Corte costituzionale sent.217 del 29 novembre 2018
Oggetto: Caccia - Norme della Regione Abruzzo - Disposizioni sul controllo della fauna selvatica - Attuazione dei piani di abbattimento - Previsione che consente la partecipazione dei cacciatori iscritti o ammessi agli ambiti territoriali di caccia [ATC] interessati, nominativamente segnalati dai comitati di gestione.
Dispositivo: illegittimità costituzionale parziale

SENTENZA N. 217

ANNO 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Giorgio LATTANZI; Giudici : Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 44, commi 2 e 6 (recte: lettera c) della legge della Regione Abruzzo 28 gennaio 2004, n. 10 (Normativa organica per l’esercizio dell’attività venatoria, la protezione della fauna selvatica omeoterma e la tutela dell’ambiente), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, nel procedimento vertente tra l’Ente nazionale protezione animali Onlus (ENPA) e altri e la Provincia di Teramo e altri, con ordinanza del 29 gennaio 2018, iscritta al n. 50 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visti l’atto di costituzione, fuori termine, dell’Ente nazionale protezione animali Onlus (ENPA) e altri, nonchè l’atto di intervento della Federazione Italiana della Caccia e altro;

udito nella camera di consiglio del 24 ottobre 2018 il Giudice relatore Silvana Sciarra.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 29 gennaio 2018, il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 44, commi 2 e 6 (recte: lettera c), della legge della Regione Abruzzo 28 gennaio 2004, n. 10 (Normativa organica per l’esercizio dell’attività venatoria, la protezione della fauna selvatica omeoterma e la tutela dell’ambiente), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

1.1.– Il giudice rimettente premette di essere stato adito dall’Ente nazionale protezione animali Onlus (ENPA), dalla Lega antivivisezione Onlus Ente Morale (LAV), nonché dalla Lega nazionale per la difesa del cane (LNDC), per ottenere l’annullamento della delibera del Presidente della Provincia di Teramo del 10 marzo 2016, n. 92 (Caccia pesca micologia – approvazione piano di controllo triennale 2016/18 delle popolazioni di volpe), con cui la Provincia di Teramo ha adottato il piano di controllo triennale 2016/2018 delle popolazioni delle volpi.

In particolare, il TAR Abruzzo ritiene che, fra i vari motivi di ricorso, l’unico dotato di fondamento sia quello relativo alla dedotta violazione dell’art. 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della sauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio). Tale articolo stabilisce, infatti, che l’attuazione dei piani di abbattimento delle specie animali è affidata alle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali, che possono avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi su cui vengono realizzati i medesimi piani, purché muniti di licenza per l’esercizio venatorio, ma non anche dei cacciatori che non siano né proprietari né conduttori dei fondi interessati, come, viceversa, previsto nella delibera impugnata.

Tale delibera – ricorda il rimettente - è stata, tuttavia, adottata in attuazione dell’art. 44 della legge della Regione Abruzzo n. 10 del 2004, che, al comma 4 (recte al quinto periodo del comma 2), statuisce che le guardie venatorie, nel dare attuazione ai predetti piani di abbattimento, «possono avvalersi», tra l’altro, anche «dei cacciatori iscritti o ammessi agli ATC [Ambiti territoriali di caccia] interessati nominativamente segnalati dai comitati di gestione», annoverati, al comma 6, fra coloro che attuano tali piani.

L’art. 44, commi 2 e 6, della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2004, «nella parte in cui prevede che “I soggetti attuatori possono avvalersi (…) dei cacciatori iscritti o ammessi agli ATC interessati nominativamente segnalati dai comitati di gestione” e che “I piani di cui al presente articolo sono attuati: (…) c) dai cacciatori iscritti negli ATC interessati nominativamente segnalati dal comitato di gestione”», si porrebbe, quindi, in contrasto con la norma statale, determinando, ad avviso del giudice a quo, una riduzione del livello minimo e uniforme di tutela dell’ambiente prescritto dal legislatore statale nell’esercizio della sua competenza esclusiva (ex art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.) e quindi una lesione di quest’ultima, dato che, come già riconosciuto dalla Corte costituzionale, «l’elenco contenuto nella norma statale, con riguardo alle persone abilitate all’attività in questione, è tassativo» (sentenze n. 139 del 2017, n. 107 del 2014 e n. 392 del 2005; ordinanza n. 44 del 2012).

