TAR Puglia(BA) Sez. II sent. 1257 del 2 aprile 2010
Elettrosmog. Installazione impianti e titolo abilitativo
Il procedimento di cui all’art.87 del d.lgs. n.259/03 non può essere applicato cumulativamente alla procedura abilitativa di cui al D.P.R. n.380/01. Il titolo abilitativo previsto e disciplinato –anche sotto il profilo procedimentale- dall’art.87 del d.lgs. n.n.259/03 è un istituto peculiare e distinto dalle autorizzazioni edilizie di cui al T.U. n.380/01.
N. 01257/2010 REG.SEN.
N. 01087/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1087 del 2005, proposto da:
Tim Italia S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Ernesto Sticchi Damiani, con domicilio eletto in Bari presso il prof. avv. Raffaele Rodio, alla via Putignani n.168;
contro
Comune di Foggia, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Michele Maiellaro, con domicilio eletto in Bari, presso l’avv. E.Sbarra alla via Egnatia n.15;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
-del provvedimento prot. n. 298/S.U.A.P. del 20.05.2005 con il quale il Dirigente p.t. dello Sportello Unico per le Attività Produttive del Comune di Foggia ha diffidato la Società ricorrente all’esecuzione dei lavori di cui alla denuncia di inizio attività del 17.05.2005;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale e, in particolare, ove occorra:
- della nota prot. n. 563/SIST del 16.02.2005 (richiamata nel medesimo provvedimento prot. n. 298/S.U.A.P. del 20.05.2005);
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Foggia, in persona del Sindaco p.t;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2010 l’avv. Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori avv. Angelo Sabato su delega del prof. avv. E.Sticchi Damiani e avv. M.Paparella, su delega dell'avv. M.Maiellaro;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1.-Con il ricorso in epigrafe, notificato in data 2.7.2005 e depositato il successivo 8 luglio, la società T.I.M. Italia p.a. ha proposto gravame avverso la determinazione dirigenziale n.298/S.U.A.P. del 20.5.2005 con la quale è stata diffidata dal dare inizio ai lavori di cui alla Denunzia di Inizio Attività acquisita agli atti del Comune in data 17.5.2005, afferente l’installazione di un impianto di telefonia cellulare con tecnologia UMTS su immobile ubicato in località Pila e Croce e identificato al N.C.E.U. al foglio 121, particella 44. Il presupposto di tale determinazione è che “i titoli autorizzatori per gli impianti in questione sono costituiti sia dai titoli abilitativi di cui all’art.87 del D.Lgs. n.259/03…e sia dal permesso di costruire ai sensi dell’art.3, comma 1, lett. e.2 ed e.4 del D.P.R. n.380/01”.
Con atto depositato in data 14 luglio 2005 si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale eccependo l’inammissibilità oltre che l’infondatezza del gravame, meglio articolando le proprie difese nella memoria depositata il 20 luglio successivo.
Con ordinanza n.595/2005, la terza Sezione di questo T.A.R. ha accolto la richiesta cautelare.
In data 4 febbraio 2010 la società ricorrente ha prodotto memoria difensiva in vista della trattazione del gravame e all’udienza del 18 febbraio 2010 la causa è stata trattenuta per la decisione.
2.-In via preliminare occorre esaminare le eccezioni di inammissibilità formulate dall’Amministrazione resistente.
2.1.-In primo luogo è stato contestato alla società ricorrente di non aver impugnato in via autonoma due note che avevano preannunciato la necessità del permesso di costruire (la n.563/SIST del 16.2.2005 a firma del Dirigente dello Sportello Unico per le Attività Produttive e la n.57 del 16.2.2005 a firma del Dirigente del Settore Pogrammazione Economia e Sviluppo) e che, pertanto, dovevano ritenersi autonomamente lesive.
Tale prima eccezione non può trovare accoglimento. Innanzitutto perché si tratta di note interlocutorie prive di carattere provvedimentale che suggeriscono un’interpretazione del quadro normativo vigente in astratto, non vincolante; in ogni caso, perché non viene fornita la prova certa dell’acquisizione della conoscenza in un momento precedente e, per consolidato orientamento giurisprudenziale, grava sulla parte che eccepisce la tardività fornirne la prova.
