Cass. Sez. III n. 1348 del 14 gennaio 2022 (CC 25 nov 2021)
Pres. Petruzzellis Est. Ramacci Ric. Musella
Ecodelitti.Concorso tra  attività organizzate finalizzate al traffico illecito di rifiuti e associazione per delinquere

Ai fini del concorso tra il reato di attività organizzate finalizzate al traffico illecito di rifiuti e quello associativo di cui all’art. 416 cod. pen. è necessaria la presenza degli elementi costitutivi di entrambi, con la conseguenza che la sussistenza del reato associativo non può ricavarsi dalla mera sovrapposizione della condotta descritta nell'art. 452-quaterdecies cod. pen. con quella richiesta per la configurabilità dell'associazione per delinquere, poiché tale ultimo reato richiede la predisposizione di un'organizzazione strutturale, sia pure minima, di uomini e mezzi, funzionale alla realizzazione di una serie indeterminata di delitti, nella consapevolezza, da parte di singoli associati, di far parte di un sodalizio durevole e di essere disponibili ad operare nel tempo per l'attuazione del programma criminoso comune, che non può però essere individuata nel mero allestimento di mezzi e attività continuative organizzate e nel compimento di più operazioni finalizzate alla gestione abusiva di rifiuti indicate dal menzionato art. 452-quaterdecies, essendo necessaria un'attiva e stabile partecipazione ad un sodalizio criminale per la realizzazione di un indeterminato programma criminoso


RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Torino, con ordinanza del 2 aprile 2021 ha rigettato la richiesta di riesame presentata nell'interesse, tra gli altri, di Domenico Musella, Luigi Imparato, Francesco Tesoro, Roberto Infernuso, Mario Ruggiero, Assunta Musella e Giovanna De Pasquale, avverso l'ordinanza emessa in data 2 dicembre 2020 e con la quale il GIP presso il Tribunale di Torino aveva applicato, rispettivamente, ai primi cinque indagati la misura cautelare della custodia in carcere ed alle ultime due indagate quella degli arresti domiciliari per i delitti di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, associazione per delinquere (tutti), nonché per autoriciclaggio (Musella Domenico, Imparato, Tesoro ed Infernuso) ed emissione di fatture per operazioni inesistenti (Imparato e Tesoro).
Avverso tale pronuncia propongono congiuntamente ricorso per cassazione Domenico Musella, Luigi Imparato, Francesco Tesoro, Roberto Infernuso, Assunta Musella e Giovanna De Pasquale tramite il comune difensore di fiducia nonché, autonomamente, Mario Ruggiero tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito sinteticamente enunciati.

2. Domenico Musella, Luigi Imparato, Francesco Tesoro, Roberto Infernuso, Assunta Musella e Giovanna De Pasquale deducono, con un primo motivo di ricorso, la violazione di legge in relazione all’individuazione della competenza territoriale, che ritengono erroneamente individuata dai giudici del riesame con riferimento al distretto di Torino.
Rilevano, a tale proposito, che determinando l'art. 452-quaterdecies cod. pen. una vis attractiva in ragione della competenza distrettuale individuata dall'art. 51, comma 3-bis cod. proc. pen., la competenza territoriale andava attribuita al distretto di Napoli, avendo il reato in questione natura abituale e consumandosi, quindi, nel luogo dove avviene la reiterazione delle condotte illecite.
Trattandosi, nella fattispecie, di un ciclo organizzato ed unitario attraverso il quale venivano messi in commercio materiali in maniera illegale, la condotta delittuosa sarebbe stata di fatto posta in essere nel luogo in cui veniva predisposta la documentazione, segnatamente gli ordini di acquisto, attività che, come emergerebbe dalle indagini, sarebbe avvenuta prevalentemente nella sede di Casoria attraverso una casella di posta elettronica.
Aggiungono che proprio in Casoria, retrodatando l'acquisto del materiale, sarebbe stata predisposta la documentazione di accompagnamento dello stesso e sarebbe stato programmato anche il carico ed organizzata la consegna che costituirebbe, pertanto, unicamente la parte conclusiva di ciascuna operazione.

