Consiglio di Stato Sez. VI n. 5765 del 4 luglio 2025
Danno ambientale.Natura solidale della responsabilità

La responsabilità per il danno ambientale, quale species di responsabilità aquiliana, ha natura solidale con la conseguenza che l’adempimento dell’obbligo risarcitorio, anche in forma specifica, può essere richiesto a ciascun corresponsabile, ferma restando la possibilità in capo al corresponsabile che abbia integralmente sostenuto le spese di rivalersi in capo agli altri corresponsabili in proporzione ai rispettivi contributi oggettivi e soggettivi di partecipazione.


Pubblicato il 04/07/2025

N. 05765/2025REG.PROV.COLL.

N. 02288/2024 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2288 del 2024, proposto da Speedline S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Fabrizio Magrì, Mattia Dalla Costa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Provincia Autonoma di Bolzano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Laura Fadanelli, Michele Purrello, Alexandra Roilo, Doris Ambach, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Agenzia per l’Ambiente e la Protezione del Clima, non costituito in giudizio;

nei confronti

Comune di Bolzano, non costituito in giudizio;
Noi S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Laura Fadanelli, Michele Purrello, Alexandra Roilo, Doris Ambach, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Fintecna S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pasquale Frisina, Caterina Mercurio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. - SEZIONE AUTONOMA DELLA PROVINCIA DI BOLZANO n. 262/2023.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia Autonoma di Bolzano, di Noi S.p.a. e di Fintecna S.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 aprile 2025 il Cons. Dalila Satullo e uditi per le parti gli avvocati Laura Fadanelli, Caterina Mercurio e Fabrizio Magrì;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ordinanza n. 28 del 23 dicembre 2022 il Presidente della Provincia autonoma di Bolzano ha accertato la responsabilità di Speedline S.r.l. e di Fintecna S.p.a. per l’inquinamento storico di un’area individuata nella p. ed. 1361, C.C. Dodiciville, in passato utilizzata prima per la produzione e poi per la lavorazione dell’alluminio, e ha ordinato alle predette società di provvedere alla bonifica del sito inquinato, intimando loro di presentare un piano di caratterizzazione all’Agenzia per l’ambiente e la tutela del clima ed al Comune di Bolzano.

Speedline S.r.l. ha impugnato davanti al TRGA di Bolzano il predetto provvedimento deducendo i seguenti motivi:

1) violazione degli artt. 242 e 244, d.lgs. n. 152 del 2006, del titolo terzo della l.p. n. 4/2006 e della delibera della Giunta provinciale del 9 febbraio 2021, n. 102; eccesso di potere per la considerazione di presupposti di fatto e diritto erronei, difetto di istruttoria e motivazione, irragionevolezza e perplessità; violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost. e dell’art. 1, l. n. 241/90. Con tale motivo la società ricorrente ha affermato che, ai sensi degli artt. 242 e 244 d.lgs. n. 152/2006, essa non può rispondere dell’inquinamento in quanto non è proprietaria del terreno inquinato e non può essere ritenuta responsabile dell’inquinamento sia perché l’attività di demolizione ed interramento dei relativi residui è esclusivamente riconducibile ad Aluminia sia perché, contrariamente a quanto sostenuto dalla Provincia, non sono state accertate le reali cause della contaminazione;

2) violazione degli artt. 242 e 244, d.lgs. n. 152 del 2006, del titolo terzo della l.p. n. 4/2006 e della delibera della Giunta Provinciale del 9 febbraio 2021, n. 102; eccesso di potere per la considerazione di presupposti di fatto e diritto erronei, difetto di istruttoria e motivazione, irragionevolezza e perplessità; violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost. e dell’art. 1, l. n. 241/90. Con il secondo motivo la società ricorrente ha lamentato l’irragionevolezza e l’illogicità dell’ordinanza impugnata nella parte in cui ha imposto la presentazione di un piano di caratterizzazione, nonostante la bonifica sia già iniziata e debba essere conclusa dal soggetto che l’ha avviata in ragione dell’unitarietà del procedimento delineato dal d.lgs. n. 152/2006;

