Consiglio di Stato Sez. VI n. 4810 del 29 maggio 2024
Elettrosmog.Limitazioni alla installazione di impianti di telecomunicazioni in parchi e riserve nazionali

L’art. 43 del D. L.vo 259/2003 non prevede che gli impianti di telecomunicazione, e le relative infrastrutture, debbano essere sempre autorizzati anche nei parchi e riserve nazionali: la norma in questione si limita ad affermare che le domande per la concessione del diritto di installare infrastrutture debbono essere esaminate senza indugio, nel corso di procedimenti semplici, efficaci, trasparenti e non discriminatori, richiamando, al comma 5, le disposizioni di tutela dei beni ambientali e culturali; la norma, poi, distingue il caso in cui il richiedente sia un fornitore di reti pubbliche di comunicazione elettronica da quello in cui il richiedente sia un fornitore di reti di comunicazione elettronica diverse da quelle fornite al pubblico, per riservare solo alle prime la possibilità di installarsi anche all’interno di parchi e riserve nazionali e nei territori di protezione esterna dei parchi. Le stazioni radio base, nonostante il riconoscimento del carattere di opere di pubblica utilità e malgrado l'assimilazione ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria, non possono essere localizzate indiscriminatamente in ogni sito del territorio comunale perché, al cospetto di rilevanti interessi di natura pubblica, come nel caso della tutela dei beni ambientali e culturali, la realizzazione dell'opera di pubblica utilità può risultare cedevole. Non a caso l'art. 86 del decreto legislativo n. 259 del 2003, nel disciplinare le infrastrutture di comunicazione elettronica, al comma 4 fa espressamente salve le disposizioni a tutela dei beni ambientali e culturali. Il fatto che gli impianti di telecomunicazione costituiscano opere di pubblica utilità non costituisce, insomma, un lasciapassare generale e incondizionato a che possano essere installati in qualsivoglia sito del territorio: l’art. 43 del D. L.vo 259/2003 implicitamente afferma che un impianto di telecomunicazione può, all’occorrenza, essere installato anche in zona protetta, ma a condizione che l’intervento sia compatibile con le misure di protezione ambientale.

Pubblicato il 29/05/2024

N. 04810/2024REG.PROV.COLL.

N. 03051/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3051 del 2023, proposto da
Wind Tre S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giuseppe Sartorio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Umbria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luca Benci, Anna Rita Gobbo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comune di Avigliano Umbro, non costituito in giudizio;
Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria (Sezione Prima) n. 00030/2023, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Umbria e del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2023 il Cons. Roberta Ravasio e uditi per le parti gli avvocati Giuseppe Sartorio e Chiara Pesce in sostituzione dell'avv. Luca Benci;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con istanza presentata il 15 settembre 2019 Wind Tre presentava istanza di autorizzazione ai sensi dell’art. 87 del Codice delle Comunicazioni Elettroniche per realizzare, in Comune di Avigliano Umbro, una nuova stazione radio base sul fondo, di proprietà del Comune, censito al Catasto al Foglio 54, mapp. 145, che ricade all’interno di un sito individuato quale “Rete natura 2000”, ovvero il sito ZSC IT5220008, Monti Amerini..

2. In relazione al progetto veniva rilasciata l’autorizzazione paesaggistica, il permesso di costruire, il parere radioprotezionistico favorevole e l’autorizzazione sismica. Trattandosi – come precisato – di area inclusa in un sito classificato quale Zona Speciale di Conservazione, l’appellante trasmetteva alla Regione Umbria l’istanza di avvio della procedura di Valutazione di Incidenza.

3. All’esito dell’istruttoria la Regione, con nota prot. nr. 0045466-2022 del 07/03/2022 comunicava i motivi ostativi all’accoglimento, mentre con determinazione dirigenziale n. 5437 del 30 maggio 2022 esprimeva in via definitiva parere negativo alla realizzazione del progetto “per gli effetti diretti ed indiretti che l’attuazione degli interventi proposti determinerebbe sugli habitat e sulle specie, sulla base delle considerazioni esplicitate in premessa e in contrasto con gli obiettivi e le misure di conservazione della ZSC IT5220008 Monti”.

4. Con ricorso notificato a mezzo PEC il 26 luglio 2022 Wind ha impugnato, innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria, sia l’indicato parere negativo che gli atti ad esso presupposti, prima di tutto il Piano di gestione del sito IT5220008 Monti Amerini approvato con delibera di Giunta regionale n. 125 del 20 febbraio 2013, nella parte in cui prevede tra le misure di conservazione della ZSC IT5220008 Monti Amerini, il divieto di nuovi interventi edilizi, ove interpretato come divieto da estendere anche agli impianti di telecomunicazione.

5. Con la sentenza in epigrafe indicata il TAR ha respinto l’impugnazione, ritenendo il ricorso inammissibile in quanto tardivo.