3. Con un secondo motivo di ricorso deducono la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, osservando come il Tribunale, nell'esaminare la posizione di ciascun singolo indagato, avrebbe valorizzato illegittimamente l'esercizio della facoltà di non rispondere.
Osservano, inoltre, che i giudici del riesame, pur riconoscendo loro un ruolo subordinato rispetto alla posizione dominante di Carmine Musella e, dunque, l'assenza di autonomia, avrebbero comunque ritenuto sussistente il pericolo di reiterazione del reato, non considerando però che essi si limitavano alla mera esecuzione degli ordini di volta in volta impartiti e che non sarebbero comunque in grado di proseguire l'attività di commercializzazione di rottami, anche a causa del sequestro dell'azienda “DCM metalli s.r.l.” e dei mezzi di trasporto appartenenti alla “Spedi Trans s.r.l.”,  società attraverso le quali avvenivano le operazioni oggetto di  provvisoria incolpazione.

4. Mario Ruggiero deduce, con un primo motivo di ricorso, la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla competenza territoriale, rilevando anch’egli come, in considerazione della natura abituale del reato e le modalità dell'azione indicate nella provvisoria incolpazione, l'individuazione del distretto di Torino da parte del Tribunale del riesame sarebbe errato, perché fondato esclusivamente  tenendo conto del luogo di destinazione dei rifiuti, senza considerare che la falsificazione della documentazione avveniva presso la sede campana della società DMC ove operavano tutti coloro che, come lui, materialmente provvedevano alle operazioni documentali.

5. Con un secondo motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, lamentando la carenza di gravità indiziaria con riferimento ai delitti di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti ed associazione per delinquere, stante la sovrapponibilità della condotta contestatagli, che integrerebbe contestualmente entrambi i reati, non avendo il Tribunale chiarito quali fossero gli elementi caratterizzanti la sua partecipazione all'associazione di cui all’art. 416 cod. pen.

6. Con un terzo motivo di ricorso denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui all'art. 61-bis cod. pen., avendo il Tribunale completamente omesso di analizzare le censure avanzate con la memoria depositata in sede di discussione ed avendo accomunato la sua posizione a quella degli altri indagati senza una specifica analisi. I fatti integranti il reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, inoltre, sarebbero stati tutti commessi in territorio italiano, come desumibile dall'ordinanza applicativa della misura, ove il GIP stesso avrebbe considerato il rapporto commerciale instaurato con le società straniere come esclusivamente cartolare.

7. Con un quarto motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento ai singoli episodi contestati ai capi 1, 2 e 3 della rubrica, rispetto ai quali il Tribunale non avrebbe in alcun modo precisato sulla base di quali elementi indiziari potesse desumersi la sua partecipazione ai singoli episodi di cessione descritti nel suddetti capi.
Aggiunge che il Tribunale, così come aveva fatto in precedenza il GIP, si sarebbe limitato ad indicare il fatto dell'assunzione della carica di legale rappresentante della società “Promotrading”, avvenuta però nel marzo 2019, in epoca quindi successiva ai fatti contestati.

8. Con un quinto motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione lamentando la mera apparenza della motivazione dell'ordinanza impugnata laddove ritiene la custodia in carcere quale unica misura in grado di tutelare le esigenze cautelari valorizzando illegittimamente il fatto di essersi l'indagato avvalso della facoltà di non rispondere. Anche la valutazione del pericolo di reiterazione del reato sarebbe stata effettuata dal Tribunale sulla base di elementi del tutto ipotetici e congetturali.

9. Tutti insistono, pertanto, per l'accoglimento dei rispettivi ricorsi.
In data 4 ottobre 2021 la difesa di Mario Ruggiero ha fatto pervenire rinuncia al ricorso per sopravvenuta carenza di interesse conseguente all’avvenuta definizione del procedimento con sentenza ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.   


CONSIDERATO IN DIRITTO


1. Tutti i ricorsi sono infondati.

2. Occorre preliminarmente rilevare, con riferimento alla rinuncia al ricorso presentata dalla difesa del Ruggiero, che l’atto risulta sottoscritto dal solo difensore e che lo stesso non risulta fornito di procura speciale a tal fine, sicché detta rinuncia non può ritenersi produttiva di effetti.