Pertanto, il TAR Abruzzo solleva questione di legittimità costituzionale del citato art. 44 e ne motiva la rilevanza adducendo che, ove essa venisse accolta, comporterebbe l’accoglimento del ricorso proposto avverso la delibera n. 92 del 2016 per violazione dell’art. 19 della legge n. 157 del 1992.

1.2.– L’ENPA, la LAV e la LNDC hanno depositato atto di costituzione in data 13 aprile 2018 e dunque oltre il termine consentito.

1.3.– Le parti resistenti nel giudizio principale (Provincia di Teramo, ATC Vomano Fino e ATC Salinello) non si sono costituite nel giudizio innanzi alla Corte costituzionale.

1.4.– Con atto, depositato in data 9 aprile 2018, e successiva memoria, depositata il 26 settembre 2018, la Federazione italiana della caccia (FIDC) e il sig. M.F. hanno chiesto che la Corte dichiari ammissibile il proprio intervento sulla base dell’assunto che gli iscritti alla medesima federazione, così come il sig. M.F., cacciatore, sarebbero titolari di un interesse qualificato e diretto a difendere la norma regionale sospettata di illegittimità costituzionale, che riguarderebbe lo status dei cacciatori, in quanto iscritti agli ATC Vomano Fino e Salinello), parti del giudizio a quo non costituitesi nel giudizio innanzi alla Corte costituzionale, e in quanto cacciatori “formati” e abilitati a partecipare agli interventi di contenimento e ai piani di abbattimento delle specie di fauna in esubero e/o “opportuniste” a seguito della partecipazione ad appositi corsi e del superamento dei relativi esami finali organizzati dalla medesima federazione. A ulteriore dimostrazione dell’ammissibilità dell’intervento nel giudizio davanti alla Corte costituzionale della FIDC e del sig. M.F., viene richiamata la circostanza che al Comitato faunistico-venatorio nazionale di cui all’art. 8 della legge n. 157 del 1992, composto, fra l’altro, «da un rappresentante per ogni associazione venatoria nazionale riconosciuta», sono conferiti compiti di organo tecnico consultivo per tutto quello che concerne l’applicazione della medesima legge, cosicché si configurerebbe una partecipazione della federazione, per il tramite di un suo rappresentante, al procedimento di formazione della normativa di applicazione, in sede locale, della legge n. 157 del 1992.

Considerato in diritto

1.– Il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo dubita, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 44, commi 2 e 6 (recte: lettera c), della legge della Regione Abruzzo 28 gennaio 2004, n. 10 (Normativa organica per l’esercizio dell’attività venatoria, la protezione della fauna selvatica omeoterma e la tutela dell’ambiente),

L’art. 44 è censurato là dove, al quinto periodo del comma 2, statuisce che le guardie venatorie, nel dare attuazione ai piani di abbattimento di specie di fauna selvatica, «possono avvalersi», tra l’altro, anche «dei cacciatori iscritti o ammessi agli ATC [Ambiti territoriali di caccia] interessati, nominativamente segnalati dai comitati di gestione», annoverati, alla lettera c) del comma 6, fra coloro che attuano tali piani, in contrasto con l’art. 19, comma 2, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio). Quest’ultimo, infatti, stabilisce che, nell’attuazione dei piani di abbattimento delle specie di fauna selvatica, le guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali possono avvalersi solo dei proprietari o conduttori dei fondi su cui vengono realizzati i medesimi piani, che siano cacciatori, ma non anche dei cacciatori che non siano né proprietari, né conduttori dei citati fondi.

La disciplina dettata dalla norma regionale determinerebbe, pertanto, una riduzione del livello minimo e uniforme di tutela dell’ambiente prescritto dal legislatore statale nell’esercizio della sua competenza esclusiva (ex art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.) e quindi una lesione di quest’ultima.

2.– In linea preliminare, deve essere dichiarato inammissibile l’intervento della Federazione italiana della caccia (FIDC) e del sig. M.F., che non sono parti del giudizio principale.

2.1.– Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, nei giudizi incidentali di legittimità costituzionale, l’intervento di soggetti estranei al giudizio principale è ammissibile, ai sensi dell’art. 4, comma 3, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, soltanto per i terzi titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura (ex plurimis, sentenza n. 194 del 2018 e relativa ordinanza letta all’udienza del 25 settembre 2018; sentenza n. 120 del 2018 e relativa ordinanza letta all'udienza del 10 aprile 2018, sentenze n. 77 del 2018 e n. 275 del 2017).

La FIDC e il sig. M.F., oltre a non essere parti del giudizio principale, non sono titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio, ma di un interesse riflesso all’accoglimento della questione, in quanto assoggettati alla norma regionale censurata.

