Rifiuti. Discarica esaurimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
N. 97/07 Reg.Dec.
N. 667 Reg.Ric.
ANNO 1998
ha pronunciato la seguente 
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 667/98 proposto da 
ORAZIO FRANCICA NAVA, ANTONINO PELLEGRINO, MICHELE SCAMMACCA DEL MURGO n.q. di 
procuratore di EMANUELE SCAMMACCA DEL MURGO, rappresentati e difesi 
dall’avvocato Pietro Paternini La Via, presso cui sono elettivamente domiciliati 
in Palermo, via Nicolò Turrisi, n. 59, presso lo studio dell’avvocato Salvatore 
Raimondi;
c o n t r o
il COMUNE DI MISTERBIANCO, in persona del sindaco pro tempore, non costituito;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Sicilia - sezione staccata di Catania (sez. I) 
- n. 1676 del 4 aprile - 3 settembre 1995.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il Consigliere Claudio Zucchelli;
Udito alla pubblica udienza del 29 novembre 2006 l’avvocato G. Rubino, su delega 
dell’avv. P. Paterniti La Via per l’appellante;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: 
F A T T O
Con decreto del Presidente del 6 marzo 1989, la Regione ha approvato il piano 
regionale di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti solidi urbani 
limitatamente alla localizzazione nel territorio del comune di Misterbianco.
Con deliberazione n. 1475 del 26 novembre 1992 fu conferito dal Comune di 
Misterbianco l’incarico tecnico preliminare per lo studio geologico, 
idrogeologico e geotecnico al fine della fattibilità della discarica.
Con deliberazione n. 41 del 1993 il Comune esprimeva, in sede consultiva, 
l'avviso per l’individuazione dell’area. La deliberazione era vistata dal 
CORECO.
Con le ordinanze nn. 99 e 100 dell’11 febbraio 1999 il Comune aveva disposto il 
conferimento dei rifiuti presso la discarica in contrada Ricupelli e la 
contestuale requisizione dei terreni interessati.
Le ordinanze nn. 99 e 100 furono poi annullate in sede di autotutela con il 
provvedimento sindacale n. 170 del 3 giugno 1994.
Con ordinanza n. 171 del 3 giugno 1994 il Sindaco del Comune di Misterbianco 
disponeva, per motivi di urgenza e tutela della pubblica igiene, la costituzione 
di una nuova discarica provvisoria nella medesima località, e la requisizione in 
uso dei terreni di proprietà degli attuali appellanti.
Avverso tutti gli atti citati gli attuali appellanti proponevano vari ricorsi al 
TAR di Catania lamentando:
1. La mancanza dell’avviso di procedimento;
2. La carenza di cui all’art. 12 d.p.r. 10 settembre 1992, n. 915 per 
l’utilizzazione delle speciali potestà derogatorie ivi previste.
3. Difetto di motivazione.
4. Incompetenza del sindaco alla emanazione della ordinanza di requisizione di 
spettanza del Prefetto ed in mancanza dei requisiti previsti per la sua 
competenza surrogatoria.
5. Eccesso di potere per violazione delle circolari dell’assessorato ambiente n. 
33288/X del 16 settembre 1986 e n. 65274 del 4 novembre 1992, del decreto 
assessorile n. 630 del 31 dicembre 1984 e delle norme tecniche in materia di 
discariche. Assenza delle indagini preventive.
6. Eccesso di potere per difetto di motivazione sulla scelta della area, 
illogicità e per insufficienza della istruttoria.
7. Pericolo della localizzazione della discarica, sita all’interno del corridoio 
di atterraggio dell’aeroporto di Catania.
Il Comune resisteva.
Con la sentenza di cui in epigrafe il TAR di Catania, riuniti i ricorsi, 
dichiarava l’inammissibilità, l’improcedibilità e l’infondatezza di essi.
I ricorsi avverso: l’approvazione del piano regionale di organizzazione dei 
servizi di smaltimento dei rifiuti, la delibera di conferimento dell’incarico 
preliminare di studio e la deliberazione con cui, in sede consultiva, si 
individuava l’area da proporre all’Assessorato per la realizzazione della 
discarica, sono inammissibili. Si tratta, infatti, di atti endoprocedimentali 
non immediatamente lesivi, poiché l'atto finale del procedimento, ai sensi 
dell’articolo 6, lettera b) del d.p.r. n. 915 del 1982, è costituito dal 
provvedimento regionale di individuazione delle zone.