2.2.-In secondo luogo non sarebbe stato espressamente impugnato –ancorchè espressamente richiamato nelle predette note- il Regolamento comunale “per l’installazione e l’esercizio di sistemi ed apparecchiature generatori di campi elettromagnetici non ionizzanti”, approvato con delibera di C.C. n.483 del 28.10.2003.
Anche tale eccezione non può essere condivisa giacchè l’atto gravato non ha evidenziato profili di incompatibilità con siffatto regolamento (peraltro non acquisito agli atti di causa), né la difesa dell’Amministrazione ne pone in risalto gli aspetti lesivi in relazione agli interessi della società ricorrente. In ogni caso ove la lesività fosse riconducibile alla necessità del previo titolo autorizzatorio edilizio, il regolamento sarebbe suscettibile di disapplicazione per contrasto con l’art.87 del d.lgs. n.259/03.
2.3.-Infine le due ultime eccezioni preliminari tra loro connesse.
La società ricorrente non avrebbe interesse al presente gravame per l’omessa presentazione al Comune del piano stralcio imposto in via preventiva dall’art.7 della l.r. n.5/2002, né avrebbe gravato la nota prot. n.104 del 14.3.2005 a firma dei Dirigente del Settore Ambiente la quale ha comunicato la sospensione di tutte le attività istruttorie per il rilascio delle autorizzazioni “fino a quando non saranno resi pubblici e/o operativi i predetti Piani”.
Neanche tale eccezione può trovare ingresso.
In disparte il rilievo che si tratta di nota interlocutoria inviata a tutti i gestori delle telecomunicazioni, in ogni caso la questione esula dal thema decidendum di tale ricorso poiché l’Amministrazione non ha sospeso l’istruttoria della pratica in esecuzione della nota n.104 richiamata bensì vi ha provveduto pervenendo alla determinazione oggetto di gravame.
3.-Veniamo dunque al merito della controversia.
Con un unico motivo di ricorso la società ricorrente contesta la pretesa applicabilità alla fattispecie del D.P.R. n.380/01 in aggiunta alle norme di settore, giacchè il cd. codice delle comunicazioni elettroniche contemplerebbe un procedimento speciale con valenza anche di autorizzazione edilizia.
Il ricorso è fondato.
3.1.- Il procedimento di cui all’art.87 del d.lgs. n.259/03 non può essere applicato cumulativamente alla procedura abilitativa di cui al D.P.R. n.380/01.
Una simile opzione contrasterebbe con il quadro normativo nazionale, come interpretato anche dalla Corte costituzionale e non potrebbe essere supportata dalle previsioni della l.r. n.5/02; il codice delle comunicazioni contiene principi fondamentali inderogabili, vertendosi in materia di potestà concorrente ai sensi dell’art.117 cost.. Sotto gli stessi profili sarebbe viziato in parte qua anche il regolamento comunale invocato dalla difesa dell’Amministrazione resistente ove riproducesse la necessità del cumulo dei titoli autorizzatori.
Il titolo abilitativo previsto e disciplinato –anche sotto il profilo procedimentale- dall’art.87 del d.lgs. n.n.259/03 è un istituto peculiare e distinto dalle autorizzazioni edilizie di cui al T.U. n.380/01.
L’iter preordinato alla realizzazione delle particolari infrastrutture contemplate dal cd. codice delle comunicazioni è ivi disciplinato in modo esclusivo ed esaustivo; gli artt.86 e ss. del dl.gs n.259 in parola regolamentano infatti proprio le sequenze procedimentali preordinate all’installazione dei predetti impianti, così escludendo –alla stregua dei principi generali- l’applicazione dell’ordinaria disciplina edilizia.
Il titolo che si forma per silentium ai sensi della normativa di settore ha quindi di per sé valenza edilizia, in armonia con gli intenti di semplificazione perseguiti dal legislatore in tale settore. Tant’è che il procedimento previsto è articolato e dettagliatamente disciplinato e l’organo competente è la stessa Amministrazione comunale preposta alla vigilanza sull’attività edilizia. Peraltro, è anche espressamente stabilito nell’art.87, comma 10, che le “opere” debbano essere realizzate entro dodici mesi decorrenti dal rilascio del titolo o dalla formazione del silenzio-assenso; ciò che conforta oltremodo la natura anche edilizia del titolo stesso.
