TAR Liguria sent. n.833 del 9 giugno 2004
Cattura con gabbie ed abbattimento di cinghiali in Parco naturale regionale : un recente pronunciamento di primo grado della magistratura amministrativa . Con nota di A. ATTURO
Recente sentenza del TAR Liguria n. 833 del 2004, con cui , in relazione ad un piano di abbattimento di cinghiali per il controllo della popolazione di questa specie, da attuarsi con l’impiego di gabbie-trappola e successivo abbattimento dei capi catturati, i giudici amministrativi hanno disposto l’annullamento del piano stesso.
Il TAR , nelle motivazioni, ha focalizzato la propria attenzione alcuni aspetti ritenuti dirimenti ,tra cui:
- la correlazione tra il numero dei capi da abbattere ed i dati disponibili in materia di danni causati dalla specie alle produzioni agricole;
- l’assenza del preliminare monitoraggio, necessario al fine di riconoscere alla successiva determinazione il carattere della selettività;
- la dubbia selettività del piano (approvato ai sensi dell’art. 22, comma sesto,della Legge Quadro sulle Aree Protette n. 394/91, e della legge regionale attuativa) rilevata dalle modalità di abbattimento indiscriminato collegato alla cattura, sia dalla previsione del diretto affidamento della gestione delle trappole e delle gabbie ai proprietari dei diversi fondi, nonché dell’attribuzione della carne dell’animale ucciso agli stessi proprietari, senza alcun controllo di carattere quantomeno sanitario.
Augusto Atturo
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REPUBBLICA ITALIANA R.G.R. 1224/2003
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 883 SENT.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sezione prima, ANNO 2004
composto dai Magistrati:
- Renato Vivenzio - Presidente
- Raffaele Prosperi - Consigliere
- Davide Ponte – I° Referendario - rel. est.
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso n. 12242003 R.G. proposto da ENTE NAZIONALE PROTEZIONE ANIMALI - EN.P.A. sezione di Camogli; ASSOCIAZIONE LEGAMBIENTE - CIRCOLO TIGULLIO VERDE; ASSOCIAZIONE VERDI AMBIENTE E SOCIETA' - V.A.S., in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avv. D. Granara, con domicilio eletto in GENOVA, via alla porta degli archi n. 10/27-28;
contro
ENTE PARCO di PORTOFINO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. R. Mottola, con domicilio eletto in GENOVA, p.zza Dante n. 10/10 presso lo studio legale Svampa;
e con l'intervento ad adiuvandum
di ITALIA NOSTRA ONLUS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. D. Granara, con domicilio eletto in GENOVA, via alla porta degli archi n. 10/27-28;
per l'annullamento
del decreto Presidenziale 25 luglio 2003, n.10, ratificato con deliberazione del Consiglio 15 settembre 2003, n.50, avente ad oggetto “Approvazione del Piano di controllo faunistico del Cinghiale 2003” nonchè per l’annullamento di ogni atto preparatorio, presupposto, inerente, conseguente e/o connesso e, in particolare; -del “piano di controllo del cinghiale 2003 a firma del Dott. Andrea Marsan” a ciò incaricato in forza di convenzione 23 dicembre 2002 e correlativo atto direttoriale 23 dicembre 2003; del parere, favorevole al suindicato “piano”, espresso dal Consiglio direttivo dell’Ente Parco il 21/7/2003;
visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Ente intimato;
visto l’atto di intervento ad adiuvandum;
visti gli atti tutti della causa;
designato relatore per la pubblica udienza del 27 maggio 2004 il giudice Dr. Davide Ponte;
uditi altresì i procuratori delle parti costituite;
ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con il gravame introduttivo del giudizio le associazioni odierne ricorrenti impugnavano gli atti relativi al piano di controllo del cinghiale per l’anno 2003, muovendo le seguenti censure:
- violazione degli artt. 22 c. 6 l. 39491 e 43 l.r. 1295, in quanto non è consentita la cattura a scopo di uccisione indiscriminata, priva dei necessari caratteri di selettività;
- violazione degli artt. 22 c. 6 l. 39491 e 43 l.r. 1295, eccesso di potere sotto i profili dell’illogicità, contraddittorietà, difetto di istruttoria e motivazione, violazione del principio di proporzionalità.
