Consiglio di Stato Sez. 9818 del 6 dicembre 2024
Caccia e animali.Criteri per la revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia  

L’esercizio del potere di vietare la detenzione di armi e munizioni e di quello di revocare i titoli abilitativi rilasciati in materia è funzionale alla protezione di beni di prima importanza, come quelli relativi alla salvaguardia della incolumità dei cittadini e dell’ordine pubblico: beni minacciati dalla attribuzione della facoltà di detenere armi e, a fortiori, di quella di circolare armati a soggetti che non offrano ogni più ampia garanzia di corretto uso di quelle facoltà. L’Amministrazione, nell’esercizio del suddetto potere, gode di ampia discrezionalità nell’apprezzare l’affidabilità dell’interessato anche alla luce delle condotte dal medesimo poste in essere, tanto più significative al suddetto fine in ragione del grado di approssimazione ravvisabile tra quelle condotte e la materia delle armi. La linea di confine, valicata la quale la valutazione dei comportamenti e della personalità dell’interessato sfocia in un giudizio prognostico negativo in ordine alla sua affidabilità, non è tracciabile in modo predeterminato, essendo condizionata dalla natura delle condotte poste in essere e dalla valenza sintomatica alle stesse riconoscibili in ordine al futuro comportamento dell’interessato. La discrezionalità di cui gode l’Amministrazione in subiecta materia non è comunque illimitata, in quanto è circoscritta dalla necessità che le valutazioni dalla stessa poste in essere siano conformi a criteri di adeguatezza istruttoria, veridicità fattuale, completezza valutativa, logicità, ragionevolezza, proporzionalità e partecipazione procedimentale. Il sindacato del giudice amministrativo è appunto preordinato a verificare che l’Amministrazione si sia attenuta a quei criteri, di modo che il provvedimento restrittivo si atteggi a misura ragionata e ponderata di gestione del complesso equilibrio tra libertà dell’interessato (di disporre di strumenti di difesa o anche solo di soddisfacimento dei suoi interessi di ordine ludico, come nel caso dell’attività venatoria) e tutela degli interessi pubblici.

Pubblicato il 06/12/2024

N. 09818/2024REG.PROV.COLL.

N. 06336/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6336 del 2024, proposto dal sig. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Marta Lorusso, con domicilio eletto presso lo studio Nicolangela Tino in Roma, via delle Milizie, n. 124,

contro

il Ministero dell’Interno, l’Ufficio Territoriale del Governo di Foggia e la Questura di Foggia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,

per la riforma

della sentenza in forma semplificata del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Seconda, n. 901/2024, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno, dell’Ufficio Territoriale del Governo di Foggia e della Questura di Foggia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 novembre 2024 il Cons. Ezio Fedullo e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

Il giudizio, definito dal T.A.R. per la Puglia con l’appellata sentenza in forma semplificata, ha ad oggetto il provvedimento del Prefetto della Provincia di Foggia, Area 1-bis, prot. n. -OMISSIS-del 14 marzo 2024, recante il divieto a carico del ricorrente, sig. -OMISSIS-, di detenere armi, munizioni e materie esplodenti, nonché il provvedimento del Questore della Provincia di Foggia, Area 1-bis, prot. n. 0034890 del 9 aprile 2024, disponente la revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia n. -OMISSIS--P rilasciata al suddetto in data 1° giugno 2021.

A fondamento dei provvedimenti impugnati – recte, di quello di divieto di detenzione di armi e munizioni, avendo quello di revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia carattere logicamente consequenziale rispetto ad esso – l’Amministrazione ha posto il venir meno del requisito della buona condotta e dell’affidamento dell’interessato in ordine all’uso delle armi senza che ne derivino pregiudizi per l’ordine e la sicurezza pubblica: prognosi negativa che essa ha essenzialmente desunto dal fatto che l’interessato “è risultato responsabile in concorso con altri del danneggiamento di un’autovettura in data 31.12.2023, causato dall’esplosione di un artifizio pirotecnico di notevole potenza”, oltre che dal fatto che, con la nota informativa prot. n. 16/3-1/2024 in data 9 gennaio 2024, il Comando Stazione Carabinieri di -OMISSIS-ha comunicato, ai sensi dell’art. 282-quater c.p.p., di avere dato esecuzione in data 19 gennaio 2024 nei confronti di -OMISSIS- all’ordine di applicazione della misura cautelare del divieto di avvicinamento con braccialetto elettronico a tutela della persona offesa.

