Cass. Sez. III sent.2774 del 24 gennaio 2006 (ud. 21 dicembre 2005)
Pres. Postiglione Est. Lombardi Imp. Noferi
Animali- Articolo 727 c.p. detenzione in condizioni incompatibili
Vi è continuità normativa tra la vecchia formulazione dell’articolo 727 c.p. e
l’ipotesi ora prevista di detenzione di animali in condizioni incompatibili.
Tale disposizione deve essere interpretata nel senso che le condizioni in cui
vengono custoditi gli animali non siano dettate da particolari esigenze e
risultino tali da provocare negli stessi uno stato di grave sofferenza,
indipendentemente dal fatto che da tale situazione l’animale possa subire vere e
proprie lesioni dell’integrità fisica.
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. Amedeo Postiglione
1.Dott.Alfredo Maria Lombardi
2.Dott.Mario Gentile
3.Dott.Giovanni Amoroso
4.Dott.Giulio Sarno
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto dall'Avv. Francesco Molino, difensore di fiducia di Noferi
Stefano, n. a S. Giovanni Valdarno il 13.3.1951, avverso la sentenza in data
11.2.2005 del Tribunale di Arezzo, sezione distaccata di Montevarchi, con la
quale venne condannato alla pena di € 2.000,00, oltre al risarcimento dei danni
in favore della parte civile, E.N.P.A., quale colpevole del reato di cui
all'art. 727 c.p.;
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria
Lombardi;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Antonio
Siniscalchi, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso; in subordine
dichiararsi la prescrizione del reato con conferma delle statuizioni civili;
Udito il difensore, Avv. Francesco Molino, che ha concluso per l'accoglimento
del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Arezzo, sezione distaccata di
Montevarchi, ha affermato la colpevolezza di Noferi Stefano in ordine al reato
di cui all'art. 727 c.p., ascrittogli per avere maltrattato numerosi cani
custoditi nel rifugio canile denominato "Lacky Animals" da lui gestito.
Il giudice di merito ha escluso che i cani fossero stati sottoposti a strazi o
sevizie o non venissero nutriti adeguatamente, ma ha ravvisato gli estremi della
fattispecie contravvenzionale ascritta allo imputato in conseguenza del fatto
che gli animali in questione venivano tenuti in condizioni di eccessivo
sovraffollamento in ciascun box. La sentenza ha altresì condannato l'imputato al
risarcimento dei danni in favore dell'Ente Nazionale Protezione Animali,
costituitosi parte civile.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, che la
denuncia con vari motivi di gravame.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente deduce la intervenuta
prescrizione del reato ascritto all'imputato per essere stata depositata la
sentenza dopo la scadenza del relativo termine. Con il secondo mezzo di
annullamento si denuncia la sentenza per violazione di legge, deducendosi che è
stata inflitta all'imputato la pena pecuniaria di € 2.000,00 senza alcuna
specificazione in ordine alla natura della predetta sanzione.
Con il terzo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la manifesta
illogicità della motivazione della sentenza.
Si osserva che il giudice di merito ha illogicamente affermato la sussistenza
del reato ascritto all'imputato, pur avendo escluso che i cani di cui alla
contestazione fossero stati vittima di azioni violente o fossero malnutriti.
Si deduce in particolare che la fattispecie del maltrattamento verso gli animali
non può essere ravvisata quale conseguenza del generico sovraffollamento dei box
in cui erano rinchiusi i cani, in quanto la detenzione di animali in condizioni
incompatibili con la loro natura deve necessariamente implicare l'inflizione di
sofferenze, intese come lesioni della integrità fisica degli stessi, perché si
configuri la violazione di cui all'art. 727 c.p.; che, altrimenti, il reato di
cui alla contestazione potrebbe essere ravvisato in ogni ipotesi di privazione
della libertà dell'animale, in quanto in contrasto con la natura dello stesso;
che nella specie non vi è stato alcun accertamento in ordine alla conseguenze
nocive che sarebbero derivate ai cani dal cosiddetto sovraffollamento dei box in
cui erano custoditi. Si rileva anche che la struttura era stata autorizzata ad
ospitare un numero di cani di molto superiore a quello riscontrato in sede di
sequestro.