5.1. A motivo della decisione il TAR ha rilevato che le censure svolte dall’appellante si incentravano, prima di tutto, sulla illegittimità delle prescrizioni del Piano di Gestione dei Monti Amerini, che tuttavia non risultava essere stato fatto oggetto di autonoma impugnazione nel termine di rito, decorrente dalla pubblicazione dell’atto di approvazione.

6. Wind ha proposto appello.

7. Si sono costituiti per resistere al gravame la Regione Umbria e il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.

8. In occasione della camera di consiglio del 18 maggio 2023 la domanda cautelare è stata respinta per ragioni essenzialmente legate alla mancanza di periculum in mora.

9. La causa è stata, infine, chiamata alla pubblica udienza del 21 dicembre 2023, in occasione della quale è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

10. Con unico, articolato, motivo d’appello Wind deduce, in primo luogo, l’erroneità della sentenza per aver dichiarato l’inammissibilità del ricorso in ragione della mancata impugnazione del Piano di Gestione nel termine di 60 giorni decorrenti dalla delibera di approvazione del medesimo, avvenuta con delibera di Giunta Regionale n. 125/2013, pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione Umbria, Serie Generale n. 15 del 20 marzo 2013.

10.1. L’appellante rileva che secondo i principi consolidati le disposizioni dirette a regolamentare l'uso del territorio negli aspetti urbanistici ed edilizi, contenute nel piano regolatore, nei piani attuativi o in altro strumento generale individuato dalla normativa regionale vanno immediatamente ed autonomamente impugnate, in osservanza del termine decadenziale, solo ove siano immediatamente lesive e da parte del soggetto in concreto leso, mentre, nel caso di volizioni astratte e generali, suscettibili di ripetuta applicazione e che esplichino effetto lesivo solo nel momento in cui è adottato l'atto applicativo, la norma regolamentare non deve essere oggetto di autonoma impugnazione - la quale sarebbe peraltro inammissibile per difetto di una lesione attuale e concreta - ma deve essere impugnata unitamente al provvedimento applicativo di cui costituisce l'atto presupposto, in quanto solo quest'ultimo rende concreta la lesione degli interessi di cui sono portatori i destinatari, potendo, quindi, le norme regolamentari formare oggetto di censura in occasione dell'impugnazione dell'atto che ne fa applicazione. Nel caso di specie le prescrizioni in

contenute nel Piano di Gestione non avevano efficacia immediatamente lesiva per gli interessi della

Wind Tre, la quale, nel lontano 2013, non poteva immaginare che a distanza di oltre sei anni, le esigenze di copertura del servizio avrebbero richiesto la realizzazione di un impianto in un’area all’interno del perimetro del Piano di Gestione, area di cui all’epoca non aveva neppure giuridica disponibilità; dunque, al momento dell’approvazione del Piano di Gestione non sussisteva un interesse concreto ed attuale della Wind Tre all’impugnazione delle prescrizioni in esso contenute.

10.2. Sotto diverso profilo, afferente il merito del ricorso, l’appellante rileva di aver impugnato il Piano di Gestione limitatamente alla misura di conservazione del sito la quale contempla il divieto assoluto e generalizzato di “nuovi interventi edilizi”, tra i quali non potrebbe annoverarsi l’intervento di installazione di una nuova stazione radio base e del relativo supporto: secondo l’appellante, infatti, gli impianti di telecomunicazione, che sono equiparati per legge alle opere di pubblica utilità, non potrebbero essere assimilati a “interventi edilizi”. L’appellante sostiene, quindi, che la disciplina del Piano di Gestione riferita alla realizzazione di “nuovi interventi edilizi” non possa essere estensivamente applicata agli impianti di telecomunicazioni, al pari di quella recata dai regolamenti comunali, dal che consegue che (i) l’esistenza del divieto di nuovi interventi edilizi (strutture stabili) all'interno o in prossimità degli habitat, non poteva ritersi preclusivo, in assoluto, al rilascio della Vinca per la realizzazione dell’impianto di telefonia progettato dalla odierna appellante, e che (ii) seppure fosse sussistito un obbligo di impugnazione

immediata del Piano, Wind sarebbe stata legittimata ad interpretarlo nel senso che le Amministrazioni competenti non potessero invocare un divieto assoluto di realizzazione di stazioni radio base nell’intero territorio di 758 ettari su cui si estende la disciplina di Piano, escludendo dunque ogni ipotesi di onere impugnatorio.

10.3. Infine Wind rileva che, nel caso di ritenuta ammissibilità del ricorso di primo grado, dovrebbe essere riformata anche la statuizione, del TAR, con cui è stato dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Ministero della Transizione Ecologica, oggi Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, che è stato evocato in giudizio in qualità di autorità che ha partecipato alla approvazione del Piano di Gestione impugnato.

10.4. Wind ha quindi ritualmente riproposto le censure di merito non esaminate dal primo giudice.

11. L’appello è fondato, e la sentenza va riformata, nella parte in cui ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di primo grado.