Il ricorso avverso le deliberazioni comunali nn. 99 e 100 del 11 febbraio 1999 è 
improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse. I due atti, infatti, sono 
stati annullati in autotutela dal Comune con la deliberazione n. 170 del 3 
giugno 1994.
Infine i ricorsi avverso le ordinanze nn. 170 e 171 del 3 giugno 1994 sono 
infondati.
Osserva il TAR che:
1. Ai sensi dell’art. 8 secondo comma della legge regionale 30 aprile 1991, n. 
10 l’avviso di procedimento può essere omesso per esigenze di celerità, come 
nella fattispecie.
2. I requisiti dell'articolo 12 del d.p.r. n. 915 del 1982 sussistono perché, 
anche se difetta l’imprevedibilità, è presente la stringente urgenza per ragioni 
di pubblica salute e di pericolo incombente.
3. L’articolo 12 conferisce al sindaco una potestà autonoma in tema di ordinanze 
contingibili ed urgenti per la tutela della salute pubblica, al di là delle 
procedure proprie della requisizione dei terreni. Per altro la requisizione è un 
necessario antecedente dello smaltimento, quindi una conseguenza necessaria 
della individuazione delle aree e della autorizzazione urgente.
4. I provvedimenti sono ben motivati e preceduti da indagini geologiche e 
tecniche;
5. Anche la scelta della discarica temporanea è motivata;
6. Il rilievo circa la pericolosità della discarica per la navigazione aerea è 
generico e non tiene conto delle prescrizioni di sicurezza contenute nell’atto 
impugnato, né del fatto che l’area risulta comunque destinata a discarica per 
una superficie maggiore.
7. Lo sviamento di potere lamentato è solo indiziario e non provato.
Avverso la detta sentenza propongono appello i ricorrenti in primo grado 
lamentando, sinteticamente:
1. Non può essere esclusa l’applicazione dell'articolo 8 della legge regionale 
n. 10 del 1991 (avviso di procedimento, poiché non sussistono quelle particolari 
esigenze di celerità del procedimento che non consentano l’immediata 
comunicazione. Ed, infatti, l’esaurimento della discarica in uso era noto da 
tempo.
2. Carenza di presupposti ex articolo 12 d.p.r. n. 915 del 1982. Il 
provvedimento extra ordinem contemplato da detta norma rientra nel novero dei 
provvedimenti contingibili ed urgenti ed è legato alla impossibilità di 
fronteggiare l’emergenza (cds IV 29-2-96 n. 208) in ragione della accidentalità, 
imprescindibilità ed eccezionalità della situazione verificatasi e per 
l’assoluta necessità di porre in essere un intervento non rinviabile. Ciò 
indurrebbe altresì la violazione della circolare regionale che lega l’ordinanza 
a eventi eccezionali e non alla sostituzione del procedimento ordinario della 
legge regionale n. 67 del 1984.
3. L’apertura di una discarica provvisoria deve esser ben motivata, ma 
l’assessorato con nota del 22 aprile 1994 aveva già autorizzato il comune ad 
utilizzare la discarica di Catania.
4. Manca la motivazione sulla soluzione della discarica provvisoria.
5. L’articolo 12 attribuisce al sindaco il potere di emettere ordinanze 
contingibili ed urgenti al fine di disporre forme di smaltimento, ma non di 
requisire aree private. Per altro mancando, come prima lamentato, i requisiti 
eccezionali di assoluta necessità (CGA 30 marzo 1995 n. 97 cds IV 13-9-95, n. 
693, IV 28-3-94, n. 291).
6. Violazione della circolare regionale che chiede oltre alla indagine 
idrogeologica anche quella sui venti, il traffico etc. Nella specie vi è il 
pericolo per la vicinanza dell'aeroporto e la presenza di volatili attirati 
dalla discarica.