Il T.A.R. adito, con la sentenza appellata, ha definito il giudizio di primo grado in senso sfavorevole al ricorrente, alla luce “della pericolosità sociale in concreto dimostrata dal ricorrente, sia pure in un singolo episodio di danneggiamento di autovettura di cui il medesimo si è reso partecipe”, altresì evidenziando che il suddetto, “seppur nato nell’anno -OMISSIS-, ha dimostrato di fatto di non essere affidabile e di non mantenere una buona condotta, requisiti indispensabili per il porto delle armi, come previsto dal secondo comma dell’art. 43 del Tulps” e concludendo nei termini seguenti: “il Collegio, all’esito di una ponderata valutazione di tutti gli elementi di causa per come svolta nell’ambito del presente procedimento, ritiene in definitiva che la Prefettura (e di conseguenza la Questura) di Foggia abbia fatto retto uso della discrezionalità affidatale, sussistendo dubbi sulla effettiva affidabilità del ricorrente in relazione alla vicenda sopra menzionata, di per sé non particolarmente commendevole in termini di buona condotta ed anche al netto dell’accertamento di dettaglio della responsabilità penale ancora in corso”.

Quanto invece alla censura intesa a lamentare il vizio del contraddittorio procedimentale, ha osservato il T.A.R. che “l’eventuale comunicazione di avvio del procedimento ex art. 10 l. n. 241/1990 non avrebbe potuto immutare gli esiti provvedimentali sopra ricordati, sia perché la lata discrezionalità prefettizia si è esercitata su risultanze amministrative oggettive - orientate ad una logica di prevenzione e di per sé non suscettibili di particolare contributo giustificativo - sia perché neanche in sede giurisdizionale parte ricorrente ha portato all’attenzione di questo Giudice circostante di fatto oggettivamente dirimenti, volte a chiarire la ritenuta non pericolosità dei propri comportamenti”.

La sentenza costituisce oggetto dell’appello proposto dall’originario ricorrente, inteso a conseguirne la riforma – previa sospensione in sede cautelare dei relativi effetti – in vista dell’accoglimento del ricorso di primo grado e del consequenziale annullamento dei provvedimenti con esso impugnati.

L’appellante deduce essenzialmente che l’Amministrazione non ha fatto uso della discrezionalità che le spetta in materia secondo il canone di ragionevolezza, anche tenuto conto del fatto che fa difetto un accertamento definitivo ad opera del giudice penale in ordine alla condotta suindicata, richiamando l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, qualora si tratti di denunce penali, l’Autorità di polizia non può limitarsi a richiamarle acriticamente, od a trarre dalle stesse un automatico giudizio negativo, ma deve operare un’autonoma valutazione dei fatti che ne sono alla base.

L’appellante lamenta inoltre che il T.A.R. non ha considerato l’intervenuta revoca della misura cautelare in data 30 gennaio 2024, in forza della ordinanza del GIP di Foggia, con il conseguente deficit istruttorio del provvedimento impugnato.

Deduce altresì l’appellante che l’Amministrazione non si è attenuta al principio secondo cui la valutazione deve riguardare non solo il singolo episodio, ma anche la personalità del sospettato, ai fini della formulazione di un giudizio prognostico sulla sua sopravvenuta inaffidabilità.

Quanto ai profili strettamente procedimentali, deduce l’appellante che, se il Prefetto avesse notificato la comunicazione di avvio del procedimento, egli avrebbe fornito il fondamentale contributo di rappresentare alla P.A. l’intervenuta revoca della predetta misura cautelare.

Infine, l’appellante ripropone la censura, non espressamente esaminata dal giudice di primo grado, intesa a lamentare il difetto di motivazione del provvedimento impugnato a fronte delle osservazioni ex art. 10-bis l. n. 241/1990 da lui presentate e l’erroneo richiamo del provvedimento del Questore al decreto prot. n. -OMISSIS-del 14 marzo 2024, laddove il provvedimento con cui il Prefetto ha fatto divieto all’istante di detenere armi è il decreto n. -OMISSIS-del 14 marzo 2024.

A seguito dell’abbinamento dell’istanza cautelare al merito, chiesto dall’appellante in vista della camera di consiglio del 29 agosto 2024, all’esito dell’odierna udienza di discussione – in prossimità della quale è stata adottata l’ordinanza presidenziale n. -OMISSIS-del 21 ottobre 2024, con la quale è stata disposta l’acquisizione, a cura del Prefetto e del Questore di Foggia, della “nota informativa n. 16/3-1/2024” del 9 gennaio 2024 della Legione Carabinieri Puglia - Stazione di -OMISSIS-, e eventuali altri atti di indagine da cui risulti la ricostruzione del fatto storico che ha determinato l’adozione dei provvedimenti impugnati” - il ricorso è stato trattenuto dal Collegio per la decisione di merito, previa reiezione dell’istanza di rinvio della parte appellante, in quanto i documenti depositati in giudizio dall’Amministrazione in prossimità dell’udienza devono ritenersi già noti, nel loro contenuto sostanziale, al ricorrente, che peraltro ha avuto la possibilità di tenerne conto in sede di discussione orale. Essi sono inidonei a radicare il diritto a difese aggiuntive.