L’ente parco intimato, costituitosi in giudizio, chiedeva la declaratoria di inammissibilità ed il rigetto del gravame.
Con ordinanza cautelare n. 22004, all’esito dell’istruttoria disposta al fine di acquisire una relazione illustrativa, questo Tribunale amministrativo regionale disponeva la sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato.
Alla pubblica udienza del 2752004 la causa passava in decisione.
D I R I T T O
In via preliminare, la difesa dell’ente parco intimato ha eccepito l’inammissibilità del gravame in quanto diretto a censurare nel merito scelte altamente discrezionali in suscettibili di sindacato giurisdizionale.
L’eccezione, formulata peraltro in termini del tutto generici, è infondata sia in astratto, in quanto è lo stesso art. 113 della Costituzione a garantire che contro gli atti della pubblica amministrazione, evidentemente anche di carattere discrezionale, è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa, sia in concreto, dovendosi verificare la natura delle singole censure dedotte che, nel caso de quo, appaiono formulate in termini di illegittimità dei provvedimenti per violazione di legge ed eccesso di potere.
Sempre in via preliminare, pur in assenza di qualsiasi eccezione sul punto da parte della difesa dell’ente resistente, va dichiarato il difetto di legittimazione ad agire in capo all’associazione legambiente, circolo Tigullio verde, nonché all’ente protezione animali, sezione di Camogli, in quanto mere articolazioni locali di associazione ambientali riconosciute ed operanti a livello nazionale. Al riguardo, osserva il Collegio, la tradizionale opinione giurisprudenziale ritiene che le sezioni locali di un’associazione ambientalistica nazionale non siano legittimate a ricorrere in proprio avverso i provvedimenti suscettibili di arrecare danno ambientale (cfr. ad es. T.A.R. Trentino Alto Adige Bolzano, 27 ottobre 1994, n. 278). Questa stessa sezione ha avuto altresì modo di ribadire: in generale, che la legittimazione a ricorrere, ai sensi dell'art. 18, l. 8 luglio 1986 n. 349, non può, comunque, riconoscersi a favore delle rispettive sezioni locali o dei connessi organismi periferici (cfr. ad es. TAR Liguria sez. I 20 settembre 2002 n. 968 e T.A.R. Calabria sez. Catanzaro, 17 maggio 1999, n. 701); inoltre, in particolare, che il presidente di un'articolazione locale di un'associazione ambientalista riconosciuta difetta di legittimazione attiva, in specie laddove non risulti delegato alla proposizione del ricorso dall'organo rappresentante dell'associazione nazionale medesima (cfr. ad es. T.A.R. Liguria, sez. I, 26 novembre 2002, n. 1151).
Orbene, nel caso di specie il mandato difensivo risulta conferito direttamente dai rappresentanti di articolazioni locali, in assenza di una specifica delega del presidente nazionale; nel caso dell’E.n.p.a. lo stesso art. 8 dello Statuto, nell’assegnare al Presidente nazionale la rappresentanza legale dell’ente anche in giudizio, prevede la possibilità di delega solo per la firma dei rapporti contrattuali. Né appare essere stato fornito alcun elemento in base al quale ritenere altrimenti sussistenti i diversi indici di collegamento tali da ritenere operante, nel caso in esame, la prevalente opinione giurisprudenziale, a tenore della quale un ente privato è comunque legittimato a ricorrere in giudizio, indipendentemente dalla sua specifica natura giuridica, pur non compreso tra le associazioni individuate ai sensi dell’art. 13 della L. 349/1986, quando: persegua in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale; abbia un adeguato grado di stabilità; un sufficiente livello di rappresentatività; un area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato l’ambiente od il bene a fruizione collettiva che si assume leso.
Diversamente, la legittimazione ad agire va riconosciuta in capo all’altra associazione ricorrente, Verdi ambiente e società (VAS), quale soggetto di rilievo nazionale operante anche ai sensi della normativa di cui al combinato disposto degli art. 13 e 18 l. 349 del 1986.
Passando all’analisi del merito della controversia, avente ad oggetto l’impugnazione del piano di controllo del cinghiale per l’anno 2003, il ricorso appare fondato nei termini che seguono.