3. Fatta tale premessa, va preso in esame il primo motivo di entrambi gli atti di impugnazione, riguardante la questione della competenza territoriale, comune a tutti i ricorrenti.
Occorre a tale proposito considerare come la giurisprudenza di questa Corte abbia evidenziato che il luogo di consumazione del reato di cui all’art. 452-quaterdecies cod. pen. (già art. 260 d.lgs. 152\06), concretandosi lo stesso nella commissione di una pluralità di operazioni di traffico illecito di rifiuti attraverso l’allestimento di mezzi ed attività continuative organizzate, va individuato in quello in cui avviene la reiterazione delle condotte illecite, in quanto elemento costitutivo del reato (Sez. 3, n. 48350 del 29/9/2017, Perego, Rv. 271798; Sez. 3, n. 29619 del 08/07/2010, Leorati e altri, Rv. 248145; Sez. 3, n. 46705 del 3/11/2009, Caserta, Rv. 245605).
Va anche ricordato che, nei confronti dell'attività investigativa del P.M. della Direzione distrettuale antimafia, in relazione a reati che rientrino nelle sue attribuzioni (e, quindi, nella competenza giurisdizionale del giudice del capoluogo del distretto), non si pongono problemi di connessione nel caso della scoperta di reati che esulino da quelli previsti dall'art. 51, comma 3-bis cod. proc. pen., ma semplicemente problemi di mantenimento della unitarietà delle indagini. Ciò in quanto a tale magistrato inquirente è attribuita certamente la potestà investigativa in relazione ai reati di cui alla norma anzidetta, ma se, nel corso delle indagini su detti reati, si profili la necessità di perseguire un reato diverso da quelli previsti da detta norma, non v'è disposizione che escluda il delitto dai poteri di indagine dell'organo inquirente del capoluogo del distretto. In tal caso, se si tratta di provvedimento di indagine soggetto a riesame, lo stesso va correttamente proposto al giudice del capoluogo del distretto (così, testualmente, Sez. 6, Sentenza n. 30372 del 16/3/2004, Morelli, Rv. 230442).
Si è ulteriormente precisato che la competenza territoriale del giudice distrettuale presuppone che sia accertato il luogo di consumazione del reato compreso tra quelli indicati nell’art. 51, comma 3-bis cod. proc. pen. sulla base delle regole stabilite negli artt. 8 e 9, comma primo, cod. proc. pen. o, quando sia impossibile la loro applicazione, in base a quelle del successivo art. 16, potendosi far ricorso ai criteri sussidiari indicati nei commi secondo e terzo del citato art. 9 solo in via residuale, allorché non possano trovare applicazione quei parametri oggettivi che, garantendo il collegamento tra competenza territoriale e luogo di manifestazione di almeno uno degli episodi che costituiscono la vicenda criminosa, meglio assicurano il principio costituzionale della "naturalità" del giudice, come fisiologica allocazione del processo, fin quando e dove possibile nel "locus commissi delicti" (così, Sez. 1, n. 13929 del 17/3/2010, Confl. comp. in proc. Ye Zhiwei e altri, Rv. 246670).
Va in particolare considerato anche che, trattandosi di procedimento ancora nella fase delle indagini preliminari, il luogo del commesso reato potrebbe non essere esattamente circoscritto o non ancora individuato ed è comunque correlato alla sostanziale “fluidità” del procedimento ed, inoltre, che la sua verifica richiede, da parte del giudice del merito, un accertamento in fatto
Ciò premesso, occorre rilevare come il Tribunale abbia dato conto in generale, nel descrivere l'attività di indagine, del fatto che la sede legale della principale società che utilizzava le fatture emesse da altre società straniere era in Rondissone, provincia di Torino e che la società DCM operava sia dagli uffici amministrativi di Casoria che da quelli del magazzino di Rondissone, dando poi conto in maniera dettagliata delle complesse ed articolate attività poste in essere per commettere i reati oggetto di provvisoria incolpazione.
Nell'analizzare poi la questione della competenza territoriale, i giudici del riesame, dopo aver richiamato la funzione attrattiva dell'art. 51 comma 3-bis cod. proc. pen., evidenziano, sulla base di dati fattuali, che le attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, oltre ad essersi per la prima volta manifestate in territorio novarese, si erano principalmente svolte in Piemonte, attraverso la reiterazione di numerosi trasporti e conferimenti di rottame illecitamente smaltiti e che, tra gli acquirenti finali, figuravano principalmente ditte piemontesi oltre che lombarde e solo in minima parte campane o di altre regioni.
Aggiunge il Tribunale che il gruppo criminale, pur compiendo attività documentali presso le sedi campane, movimentava rifiuti principalmente grazie all’attività di Carmine Musella, il quale trattava di persona con clienti e fornitori soprattutto in Brianza e Piemonte orientale e che, inoltre, la società DCM aveva il domicilio fiscale in Piemonte ed in quella regione riceveva le FOI emesse dai fornitori stranieri e venivano consumati i reati tributari pure oggetto di provvisoria incolpazione.
A fronte di tali considerazioni, fondate, come si è detto, su una puntuale analisi della documentazione in atti e di altri dati fattuali rilevanti, che non può ovviamente essere ripetuta in questa sede, le censure prospettate dai ricorrenti prendono sostanzialmente in esame solo una frazione della condotta, quella della predisposizione dei documenti falsi, che si assume avvenuta in Casoria, senza tuttavia considerare non soltanto gli ulteriori elementi in fatto apprezzati dai giudici del riesame, ma anche l’ulteriore circostanza, richiamata in precedenza e messa in rilievo dal Tribunale, che l’intensa attività di corrispondenza per posta elettronica e scambio di documenti avveniva non soltanto dalla sede di Casoria, ma anche da quella di Rondissone, in disparte la circostanza che il riferimento alla casella di posta elettronica quale dato significativo per l’individuazione della competenza territoriale non tiene conto del fatto che l’accesso ad un account di posta elettronica è possibile da qualsiasi luogo in cui si disponga di un dispositivo con accesso ad Internet.  

