che in base alla lett. a) dell'art. 10 comma 3, del Codice dei beni culturali, ai fini dell'imposizione del vincolo, occorre che il bene possegga un intrinseco valore storico-artistico e che, in base alla lett. d) della medesima disposizione, è consentito di sottoporre a vincolo con provvedimento della Pubblica Autorità ulteriori beni che, seppure non necessariamente dotati di per sé di uno specifico e spiccato valore artistico, siano ciò nondimeno di interesse particolarmente importante quale testimonianza storica, in dipendenza o dalla qualità dell'accadimento che con il bene appare collegato o dalla particolare rilevanza che il bene ha rivestito per la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte e della cultura. In questa categoria relativa a quei beni culturali che sono tali "per riferimento" e "per testimonianza identitaria", si reputa comunemente che il valore storico non sia nella cosa ma sia piuttosto esterno alla medesima (cfr., in argomento, Cons. Stato, sez. VI, 22 maggio 2008 n. 2430).
In linea di principio, quindi, è evidente che le doglianze espresse dai ricorrenti e relative alla mancanza di pregio dell'immobile, avendo lo stesso orami perduto, per effetto di alterazioni strutturali e costruttive determinatesi per gli interventi sullo stesso realizzati nel corso degli anni ’50 e ’60 nonché ’80 del secolo novecento, non hanno peso giuridico determinante, posto che ciò che rileva veramente non è il pregio artistico del bene in sé ma l'importanza culturale dell'immobile a causa del riferimento alla storia politica, militare ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose (cfr., sul punto specifico, T.A.R. Lazio, Sez. II-quater, 5 ottobre 2015 n. 11477).
9. - D’altronde la Soprintendenza tutela anche i beni minori e, quindi, non è illegittimo il decreto di vincolo posto anche se la relazione storico-artistica, facente parte integrante del decreto per espressa indicazione contenuta nell’atto impositivo del vincolo, non riporta notizie puntualissime sulla storia dell’edificio, ma dalla stessa emerge come quest’ultimo costituisca un significativo esempio di architettura di villa dell’800 che, con il parco e con il resto del compendio immobiliare, realizzava una residenza extra urbana presso la quale, secondo una esigenza molto diffusa in quel tempo, impiantare coltivazioni atte a contribuire al mantenimento della famiglia e al sostentamento di chi vi lavorava, con un effetto di tipico “status symbol” delle classi più agiate che si erano radicate nel territorio dei c.d. Castelli romani (in tal senso la relazione facente parte integrante del provvedimento di imposizione del vincolo).
Del resto nella relazione si puntualizza che la villa, con la sua depandance, il parco ed i terreni connessi, realizzata in forme di ispirazione neoclassica propone un linguaggio architettonico e decorativo fatto di compostezza ed armonia sia all’esterno ed all’interno. In particolare il parco è poi caratterizzato da piante importanti sia per l’attuale imponenza sia per la rarità (nella specie una sequoia, magnolie e camelie).
Deriva da ciò che non può ritenersi privo di fondamento giuridico e di puntuale coerenza con la corrispondente previsione normativa del Codice dei beni culturali un decreto di imposizione di vincolo storico-artistico che intenda preservare una architettura “minore”, ma che nello stesso tempo è testimonianza di una precisa e apprezzata tecnica costruttiva locale, di tipo rurale, tipico della Villa agraria (cfr., sul punto, Cons. Stato, Sez. VI, 14 ottobre 2009 n. 6282).
10. – Da quanto si è sopra osservato e dall’esame della documentazione prodotta, tenuto conto che, diversamente da quanto viene sostenuto da ricorrenti, l’Amministrazione procedente ha svolto una accurata istruttoria, compresa la effettuazione di un sopralluogo, descrivendo nella relazione storico-artistica le ragioni tecnico-scientifiche che deponevano per l’imposizione del vincolo sul compendio immobiliare, non si appalesa la sussistenza delle criticità sostanziali e giuridiche dedotte dai ricorrenti, di talché le censure si prestano ad essere ritenute infondate con la conseguenza che il ricorso va respinto.
Nondimeno, la peculiarità delle questioni trattate nella presente sede contenziosa e la opinabilità di fondo che naturalmente accompagna la valutazione di risultanze tipiche di una operazione amministrativa a forte caratterizzazione tecnico-scientifica costituiscono elementi tutti che militano per l’applicazione dell’art. 92 c.p.c., come richiamato espressamente dall’art. 26, comma 1, c.p.a. e depongono per la compensazione delle spese di giudizio tra tutte le parti in controversia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater) pronunciando in via definitiva sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2016 con l'intervento dei magistrati:
Leonardo Pasanisi, Presidente
Francesco Arzillo, Consigliere
Stefano Toschei, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Stefano Toschei Leonardo Pasanisi