Cass. Sez. III n. 1349 del 14 gennaio 2022 (CC 25 nov 2021)
Pres. Petruzzellis Est. Ramacci Ric. Velotti
Ecodelitti.Luogo di consumazione del reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti

Il luogo di consumazione del reato di cui all’art. 452-quaterdecies cod. pen. (già art. 260 d.lgs. 152\06), concretandosi lo stesso nella commissione di una pluralità di operazioni di traffico illecito di rifiuti attraverso l’allestimento di mezzi ed attività continuative organizzate, vada individuato in quello in cui avviene la reiterazione delle condotte illecite, in quanto elemento costitutivo del reato

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Torino, con ordinanza del 2 aprile 2021 ha rigettato la richiesta di riesame presentata nell'interesse, tra gli altri, di Francesco Velotti avverso l'ordinanza, emessa in data 2 dicembre 2020, con la quale il GIP presso il Tribunale di Torino gli applicava la misura cautelare della custodia in carcere per i delitti di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, associazione per delinquere ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati.

2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge in relazione all’individuazione della competenza territoriale, che ritiene erroneamente individuata dai giudici del riesame con riferimento al distretto di Torino.
Rileva, a tale proposito, che determinando l'art. 452-quaterdecies cod. pen. una vis attractiva in ragione della competenza distrettuale individuata dall'art. 51, comma 3-bis cod. proc. pen., la competenza territoriale andava attribuita al distretto di Napoli, avendo il reato in questione natura abituale e consumandosi, quindi, nel luogo dove avviene la reiterazione delle condotte illecite.
Trattandosi, nella fattispecie, di un ciclo organizzato ed unitario attraverso il quale venivano messi in commercio materiali in maniera illegale, la condotta delittuosa sarebbe stata di fatto posta in essere nel luogo in cui veniva predisposta la documentazione, segnatamente gli ordini di acquisto, attività che, come emergerebbe dalle indagini, sarebbe avvenuta prevalentemente nella sede di Casoria attraverso una casella di posta elettronica.
Aggiunge che proprio in Casoria, retrodatando l'acquisto del materiale, sarebbe stata predisposta la documentazione di accompagnamento dello stesso e sarebbe stato programmato anche il carico ed organizzata la consegna che costituirebbe, pertanto, unicamente la parte conclusiva di ciascuna operazione.

3. Con un secondo motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, osservando come il Tribunale, nell'esaminare la posizione di ciascun indagato, avrebbe valorizzato illegittimamente l'esercizio della facoltà di non rispondere.
Osserva, inoltre, che i giudici del riesame, pur riconoscendo agli indagati un ruolo subordinato rispetto alla posizione dominante di Carmine Musella e, dunque, l'assenza di autonomia, avrebbero comunque ritenuto sussistente il pericolo di reiterazione del reato, non considerando però che essi si limitavano alla mera esecuzione degli ordini di volta in volta impartiti e che non sarebbero comunque in grado di proseguire l'attività di commercializzazione di rottami, anche a causa del sequestro dell'azienda “DCM metalli s.r.l.” e dei mezzi di trasporto appartenenti alla “Spedi Trans s.r.l.”,  società attraverso le quali avvenivano le operazioni oggetto di  provvisoria incolpazione.
Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.
Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.   



CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Occorre considerare, quanto al primo motivo di ricorso, che la giurisprudenza di questa Corte ha evidenziato come il luogo di consumazione del reato di cui all’art. 452-quaterdecies cod. pen. (già art. 260 d.lgs. 152\06), concretandosi lo stesso nella commissione di una pluralità di operazioni di traffico illecito di rifiuti attraverso l’allestimento di mezzi ed attività continuative organizzate, vada individuato in quello in cui avviene la reiterazione delle condotte illecite, in quanto elemento costitutivo del reato (Sez. 3, n. 48350 del 29/9/2017, Perego, Rv. 271798; Sez. 3, n. 29619 del 08/07/2010, Leorati e altri, Rv. 248145; Sez. 3, n. 46705 del 3/11/2009, Caserta, Rv. 245605).
Va anche ricordato che, nei confronti dell'attività investigativa del P.M. della Direzione distrettuale antimafia, in relazione a reati che rientrino nelle sue attribuzioni (e, quindi, nella competenza giurisdizionale del giudice del capoluogo del distretto), non si pongono problemi di connessione nel caso della scoperta di reati che esulino da quelli previsti dall'art. 51, comma 3-bis cod. proc. pen., ma semplicemente problemi di mantenimento della unitarietà delle indagini. Ciò in quanto a tale magistrato inquirente è attribuita certamente la potestà investigativa in relazione ai reati di cui alla norma anzidetta, ma se, nel corso delle indagini su detti reati, si profili la necessità di perseguire un reato diverso da quelli previsti da detta norma, non v'è disposizione che escluda il delitto dai poteri di indagine dell'organo inquirente del capoluogo del distretto. In tal caso, se si tratta di provvedimento di indagine soggetto a riesame, lo stesso va correttamente proposto al giudice del capoluogo del distretto (così, testualmente, Sez. 6, Sentenza n. 30372 del 16/3/2004, Morelli, Rv. 230442).
Si è ulteriormente precisato che la competenza territoriale del giudice distrettuale presuppone che sia accertato il luogo di consumazione del reato compreso tra quelli indicati nell’art. 51, comma 3-bis cod. proc. pen. sulla base delle regole stabilite negli artt. 8 e 9, comma primo, cod. proc. pen. o, quando sia impossibile la loro applicazione, in base a quelle del successivo art. 16, potendosi far ricorso ai criteri sussidiari indicati nei commi secondo e terzo del citato art. 9 solo in via residuale, allorché non possano trovare applicazione quei parametri oggettivi che, garantendo il collegamento tra competenza territoriale e luogo di manifestazione di almeno uno degli episodi che costituiscono la vicenda criminosa, meglio assicurano il principio costituzionale della "naturalità" del giudice, come fisiologica allocazione del processo, fin quando e dove possibile nel "locus commissi delicti" (così, Sez. 1, n. 13929 del 17/3/2010, Confl. comp. in proc. Ye Zhiwei e altri, Rv. 246670).
Va in particolare considerato anche che, trattandosi di procedimento ancora nella fase delle indagini preliminari, il luogo del commesso reato potrebbe non essere esattamente circoscritto o non ancora individuato ed è comunque correlato alla sostanziale “fluidità” del procedimento ed, inoltre, che la sua verifica richiede, da parte del giudice del merito, un accertamento in fatto
Ciò premesso, occorre rilevare come il Tribunale abbia dato conto in generale, nel descrivere l'attività di indagine, del fatto che la sede legale della principale società che utilizzava le fatture emesse da altre società straniere era in Rondissone, provincia di Torino e che la società DCM operava sia dagli uffici amministrativi di Casoria sia in quelli del magazzino di Rondissone, dando poi conto in maniera dettagliata delle complesse ed articolate attività poste in essere per commettere i reati oggetto di provvisoria incolpazione.
Nell'analizzare, poi, la questione della competenza territoriale, i giudici del riesame, dopo aver richiamato la funzione attrattiva dell'art. 51 comma 3-bis cod. proc. pen., evidenziano, sulla base di dati fattuali, che le attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, oltre ad essersi per la prima volta manifestate in territorio novarese, si erano principalmente svolte in Piemonte, attraverso la reiterazione di numerosi trasporti e conferimenti di rottame illecitamente smaltiti, così come tra gli acquirenti finali figuravano principalmente ditte piemontesi oltre che lombarde e solo in minima parte campane o di altre regioni.
Aggiunge il Tribunale che il gruppo criminale, pur compiendo attività documentali presso le sedi campane, movimentava rifiuti principalmente grazie all’attività di Carmine Musella, il quale trattava di persona con clienti e fornitori soprattutto in Brianza e Piemonte orientale e che, inoltre, la società DCM aveva il domicilio fiscale in Piemonte ed in quella regione riceveva le FOI emesse dai fornitori stranieri e venivano consumati i reati tributari pure oggetto di provvisoria incolpazione.
A fronte di tali considerazioni, fondate, come si è detto, su una puntuale analisi della documentazione in atti e di altri dati fattuali rilevanti, che non può ovviamente essere ripetuta in questa sede, le censure prospettate dal ricorrente prendono sostanzialmente in esame solo una frazione della condotta, quella della predisposizione dei documenti falsi, che si assume avvenuta in Casoria, senza tuttavia considerare non soltanto gli ulteriori elementi in fatto apprezzati dai giudici del riesame, ma anche l’ulteriore circostanza, richiamata in precedenza e messa in rilievo dal Tribunale, che l’intensa attività di corrispondenza per posta elettronica e scambio di documenti avveniva non soltanto dalla sede di Casoria, ma anche da quella di Rondissone, in disparte la circostanza che il riferimento alla casella di posta elettronica quale dato significativo per l’individuazione della competenza territoriale non tiene conto del fatto che l’accesso ad un account di posta elettronica è possibile da qualsiasi luogo in cui si disponga di un dispositivo con accesso ad Internet.  

3. Anche il secondo motivo di ricorso risulta infondato.
Va osservato, in primo luogo, che viene posto in risalto il fatto che il Tribunale avrebbe illegittimamente valorizzato la scelta difensiva degli indagati di avvalersi della facoltà di non rispondere in occasione dell’interrogatorio di garanzia e si evidenzia la insussistenza del pericolo di reiterazione conseguente al sequestro delle società e dei mezzi utilizzati per il trasporto.
Va detto, a tale proposito, che l’ordinanza in esame ha preso dettagliatamente in considerazione le singole posizioni di ciascun indagato, indicando con precisi richiami agli atti del procedimento gli elementi indiziari ritenuti rilevanti e, quanto al pericolo di reiterazione, le ragioni che determinerebbero la sussistenza e persistenza del pericolo, ponendo a tal proposito in evidenza la competenza ed esperienza acquisita nello svolgimento delle attività illecite oggetto di provvisoria contestazione e la conseguente capacità di poter nuovamente organizzare la fitta rete di rapporti e attività già intessuti dal gruppo criminale. Si tratta, peraltro, della indicazione di elementi fattuali specifici riferiti ad ogni singolo indagato e non anche di affermazioni di carattere generico.      
Il censurato richiamo alla facoltà di non rispondere, inoltre, viene effettuato dai giudici del riesame in maniera del tutto incidentale e sussidiaria, al fine, evidente e dichiarato, di rappresentare come il silenzio serbato impedirebbe qualsivoglia ricostruzione alternativa della vicenda oltre a dimostrare  “fedeltà” verso gli altri associati. La valenza di tali affermazioni nel complessivo iter argomentativo seguito dai giudici del riesame per giustificare la loro decisione è, dunque, del tutto neutra, altre e più consistenti essendo le ragioni poste a sostegno dell’ordinanza medesima.

4. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in data 25/11/2021