Ciò premesso, l’appello non è meritevole di accoglimento.

Deve premettersi che, come evidenziato dal T.A.R. (e non contestato dal ricorrente), l’esercizio del potere di vietare la detenzione di armi e munizioni e di quello di revocare i titoli abilitativi rilasciati in materia è funzionale alla protezione di beni di prima importanza, come quelli relativi alla salvaguardia della incolumità dei cittadini e dell’ordine pubblico: beni minacciati dalla attribuzione della facoltà di detenere armi e, a fortiori, di quella di circolare armati a soggetti che non offrano ogni più ampia garanzia di corretto uso di quelle facoltà.

L’Amministrazione, nell’esercizio del suddetto potere, gode di ampia discrezionalità nell’apprezzare l’affidabilità dell’interessato anche alla luce delle condotte dal medesimo poste in essere, tanto più significative al suddetto fine in ragione del grado di approssimazione ravvisabile tra quelle condotte e la materia delle armi. La linea di confine, valicata la quale la valutazione dei comportamenti e della personalità dell’interessato sfocia in un giudizio prognostico negativo in ordine alla sua affidabilità, non è tracciabile in modo predeterminato, essendo condizionata dalla natura delle condotte poste in essere e dalla valenza sintomatica alle stesse riconoscibili in ordine al futuro comportamento dell’interessato.

La discrezionalità di cui gode l’Amministrazione in subiecta materia non è comunque illimitata, in quanto è circoscritta dalla necessità che le valutazioni dalla stessa poste in essere siano conformi a criteri di adeguatezza istruttoria, veridicità fattuale, completezza valutativa, logicità, ragionevolezza, proporzionalità e partecipazione procedimentale.

Il sindacato del giudice amministrativo è appunto preordinato a verificare che l’Amministrazione si sia attenuta a quei criteri, di modo che il provvedimento restrittivo si atteggi a misura ragionata e ponderata di gestione del complesso equilibrio tra libertà dell’interessato (di disporre di strumenti di difesa o anche solo di soddisfacimento dei suoi interessi di ordine ludico, come nel caso dell’attività venatoria) e tutela degli interessi pubblici.

Applicando al caso di specie le illustrate coordinate interpretative, deve preliminarmente osservarsi che l’episodio comportamentale di cui si è reso autore il ricorrente, che l’Amministrazione ha valorizzato ai fini sintomatici del venir meno della sua affidabilità in ordine al mantenimento del titolo di polizia, è consistito nella accensione di un potente ordigno pirotecnico, da cui è derivato il danneggiamento di una autovettura.

Tuttavia, ai fini della attribuzione al suddetto comportamento del suo effettivo valore per i fini de quibus e, soprattutto, evidenziare la non condivisibilità dei tentativi del ricorrente di sminuirne la portata sintomatica, assume valore illuminante l’informativa della Stazione dei Carabinieri di -OMISSIS-del 9 gennaio 2024 (recante il protocollo n. 16/3-1/2024 e depositata dall’Amministrazione in esecuzione della predetta ordinanza istruttoria n. -OMISSIS-/2024), da cui si evince che il suddetto episodio di danneggiamento ha assunto carattere intenzionale: ciò che consente anche di evincere il pieno significato indiziario dell’ulteriore circostanza richiamata dalla Prefettura di Foggia a fondamento del provvedimento di divieto, relativa all’applicazione a carico del ricorrente della misura cautelare del divieto di avvicinamento mediante braccialetto elettronico a tutela della persona offesa, identificandosi quest’ultima proprio nella proprietaria dell’automobile (intenzionalmente) danneggiata.

Ebbene, non può negarsi che, nella prospettiva preventiva che caratterizza l’esercizio dei poteri de quibus, l’Amministrazione abbia ragionevolmente ritenuto che la suddetta condotta fosse espressiva di una personalità che non rifugge dall’impiego di mezzi offensivi al fine di recare pregiudizi a terzi, con la conseguente compromissione della garanzia che dalla disponibilità ed uso delle armi non debba derivare alcun pericolo per l’incolumità e la sicurezza dei cittadini.