4. Anche il secondo motivo di ricorso di Domenico Musella, Luigi Imparato, Francesco Tesoro, Roberto Infernuso, Assunta Musella e Giovanna De Pasquale ed il quinto motivo di ricorso del Ruggiero possono essere unitariamente esaminati, essendo entrambi attinenti alla valutazione in punto di sussistenza delle esigenze cautelari.
Va osservato, in primo luogo, che tutti i ricorrenti pongono in risalto il fatto che il Tribunale avrebbe illegittimamente valorizzato la scelta difensiva di avvalersi della facoltà di non rispondere in occasione dell’interrogatorio di garanzia ed evidenziano la insussistenza del pericolo di reiterazione conseguente al sequestro delle società e dei mezzi utilizzati per il trasporto.
Va detto, a tale proposito, che l’ordinanza in esame ha preso dettagliatamente in considerazione le singole posizioni di ciascun indagato, indicando, con precisi richiami agli atti del procedimento, gli elementi indiziari ritenuti rilevanti e, quanto al pericolo di reiterazione, le ragioni che determinerebbero la sussistenza e persistenza del pericolo, ponendo a tal proposito in evidenza la competenza ed esperienza acquisita nello svolgimento delle attività illecite oggetto di provvisoria contestazione e la conseguente capacità di poter nuovamente organizzare la fitta rete di rapporti e attività già intessuti dal gruppo criminale. Si tratta, peraltro, della indicazione di elementi fattuali specifici riferiti ad ogni singolo indagato e non anche di affermazioni di carattere generico.      
Il censurato richiamo alla facoltà di non rispondere, inoltre, viene effettuato dai giudici del riesame in maniera del tutto incidentale e sussidiaria, al fine, evidente e dichiarato, di rappresentare come il silenzio serbato impedirebbe qualsivoglia ricostruzione alternativa della vicenda, oltre a dimostrare  “fedeltà” verso gli altri associati. La valenza di tali affermazioni nel complessivo iter argomentativo seguito dai giudici del riesame per giustificare la loro decisione è, dunque, del tutto neutra, altre e più consistenti essendo le ragioni poste a sostegno dell’ordinanza medesima.