11.1. Relativamente al momento da cui decorre, per gli operatori di telefonia, il termine per impugnare le previsioni pianificatorie ostative alla installazione di infrastrutture di telecomunicazione, la Sezione ha già avuto modo di affermare che “l’onere di impugnare la previsione di uno strumento urbanistico che limiti o escluda, su un determinato fondo, la possibilità di realizzare nuovi impianti di telecomunicazione scatta solo nel momento in cui si verifica la coincidenza tra soggetto titolare della legittimazione ad agire e soggetto titolare dell’interesse ad agire, il che può accadere: (i) sia quando l’area interessata dalla norma limitativa sia di proprietà di una impresa titolare dell’autorizzazione a realizzare ed esercire impianti di telecomunicazione: in tal caso l’interesse ad agire risulta connotato da immediata attualità e concretezza, sicché il termine per impugnare la previsione limitativa, di natura immediatamente conformativa, decorre dalla pubblicazione della delibera di approvazione del piano o dal momento della piena conoscenza, a seconda che l’impresa abbia acquistato la proprietà del fondo prima o dopo l’approvazione dello strumento urbanistico; (ii) sia quando una impresa autorizzata alla realizzazione e all’esercizio di impianti di telecomunicazione abbia ottenuto dal proprietario del fondo il consenso ad occuparlo per realizzarvi e mantenervi un nuovo impianto, ed abbia poi presentato l’istanza di autorizzazione prevista dall’art. 43 (già art. 87) del D. L.vo 259/2003. Il Collegio ritiene, infatti, che solo la concorrenza delle indicate circostanze sia idonea a dimostrare, oltre alla legittimazione ad agire, anche l’esistenza di un interesse concreto ed effettivo alla realizzazione del nuovo impianto di autorizzazione, rendendo ammissibile l’impugnazione della norma che frustra tale interesse. In tal caso la legittimazione ad agire sarà ravvisabile sia in capo alla impresa che in capo al proprietario del fondo, ed il termine per proporre l’impugnazione decorrerà dalla comunicazione del diniego di autorizzazione, dovendosi ritenere sproporzionato l’obbligo di impugnare la previsione limitativa prima che sia reso noto l’esito ufficiale della pratica ex art. 43 (ex art. 87) del D. L.vo 259/2003, il cui avvio – come precisato – è tuttavia necessario per integrare l’interesse alla impugnazione.” (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, n. 5259 del 6 luglio 2022).

11.2. Di conseguenza, anche volendo interpretare l’art. 4 del Piano di Gestione come norma immediatamente lesiva, nella misura in cui preclude la realizzazione di qualsiasi intervento edilizio, Wind, che non è proprietaria dell’area interessata dalla realizzazione del nuovo impianto, non avrebbe potuto impugnarla prima di acquisire il diritto di utilizzazione dell’area e a prescindere da un atto applicativo della previsione lesiva.

11.3. L’impugnazione spiegata con il ricorso di primo grado, che ha rispettato il termine di 60 giorni, decorrenti dalla determinazione dirigenziale del 30 maggio 2022, deve, conclusivamente, ritenersi tempestiva.

11.4. Il Collegio non ritiene, invece, di dover riformare la statuizione che ha estromesso dal giudizio il Ministero della Transizione Ecologica, non risultando che la procedura di approvazione del piano di Gestione abbia visto il suddetto Ministero parteciparvi in qualità di autorità titolare di un potere di codecisione.

11.4.1. Secondo quanto si evince dal D.P.R. n. 357/97, “Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche”, le misure di conservazione dei siti di importanza comunitaria vengono definiti dalle regioni e dalle province autonome, sulla base di linee guida per la gestione delle aree della rete "Natura 2000", da adottarsi con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il Ministero ha, infatti, adottato tali linee guida con il decreto Ministeriale 3 settembre 2002, che è infatti richiamato nelle delibere della Giunta Regionale di adozione e approvazione del Piano di gestione del S.I.C. IT 5220008 “Monti Amerini”. Il D.P.R. n. 357/97 inoltre, attribuisce delle funzioni al predetto Ministero nell’ambito della c.d. “concertazione” prevista dall’art. 5 della direttiva 92/43/CEE, ma solo quale soggetto incaricato di fornire alla Commissione Europea “i dati scientifici relativi all’area oggetto della procedura” (cfr. art. 4 bis del D.P.R. n. 357/97), e quindi non quale soggetto titolare del potere di individuare i SIC e le relative misure di conservazione, potere che nell’ordinamento italiano è in capo alle regioni e province autonome.

11.5. La ritenuta ammissibilità del ricorso di primo grado determina la riforma della sentenza e la necessità di esaminare i motivi articolati in primo grado, nessuno dei quali è stato esaminato dal TAR.