Nell’ambito delle finalità di conservazione e tutela delle aree protette regionali, premesso il generale divieto dell’attività venatoria, l’art. 22 l. 39491 prevede la possibilità di “eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici. Detti prelievi ed abbattimenti devono avvenire in conformità al regolamento del parco o, qualora non esista, alle direttive regionali per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'organismo di gestione del parco e devono essere attuati dal personale da esso dipendente o da persone da esso autorizzate scelte con preferenza tra cacciatori residenti nel territorio del parco, previ opportuni corsi di formazione a cura dello stesso Ente”.
A livello regionale, l’art. 43 l.r. 1295 prevede che “nelle riserve naturali e nelle aree classificate parco naturale, allo scopo di raggiungere e conservare l' equilibrio faunistico nell' ambito delle previste finalità dell' area protetta, sono ammessi interventi tecnici”, tra cui: abbattimenti selettivi di due tipi (qualitativi, sanitari e finalizzati alla conservazione delle specie, ovvero quantitativi, indirizzati al contenimento numerico dei capi in armonia con le potenzialità del territorio); catture (a scopo di ripopolamento con priorità per le aree protette, ovvero per utilizzazioni a scopo scientifico ai sensi delle vigenti leggi).
Nel caso di specie, diversamente, il piano approvato da luogo ad una cattura di capi in termini tutt’altro che selettivi, la cui estensione e le cui modalità appaiono incompatibili con le finalità di protezione delle aree protette, di cui anche la fauna costituisce parte integrante.
La violazione delle finalità dettate dalla normativa vigente in materia emerge, sia dalle modalità di abbattimento indiscriminato collegato alla cattura, sia dalla previsione del diretto affidamento della gestione delle trappole e delle gabbie ai proprietari dei diversi fondi, nonché dell’attribuzione della carne dell’animale ucciso agli stessi proprietari, senza alcun controllo di carattere quantomeno sanitario.
Anche da un punto di vista qualitativo e quantitativo il previsto indiscriminato abbattimento di cui al piano impugnato appare viziato nei termini dedotti: sotto il primo profilo è priva di adeguata valutazione la circostanza che i capi più facilmente catturabili sono quelli meno pericolosi, cioè le femmine ed i piccoli: sotto il secondo profilo, l’elevato numero di capi di cui è previsto l’abbattimento non trova adeguata rispondenza alla luce delle denunce di danni causati dagli stessi animali, diminuite sino al numero di una nell’anno 2003 (cfr. grafico n. 2 della relazione Marsan allegata al piano).
Più in generale, dall’analisi della documentazione versata in atti emerge l’assenza del preliminare monitoraggio, necessario al fine di riconoscere alla successiva determinazione il carattere della selettività.
Le rilevate incongruità non paiono superabili alla stregua delle valutazioni sottese alla relazione esplicativa acquisita in via istruttoria dall’istituto nazionale per la fauna selvatica, il cui carattere sostanzialmente integrativo conferma il difetto di adeguata e coerente motivazione delle scelte contenute nel piano impugnato. Al riguardo, va altresì ribadito il tradizionale orientamento a tenore del quale è da considerarsi inammissibile l'integrazione della motivazione di un atto amministrativo nel corso del giudizio amministrativo proposto per la verifica della legittimità dell'atto stesso (cfr. ad es. T.A.R. Basilicata, 7 luglio 2003, n. 689).
L'accoglimento del ricorso su questi punti dispensa il Collegio del prendere in esame gli ulteriori motivi di gravame. Le considerazioni sopra svolte, infatti, sono sufficienti a ritenere fondato il ricorso ed a disporre l'annullamento del provvedimento impugnato per le assorbenti considerazioni sopra svolte.
Sussistono giusti motivi per compensare interamente tra le parti spese ed onorari del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sez. int. I, definitivamente pronunciando: dichiara il difetto di legittimazione attiva di ente protezione animali, sezione di Camogli, e di associazione legambiente, circolo tigullio verde; accoglie il ricorso di cui in epigrafe e per l’effetto annulla l’atto impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Genova, nella Camera di Consiglio del 27 maggio 2004.
L’Estensore Il Presidente
D. Ponte R. Vivenzio