7. Manca il parere degli organi tecnici per individuare le necessarie 
infrastrutture.
8. Carenza di motivazione per individuazione della discarica provvisoria in 
relazione al pericolo per la navigazione aerea. L’area, dalle mappe catastali, 
risulta gravata da limitazioni aeree. Sul punto osservano che sussiste nota 
negativa della circoscrizione aeroportuale n. 1019/E9 del 9 luglio 1994.
9. Insistono sullo sviamento.
Il Comune non si è costituito.
D I R I T T O
Per esaminare compiutamente il ricorso in oggetto è opportuno premettere una 
breve disamina circa gli elementi della contingibilità, urgenza, eccezionalità, 
imprevedibilità e necessità che, sotto diversi profili, costituiscono i 
presupposti dei provvedimenti impugnati.
I termini contingente, contingibilità e contingibile, di uso arcaico ed ormai 
quasi esclusivamente confinato nel diritto pubblico, derivano dal latino cum 
tangěre e indicano un evento che può accadere imprevedibilmente. La 
contingibilità, cioè l’essere contingibile, è sinonimo di un’accidentalità, 
causalità. Indica, in sostanza, un accadimento che si pone fuori dell’ordinato e 
prevedibile svolgersi degli eventi, ma che, al contempo, si pone all’interno 
della catena di essi in maniera tale da risultare imprescindibile, vale a dire 
non altrimenti eludibile o evitabile. L’evento contingente richiede un 
intervento, un rimedio che sia tale da annullare la situazione eccezionale che 
si è verificata.
Della contingibilità, quindi, si deve predicare l’accidentalità e la causalità, 
cioè l'estraneità al percorso logico e razionale che ci si sarebbe potuti 
ragionevolmente attendere; l’eccezionalità, vale a dire il porsi, come 
eccezione, alla regola degli eventi, cioè, ancora, al dispiegarsi razionale di 
essi che la ragione e l’id quod plerumque accidit suggerisce e ci permette di 
attenderci; l’imprevedibilità, che è attributo naturale di un avvenimento il 
quale, proprio perché eccezionale, accidentale e casuale come detto, non può 
essere previsto. Sotto questo profilo occorre un approfondimento. Se per 
imprevedibile si intende solo un avvenimento la cui esistenza la mente umana non 
può ipotizzare, si tocca la categoria logica della impossibilità razionale. Ma 
l’imprevedibilità nel senso più comune che qui interessa, è qualcosa di meno, 
cioè è l’attributo di un evento altamente improbabile, ma anche di un evento 
possibile e perfino probabile, ma incerto sia nell’an, sia soprattutto nel 
quando. Un terremoto in una zona molto sismica e come tale riconosciuta è evento 
probabile, talvolta probabilissimo, in questo senso previsto, cioè 
ragionevolmente atteso, ma del tutto imprevedibile nel suo momento di 
accadimento. Come ci insegna la filosofia della scienza, la conoscenza di tali 
avvenimenti può essere di natura statistica, ma non sperimentale, sì che di essi 
non si può postulare la regola, cioè l’assoluta previsione della ripetibilità 
del fenomeno, ma solo la quantità percentuale della probabilità.
Il concetto di contingibilità, nel diritto pubblico, rinvia quindi ad un evento 
che, deviando dalla catena regolare, e regolata, degli avvenimenti non può 
essere affrontato che con strumenti anch’essi devianti rispetto alla catena 
regolare, e regolata, della attività amministrativa. Con strumenti, in sintesi, 
extra ordinem, là dove l’ordo cui si riferisce il brocardo non è l’ordinamento 
giuridico, ma l’ordine naturale dell’azione amministrativa. Di per sé anche 
l’intervento extra ordinem è pur sempre all’interno dell’ordinamento giuridico e 
da esso normato.
Si è detto che contingibilità si coniuga con intervento, ma solo nella misura in 
cui essa si accompagni alla urgenza. In questo senso urgenza possiede al 
contempo due significati: necessità e sveltezza. Necessità, perché l’evento 
contingente deve essere annullato solo se e quando determini l’insorgere di un 
interesse che non sarebbe nato se non si fosse verificato l’evento. Se l’evento 
contingente non determina un bisogno particolare, cioè se non richiede un 
intervento riparatore, non sussiste l’urgenza, cioè il bisogno, di intervenire. 