3) violazione degli artt. 242 e 244, d.lgs. n. 152/2006, del titolo terzo della l.p. 4/2006 e della delibera della Giunta Provinciale del 9 febbraio 2021, n. 102; violazione della Direttiva 2004/35/CE; violazione del principio “chi inquina paga” di cui all’art. 191 TFUE (ex art. 174 TUE) ed all’art. 239, comma 1, d.lgs. 152/2006. Con il terzo motivo la società ricorrente ha affermato che in base alla disciplina europea e nazionale può essere chiamato a rispondere dell’inquinamento solo colui che ne sia responsabile, cioè che abbia in tutto o in parte generato la contaminazione tramite un proprio comportamento commissivo od omissivo, legato all’inquinamento da un preciso nesso di causalità; nel caso in esame, invece, Speedline è estranea alla contaminazione in quanto non ha partecipato attivamente e direttamente alla riconversione e demolizione della “ex sala forni”, non sussiste il dolo o la colpa né il comportamento commissivo od omissivo legato all’inquinamento da un preciso nesso di causalità e la Provincia non ha dimostrato che ciò che oggi è considerato “contaminazione” del sito lo fosse pure all’epoca della riqualificazione della zona “Sala forni”.

Si sono costituiti in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano e Noi S.p.a. (attuale proprietaria del terreno) chiedendo che il ricorso venisse respinto in quanto infondato.

Si è costituita anche Fintecna S.p.a., rappresentando di avere anch’essa impugnato l’ordinanza provinciale con autonomo ricorso e ribadendo anche nel presente giudizio l’insussistenza della propria responsabilità.

Con sentenza n. 262/2023 il TRGA di Bolzano ha respinto il ricorso sulla base delle seguenti principali ragioni:

- in base all’ampia documentazione tecnica in atti è “più probabile che non” che la contaminazione del terreno sia stata causata dal reinterro di scorie e materiale derivante dalla demolizione delle preesistenti strutture, avvenuto in occasione della riconversione industriale ad iniziativa Aluminia e Speedline negli anni 1987 - 1988;

- tale attività inquinante è da ricondurre soggettivamente all’iniziativa congiunta della Aluminia e della Speedline nell’interesse della costituenda società Speedline Aluminia S.p.a. e ciò è dimostrato da solidi e concordanti elementi documentali, da cui risulta un’attiva partecipazione anche della Speedline alle attività edilizie inquinanti;

- la corresponsabilità di altri soggetti nella contaminazione del sito non è causa di illegittimità del provvedimento, essendo tale accertamento sempre possibile sia attraverso un’ulteriore attività amministrativa sia in un eventuale giudizio di rivalsa;

- la circostanza che una parte del sito contaminato sia già stata oggetto di bonifica non comporta l’illegittimità del provvedimento, dal momento che l’assunzione volontaria dell’obbligo di bonifica da parte del proprietario dell’area non esclude il potere/dovere dell’amministrazione di individuare il responsabile della contaminazione; comunque nel caso in esame la bonifica è stata eseguita solo nel lotto 1, destinato ad ospitare la nuova facoltà di ingegneria della Libera Università di Bolzano, mentre il lotto 2 non è stato ancora bonificato.

Avverso la predetta sentenza ha proposto rituale appello la Speedline S.r.l. deducendo i seguenti motivi:

1) error in iudicando: erroneità della sentenza nella parte in cui ha dichiarato infondato il primo motivo di ricorso; difetto di motivazione; illogicità e contraddittorietà della motivazione. Con il primo motivo di appello la società ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui: ha escluso la necessità di un apporto causale colpevole in contrasto con l’art. 244 d.lgs. n. 152/2006 e con quanto affermato dalla giurisprudenza amministrativa; ha erroneamente ritenuto, sulla base di elementi meramente indiziari, che i fattori di inquinamento derivanti dalla ristrutturazione della 5° sala forni hanno avuto un contributo causale autonomo, nonostante fossero emersi plurimi fattori concomitanti; ha erroneamente ritenuto che la Speedline fosse responsabile dell’inquinamento nonostante l’esistenza di prove documentali della sua estraneità; ha erroneamente affermato che la corresponsabilità di altri soggetti non è causa di illegittimità del provvedimento, nonostante quest’ultimo non abbia ripartito le rispettive responsabilità tra i soggetti ritenuti responsabili (Aluminia e Speedline); ha erroneamente ritenuto che l’attività di riconversione fosse imputabile anche a Speedline, senza considerare che quest’ultima non ha deciso gli interventi di demolizione e ricostruzione, non ha selezionato progettisti e appaltatori e non ha finanziato tali interventi, tutte attività svolte univocamente da Aluminia, mentre i documenti valorizzati dal Tribunale sono tutti successivi alla causa inquinante; ha erroneamente ritenuto che su Speedline, allora ancora non proprietaria del terreno, gravasse un obbligo di sorveglianza sul regolare smaltimento dei rifiuti; ha erroneamente ritenuto che la causa dell’inquinamento sia stata la riqualificazione della 5° sala forni, nonostante le relazioni tecniche in atti abbiano evidenziato la presenza di diffuse ed intense contaminazioni dell’originario stabilimento, e non ha accertato la consistenza del contributo causale di ciascuna società che ha operato sul sito dagli anni quaranta agli anni ottanta; non ha valorizzato la contaminazione della falda freatica che conferma che l’inquinamento ha una estensione ben più ampia ed è collegato anche ad attività estranee alla Speedline.