Né la FIDC, né il sig. M.F. vantano una posizione giuridica suscettibile di essere pregiudicata immediatamente e irrimediabilmente dall’esito del giudizio incidentale, dato che il rapporto sostanziale dedotto in causa, lungi dal riguardare genericamente lo status dei cacciatori, riguarda la Regione, ente di programmazione e coordinamento della pianificazione faunistico-venatoria, la Provincia, e la sua competenza di pianificazione faunistico-venatoria, e gli Ambiti territoriali di caccia (ATC), individuati dalla legge n. 157 del 1992 (art. 14, comma 1) quali «ripartizioni del territorio agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata», cui è affidato l’esercizio di attività istituzionali connesse alla suddetta pianificazione.

3.– Nel merito, la questione è fondata.

Questa Corte, in pronunce rese su norme di leggi regionali di contenuto sostanzialmente corrispondente alla norma regionale abruzzese oggetto del presente giudizio, ha affermato che «l’elenco contenuto nella norma statale, con riguardo alle persone abilitate all’attività in questione [di realizzazione dei piani di abbattimento della fauna selvatica], è tassativo» (sentenza n. 139 del 2017) e che «una sua integrazione da parte della legge regionale riduce il livello minimo e uniforme di tutela dell’ambiente» (sentenza n. 139 del 2017; nello stesso senso, sentenze n. 174 del 2017 e n. 107 del 2014; ordinanza n. 44 del 2012).

L’art. 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992, ad oggi rimasto immutato, nel disciplinare l’abbattimento della fauna nociva, prevede che «[l]e regioni per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l’utilizzo di metodi ecologici su parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica. Qualora l’Istituto verifichi l’inefficacia dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali. Queste ultime potranno altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l’esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza per l’esercizio venatorio».

Questa Corte ha già avuto modo di rilevare che la norma richiamata non attiene alla caccia, poiché disciplina un’attività, l’abbattimento di fauna nociva, che non è svolta per fini venatori, ma «a fini di tutela dell’ecosistema» (sentenza n. 392 del 2005), com’è dimostrato dal fatto che è presa in considerazione dalla norma statale solo come extrema ratio, dopo che i metodi ecologici non sono risultati efficaci.

Nella parte in cui ha introdotto un elenco tassativo di soggetti autorizzati all’esecuzione di tali piani di abbattimento, in cui, diversamente da quanto era precedentemente previsto, non sono compresi i cacciatori che non siano proprietari o conduttori dei fondi interessati dai piani medesimi, essa mira a «evitare che la tutela degli interessi (sanitari, di selezione biologica, di protezione delle produzioni zootecniche, ecc.) perseguiti con i piani di abbattimento trasmodi nella compromissione della sopravvivenza di alcune specie faunistiche ancorché nocive» (sent. n. 392 del 2005), in linea, peraltro, con la più rigorosa normativa europea in tema di protezione delle specie selvatiche (direttiva 79/409/CEE) del Consiglio, concernente la conservazione degli uccelli selvatici.

La norma regionale censurata, nella parte in cui estende a tutti i «cacciatori iscritti o ammessi agli ATC interessati, nominativamente segnalati dai comitati di gestione», la possibilità di partecipare alla realizzazione dei suddetti piani di abbattimento, altera il contemperamento di interessi delineato dal legislatore statale nell’art. 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992, che realizza uno standard minimo uniforme di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, e conseguentemente viola la relativa sfera di competenza statale.

Deve, pertanto, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 44 della legge regionale n. 10 del 2004, nella parte in cui, al quinto periodo del comma 2, statuisce che le guardie venatorie, nel dare attuazione ai piani di abbattimento di specie di fauna selvatica, «possono avvalersi», tra l’altro, anche «dei cacciatori iscritti o ammessi agli ATC interessati, nominativamente segnalati dai comitati di gestione», e annovera questi ultimi, alla lettera c) del comma 6, fra coloro che attuano tali piani.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibile l’intervento della Federazione italiana della caccia e del sig. M.F.;

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 44, comma 2, quinto periodo, limitatamente alle parole «e dei cacciatori iscritti o ammessi agli ATC interessati, nominativamente segnalati dai comitati di gestione», e comma 6, lettera c), della legge della Regione Abruzzo 28 gennaio 2004, n. 10 (Normativa organica per l’esercizio dell’attività venatoria, la protezione della fauna selvatica omeoterma e la tutela dell’ambiente).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 ottobre 2018.