D’altra parte urgenza è altresì sveltezza nel provvedere, giacché l’improvviso 
bisogno può essere tale da danneggiare irreparabilmente l’interesse per il solo 
fatto del passare del tempo. Ciò non dipende dalla gravità dell’offesa, ma dalla 
sua natura intrinseca. Paradossalmente l’offesa massima della morte della 
persona o della distruzione della cosa può non richiedere un intervento urgente, 
proprio attesa la ormai irreparabilità del fatto e quindi l’inutilità di una 
qualsiasi misura potenzialmente riparatrice.
Questi principi, ormai abbondantemente approfonditi dalla secolare 
giurisprudenza del Consiglio di Stato, sono alla base del generale potere di 
ordinanza, così come di una serie di eccezioni al normale procedimento, le quali 
tutte sono accomunate da un criterio ermeneutico comune: esse inducono 
l’eccezione, cioè la deviazione, dall’ordine naturale del potere e 
dell’esercizio del potere amministrativo, sia sotto il profilo della competenza, 
sia nella procedura, sia nella potestà esercitata. Esse sono, quindi, di stretta 
interpretazione non solo con riferimento alle norme che le prevedono, ma anche 
degli eventi che le giustificano.
Di più, esse sono sempre di durata temporanea. La deviazione dall’ordinato 
procedimento o dall’ordinato riparto delle competenze e, di più, dall’ordinato 
dispiegarsi del rapporto autorità libertà, deve trovare soluzione nella misura 
ordinaria che l’ordinamento giuridico pone a disposizione per il soddisfacimento 
dell’interesse improvvisamente sorto alla ribalta in maniera contingibile.
Ciò premesso, giova analizzare brevemente la situazione di fatto dalla quale 
sarebbero scaturiti i fatti contingenti in ipotesi.
Il Comune di Misterbianco utilizzava discariche di rifiuti oggetto di precedenti 
procedimenti e provvedimenti, ed in particolare la discarica sita in contrada 
Sieli Ponderosa. Il provvedimento impugnato motiva l’esercizio del potere qui 
impugnato proprio in virtù dell’esaurimento della discarica stessa.
Orbene, è fin troppo evidente che l’esaurimento di un contenitore sottoposto a 
riempimento non è evento contingibile, ma anzi prevedibile e certo, oggetto di 
una conoscenza non meramente statistica, come sopra detto, ma addirittura 
scientifica, facilmente esplorabile con il ricorso a regole matematiche e 
appartenenti alla tecnica specifica, e quindi certo nell’an e ragionevolmente 
certo perfino nel quando.
Si suole ordinariamente affermare in giurisprudenza che l’urgenza non può essere 
addotta a giustificazione quando derivi da imprevidenza della amministrazione. 
L’affermazione è corretta, ma approfondendo logicamente il concetto, non è tanto 
l’imprevidenza o l’incapacità della amministrazione che rilevano, quanto il 
fatto che non avere posto rimedio preventivo ad una situazione il cui 
verificarsi era ragionevolmente da attendere esclude, sotto un profilo logico, 
in radice, il carattere della contingibilità.
Certamente non esclude l’urgenza di provvedere nella sostanza, ma certamente 
esclude l’urgenza nel procedimento. Ed anche in tal caso non perché 
l’amministrazione male si comporti, ma perché il ritardo nell’avvio di un 
procedimento esclude esso stesso, sempre sotto un profilo logico, l’esistenza 
della celerità la quale, se realmente esistente, avrebbe dovuto indurre 
l’amministrazione ad un’accelerazione preventiva della procedura.