2) error in iudicando: erroneità della sentenza nella parte in cui ha dichiarato infondato il terzo motivo di ricorso; difetto di motivazione e omessa pronuncia. Con il secondo motivo di appello, la società ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui non ha specificamente esaminato i motivi di doglianza esposti nel secondo motivo del ricorso introduttivo, con cui era stata dedotta la violazione della normativa europea e nazionale che consente di imporre gli obblighi di caratterizzazione e bonifica ai soli soggetti responsabili, che abbiano cioè causato con dolo o colpa il danno ambientale.

3) error in iudicando: erroneità della sentenza nella parte in cui ha dichiarato infondato il secondo motivo di ricorso; difetto di motivazione; illogicità e contraddittorietà della motivazione. Con il terzo motivo di appello la società la censurato la sentenza impugnata nella parte in cui non ha ritenuto illogica e irragionevole l’imposizione del piano di caratterizzazione, nonostante la bonifica sia stata già avviata ed attualmente in corso su iniziativa di altri soggetti, i quali sono tenuti a completare l’attività di bonifica volontariamente avviata anche in considerazione dell’unitarietà del procedimento di ripristino del danno ambientale.

Si sono costituiti in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano, Noi S.p.a. e Fintecna S.p.a. chiedendo la reiezione dell’appello.

All’udienza pubblica del 29 aprile 2025 la causa è stata assunta in decisione.

2. Il primo motivo di appello è infondato.

Va preliminarmente rilevato che la presente controversia ha ad oggetto la responsabilità per danno ambientale da contaminazione storica della p. ed. 1361 C.C. Dodiciville, sulla quale si sono succedute nel tempo, a partire dagli anni quaranta del secolo scorso e fino al primo decennio dell’attuale secolo, attività di produzione e lavorazione dell’acciaio. In particolare, la Provincia autonoma di Bolzano con il provvedimento impugnato ha accertato la corresponsabilità della Speedline S.r.l. (insieme alla Aluminia S.p.a.) nella causazione della contaminazione del terreno, avendo la stessa partecipato attivamente, negli anni 1986 – 1988, alla demolizione e ricostruzione della 5° sala forni mediante il reinterro di materiali di risulta, attività individuate da plurime relazioni tecniche quali principali cause inquinanti.

Le contestazioni dell’appellante, contenute nel primo motivo di appello, riguardano la ricostruzione operata dal primo giudice in ordine:

1) all’individuazione delle reali cause della contaminazione;

2) all’imputabilità oggettiva e soggettiva della contaminazione alla Speedline S.r.l.;

3) all’irrilevanza, ai fini dell’illegittimità del provvedimento impugnato, della mancata ripartizione delle quote di responsabilità tra i soggetti corresponsabili.

2.1. In primo luogo il collegio condivide la ricostruzione effettuata dal giudice di primo grado in ordine alla sussistenza del nesso eziologico tra la contaminazione del terreno e il riempimento del terreno con scorie e materiali di demolizione, avvenuto in occasione della riconversione del sito industriale realizzata alla fine degli anni ottanta.