Né può attribuirsi rilievo decisivo, in senso contrario, al fatto che l’interessato è destinatario della sola denuncia, non essendosi pervenuti ad alcun accertamento definitivo della sua responsabilità, non potendo escludersi che la citata informativa dei Carabinieri, per lo stesso carattere qualificato della fonte e le notizie dettagliate in essa recate (documentate finanche attraverso la registrazione effettuata dal sistema di videosorveglianza della vicina Parrocchia), rappresenti una utile ed affidabile base istruttoria da cui l’Amministrazione ha attinto gli elementi necessari al compimento delle sue valutazioni: conclusione che trova conferma nel disposto dell’art. 282-quater, comma 1, c.p.p., in ossequio al quale i Carabinieri hanno notiziato il Prefetto di Foggia circa la condotta ascritta all’interessato, a mente del quale “i provvedimenti di cui agli articoli 282-bis e 282-ter (ovvero, appunto, quelli che dispongono il divieto di avvicinamento alla persona offesa, n.d.e.) sono comunicati all’autorità di pubblica sicurezza competente, ai fini dell’eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni”.

Del resto, il ricorrente omette di formulare alcuna allegazione atta a smentire il fondamento fattuale del provvedimento impugnato o ad inficiare la rilevanza sintomatica della condotta da esso richiamata.

Né il quadro istruttorio e valutativo sullo sfondo del quale è stato adottato il provvedimento impugnato può ritenersi inficiano dalla mancata considerazione della successiva revoca della suddetta misura cautelare, disposta dal GIP presso il Tribunale di Foggia in data 30 gennaio 2024, essendosi il ricorrente limitato a versare in atti il dispositivo del provvedimento, precludendo a questo Giudice di apprezzare le ragioni per il quali il giudice penale ha revocato la misura di divieto e la loro incidenza sulla valutazione di pericolosità formulata, sulla base della sua originaria imposizione, nei confronti del ricorrente.

Quanto al motivo di appello diretto a censurare la sentenza appellata nella parte in cui ha respinto il motivo del ricorso introduttivo del giudizio con il quale veniva lamentata la mancata attuazione del contraddittorio nell’ambito del procedimento finalizzato all’adozione del provvedimento di divieto di detenzione di armi e munizioni, sulla scorta della inidoneità dell’eventuale contributo partecipativo ad influire sull’esito del procedimento medesimo, deve osservarsi che l’appellante deduce, da un lato, che la sua partecipazione procedimentale avrebbe consentito di informare la Prefettura della avvenuta revoca della suddetta misura cautelare, dall’altro lato, che la rappresentazione del suddetto fatto sopravvenuto, insieme alla risultanze del casellario giudiziario ed alla mancanza di motivazione del provvedimento di revoca circa il mancato accoglimento delle osservazioni del ricorrente, avrebbero indotto la Prefettura ad escludere la pericolosità sociale dell’interessato.

Il motivo non può essere accolto. Da un lato, infatti, si è già detto che la produzione solo parziale del provvedimento del GIP non consente di valutare l’incidenza dello stesso sulla valutazione prognostica effettuata dalla Prefettura. Dall’altro lato, l’assenza di precedenti penali non è idonea ad escludere l’oggettivo valore sintomatico della condotta contestata, mentre la dedotta carenza motivazionale attiene ad un provvedimento – quello di revoca della licenza di polizia – successivo a quello di divieto, cui si riferisce la censura in esame.

Infondate sono anche le doglianze riproposte, perché non espressamente esaminate dal T.A.R..

Quanto a quella intesa a lamentare la mancanza di motivazione del provvedimento di revoca in ordine al non accoglimento delle osservazioni procedimentali del ricorrente, è sufficiente osservare che il suo carattere vincolato, in quanto conseguente al propedeutico provvedimento di divieto (posto in evidenza anche dalla sentenza appellata, laddove afferma che il suddetto atto “si pone come logica conseguenza di quello del Prefetto di divieto di detenzione di armi e munizioni”), consente di fare applicazione della clausola sanante di cui all’art. 21-octies, comma 2, primo periodo l. n. 241/1990.

Infondata è anche la censura con la quale il ricorrente lamentava l’erronea indicazione del numero di protocollo del provvedimento di divieto nell’ambito di quello di revoca, dal momento che la relatio operata dal Questore al contenuto del primo consente di elidere ogni dubbio in ordine all’atto richiamato, degradando la circostanza allegata a mera irregolarità di ordine formale.

L’entità dell’attività difensiva dell’Amministrazione nel giudizio di appello giustifica la compensazione delle spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello n. 6336/2024, lo respinge.

Spese del giudizio di appello compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 novembre 2024 con l’intervento dei magistrati:

Rosanna De Nictolis, Presidente

Nicola D'Angelo, Consigliere

Ezio Fedullo, Consigliere, Estensore

Giovanni Tulumello, Consigliere

Angelo Roberto Cerroni, Consigliere