Il
massimo organo della Giustizia Amministrativa conferma l'orientamento già
espresso dal Tribunale Amministrativo per la Puglia di Bari con ben cinque
ordinanze cautelari (nn. dal 542 al 546) del 6.4.2000, in relazione alla
necessità che la concessione all'installazione delle stazioni radio base di
telefonia mobile (o cellulare) sia subordinata alla positiva Valutazione di
Impatto Ambientale dell'opera da parte della Regione.
L'importanza
fondamentale di tale pronuncia -che costituisce una novità assoluta nel
panorama giurisprudenziale del Consiglio di Stato- è ancor più evidente ove si
consideri che essa, oltre a fissare una definitiva chiave di lettura della
normativa urbanistica che fissa i criteri base di assentibilità delle relative
“antenne”, ha finalmente posto la parola “fine” ad una frattura
interpretativa appena insorta nel seno dello stesso Tribunale pugliese, tra la 2°
Sez. della sede di Bari e la 1° Sez. della sede di Lecce.
Ma
andiamo con ordine!
Il
Dirigente del settore urbanistico del Comune di Bitonto aveva negato ben cinque
concessioni, chieste dalla Alcatel Italia spa per conto della Wind
Telecomunicazioni spa, per l’installazione di altrettante stazioni radio base
di telefonia cellulare sul territorio cittadino, tra l’altro sul presupposto
che le relative istanze erano carenti del giudizio di compatibilità ambientale,
reso a seguito di procedura di v.i.a. dell’autorità competente, giusta Legge
n. 189 del 1.7.1997.
A
seguito di impugnazione delle società richiedenti il T.A.R. Puglia di Bari, con
le ordinanze (che potremmo definire “storiche”) innanzi citate, approvò
l’operato del Comune, affermando per la prima volta che “il procedimento
concessorio riguardante la installazione di stazione delle reti di
telecomunicazioni (telefonia mobile) deve rispettare le regole dettate dalla
legislazione di tutela in materia ambientale ex art. 2 co.1, lett. F), D.P.R.
19/9/97 n. 318, 2 bis L. 189/97, 4 e 3 L. 249/97 (nella specie non risulta
acquisito il parere ambientale di competenza regionale) ”.
In
effetti l’art 2 bis cit., introdotto dalla L. 1.7.1997 n. 189 di conversione,
con modificazioni, del D.L. 1.5.1997 n. 115 (recante disposizioni urgenti per il
recepimento della Direttiva 96/2 CE in materia di telefonia cellulare), prevede
che l’installazione delle infrastrutture dev’essere necessariamente
accompagnata non soltanto dalla “garanzia” della loro “compatibilità…con
le norme vigenti relative ai rischi sanitari per la popolazione, in particolare
in merito ai campi elettromagnetici da esse generati” (primo comma), ma anche
dalla loro sottoposizione “ad opportune procedure di valutazione di impatto
ambientale” (secondo comma). Ed in particolare alla valutazione definita
dall’art. 3 della Direttiva 85/337/CEE (come sostituito dall’art. 1 della
Direttiva 97/11/CEE) come tesa alla verifica, in modo appropriato e per ciascun
caso particolare, degli effetti diretti ed indiretti di un progetto sui seguenti
fattori: l’uomo, la fauna, la flora, il suolo, l’acqua, l’aria, il clima,
il paesaggio, i beni materiali ed il patrimonio culturale; nonché
sull’interazione tra i fattori innanzi elencati. In una parola
sull’ambiente, quale bene giuridico autonomo che trova: a) fonte di tutela
diretta nella Costituzione, attraverso il combinato disposto delle disposizioni
precettive (artt. 2, 3, 9, 41 e 42) poste a presidio dell’individuo e della
collettività nel suo habitat economico, sociale e naturale; b) salvaguardia
mediante una corretta gestione del territorio, ispirata a criteri di prevenzione
e programmazione e finalizzata, in ultima analisi, proprio alla preservazione
della salute pubblica.
Di
qui l’ovvia conclusione che: 1) la V.I.A., avendo la precisa finalità
di garantire una corretta gestione del territorio, appartiene alla materia
urbanistica (che, secondo la nozione che ne dà l’art. 80 DPR 24.7.1977 n.