Va al riguardo premesso in diritto che “in tema di accertamento del nesso causale nella responsabilità civile, qualora l’evento dannoso sia ipoteticamente riconducibile a una pluralità di cause, si devono applicare i criteri della “probabilità prevalente” e del “più probabile che non”; pertanto, il nesso di causa è provato quando la tesi a favore (del fatto che un evento sia causa di un altro) è più probabile di quella contraria (che quell'evento non sia causa dell'altro). Non è richiesta né la certezza né una elevata probabilità, bensì una valutazione delle ipotesi alternative e la scelta di quella più probabile, anche se di poco, rispetto alle altre, che non necessariamente si ponga come di elevata probabilità” (v., tra le tante, Cass. civ., sez. III, 7 novembre 2024, n. 28722; sull’applicazione del criterio del “più probabile che non” in materia di danno ambientale v. la recente sentenza Cons. Stato, sez. IV, 10 marzo 2025, n. 1969; v. anche Cons. Stato, sez. IV 12 gennaio 2022, n. 217).

Ciò premesso, nel caso in esame sono stati richiamati nel provvedimento impugnato e prodotti in giudizio numerosi accertamenti tecnici svolti nel corso degli anni da cui è univocamente desumibile il contestato nesso di causalità.

In particolare, seguendo un ordine cronologico:

- dall’indagine ambientale dell’area Speedline a Bolzano, svolta nel 2009 dal dott. Capuano per conto di Arcadis, è emerso, a seguito di approfonditi sondaggi ed esami del terreno, che: “Sotto l’intera superficie dell’ex sala forni è stata individuata una zona ben delimitata in senso orizzontale e in senso verticale con presenza di rifiuti industriali e resti di demolizione provenienti con ogni probabilità dai vecchi forni Aluminia. Quasi tutti i superamenti dei limiti di legge dei parametri indagati (ad eccezione di alcuni superamenti del parametro floruri) sono stati rilevati in questo livello. L’area interessata da rifiuti copre tutta la superficie della sala forni e si esaurisce in profondità a ca. 2 m, in corrispondenza della soletta interrata, che in passato costituiva la base della sala forni. In un solo punto (T23) i rifiuti sono stati rilevati a profondità maggiore (ca. 4 m) in corrispondenza di quella che potrebbe essere una ex vasca che è stata anch’essa riempita”; superamento dei valori limite sono stati riscontrati anche sotto l’edificio denominato sala gru e in adiacenza allo stesso, all’interno di terreni frammisti a materiali di demolizione;

- dalla ricostruzione storica delle vicende dell’attuale p. ed. 1361 CC Dodiciville in relazione alle contaminazioni su di essa esistenti, svolta nel 2016 dal dott. Bozzani per conto della BLS, è emerso che “i momenti critici dal punto di vista del danno ambientale causato nel sottosuolo della particella in oggetto sono: - il periodo 1940 – 1955 per l’utilizzo dell’area per stoccaggi e per la realizzazione dei primi impianti (ed esecuzione dei primi interramenti con materiali contaminanti), - il 1988 nell’ambito della trasformazione da stabilimento di produzione dell’alluminio a stabilimento della lavorazione di leghe leggere dell’alluminio, ove le contaminazioni causate le 1988 rappresentano sicuramente la parte preponderante”;

- infine, anche dallo studio atto ad individuare il responsabile dell’inquinamento dell’areale ex Speedline ed ex Aluminia p. ed. 1361 C.C. Dodiciville, è emerso che nella fase di ristrutturazione e di riconversione del capannone della 5° sala forni è stata effettuata un’attività di riempimento con scorie di produzione frammiste a materiali provenienti dalla demolizione dei forni e delle loro strutture portanti e tale attività ha contribuito in modo significativo alla contaminazione del terreno.

Tali elementi tecnici e, in particolare, il livello di profondità in cui è avvenuta la contaminazione del terreno (corrispondente al riempimento eseguito per la realizzazione del nuovo capannone) inducono pertanto a ritenere che le opere di riempimento realizzate alla fine degli anni ottanta in occasione della riconversione del sito industriale costituiscono “più probabilmente che non” la causa delle contaminazioni del terreno.