Da quanto si è detto emerge con estrema chiarezza che il primo motivo di appello 
è fondato. In particolare si deve osservare che l’articolo 8 della legge 
regionale n. 10 del 1991 richiede “particolari esigenze di celerità” per 
autorizzare l’omissione dell’avviso di procedimento. L’uso dell’aggettivo 
"particolare" induce l’interprete a ritenere che quella urgenza di provvedere in 
termini strettissimi non è neppure ipotizzabile in un contesto normale, vale a 
dire che i fatti devono essere tali da determinare una tale necessità di avviare 
il procedimento da non sopportare alcun indugio. Va da sé che di tale 
particolare esigenza l'Amministrazione deve dare conto nel provvedimento. Nella 
specie, non solo ciò non è avvenuto, ma, di più, non sussistevano tali 
particolari esigenze atteso che anzi la partecipazione degli interessati avrebbe 
permesso una più approfondita comparazione degli interessi coinvolti.
Sulla stessa linea logica è da accogliere il secondo motivo di appello.
L’articolo 12 del d.p.r. n. 915 del 1982 (allora in vigore, ma oggi sostituito 
dall’articolo 191 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) attribuisce al 
Presidente della Regione o al Sindaco un potere extra ordinem strettamente 
connesso con la tutela della salute pubblica in relazione allo smaltimento dei 
rifiuti.
Si tratta di un’esplicazione specifica dell’usuale potere di emanazione di 
ordinanze contingibili ed urgenti, assai risalente nel nostro ordinamento poiché 
previsto in generale, originariamente, dall’articolo 55 del testo unico 
provinciale e comunale del 1915 e poi dall’articolo 38 del decreto legislativo 8 
giugno 1990, n. 142 in vigore all’epoca dei fatti di causa (ma ora sostituito 
dall’articolo 50 del decreto legislativo 18 agosto 200, n. 267). Un tale potere 
è stato sempre legato ai presupposti di fatto già esaminati. Per quanto si è 
sopra detto, però, la situazione di fatto nella fattispecie non corrispondeva a 
tali presupposti. Il TAR adombra un’interpretazione estensiva della norma, là 
dove ritiene che il potere sia demandato al Sindaco, quando il pericolo per la 
salute pubblica sia comunque insorto, e quindi costituisca, esso, evento 
contingibile cui porre rimedio. L’interpretazione non può essere condivisa. 
L’uso del termine “eccezionale … necessità” indica con chiarezza che la 
necessità si deve essere verificata per quella deviazione dall’ordine naturale 
delle cose che era lecito e ragionevole attendersi, mentre, nella specie, come 
si è detto, l’esaurimento della precedente discarica ed il verificarsi della 
situazione di pericolo erano ben prevedibili, ed anzi largamente attesi.
Per i medesimi motivi è altresì fondato il terzo motivo di ricorso, cui devono 
essere aggiunte le considerazioni che seguono.
L’articolo 12 del d.p.r. n. 915 citato attribuisce al sindaco una potestà extra 
ordinem, oltre che legata ai presupposti della contingibilità ed urgenza, anche 
limitata a disporre di particolari forme di smaltimento dei rifiuti. Che 
l’individuazione di una discarica sia una speciale forma di smaltimento dei 
rifiuti, prima ancora che la logica, lo esclude il linguaggio. In primo luogo 
perché avviare i rifiuti a discarica è una modalità ordinaria e non speciale; in 
secondo luogo perché individuare una forma speciale di smaltimento significa, 
appunto, dare disposizioni perché i rifiuti siano smaltiti in maniera differente 
dall’ordinario, e quindi l'esatto contrario della individuazione di una 
discarica ordinaria di smaltimento. Non ha pregio il ragionamento per cui 
l’individuazione di una discarica è presupposto per lo smaltimento, poiché 
inverte i termini logici di presupposto e susseguente, di causa ed effetto.
Ancora, si osservi che il provvedimento impugnato si appalesa illegittimo anche 
se lo si considera come espressione di un diverso potere di ordinanza 
contingibile ed urgente, quello cioè derivante dall'articolo 71 della legge 25 
giugno 1865, n. 2359 preordinata alla realizzazione dell’opera pubblica 
costituita dalla discarica (all’epoca in vigore, ma oggi trasfuso nell’articolo 
49 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 325). Per quanto non espressamente 
richiamato nel provvedimento impugnato, pur tuttavia esso ben potrebbe essere 
considerato, nella sostanza, come la base di un potere legittimamente 
esercitabile. Nella specie, però, oltre a difettare i requisiti della 
contingibilità ed urgenza come più volte ripetuto, difetta altresì la competenza 
del Sindaco. Alla eccezionalità della situazione contingibile, infatti, che può 
radicare il potere sindacale anziché prefettizio, manca l'ulteriore connotato di 
una “urgenza … tale da non consentire nemmeno l'indugio richiesto per fare 
avvertire il Prefetto ed il Sottoprefetto ed attenderne il provvedimento”, sul 
che non sembra debbano spendersi molte parole dato quanto si è più volte 
osservato.