6161, concerne la “disciplina del territorio, comprensiva di tutti gli aspetti
conoscitivi, normativi e gestionali riguardanti le operazioni di salvaguardia e
di trasformazione del suolo, nonché la protezione dell’ambiente”) e che,
perciò, non può essere confusa con la mera stima della compatibilità dei
campi elettromagnetici ai valori limite di esposizione della popolazione di cui
al D.M. n. 381/98, operata dai PP. MM. PP. delle A.U.S.L. competenti per
territorio; 2) la titolarità esclusiva della procedura di v.i.a.
appartiene alle regioni, cui gli artt. 4 L. 15.3.1997 n. 59 e 56 D.lgt.
31.3.1998 n. 112 attribuiscono ogni funzione amministrativa relativa alla
protezione ed alla cura degli interessi del territorio, nonché alla sua
promozione, anche mediante adozione di opportune disposizioni, normative e
regolamentari, atte ad incidere sugli strumenti urbanistici generali e sulle
loro varianti per la salvaguardia e la trasformazione del suolo (ed alla quale -è
il caso di aggiungere- è strettamente connessa l’assistenza sanitaria, intesa
come complesso degli interventi positivi per la tutela e promozione della salute
umana (cfr. Corte Cost. 7.10.1999 n. 382). Tant’è che, sotto quest’ultimo
profilo, sia il citato D.M. n. 381/98 sia il D.P.R. 12.4.1996 (che detta
disposizioni generali in materia di valutazione di impatto ambientale, senza però
recepire l’intera direttiva 85/337/CEE) attribuiscono ai suddetti enti
territoriali compiti attuativi in materia, anche in ordine all’individuazione
dell’organo od organismo delegato all’istruttoria.
Per
di più l’art 2, 1° comma, del D.P.R. 19.9.1997 n.318 (contenete il
regolamento per l’attuazione di alcune direttive comunitarie nel settore delle
telecomunicazioni e promulgato a distanza di appena due mesi dalla L. n. 189/97,
della quale esso -a mente del preambolo- costituisce la naturale prosecuzione)
stabilisce che “l’installazione, l’esercizio e la fornitura di reti di
telecomunicazioni, nonché la prestazione dei servizi ad esse relativi
accessibili al pubblico, sono attività di preminente interesse generale, il cui
espletamento si fonda….f) sul rispetto della vigente normativa in materia di
tutela della salute pubblica, dell’ambiente e degli obiettivi di
pianificazione urbanistica e territoriale, di concerto con le competenti autorità”.
Con ciò confermando non soltanto che la procedura di v.i.a. integra, insieme
alla garanzia di compatibilità sanitaria delle onde elettromagnetiche, un
presupposto necessario (una condizione, quindi) alla concessione edilizia, ma
per di più che la stessa ha un contenuto autonomo e diverso dalla stima
prevista dal 1° comma del famoso art. 2 bis cit..
Il
ragionamento seguito dai Giudici amministrativi baresi, per quanto riassunto in
poche righe, perciò, non fa una piega. Al punto che la V Sezione del Consiglio
di Stato -interessata dalle stesse società di gestione, soccombenti in primo
grado- non ha potuto fare a meno, con la pronuncia in commento, di confermare le
decisioni impugnate, rimarcando sia l’autonomia del precetto contenuto nel
secondo comma dell’art. 2 bis rispetto a quello del primo comma, “attinente
alla compatibilità con le norme relative ai rischi sanitari per la popolazione”,
sia –e, direi, soprattutto- l’univocità del significato tecnico-giuridico
della v.i.a., “ricollegabile, nella discrezionalità del legislatore in
ordine alla determinazione degli oggetti, alla competenza regionale”.
Il
Supremo Collegio Amministrativo, però, ha altresì posto fine -almeno si spera-
ad un contrasto interpretativo appena insorto all’interno dello stesso
Tribunale pugliese, tra la sede di Bari (oramai attestata sul fronte della
distinzione tra i due commi dell’art. 2 bis) e la sede di Lecce, la quale,
dopo alcuni generici richiami alla necessità che le installazioni delle antenne
di telefonia mobile siano precedute dai soli accertamenti (condotti dal P.M.P.