Con l'ultimo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la sentenza per
violazione di legge, deducendo che la legge della Regione Toscana n. 43/95, che
contiene indicazioni in ordine alle misure e caratteristiche dei box e delle
strutture in cui devono essere custoditi gli animali risulta applicabile ai soli
Canili Municipali ed ai Canili Rifugio dati in gestione ad associazioni
protezionistiche, ma non anche ai canili privati.
La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il reato è
estinto per prescrizione. Dalla data di commissione del fatto (fino al
31.3.2002) è interamente decorso il termine di cui agli art. 157 n. 6) e 160
c.p., pur tenendosi conto del rinvio del dibattimento su richiesta dell'imputato
dal 17.9.2004 all'8.10.2004, per il periodo di giorni 21, sicché in data
21.4.2005 si è verificata la prescrizione del reato.
La pronuncia di condanna dell'imputato al risarcimento dei danni in favore in
favore della parte civile, rende, però, necessario l'esame dei motivi di
ricorso, ai fini della conferma delle corrispondenti statuizioni ex art. 578
c.p.p.
Orbene osserva la Corte che i primi due motivi di gravarne sono inammissibili.
Secondo il consolidato indirizzo interpretativo della giurisprudenza di
legittimità, infatti, la prescrizione successiva alla pronuncia della sentenza
non può costituire motivo di censura avverso il provvedimento, mentre la mancata
indicazione della natura della pena pecuniaria inflitta costituisce un evidente
errore materiale, correggibile con il relativo procedimento.
Il terzo motivo di ricorso è, invece, infondato.
E' stato reiteratamente affermato da questa Suprema Corte, in ordine alla
fattispecie contravvenzionale del maltrattamento di animali nella formulazione
dell'art. 727 c.p. precedente alla riforma di cui all'art. 1 della L. 20.7.2004
n. 189, che integra il reato previsto dalla disposizione citata il comportamento
di chi tenga rinchiuso un animale per un apprezzabile lasso dì tempo in un luogo
particolarmente angusto, come il bagagliaio di un'auto, giacché la commissione
del reato non richiede una specifica volontà di infierire sull'animale (sez. In,
200424330, Brao, riv. 229429), né che si cagioni una lesione dell'integrità
fisica, potendo la sofferenza consistere in soli patimenti (sez. III, 199901215,
Crispolti, riv. 212833).
La fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 727 c.p., con particolare
riferimento all'ipotesi della detenzione di animali in condizioni incompatibili
con la loro natura deve essere interpretata, pertanto, nel senso che le
condizioni in cui vengono custoditi gli animali non siano dettate da particolari
esigenze e risultino tali da provocare negli stessi uno stato di grave
sofferenza, indipendentemente dal fatto che in conseguenza di tali condizioni di
custodia l'animale possa subire vere e proprie lesioni dell'integrità fisica.
Va anche rilevato che la riportata interpretazione giurisprudenziale dell'art.
727 c.p., nel testo precedente alle modifiche introdotte dal citato art. 1 della
L. 20.7.2004 n. 189, sostanzialmente corrisponde al dettato della norma in tema
di detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura nella
nuova formulazione del predetto articolo del codice penale, sicché è evidente la
continuità normativa tra la fattispecie contravvenzionale già prevista dalla
norma e quella risultante dalla novella.
Orbene, alla luce degli enunciati principi di diritto il giudice di merito ha
correttamente ritenuto che il fatto di avere custoditi i cani in condizioni di
eccessivo sovraffollamento in box particolarmente angusti integra il reato di
cui all'art. 727 c.p., avendo, peraltro, rilevato che il Noferi usufruiva di
consistenti contributi da parte dell'Ente locale, sicché anche sotto tale
profilo è stata ritenuta ingiustificata dal giudice di merito la custodia degli
animali nelle condizioni di cui all'accertamento di fatto.
E', altresì, infondato l'ultimo motivo di ricorso.
Il giudice di merito ha ritenuto che i cani venivano custoditi in condizioni di
sovraffollamento tale da integrare un'ipotesi di maltrattamento degli animali, a
prescindere dalla questione circa la applicabilità dei parametri previsti dalla
legge della Regione Toscana n. 43/95 anche ai canili privati.
Dalla rilevata infondatezza dei motivi di ricorso consegue la conferma delle
statuizioni civili della sentenza impugnata.
P.Q.M.
La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione. Conferma le statuizioni civili.
Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 21.12.2005