12. Prima di procedere con la disamina dei motivi di ricorso è bene precisare, in fatto, quanto segue.

12.1. La determina del 30 maggio 2022, n. 5437, con cui la Regione ha espresso parere negativo al progetto presentato dalla appellante, richiama il Piano di gestione approvato nel 2013, nella parte in cui esso prevede la misura di conservazione “Realizzazione di nuovi interventi edilizi. Divieto di costruzione di strutture stabili all'interno o in prossimità degli habitat ad eccezione di strutture funzionali ad attività gestionali necessarie per la conservazione degli habitat stessi, alla fruizione naturalistica e allo studio”, rilevando che una simile previsione già sottende una valutazione, da parte dell’estensore del Piano di Gestione, di significatività di qualsiasi intervento, ragione per cui la significatività non poteva essere esclusa solo sulla base delle dimensioni dell’intervento, come prospettato da Wind nello Studio di Incidenza allegato all’istanza per la Valutazione di Incidenza Appropriata relativa al Piani/Progetti/Interventi/Attività localizzati nei siti di importanza comunitaria. La Regione ha dipoi rilevato che Wind non aveva prodotto la documentazione tecnica necessaria a proporre l’applicazione di quanto previsto all’art. 6 comma 4 della Direttiva 92/43/CEE che prevede la possibilità “....in caso di conclusioni negative della valutazione dell'incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto può essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata.....”; in particolare, la Regione ha ritenuto che Wind avrebbe dovuto fornire “l’analisi delle soluzioni alternative necessarie a dimostrare che l’alternativa proposta (a

prescindere dalle considerazioni economiche) sia quella meno dannosa per l’ambiente, ovvero (ai sensi della Direttiva Habitat) per gli habitat, le specie e gli habitat di specie coinvolti, e che inoltre non esista altra alternativa fattibile che non pregiudichi l’integrità dei siti Natura 2000; la sussistenza di motivi di rilevante interesse pubblico (IROPI); l’individuazione di Misure di Compensazione necessarie per assicurare che la coerenza globale delle Rete Natura 2000 sia tutelata; il Piano di monitoraggio delle Misure di Compensazione finalizzato ad accertare nel medio-lungo termine l’efficacia delle Misure di Compensazione intraprese”. Sulla base di tali considerazioni la Regione ha espresso “ai sensi della direttiva 92/43/CEE, del D.P.R. n. 357/1997 e s.m. e i. e della L.R. n. 1/2015, parere negativo per gli effetti diretti ed indiretti che l’attuazione degli interventi proposti determinerebbe sugli habitat e sulle specie, sulla base delle considerazioni esplicitate in premessa e in contrasto con gli obiettivi e le misure di conservazione della ZSC IT5220008 Monti Amerini.”.

12.2. Wind, nella relazione allegata alla richiesta di VINCA, ha sostenuto che la significatività dell’intervento può valutarsi come segue: “- Habitat comunitari: BASSA; - Habitat di specie: MEDIA; - Specie vegetali di interesse comunitario: NULLA; - Specie faunistiche di interesse comunitario: NULLA; Habitat comunitari: l’esecuzione del progetto comporterà, una sottrazione permanente di superficie interessata dall’habitat 91M0 di 60 mq per una percentuale rispetto

alla superficie totale dell’habitat dell’0,0007%”. Con particolare riferimento all’habitat di specie, la relazione specifica che “L’intervento potrebbe determinare un disturbo acustico in un intorno di circa 20 metri dall’area di intervento e lungo la viabilità di accesso. Inoltre anche se non vi sono segnalazione di chirotteri nell’area di intervento la generazione di un campo elettromagnetico potrebbe ridurne l’idoneità. Considerando la tipologia di intervento, la durata limitata della fase di cantiere e la minima superficie interessata, si ritiene che la sottrazione temporanea di habitat faunistico possa incidere negativamente sulla componente faunistica solo se coincidente con il periodo riproduttivo, compreso tra i mesi di marzo luglio”, per poi proporre delle misure di mitigazione, consistenti nel fatto di realizzare l’intervento nella finestra temporale in cui le specie faunistiche interessate (chirotteri e avifauna) sono al di fuori del periodo riproduttivo. La verifica dell’incidenza dell’intervento a seguito dell’applicazione delle misure di mitigazione consente di concludere che: “- in riferimento ai fattori biotici si ritiene che le opere previste non causeranno modificazioni significative a carico della componente faunistica e vegetazionale; - in relazione alla componente ecosistemica si ritiene che le opere in progetto non determineranno modificazioni significative all’ecosistema interessato. In conclusione, tenuto conto degli obiettivi e delle misure di conservazione dei siti Natura 2ooo interessati, è possibile concludere in maniera oggettiva che il progetto di non determinerà incidenza significativa, ovvero non pregiudicherà il mantenimento dell'integrità dei siti Natura 2000 interessati.”

