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Sez. 3, Sentenza n. 33281 del 03/08/2004 (Cc. 24/06/2004 n.00860 ) Rv. 229010
Presidente: Savignano G. Estensore: Novarese F. Imputato: Datola. (Conf.)
(Annulla con rinvio, Trib. Catania, 21 novembre 2003).
SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Reato di cui all'art. 51 D.Lgs. n. 22 del 1997 - Confisca del mezzo di trasporto - Appartenente a terzo estraneo al reato - Condizioni - Limiti.
CON MOTIVAZIONE

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Massima (fonte CED Cassazione)
In tema di gestione di rifiuti, a seguito della condanna per il reato di trasporto di rifiuti in difetto di autorizzazione, di cui all'art. 51 del D. Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, non è applicabile la confisca dei mezzi di trasporto appartenenti a terzi estranei al reato a condizione che nei loro confronti non si individui la violazione di obblighi di diligenza e che siano pertanto in buona fede, intesa, quest'ultima come assenza di condizioni che rendano probabile a loro carico un qualsivogli addebito di negligenza da cui sia derivata la possibilità dell'uso illecito della cosa e senza che esistano collegamenti, diretti o indiretti, ancorché non punibili, con la consumazione del reato. (Nell'occasione la Corte ha ulteriormente precisato come incomba sul terzo che chiede la restituzione del bene la dimostrazione rigorosa degli indicati presupposti).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. SAVIGNANO Giuseppe - Presidente - del 24/06/2004
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - SENTENZA
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - N. 860
Dott. NOVARESE Francesco - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. AMEDEO Franco - Consigliere - N. 7491/2004
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DATOLA FILIPPO SALVATORE n. a Piazza Amerina il 5 luglio 1957;
avverso l'ordinanza del Tribunale di Catania sezione distaccata di Belpasso del 21 novembre 2003;
Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. F. Novarese;
lette la requisitoria scritta dal Pubblico Ministero che ha concluso per: annullarsi con rinvio l'ordinanza.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Datola Filippo Salvatore ha proposto ricorso per Cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale di Catania sezione distaccata di Belpasso in sede esecutiva, emessa in data 21 novembre 2003, con la quale veniva rigettata la richiesta di restituzione di un autocarro di sua proprietà, oggetto di confisca in un processo a carico di persone diverse dall'attuale ricorrente, imputate di smaltimento e raccolta di rifiuti senza autorizzazione, deducendo quali motivi la violazione dell'art. 240 c.p. e dell'art. 53 d. l. vo n. 22 del 1997, poiché la confisca del mezzo, sebbene obbligatoria, non può estendersi al terzo estraneo al reato e proprietario.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il motivo addotto appare fondato, sicché l'impugnata sentenza deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Catania. Infatti, l'art. 53 d. l. vo n. 22 del 1997 e s. m., seguendo un trend legislativo proprio della disciplina penale speciale dalla materia del contrabbando di t.l.e. al commercio dei falsi d'arte, prevede per il trasporto illecito di rifiuti di cui agli artt. 51 e 52 d. l. vo cit., in caso di condanna, anche in base al rito alternativo previsto dall'art. 444 c.p.p., la confisca obbligatoria del mezzo di trasporto. Occorre preliminarmente affrontare la questione relativa alla qualificazione giuridica di detta confisca, ritenuta costituire una "pena" in una recente pronuncia di questa Corte (Cass. sez. 3^ 15 marzo 2002 n. 10900, Pierobon rv. 221271) per escludere ogni contrasto con la legge delega (n. 146 del 1994), che, secondo quel ricorrente prevedeva solo sanzioni penali o amministrative ex art. 2 e non l'applicazione di misure di sicurezza, mentre chiaramente l'art. 36 l. ult. cit. si riferisce genericamente a "misure volte alla prevenzione .. del danno ambientale secondo le norme vigenti in materia", fra le quali può includersi detta misura di sicurezza patrimoniale, a parte l'esatta considerazione della citata decisione secondo cui "nella delega conferita al Governo ad emettere sanzioni penali o amministrative di qualsiasi natura, al fine di dare attuazione alle predette direttive comunitarie, deve ritenersi implicita, la facoltà di disporre misure meno afflittive, quali quelle di sicurezza patrimoniale, finalizzate alla realizzazione del medesimo scopo per il quale è stata disposta la delega", indipendentemente dal più volte affermato ambito di attuazione da parte del delegato (Corte Cost. sent. n. 355 del 1993 ed ord. n. 134 del 2003).
Peraltro, il frequente ricorso alla confisca nella legislazione speciale ha generato una metamorfosi di questo istituto, considerato sempre più come strumento repressivo, afflittivo e sanzionatorio per rimuovere tutto quanto risulti funzionale al fenomeno cui accede invece di misura preventiva per eliminare "le cose che, provenendo da fatti illeciti penali o in alcuna guisa collegandosi alla loro esecuzione, manterrebbero viva l'idea e l'attrattiva del delitto" (Rei. Prel. cod. pen. 1930), ma, nel contempo, accentuata la valenza generalpreventiva ed affittiva della confisca, proprio la sua fisionomia ibrida e polivalente finisce per l'eccletismo funzionale a dover essere qualificata ancora come misura di sicurezza patrimoniale, soprattutto nei casi in cui il precetto assume le cadenze proprie di detta misura e non esista nella normativa amministrativa un'identica sanzione irrogata da differente autorità (ex. gr. la confisca nella lottizzazione abusiva).
