Cass. Sez. III n. 37858 del 21 ottobre 2021 (CC 10 set 2021)
Pres. Andreazza Est. Noviello Ric. Di Biase
Acque.Reflui provenienti da un sistema di lavaggio di parti meccaniche di veicoli all’interno di un’autofficina
Devono pacificamente ritenersi rientranti nella nozione di acque reflue industriali quelle provenienti e scaricate, come nella specie, dal sistema di lavaggio di parti meccaniche di veicoli gestiti all’interno di un’autofficina. Risulta irrilevante ai fini del reato di cui all’art. 137 comma 1 Dlgs. 152/06 l’analisi, conseguente a campionamento, della specifica composizione del refluo, una volta appuratane la natura industriale.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 20 aprile 2021 il tribunale di Santa Maria Capua a Vetere adito ai sensi dell’art. 322 c.p.p. nell’interesse di Di Biase Paolo avverso il decreto di sequestro preventivo del Gip del predetto tribunale, emesso in relazione al reato di cui all’art. 137 Dlgs. 156/2006, rigettava il ricorso.
2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso, mediante il suo difensore, Di Biase Paolo deducendo un unico motivo di impugnazione.
3. Deduce in particolare il vizio di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) c.p.p. per assenza del fumus del reato ipotizzato. Non sarebbero state confutate le doglianze relative alla mancata effettuazione di alcun campionamento come anche quelle inerenti l’assenza di ogni accertamento su uno scarico in corso, così risultando la motivazione del provvedimento impugnato apodittica e avulsa dalle risultanze investigative.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. Diversamente da quanto sostenuto, il tribunale ha esaminato i punti oggetto di censura, a partire dalla questione della mancata verificazione, al momento dell’accertamento, di uno scarico in atto, risolta con coerenza e logicità sul rilievo per cui, al momento dell’acceso degli operanti, l’officina del ricorrente era pienamente attiva, per cui ben può dedursi - anche alla luce della mancata contestazione da parte della difesa, come sottolineato dal tribunale, della produzione di scarichi di reflui derivanti dallo svolgimento della attività produttiva - la intervenuta consumazione del reato ipotizzato, con riferimento allo scarico in fogna di acque di lavaggio, correlate alla attività svolta.
Quanto alla mancata effettuazione di campionamenti, è sufficiente rilevare che nella nozione di acque reflue industriali rientrano tutti i reflui derivanti da attività che non attengono strettamente al prevalente metabolismo umano ed alle attività domestiche, atteso che a tal fine rileva la sola diversità del refluo rispetto alle acque domestiche. (Sez. 3, n. 12865 del 05/02/2009 Rv. 243122 – 01; Sez. 3, n. 42932 del 24/10/2002 Rv. 222966 – 01) Tanto perché la definizione normativa degli scarichi di acque reflue industriali, in conformità alla disciplina contenuta nell'art. 2 direttiva CEE 91/271, discende da qualità espresse in senso negativo ossia dal fatto di essere diverse dalle acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento e, a tale proposito, questa Corte ha precisato come (Sez. 3^, n. 4844 del 14/11/2012, dep., 31/01/2013, Boccia, non mass.) sia configurabile il reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2006, art. 137, comma 1, qualora lo scarico riguardi acque reflue industriali, definite dall'art. 74, lett. h), come qualsiasi tipo di acque reflue provenienti da edifici o installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, differenti qualitativamente dalle acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento, intendendosi per tali anche quelle venute in contatto con sostanze o con materiali, anche inquinanti. Pertanto sono da considerare scarichi industriali, oltre ai reflui provenienti da attività di produzione industriale vera e propria, anche quelli provenienti da insediamenti ove si svolgono attività artigianali e di prestazioni di servizi, quando le caratteristiche qualitative degli stessi siano diverse da quelle delle acque domestiche.
Ne consegue che devono pacificamente ritenersi rientranti nella nozione di acque reflue industriali quelle provenienti e scaricate, come nella specie, dal sistema di lavaggio di parti meccaniche di veicoli gestiti all’interno di un’autofficina.
Tanto evidenziato, va infine precisato che risulta irrilevante ai fini del reato in esame, di cui all’art. 137 comma 1 Dlgs. 152/06 (relativo alla condotta di “chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata”), l’analisi, conseguente a campionamento, della specifica composizione del refluo, una volta appuratane, per il principio esposto, la natura industriale.
Né rileva la tesi della commistione del refluo prodotto dall’autofficina con quello proveniente dall’immobile residenziale di cui l’officina sarebbe parte integrante, prospettandosi in tal modo non solo una questione di fatto, inammissibile in questa sede, ma anche una mera miscelazione o diluizione del refluo industriale con altri distinti e di tipo domestico, inidonea a superare l’applicazione della disciplina in esame.
3. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso il 10.09.2021.