13. Questi i motivi di ricorso, riproposti da Wind:

13.1. Con il primo motivo di ricorso Wind, constatando che il parere impugnato ha ritenuto l’intervento “significativo” solo sulla base della previsione richiamata contenuta nel Piano di Gestione e senza riferimento alcuno all’analisi di incidenza contenuta nella relazione prodotta, rileva l’erroneità di tale argomentare, sul presupposto che le infrastrutture di telecomunicazione non possono essere assimilate a un “intervento edilizio”, ragione per cui la richiamata previsione del Piano di Gestione non sarebbe applicabile. In ogni caso il parere impugnato sarebbe affetto da difetto di motivazione, perché non dimostra in alcun modo l’incidenza significativa dell’impianto sul sito natura 2000 in questione.

13.2. Con il secondo motivo di ricorso Wind ha sostenuto, in via subordinata, l’illegittimità del parere impugnato in via derivata dalla illegittimità della previsione del Piano di Gestione, nella parte in cui la stessa pone un divieto assoluto alla realizzazione dell’impianto progettato dalla odierna appellante e, in generale, alla realizzazione degli impianti di telecomunicazioni: accedendo all’impostazione della Regione ne conseguirebbe l’imposizione di un divieto assoluto d’installazione all’interno di un’area geografica molto vasta, pari a quella di tutto il territorio incluso nel sito, oltre all’area posta all’esterno di esso: infatti “La valutazione d'incidenza, come costantemente interpretata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e delle Corti Nazionali, si applica pertanto sia agli interventi che ricadono all'interno delle aree Natura 2000 (e delle Zone di protezione speciale), sia a quelli che, pur collocandosi all'esterno, possono comportare ripercussioni sullo stato di conservazione dei valori naturali tutelati nel sito.)” (Cons. Stato, Sez. IV, n. 6773 del 29 novembre 2018). Una tale forma di divieto assoluto all’istallazione degli impianti di telefonia cellulare, risulterebbe illegittima, atteso che l’interesse alla conservazione degli habitat naturali va contemperato con quello alla realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazione, considerate strategiche per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 21 dicembre 2001, n. 443. Una diversa interpretazione impedirebbe l’esercibilità del servizio di telefonia mobile cellulare di ultima generazione, atteso che quest’ultimo per il suo regolare funzionamento necessita di una maggiore capillarizzazione sul territorio degli impianti di emissione, mentre la disciplina attuativa del Piano di Gestione preclude a pressoché tutti coloro che risiedono nei Comuni rientrati nel territorio del SIC IT 5220008 “Monti Amerini”, di potere fruire di tale essenziale, innovativo e strategico servizio di pubblica utilità. La scelta di vietare la realizzazione di tale tipo d’infrastrutture prevista dal Piano di Gestione appare, dunque, una scelta radicale, non adeguatamente motivata con riferimento ai fattori di rischio ed elementi di vulnerabilità individuati per l’ambiente naturale, viziata per eccesso di potere per illogicità, arbitrarietà e difetto di istruttoria, anche perché viene impedito al privato, portatore di un interesse qualificato sia dal punto di vista imprenditoriale che di fornitore di un servizio di pubblica utilità, essenziale, di provare, quanto meno, ad installare il proprio impianto in tali aree. Si elimina così la possibilità di una fase valutativa in cui vengano contemperati tutti gli interessi in gioco, quello privato all’espletamento di un servizio, e quello pubblico alla tutela del paesaggio, dando una preferenza assoluta ed ingiustificata alla tutela paesistica ed escludendo in radice ogni possibilità di intervento.

13.3. Con un terzo motivo di ricorso Wind deduce l’illegittimità del gravato parere negativo per violazione dell’art. 5 del D.P.R. n. 357/97, dell’art. 6, par. 4, della Direttiva “Habitat”, violazione delle Linee guida nazionali per la valutazione di incidenza, violazione della D.G.R. n. 369/2021 recante recepimento delle suddette linee guida: Wind rileva che l’indicazione delle misure compensative non doveva essere contenuta già nella istanza dii VINCA, poiché le norme di riferimento richiedono che la c.d. fase II, cioè quella di attivazione e valutazione delle misure compensative nel caso in cui venga in considerazione esse siano valutate solo se la valutazione di incidenza si conclude negativamente: la mancata indicazione delle misure compensative già in fase di richiesta della VINCA, dunque, non poteva andare a fondare la valutazione negativa di un’opera di rilevante interesse pubblico; né l’onere di attivare immediatamente la procedura di deroga, di cui all’art. 6, par. 3, della Direttiva “Habitat”, poteva desumersi dal preavviso di diniego che costituiva un atto endoprocedimentale e dunque non era idoneo di per sé a far scattare l’obbligo di attivare immediatamente la deroga.