Qualificata detta confisca come misura di sicurezza, bisogna esaminare i rapporti con l'istituto contemplato in generale dall'art. 240 c.p., evidenziando la trasformazione di detta misura da facoltativa ad obbligatoria, pur concernendo cose che servirono o furono destinate a commettere il reato con una presunzione iuris et de iure del legislatore di pericolosità, derivante dal mantenimento della cosa stessa da parte del condannato, sicché si palesa una funzione preventiva di ulteriori danni. Ritenuta per espresso dettato legislativo la misura di sicurezza patrimoniale obbligatoria, occorre affrontare la rilevante problematica circa l'applicabilità dei commi terzo e quarto dell'art. 240 c.p. a questa confisca stabilita dalla legislazione speciale.
A tal riguardo un'interpretazione costituzionalmente orientata (cfr. fra (ante Corte Cost. n. 2 del 1987, n. 229 del 1974, n. 1 del 1997 e n. 78 del 2001) impone di escludere, in ossequio al principio della personalità della responsabilità penale, la misura della confisca obbligatoria, qualora la cosa appartenga, non necessariamente a titolo di proprietà o in base ad un diritto reale di godimento, ad un terzo estraneo, che non abbia violato alcun obbligo di diligenza e sia, quindi, in buona fede, intesa quest'ultima come assenza di condizioni che rendano profilabile a suo carico un qualsivoglia addebito di negligenza da cui sia derivata la possibilità dell'uso illecito della cosa e senza che esista alcun collegamento diretto o indiretto, ancorché non punibile, con la consumazione di esso, incombendo a chi richiede la restituzione la rigorosa dimostrazione di questi presupposti, secondo quanto richiesto dalla giurisprudenza costituzionale su richiamata e da quella di legittimità in fattispecie analoghe (cfr. Cass. sez. 3^ 10 ottobre 2002 n. 33941, Kilerci rv. 222276; Cass. sez. 3^ 20 maggio 2003 n. 22065, Mascheroni rv. 224486; Cass. sez. 1^ 8 maggio 2001 n. 18664, Hu Jianhong rv. 219304 e Cass. sez. 1^ 31 gennaio 2001 n. 3792, Semeraro rv. 218045). Il collegamento della confisca obbligatoria "speciale" ad una sentenza di condanna o di patteggiamento e l'espressa previsione contenuta nel quarto comma dell'art. 240 c.p. dell'appartenenza della cosa ad un estraneo fanno sì che la pretesa sanatoria non assuma rilievo nella fattispecie, perché inapplicabile, tanto più che, nella materia ambientale a differenza di quella urbanistica, non esiste alcuna rilevanza penale di detto istituto, sicché una successiva iscrizione all'albo dei i trasportatori di rifiuti non escluderebbe la confisca del mezzo.
La soluzione accolta, peraltro, non muterebbe ove si ritenesse la confisca come pena criminale atipica o pena accessoria, giacché sarebbe sempre collegata alla condanna, sicché sarebbe escluso il terzo estraneo, e nemmeno ove fosse ritenuta sanzione amministrativa, in quanto non sarebbe applicabile alla cosa appartenente ad un terzo estraneo incolpevole (cfr. Corte Cost. n. 345 del 1991 in tema di acquisizione di area di sedime della costruzione abusiva). Il riferimento alla differente formulazione dell'ipotesi di confisca obbligatoria dell'area sulla quale è stata realizzata la discarica, in cui è espressamente richiesta la proprietà o almeno la comproprietà, non sembra poter far propendere per l'esegesi avanzata dal Tribunale etneo, in quanto si profilerebbe un contrasto con l'art. 27 della Costituzione e con la pacifica giurisprudenza costituzionale sul punto su richiamata, anche perché la sciatteria legislativa ed un'ermeneusi ad litteram porterebbero "ex adverso" ad escludere la natura obbligatoria della confisca di cui all'art. 51 terzo comma d. l. vo n. 22 del 1997 e s. m. e la possibilità di applicarla alle società, ai comproprietari ed a chi ne ha la disponibilità ed in maniera colpevole ne ha consentito la realizzazione in contrasto con le ragioni ispiratrici di entrambe queste misure di sicurezza patrimoniali speciali, che depongono per la natura obbligatoria di quest'altra e per l'applicazione nei confronti dei soggetti su indicati.
Tuttavia il giudice dell'esecuzione in sede di rinvio dovrà accertare in maniera rigorosa se chi assume che la cosa gli appartenga non solo abbia un titolo legittimo, ma non sia coinvolto, direttamente o indirettamente, per negligenza o per colpevole tolleranza nel fatto illecito, ancorché non sia punibile e non sia stato imputato, cioè se si tratti di un terzo effettivamente estraneo, a cui carico non sia profilabile un qualsivoglia addebito di negligenza che abbia agevolato la possibilità dell'uso illecito della cosa, incombendo a chi richiede la restituzione la rigorosa dimostrazione di questi presupposti.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Catania. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 giugno 2004. Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2004