dell’AUSL) sull’assenza di nocività delle onde elettromagnetiche per la
salute umana (cfr., tra le tante, ord. 17/19.5.2000 nn.1135 e 1136, nonché
23.3.2000 n. 662), con la recente decisione 6/10.7.2000 n. 1700 (resa cioè
appena 22 giorni prima della pronuncia in commento) ha affermato, senza mezzi
termini, che “le opportune procedure di valutazione di impatto
ambientale…sono cosa ben diversa dalla procedura di V.I.A. contemplata
dall’art. 6 della L. 8.7.1986 n.349…e dal D.P.R. 12.4.1996…,e consistono
semplicemente negli accertamenti sanitari preventivi e successivi
all’attivazione degli impianti in questione spettanti al P.M.P. delle AUSL (al
fine di garantire la compatibilità degli impianti di radio base con tutela
sanitaria della popolazione residente)…”.
Nessuna
obiezione alla diversità -sottolineata dai Giudici leccesi- tra le VV.II.AA.
previste, in generale, per determinate categorie di opere e le “opportune
procedure” imposte, nello specifico, dal secondo comma dell’art 2 bis
per le stazioni radio base, tutte ancora da riempire di contenuto, in quanto (a
dirla col Consiglio di Stato) rimesse alla “discrezionalità del
legislatore” regionale (è bene aggiungere). Tuttavia tale diversità non
può condurre alla semplicistica loro equiparazione agli accertamenti di
carattere per così dire “sanitario”, per la semplice ragione che, anche a
voler (forzatamente) prescindere dal ben preciso significato derivante dalla
diversa collocazione sistematica (secondo comma) della disposizione normativa
concernente la “valutazione di impatto ambientale” rispetto alla previsione
della compatibilità elettromagnetica delle onde con la salute pubblica (primo
comma), la tutela dell’ambiente, pur avendo -è ovvio- il fine ultimo della
difesa dell’individuo, non si esaurisce con la mera soppressione degli effetti
nocivi diretti, poiché essa è tesa a garantire il benessere della popolazione
attraverso la salvaguardia del territorio.
Dunque
hanno ragione -a nostro avviso- i Giudici baresi (con l’avallo del Collegio
romano) allorché attribuiscono valenza urbanistica alla procedura di v.i.a.
introdotta dall’art. 2 bis, senza confonderla con l’altrettanto necessaria
stima di conformità dei valori elettromagnetici di ciascun impianto di
telefonia mobile ai limiti imposti dal D.M. n. 381/98.
Semmai
il problema più complesso posto dal T.A.R. Puglia di Bari, prima, e dal
Consiglio di Stato, poi, si annida nella sorte di tutti quegli impianti, da
tempo già installati ed operanti sul territorio nazionale, sprovvisti di nulla
osta ambientale.
Nonostante
la vigenza della norma in parola sin dal mese di luglio 1997, infatti, gran
parte (forse tutti) delle antenne di telefonia mobile impiantati da tre anni a
questa parte non risultano affatto muniti di un provvedimento autorizzativo
regionale, del tipo previsto dall’art. 2 bis, 2° comma, L. n. 189/97, fino ad
oggi stranamente “ignorato” dalle amministrazioni locali. Per cui c’è da
chiedersi quale sorte toccherà loro, posto che, integrando il positivo
espletamento della procedura di v.i.a. una condizione necessaria ed
indefettibile per l’installazione delle s.r.b., i vari Dirigenti comunali
(attualmente, secondo la c.d. legge “Bassanini”, responsabili delle
concessioni in essere) avrebbero il dovere di imporre la sanatoria delle opere
“irregolari”, potendo le Regioni intervenire mediante adozione del
provvedimento di autotutela di cui all’art. 27 L. 17.8.1942 n.1150, ancora in
vigore.
Tutto
questo finché il Parlamento non si deciderà ad approvare la Legge quadro sulla
protezione dai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, la quale assegnerà
alle Regioni nuovi compiti di programmazione generale che -stando almeno
all’attuale testo legislativo ancora all’esame della Camera-, pur non
eliminando la procedura di v.i.a. imposta dall’art. 2 bis L. cit., di sicuro
agevolerà le amministrazioni comunali sia nella definizione dei presupposti per
il rilascio delle concessioni all’installazione delle antenne sia nella
connessa attività di controllo, mediante la prevista individuazione dei siti a
minor rischio ambientale e degli agenti “inquinanti”.
Avv. Francesco P. Ricci