Analogamente, ove si procedesse ai sensi dell'articolo 7 della legge 20 marzo 
1865, n. 2248, allegato E, il Sindaco potrebbe utilizzare il potere di 
requisizione di beni privati solo quando l’urgenza fosse tale da non permettere 
comunque l’intervento del prefetto (A.P. 11 novembre 1980, n. 47), quando, 
quindi, la necessità dell’intervento fosse ad horas.
Si deve ancora aggiungere, sul punto della urgenza di provvedere, che era stata 
posta a disposizione del Comune la discarica di Catania, come emerge dagli atti, 
sicché il provvedimento da un lato non è motivato sulla necessità di provvedere 
alla requisizione invece che utilizzare detta discarica, dall’altro indica 
chiaramente l’inesistenza della richiamata urgenza secondo i principi che si 
sono prima esposti.
Anche il quarto e il quinto motivo sono fondati. L’interferenza, o quanto meno 
il pericolo di interferenza, con la circolazione aerea erano stati sollevati 
anche dalla Circoscrizione aeroportuale di Catania con la nota n. 1019/E9 del 9 
luglio 1994, in atti. La circostanza è indice, quanto meno, di un eccesso di 
potere manifestato da una carente istruttoria, il che è confermato altresì dalla 
mancanza dei pareri e degli accertamenti tecnici richiesti dalle disposizioni 
regionali che il Comune ha del tutto omesso, evidentemente confidando nella 
sussistenza di quella contingibilità che avrebbe permesso l'esercizio di un 
potere del tutto extra ordinem.
Infondato, invece, è il sesto motivo di ricorso.
I ricorrenti desumono uno sviamento di potere dall’utilizzazione, da parte del 
Comune, di una procedura illegittima, attribuendo al Sindaco una pervicacia nel 
volere realizzare la discarica nei propri terreni.
Orbene, non è questo esattamente il vizio di eccesso di potere per sviamento. 
Tale figura sintomatica si ha quando il potere è utilizzato per il 
raggiungimento di un fine cui è preordinato un potere amministrativo diverso. 
Nella specie il Sindaco ha esattamente utilizzato un potere amministrativo, 
attraverso provvedimenti amministrativi, con la volontà esplicita di realizzare 
una discarica esattamente su tali terreni, e ciò, di per sé, non è affatto 
sintomo di uno sviamento. Potrà essere, come, in effetti è, un agire 
illegittimo, ma certamente cerca di raggiungere un fine per il quale gli 
strumenti da lui utilizzati sono esattamente preordinati.
Sembra di intuire che i ricorrenti adombrano un accanimento di natura personale, 
ma di ciò non danno alcuna prova, né avrebbero dovuto darla in questa sede, ma 
in quella penale, poiché ove una tale prospettazione fosse fondata si 
verterebbe, all'evidenza, nella fattispecie prevista e punita dall'articolo 323 
c.p., il che pare da escludere.
In definitiva l'appello deve essere accolto.
Le spese, seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P. Q. M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede 
giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo 
accoglie e per l’effetto accoglie anche il ricorso di primo grado.
Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese dei due gradi del 
giudizio che liquida in complessivi euro seimila, oltre ad IVA e accessori se 
dovuti.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione 
Siciliana, in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 29 novembre 
2006, con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Claudio 
Zucchelli, estensore, Pietro Falcone, Antonino Corsaro, Francesco Teresi, 
componenti.
F.to: Riccardo Virgilio, Presidente
F.to: Claudio Zucchelli, Estensore
F.to: Loredana Lopez, Segretario
Depositata in segreteria
2 marzo 2007
 
                    