14. L’appello può essere accolto nei limiti di cui si dirà.

14.1. Il primo motivo d’appello non può essere accolto in quanto la nozione di “intervento edilizio” è estremamente ampia e generica ed è quindi, oggettivamente, idonea ad abbracciare qualsiasi intervento che si traduca in una trasformazione del territorio. Correlativamente si deve rilevare che anche la realizzazione di una infrastruttura per telecomunicazioni rientra nella nozione di “intervento edilizio” in quanto si compendia nella realizzazione di opere edilizie, che servono da supporto degli impianti di telecomunicazione. La previsione del Piano di Gestione che vieta, nel sito di importanza comunitaria in questione, ogni intervento edilizio, va quindi interpretata nel senso che determina l’assoluto e generale divieto di realizzare qualsiasi opera edilizia, id est, qualsiasi costruzione; correttamente, pertanto, la Regione Umbria, nel parere impugnato, ha tratto da tale previsione la constatazione che la valutazione di incidenza negativa di qualsiasi intervento era già stata effettuata, a monte, dalla Regione, in sede di predisposizione del Piano di Gestione. Il primo motivo d’appello deve, quindi, essere respinto perché si fonda sull’assunto che il divieto invocato dalla Regione non si estenderebbe agli impianti di telecomunicazione nonché sull’omesso esame della relazione di incidenza prodotta da Wind unitamente all’istanza di attivazione del procedimento di VINCA: una motivazione su tale relazione sarebbe stata, in effetti, inutile, alla luce della valutazione già effettuata a priori, e a monte, dal Piano di Gestione.

14.2. Suggestivo ma infondato è anche il secondo motivo d’appello, con il quale si deduce l’illegittimità della previsione del Piano di Gestione che pone il divieto di realizzare nuovi interventi edilizi quale misura di conservazione del sito. Occorre a tale proposito rilevare che il Piano di Gestione è espressione di discrezionalità amministrativa la quale non risulta sia stata esercitata, nella fattispecie, in violazione di legge, né risulta sindacabile per macroscopica irrazionalità o travisamento.

14.2.1. Non si apprezza violazione di legge, segnatamente con riferimento all’art. 43 del D. L.vo 259/2003, in quanto tale norma non prevede che gli impianti di telecomunicazione, e le relative infrastrutture, debbano essere sempre autorizzati anche nei parchi e riserve nazionali: la norma in questione si limita ad affermare che le domande per la concessione del diritto di installare infrastrutture debbono essere esaminate senza indugio, nel corso di procedimenti semplici, efficaci, trasparenti e non discriminatori, richiamando, al comma 5, le disposizioni di tutela dei beni ambientali e culturali; la norma, poi, distingue il caso in cui il richiedente sia un fornitore di reti pubbliche di comunicazione elettronica da quello in cui il richiedente sia un fornitore di reti di comunicazione elettronica diverse da quelle fornite al pubblico, per riservare solo alle prime la possibilità di installarsi anche all’interno di parchi e riserve nazionali e nei territori di protezione esterna dei parchi. In giurisprudenza è consolidato il principio secondo cui “Le stazioni radio base, nonostante il riconoscimento del carattere di opere di pubblica utilità e malgrado l'assimilazione ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria, non possono essere localizzate indiscriminatamente in ogni sito del territorio comunale perché, al cospetto di rilevanti interessi di natura pubblica, come nel caso della tutela dei beni ambientali e culturali, la realizzazione dell'opera di pubblica utilità può risultare cedevole, come sancito dalla giurisprudenza consolidata (Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 febbraio 2018, n. 1058). Non a caso l'art. 86 del decreto legislativo n. 259 del 2003, nel disciplinare le infrastrutture di comunicazione elettronica, al comma 4 fa espressamente salve <le disposizioni a tutela dei beni ambientali e culturali" ( parere Cons. Stato n. 94 del 2022). Il fatto che gli impianti di telecomunicazione costituiscano opere di pubblica utilità non costituisce, insomma, un lasciapassare generale e incondizionato a che possano essere installati in qualsivoglia sito del territorio: l’art. 43 del D. L.vo 259/2003 implicitamente afferma che un impianto di telecomunicazione può, all’occorrenza, essere installato anche in zona protetta, ma a condizione che l’intervento sia compatibile con le misure di protezione ambientale.