Peraltro non consente di dubitare di tale conclusione il contenuto del progetto di bonifica dell’area ex Speedline presentato dalla IBS e valorizzato dalla società appellante, nella parte in cui prevede che “Indagini condotte in successive fasi a partire dal 2009, hanno evidenziate diffuse contaminazioni del

sottosuolo dovute principalmente a interramenti di scorie, derivanti dalla produzione primaria dell’alluminio”. Ciò in quanto: tale documento concerne specificamente il progetto di bonifica e non le cause dell’inquinamento, accertate nella precedente relazione sopra citata che costituisce quindi il documento principale cui fare riferimento per l’individuazione del nesso eziologico; in ogni caso, l’affermazione secondo cui la contaminazione è dovuta ad interramento delle scorie non è in irrisolvibile contrasto con quanto accertato nella relazione tecnica del 2009, da cui è emerso che il riempimento del terreno sopra l’originario livello della 5° sala forni è avvenuto mediante l’impiego di scorie e di materiali da demolizione.

Non sono idonee ad escludere il nesso causale neanche le allegazioni di parte appellante relative all’inquinamento della falda freatica. Infatti: in base ai più recenti accertamenti tale falda freatica risulta poco contaminata; in ogni caso, la maggiore o minore contaminazione di tale falda ad opera di plurimi fattori non esclude che l’opera di riempimento effettuata in occasione della riconversione del capannone abbia comportato una contaminazione del suolo chiaramente evincibile dai prelievi e dalle analisi contenute nelle relazioni tecniche sopra citate.

Infine, per disattendere le contestazioni di parte appellante, è sufficiente rilevare che l’eventuale presenza di concause preesistenti o contestuali, correlate alla pregressa produzione di alluminio, non è idonea ad elidere in nesso di causalità, come chiaramente evincibile dall’art. 41, comma 1, c.p., applicabile pacificamente anche all’accertamento del nesso di causalità nell’ambito della responsabilità civile (v. tra le tante Cass. civ., sez. III, 17 maggio 2021, 13169), secondo cui “il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l’azione od omissione e l’evento”, mentre ai sensi dell’art. 41, comma 2, è idonea ad elidere il nesso causale solamente una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento, non dedotta nel caso in esame essendo le eventuali concause anteriori a quella addebitata all’appellante.

2.2. Il collegio condivide anche la ricostruzione effettuata dal Tribunale in ordina alla imputabilità oggettiva e soggettiva della causa inquinante alla Speedline S.r.l.

Per comprendere le ragioni di tale conclusione è utile ricostruire la vicenda societaria ed economica in occasione della quale sono state poste in essere le attività di riconversione del sito industriale da cui è derivata la contaminazione del terreno.

Nell’anno 1986 Aluminia ha presentato il progetto di fattibilità di una iniziativa comune Aluminia – Speedline per la produzione di ruote in lega di alluminio a Bolzano, iniziativa costituente una delle attività sostitutive previste nell’ “Aggiornamento del piano per il risanamento dell’industria pubblica dell’alluminio” approvato dal CIPI l’1 agosto 1985 (v. progetto di fattibilità del 23 settembre 1986). Tale progetto, che avrebbe peraltro usufruito di interessanti agevolazioni da parte della Provincia di Bolzano, prevedeva la costituzione di una società avente capitale sociale iniziale di 200 milioni di lire, aumentabile fino a 7 miliardi in due anni, sottoscritto per il 51% da Speedline (socio maggioritario) e per il 49% da Aluminia; inoltre Speedline avrebbe fornito la progettazione tecnica e impiantistica specializzata, avrebbe curato la commercializzazione dei prodotti e, più in generale, avrebbe avuto la responsabilità della gestione della società, mentre Aluminia avrebbe fornito il capannone nello stato in cui si trovava allora, i servizi generali di stabilimento ed i servizi amministrativi.

La società Speedline – Aluminia S.p.a. è stata costituita in data 15 aprile 1987 ed il terreno con il capannone già riconvertito è stato trasferito da Aluminia S.p.a. alla neo costituita Speedline – Aluminia S.p.a. con atto del 28 agosto 1988.

Tuttavia, al fine di accelerare la realizzazione del progetto, il 29 dicembre 1986 la Aluminia S.p.a., essendo allora ancora proprietaria del terreno, ha presentato domanda diretta ad ottenere la concessione di edilizia per la ristrutturazione dei capannoni ed il relativo provvedimento è stato rilasciato in data 16 marzo 1988.