5. Per ciò che concerne, poi il secondo motivo di ricorso del Ruggiero, occorre ricordare che,  secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte (Sez. 3, n. 5773 del 17/1/2014, Napolitano, Rv. 258906), ai fini del concorso tra il reato di attività organizzate finalizzate al traffico illecito di rifiuti e quello associativo di cui all’art. 416 cod. pen. è necessaria la presenza degli elementi costitutivi di entrambi, con la conseguenza che la sussistenza del reato associativo non può ricavarsi dalla mera sovrapposizione della condotta descritta nell'art. 260 d.lgs. 152\2006 (ora 452-quaterdecies cod. pen.) con quella richiesta per la configurabilità dell'associazione per delinquere, poiché tale ultimo reato richiede la predisposizione di un'organizzazione strutturale, sia pure minima, di uomini e mezzi, funzionale alla realizzazione di una serie indeterminata di delitti, nella consapevolezza, da parte di singoli associati, di far parte di un sodalizio durevole e di essere disponibili ad operare nel tempo per l'attuazione del programma criminoso comune, che non può però essere individuata nel mero allestimento di mezzi e attività continuative organizzate e nel compimento di più operazioni finalizzate alla gestione abusiva di rifiuti indicate dal menzionato art. 260 d.lgs. 152\06 (ora 452-quaterdecies), essendo necessaria un'attiva e stabile partecipazione ad un sodalizio criminale per la realizzazione di un indeterminato programma criminoso (in senso conforme, Sez. 3 n. 52633 del 17/5/2017, Cipolla, non massimata).
Ciò premesso, osserva il Collegio come a tale condivisibile principio, richiamato anche in ricorso, si sia adeguato anche il Tribunale, laddove ha posto in evidenza - premettendo che la nozione di organizzazione del traffico non coincide con quella di organizzazione di risorse associative e che il sodalizio criminale ha un programma indeterminato e proiettato verso un futuro tendenzialmente privo di termini e, quindi, un oggetto più ampio rispetto al traffico organizzato di rifiuti, che può esaurirsi in un arco temporale più imitato - che nel caso di specie l'associazione criminale non esauriva la sua attività nel trafficare rifiuti, essendo dedicata anche alla commissione di altri reati-fine, ancorché collegati, quali quelli tributari e di auto-riciclaggio e che, infine, la condotta dei singoli associati non era limitata alla semplice fornitura di un contributo causale alla realizzazione del traffico illecito di rifiuti, estendendosi il pactum sceleris nel garantire una costante disponibilità all'esecuzione di un numero indeterminato di trasferimento di rottami, la ricerca di partner nazionali e stranieri con cui scambiare merci o fatture con cospicue movimentazioni di somme di denaro da tesaurizzare e reinvestire, costituendo, sostanzialmente, una struttura stabile e perdurante nel tempo a disposizione degli associati.

6. Per ciò che concerne, poi, il terzo motivo di ricorso del Ruggiero, occorre rilevare come del tutto correttamente il Tribunale abbia ritenuto priva di rilevanza concreta ed immediata per i ricorrenti la decisione sulla sussistenza o meno dell’aggravante oggetto di provvisoria incolpazione, in considerazione del fatto che la stessa non svolge alcun effetto in ambito cautelare.  
Il Tribunale, in ogni caso, ha ritenuto comunque che non vi fossero elementi per ritenere insussistente l’aggravante in questione sulla base degli elementi fattuali a disposizione.
Ritiene il Collegio che il motivo di ricorso in esame sia inammissibile per carenza di interesse, atteso che, come si è già avuto modo di precisare, l'interesse dell'indagato a ricorrere per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame che abbia ritenuto sussistente una circostanza aggravante ad effetto speciale, sussiste sempre che da questa conseguano immediati riflessi sull'"an" o sul "quomodo" della misura (Sez. 6m n. 5213 del 11/12/2018 (dep. 2019), Fucito Rv. 275028 ed altre prec. conf.).

7. Venendo alla trattazione del quarto motivo di ricorso del Ruggiero, si osserva come nello stesso sostanzialmente si assuma che, con riferimento ai fatti contestati ai capi 1, 2 e 3 non sarebbero stati illustrati dal Tribunale gli elementi indiziari indicativi di una partecipazione del ricorrente agli episodi di cessione di rottami ferrosi.  
L'ordinanza impugnata, però, contiene una puntuale esposizione generale degli elementi fattuali considerati ai fini della configurabilità astratta dei reati di cui si tratta ed, inoltre, analizza nel dettaglio, come del resto è avvenuto per gli altri indagati, la specifica posizione del Ruggiero, rispetto al quale fornisce una copiosa quantità di elementi (richiamando anche quanto in precedenza affermato con riferimento ad altri indagati) sulla base dei quali riconosce la sua fattiva partecipazione al sodalizio criminale ed alle attività da questo posto in essere.
Il motivo di ricorso non si confronta con tali puntuali considerazioni, limitandosi a generiche censure e prospettando la non rilevanza di alcune conversazioni intercettate e riportate nell'ordinanza sul presupposto che il ricorrente era divenuto legale rappresentante della società “Promotrading” in epoca successiva.
Tale ultimo argomento risulta tuttavia smentito da quanto evidenziato nell'ordinanza impugnata laddove si precisa (pag. 63) che detta società, nella quale il Ruggiero subentrava come legale rappresentante, di fatto perpetuava il sistema illecito emettendo fatture fino al 2020.

8. I ricorsi devono pertanto essere rigettati, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in data 25/11/2021