14.2.2. Sotto il profilo dell’esercizio della discrezionalità, il Collegio non ravvisa nella previsione in esame vizi riconducibili a macroscopico travisamento e a palese illogicità. Come evidenziato dalla Regione Umbria, il divieto di realizzazione di nuovi interventi edilizi vale soltanto “all'interno o in prossimità degli habitat” e per quanto riguarda l’Habitat 91M0 è quello indicato nelle Carte con il colore verde scuro: il divieto, dunque, non si estende all’intero perimetro del sito dei Monti Amerini, che nella cartografia del Piano di Gestione è delimitato con una linea rossa, al cui interno sono evidenziati in vari colori i vari habitat tutelati, e in bianco le aree in cui non vi sono habitat da tutelare: il divieto vale solo per gli habitat tutelati. La Regione, inoltre, ha evidenziato, sin dalla memoria del 2 settembre 2022, che il sito 91M0 ricade nella Regione Biogeografica Mediterranea (RBM) all’interno della quale l’Habitat risulta avere uno stato di conservazione (colore giallo) Inadeguato (U1) con trend stabile. Infatti, circa lo stato di conservazione dell’Habitat, tra il III report (2007-2012) e il IV report (2013-2018), lo stato di conservazione pur rimanendo Inadeguato (U1), presenta un peggioramento del parametro “Area” che passa da favorevole (FV) a Inadeguato (U1): e tale assunto non è stato efficacemente smentito da Wind. Il divieto assoluto in esame, dunque, appare coerente con la necessità di apprestare al sito misure di conservazione idonee a migliorarne lo stato generale. D’altro canto, la Corte di Giustizia ha avuto modo di precisare (nella sentenza C-2/2010) che, sebbene il regime di tutela che le direttive «habitat» e «uccelli» non vieti qualsivoglia attività umana all’interno dei siti di Natura 2000, limitandosi a subordinare l’autorizzazione di dette attività ad una valutazione previa di incidenza ambientale del progetto interessato, un regime di tutela più restrittivo, che imponga dei divieti assoluti alla realizzazione di determinati progetti, deve ritenersi ammissibile ai sensi dell’art. 193 TFUE, il quale prevede la possibilità per gli Stati membri di adottare misure di protezione rafforzata: si legge, in particolare, in tale decisione:

“50…..Questo articolo (193 TFUE) subordina tali misure alle sole condizioni che esse siano compatibili con il Trattato FUE e che siano notificate alla Commissione. La Corte ha pertanto dichiarato che, «nell’ambito della politica comunitaria dell’ambiente, qualora una misura nazionale persegua gli stessi obiettivi di una direttiva, il superamento dei requisiti minimi stabiliti da tale direttiva è previsto e autorizzato all’art. 176 CE, alle condizioni stabilite da quest’ultimo» (v. sentenza Deponiezweckverband Eiterköpfe, cit., punto 58). 51. Orbene, risulta sia dal fascicolo sottoposto alla Corte, sia dagli interventi delle parti in udienza, che la normativa nazionale e regionale controversa nella causa principale ha essenzialmente ad oggetto la conservazione delle zone appartenenti alla rete Natura 2000, in particolare la protezione degli habitat degli uccelli selvatici dai pericoli che gli aerogeneratori possono rappresentare per questi ultimi. 52. Ne risulta che una normativa come quella controversa nella causa principale, che, al fine di proteggere le popolazioni di uccelli selvatici che abitano le zone protette appartenenti alla rete Natura 2000, vieta in maniera assoluta la costruzione di nuovi aerogeneratori in dette zone, persegue gli stessi obiettivi della direttiva «habitat». Dal momento che stabilisce un regime più rigoroso di quello introdotto dall’art. 6 di questa direttiva, essa costituisce una misura di protezione rafforzata ai sensi dell’art. 193 TFUE…….75. Dall’insieme delle considerazioni che precedono consegue che le direttive «habitat», «uccelli», 2001/77 e 2009/28 devono essere interpretate nel senso che esse non ostano a una normativa che vieta l’installazione di aerogeneratori non finalizzati all’autoconsumo su siti appartenenti alla rete Natura 2000, senza alcuna previa valutazione dell’incidenza ambientale del progetto sul sito specificamente interessato, a condizione che i principi di non discriminazione e di proporzionalità siano rispettati.”.

14.2.3. Ebbene, non si può ritenere che la previsione in esame violi il principio di proporzionalità per il solo fatto che il divieto si estende su un’area di significativa estensione, includendo anche gli impianti di telecomunicazione, tenuto conto dello stato di conservazione effettivo del sito (91M0)., classificato – come già precisato – “Inadeguato”. Va, inoltre, rilevato che in fase di individuazione delle misure di conservazione é ben difficile, se non impossibile, individuare gli interventi astrattamente compatibili con le esigenze di conservazione, fatti salvi gli esiti della VINCA, e ciò proprio in relazione al fatto che la valutazione di incidenza va svolta sul singolo progetto e deve essere effettuata caso per caso. Di conseguenza non appare al Collegio palesemente irragionevole la scelta della Regione Umbria di tutelare il sito con una misura generalizzata di divieto, che appare idonea a prevenire un ulteriore degrado e che, proprio per la sua assolutezza, neppure implica discriminazioni, e che peraltro può essere superata avviando la fase finalizzata a verificare la possibilità di realizzare l’intervento in deroga, ai sensi dell’art. 6, par. 4, della Direttiva “Habitat”.

14.2.4. Anche il secondo motivo di ricorso deve essere, in conclusione, respinto.

14.3. Deve invece essere valutato favorevolmente il terzo motivo di ricorso, a mezzo del quale Wind lamenta che non le è stata neppure data l’occasione di chiedere l’autorizzazione in deroga.