Ancorché la concessione edilizia dovesse essere necessariamente richiesta dall’allora società proprietaria Aluminia S.p.a., l’attività edilizia di riconversione del sito è avvenuta, nelle more della omologazione della nuova società da parte del Tribunale di Bolzano, con il consenso e la partecipazione della Speedline S.p.a. e poi della Speedline – Aluminia S.p.a. (di cui Speedline S.p.a. era socio di maggioranza e a cui è interamente succeduta a seguito della dismissione della partecipazione di Aluminia), nel cui esclusivo interesse la predetta attività è stata svolta e sulla quale è integramente gravato il relativo onere economico.

Ed infatti:

- in base al progetto di fattibilità del 23 settembre 1986, risalente a prima che iniziassero i lavori di ristrutturazione, Aluminia si era impegnata a conferire il capannone nello stato in cui allora si trovava, con la conseguenza che, come effettivamente è stato, la ristrutturazione, pur essendo stata realizzata prima del passaggio di proprietà del terreno, è avvenuta a spese della nuova società e con il consenso del socio di maggioranza Speedline;

- infatti, dal verbale del consiglio di amministrazione della Speedline Aluminia S.p.a. dell’8 giugno 1987 risulta che “in attesa della omologazione da parte del Tribunale di Bolzano della Speedline Aluminia S.p.a. l’azionista Aluminia S.p.a. con il consenso dell’azionista di maggioranza Speedline S.p.a., ha provveduto ad appaltare e trattare i seguenti:

a) demolizione capannone di Bolzano di proprietà di Aluminia S.p.a. ed oggetto, come da piano, di cessione alla società Speedline Aluminia S.p.a., alla ditta DESPE di Bolzano per l’importo complessivo di L 350 milioni come da contratto che letto ed approvato sarà conservato agli atti della società.

Precisa il Presidente che trattasi di lavoro già concluso.

Il Consiglio all’unanimità approva ed autorizza Aluminia S.p.a. a rifatturare per analogo importo (L 350 milioni) il lavoro di cui sopra alla Speedline Aluminia S.p.a.”

b) ristrutturazione del capannone principale di Bolzano alla Ditta Lupi di Bolzano come da contratto e gara d’appalto che letti e approvati saranno conservati agli atti della Società.

Il Consiglio all’unanimità approva e dà mandato all’amministratore di richiedere alla Ditta Lupi la novazione del contratto a nome di Speedline Aluminia S.p.a.” (v. al riguardo anche ordini su investimenti al 30 novembre 1987);

- la Speedline e la Speedline Aluminia sono state dirette destinatarie di proposte contrattuali relative alla riconversione del capannone (v., tra l’altro, offerta tecnica del 7 settembre 1987 proveniente dalla IMF S.r.l. per la realizzazione dell’impianto di verniciatura).

Tutti questi plurimi elementi conducono quindi a ritenere che, nell’attuazione della ristrutturazione del capannone da cui è dipesa la contaminazione, la Aluminia e la Speedline e, a partire dall’aprile 1987, la società dalle stesse costituita abbiano agito consensualmente, in modo unitario e coordinato, al fine di realizzare il progetto economico programmato nell’interesse comune e della nuova società Speedline Aluminia di cui sarebbero state le sole azioniste (con Speedline socia di maggioranza).

Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla società appellante, la responsabilità per danno ambientale non viene addebitata alla Speedline a titolo di responsabilità di posizione o di omesso controllo, ma in quanto tale società ha attivamente partecipato all’attività inquinante, adottando insieme ad Aluminia le decisioni relative alla riconversione del capannone da cui è derivata la contaminazione, sostenendone economicamente il costo e beneficiando anche del risparmio di spesa derivante dal non corretto smaltimento del materiale inquinato reinterrato.

Inoltre, come evidenziato dal Tribunale, la responsabilità della Speedline non può escludersi per il fatto che la concessione edilizia, alla quale è stato allegato il progetto di ristrutturazione, sia stata richiesta da Aluminia. Ciò in quanto, in ragione dei sopra descritti rapporti tra le società, in vista della realizzazione del progetto di iniziativa comune di cui la riconversione del capannone costituiva l’imprescindibile presupposto, è presumibile che, così come avvenuto per la stipula del contratto di appalto, la Speedline abbia concordato con Aluminia l’intera operazione edilizia di ristrutturazione, tenuto conto peraltro che, come sopra esposto, il costo economico della stessa avrebbe dovuto gravare esclusivamente, in ragione degli accordi intercorsi, sulla società di nuova costituzione di cui Speedline era socia maggioritaria ed alla quale è poi interamente succeduta.