14.3.1. La Regione sul punto insiste sul fatto che nella richiesta di integrazioni del 29 settembre 2021 aveva preannunciato che nella eventualità in cui la VINCA avesse accertato una incidenza significativa del progetto “l’esito dell’istruttoria potrebbe prevedere l’avviso di diniego o il passaggio al livello successivo di approfondimento previsto dalle Linee guida. In quest’ultima ipotesi (livello 3) è prevista la sussistenza di alcuni prerequisiti tra cui la valutazione delle soluzioni alternative e la presenza di IROPI (Imperative Reasons of Overriding Public Interest)”, e che nel preavviso di rigetto del 7 marzo 2022 è stato comunicato che in assenza di presentazione di ulteriore documentazione tecnica si sarebbe provveduto all’emissione del parere negativo.

14.3.2. In realtà il preavviso di diniego è assolutamente generico e non fa alcun riferimento alla necessità di produrre ulteriore documentazioni per istruire il “livello 3”, mentre la comunicazione del 29 settembre 2021 si limitava a preconizzare la possibilità che la procedura passasse al “livello 3”, senza però rappresentare la necessità che la documentazione necessaria per istruire tale fase fosse presentata in esito alla suddetta richiesta di integrazione documentale: va sottolineato, infatti che nella citata nota del 29 settembre 2021 si affermava che il progetto presentato era “carente nella descrizione delle attività inerenti i movimenti terra poiché gli scavi e i riporti non sono descritti nella relazione tecnica e non sono illustrati nella documentazione grafica” nonché “carente nella descrizione delle opere murarie e delle opere di recinzione pertinenziali che mancano anche dei dati dimensionali”, e si rilevava che “il progetto così proposto determina una perdita permanente di

habitat 91M0 e che la documentazione tecnica di riferimento sulla quale è stato redatto lo Studio di Incidenza manca degli elementi progettuali minimi previsti nei progetti definitivi; Si richiede, di integrare la documentazione relativa all’istanza con gli elementi progettuali indispensabili per una valutazione della significatività dell’incidenza dell’opera coerente con le Linee guida Nazionali.”: nessun accenno alla documentazione comprovante la presenza di Imperative Reasons of Overriding Public Interest, né la assenza di soluzioni alternative, né, infine, la natura delle misure compensative proposte.

14.3.3. Poggiando il diniego anche sulla mancata produzione, da parte di Wind, della documentazione necessaria per istruire il “livello 3” la Regione ha precluso all’appellante l’accesso a una fase istruttoria che è espressamente prevista e garantita dalla Direttiva “Habitat” e dalle norme di recepimento nazionali, e che non trova un ostacolo nella sopra esaminata previsione del Piano di Gestione, che invece agisce sui primi due livelli dell’istruttoria: la deroga prevista dall’art. 6, par. 4, della Direttiva “Habitat”, del resto, trova la sua ratio precisamente nell’esigenza di non precludere la realizzazione di opere di imperativo interesse pubblico, e quindi non può essere paralizzata da una diversa misura nazionale.

14.3.4. La Regione, quindi, una volta ritenuta la incidenza significativa del progetto – in questo caso discendente direttamente dal divieto previsto nel Piano di Gestione – avrebbe dovuto chiedere a Wind se fosse interessata a istruire il “livello 3”, ritenendo che l’impianto dovesse essere realizzato per imperativi motivi di interesse pubblico, concedendo alla stessa un termine per produrre la documentazione inerente a tale fase: solo in esito alla inosservanza del termine o di una manifestazione di rinuncia da parte di Wind, essa avrebbe potuto chiudere il procedimento con un parere negativo definitivo. La Determinazione Dirigenziale impugnata, invece, ha radicalmente precluso a Wind di esercitare la facoltà di chiedere la deroga prevista all’art. 6, par. 4 della Direttiva “Habitat”, e per tale motivo va annullata.

15. In conclusione, l’appello va accolto e per l’effetto la Determinazione Dirigenziale della Regione Umbria n. 5437 del 30 maggio 2022 va annullata nei sensi di cui in motivazione.

16. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie; per l’effetto, in totale riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria n. 30/2023, accoglie il ricorso di primo grado nei sensi di cui in motivazione e annulla la Determinazione Dirigenziale della Regione Umbria n. 5437 del 30 maggio 2022.

Visto l’art. 34, comma 1, lett. e) c.p.a., dispone che la Regione si ridetermini come indicato al par. 14.3.4. della motivazione.

Condanna la Regione Umbria al pagamento, in favore dell’appellante, delle spese del doppio grado, che liquida in complessive €. 6.000,00 (seimila), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2023 con l'intervento dei magistrati:

Sergio De Felice, Presidente

Stefano Toschei, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere

Lorenzo Cordi', Consigliere

Roberta Ravasio, Consigliere, Estensore