Parimenti non può attribuirsi rilievo: alla circostanza che i lavori di demolizione del vecchio capannone fossero già conclusi alla data del verbale dell’8 giugno 1987 giacché, come emerge dal medesimo verbale, tali lavori erano stati comunque previamente assentiti dalla Speedline ed erano ancora in corso i lavori di ricostruzione del nuovo capannone, come dimostrato dalla circostanza che è stato disposto il subentro nel contratto di appalto con la ditta Lupi, incaricata di tale ricostruzione; alla circostanza che il terreno sia stato trasferito alla società Speedline Aluminia quando erano già conclusi i lavori di ristrutturazione, in quanto ciò non è incompatibile con l’attiva partecipazione della Speedline e della Speedline Aluminia, insieme alla allora proprietaria Aluminia, all’attività di ristrutturazione del capannone, in data anteriore al trasferimento della proprietà dello stesso ed al fine di velocizzare l’attuazione dell’iniziativa economica.

Ciò esposto in ordine alla riconducibilità dell’attività inquinante alla società appellante, il collegio ritiene inoltre che sono ravvisabili in capo alla società appellante plurimi indici di colpevolezza, che consentono di formulare un giudizio di rimproverabilità anche sul piano soggettivo. In particolare, la Speedline, congiuntamente ad Aluminia, ha avviato i lavori di ristrutturazione (proseguiti poi dalla Speedline Aluminia) in assenza di regolare titolo edilizio atteso che, come chiaramente evincibile dalla documentazione in atti, nell’anno la ristrutturazione del capannone era già in stato avanzato (nel verbale del consiglio di amministrazione dell’8 giugno 1987 si dava atto che i lavori di demolizione erano interamente avvenuti e le visite di collaudo sono state svolte anche nel corso del 1987, mentre la concessione edilizia è stata rilasciata nel marzo 1988); in ogni caso, la concessione edilizia espressamente prevedeva che dall’attività edilizia, come sopra detto eseguita in accordo tra le due società, non avrebbero dovuto conseguire inquinamenti aeroidrotellurici; infine, come rilevato dal Tribunale, la disciplina allora vigente imponeva di evitare lo scarico ed il deposito di rifiuti nel suolo (d.P.R. n. 915 del 1982, delibera del comitato interministeriale di cui all’art. 5 d.P.R. n. 915/1982 del 27 luglio 1984 e l.p. n. 61 del 1973).

2.3. Il primo motivo di appello è infondato anche nella parte in cui censura la sentenza di primo grado per avere ritenuto irrilevante, ai fini della legittimità del provvedimento impugnato, la mancata ripartizione delle rispettive quote tra i soggetti responsabili.

Come anche di recente affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio (v. Cons. Stato, sez. IV, 10 marzo 2025, n. 1969), la responsabilità per il danno ambientale, quale species di responsabilità aquiliana, ha natura solidale con la conseguenza che l’adempimento dell’obbligo risarcitorio, anche in forma specifica, può essere richiesto a ciascun corresponsabile, ferma restando la possibilità in capo al corresponsabile che abbia integralmente sostenuto le spese di rivalersi in capo agli altri corresponsabili in proporzione ai rispettivi contributi oggettivi e soggettivi di partecipazione.

Peraltro, con riguardo all’ampiezza dei presupposti per ravvisare la solidarietà in materia di responsabilità extracontrattuale, può richiamarsi anche la giurisprudenza civile secondo cui “Ai fini della responsabilità solidale di cui all'art. 2055, comma 1, c.c., norma sulla causalità materiale integrata nel senso dell'art. 41 c.p., è richiesto solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, ancorché le condotte lesive siano fra loro autonome e pure se diversi siano i titoli di responsabilità - contrattuale ed extracontrattuale -, in quanto la norma considera essenzialmente l’unicità del fatto dannoso, e riferisce tale unicità unicamente al danneggiato, senza intenderla come identità delle norme giuridiche violate; la fattispecie di responsabilità implica che sia accertato il nesso di causalità tra le condotte caso per caso, in modo da potersi escludere se a uno degli antecedenti causali possa essere riconosciuta efficienza determinante e assorbente tale da escludere il nesso tra l'evento dannoso e gli altri fatti, ridotti al semplice rango di occasioni” (v. Cass. civ., SS. UU., 27 aprile 2022, n. 13143)

3. Il secondo motivo di appello è strettamente connesso al primo ed è infondato per le medesime ragioni, come correttamente ritenuto dal Tribunale.

Come emerso da quanto sopra esposto, alla luce dei plurimi indici esaminati non può ritenersi che Speedline sia stata chiamata a rispondere, in violazione del diritto europeo e nazionale, di un danno ambientale di cui essa non è in alcun modo colpevole.

Infatti, per le ragioni ampiamente indicate ai superiori punti 2.1. e 2.2., tale società ha partecipato a livello decisionale ed economico alla ristrutturazione del capannone da cui è derivato il danno ambientale e nei confronti della stessa è possibile formulare un giudizio di rimproverabilità soggettiva.

4. Anche il terzo motivo di appello è infondato.

Al riguardo il collegio rileva che l’imposizione a carico della società appellante di un piano di caratterizzazione non risulta irragionevole o illogica né contraria a specifiche disposizioni di legge, atteso che, come emerge dalle difese di Noi S.p.a., l’assunzione dell’obbligo di bonifica e l’esecuzione di quest’ultima è avvenuta solo per il lotto 1 e sul lotto 3, al fine di consentire la realizzazione della nuova facoltà di ingegneria della Università di Bolzano, ma non sulla restante parte del terreno, i cui costi di bonifica eccedevano l’importo detratto dal contratto di acquisto del terreno stipulato dall’attuale proprietaria.

A ciò si aggiunga che, come evidenziato dalla giurisprudenza di questo Consiglio, l’assunzione volontaria dell’obbligo di bonifica da parte del proprietario interessato non esclude né il potere/dovere dell’Amministrazione di individuare il responsabile dell’inquinamento, né, a fortiori, elide il dovere di quest’ultimo di porre rimedio all’inquinamento stesso (v. Cons. Stato, sez. IV, 1 aprile 2020, n. 2195).

D’altronde la stessa giurisprudenza che configura l’assunzione volontaria dell’obbligo di bonifica da parte del proprietario non responsabile come gestione di affare altrui, precisa che “ai sensi dell’art. 2028 c.c., l’attività utilmente iniziata dall’odierna appellante deve essere portata a compimento, o comunque proseguita finché l’amministrazione non sia in grado di far subentrare l’autore dell’inquinamento”, circostanza quest’ultima concretizzata proprio con l’ordinanza impugnata (v. Cons. Stato, sez. IV, 2 febbraio 2024, n. 1110).

Infine va rilevato che l’obbligo di bonifica non può incombere neanche sull’amministrazione dal momento che, in base all’art. 244, comma 4, d.lgs. n. 152/2006, quest’ultima è tenuta ad intervenire solamente qualora il responsabile non sia individuabile o non provveda e non provveda il proprietario del sito né altro soggetto interessato.

Per tali ragioni, conclusivamente, il provvedimento impugnato non può ritenersi illegittimo per il fatto di avere imposto al soggetto responsabile la presentazione del piano di caratterizzazione, che andrà comunque elaborato tenendo conto dell’intervenuta bonifica di una parte del terreno.

5. Per tutte le ragioni esposte, l’appello va respinto con conseguente conferma integrale della sentenza impugnata.

6. Nei rapporti tra la società appellante e la Provincia autonoma di Bolzano le spese processuali del presente grado si liquidano in applicazione del criterio della soccombenza nella misura indicata in dispositivo.

Tra le altre parti le spese processuali, in ragione della ridotta attività difensiva, vanno integralmente compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società appellante al pagamento in favore della Provincia autonoma di Bolzano della somma di euro 5.000,00 a titolo di compenso professionale, oltre accessori di legge se dovuti.

Spese compensate tra le altre parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 aprile 2025 con l'intervento dei magistrati:

Hadrian Simonetti, Presidente

Roberto Caponigro, Consigliere

Giovanni Gallone, Consigliere

Dalila Satullo, Consigliere, Estensore

Gudrun Agostini, Consigliere