A voler sottacere che l’art.41 della legge-delega posta a monte del cd. codice delle comunicazioni (l. n.166/02) attribuiva la delega ad introdurre “procedure tempestive, non discriminatorie e trasparenti per la concessione del diritto di installazione di infrastrutture…anche con riferimento, ove compatibili, ai principi della l. n.443/2001”; e tra tali principi figura “la definizione delle procedure da seguire in sostituzione di quelle previste per il rilascio dei provvedimenti concessori o autorizzatori di ogni specie”(art.1, comma 1bis, n.2, lett.a)).
Che il procedimento delineato dal d.lgs. n.259/03 inglobi anche lo svolgimento delle dovute valutazioni di carattere urbanistico è stato chiarito anche da costante indirizzo giurisprudenziale (cfr. da ultimo Tar Sicilia-Catania, sez.IV, 14.2.2008 n.256 e 19.3.2008 n.504; e Tar Campania Napoli, sez.VII, 12.12.2007, n.16206).
Devono pertanto ritenersi illegittime e vanno quindi annullate le determinazioni comunali impugnate, poichè pretendono di subordinare l’installazione degli impianti di telefonia al permesso di costruire di cui T.U. edilizia.
E’ significativo qui richiamare la sentenza n.265 del 6 luglio 2006 con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di una disposizione della l.r. Veneto n.8 del 2005 nella parte in cui subordinava l’installazione di impianti di telefonia mobile al preventivo rilascio sia dell’autorizzazione ex art.87, d.lgs. n.259/03 sia del titolo edilizio ai sensi del D.P.R. n.380/01.
3.2.- Né –come anticipato- tali determinazioni possono trovare supporto nelle disposizioni della l.r. n.5/02 invocata dalla difesa dell’Amministrazione comunale la quale, in contrasto con il più volte richiamato d.lgs. n.259/03, esclude la possibilità di ricorrere in maniera generalizzata alla procedura di autodenunzia basata sull’inoltro all’Amministrazione di una semplice D.I.A., anche con riferimento agli impianti di potenza uguale o inferiore ai 20 watt; limitandone il ricorso alle ipotesi residuali di impianti già previsti nel piano e/o regolamento comunale di cui all’art.6 della stessa legge (cfr. art.8).
Deve invero osservarsi che tale disciplina regionale è precedente all’emanazione del d.lgs. n.259/03 ed interviene in relazione ad oggetto che la Corte costituzionale ha ripetutamente chiarito sia da ricondurre ad alcune materia di potestà legislativa concorrente ai sensi e per gli effetti dell’art.117, comma 3, cost., quali l’urbanistica, il governo del territorio e l’ordinamento delle comunicazioni (cfr. sentenze nn.331, 324, 307 e 303 del 2003).
Da quanto osservato discendono due rilevanti conseguenze: a) il d.lgs. in questione contiene disposizioni qualificabili in termini di “principi fondamentali” che si pongono quali limiti all’esercizio della potestà legislativa regionale concorrente; b) tali limiti si qualificano in termini di legittimità con riferimento a disposizioni regionali che vengano emanate dopo la definizione dei principi fondamentali, in termini di efficacia per quelle già in vigore. Nel primo caso sarà necessaria una pronunzia di incostituzionalità; nel secondo caso, si determinerà un’automatica perdita di efficacia delle norme regionali anteriori per effetto delle disposizioni statali sopravvenute, alla stregua di costante orientamento della Corte costituzionale. La Consulta, invero, individua il criterio ordinatore tra competenza legislativa statale e regionale nelle materie di potestà concorrente nella “gerarchia” e non già nella “competenza” (cfr. tra le altre la sentenza n.498 del 1993 e n.50 del 1991).
In altri termini, le norme statali sopravvenute determinano l’abrogazione implicita delle norme regionali previgenti che si pongano con le nuove disposizioni in contrasto ai sensi dell’art.15 delle disposizioni sulla legge in generale.
Tale è il caso di specie. La legge regionale è precedente e contiene disposizioni contrastanti con i principi fondamentali codificati nel d.lgs. n.259/03.
Ma vi è di più.
La stessa l.r. in esame aveva previsto una sorta di condizione risolutiva in relazione alla propria efficacia nella “emanazione dei decreti attuativi della legge 22 febbraio 2001, n.36” 8art.1); precisando che al verificarsi di quella condizione sarebbero rimaste in vigore le sole disposizioni “non in contrasto con le prescrizioni dei predetti decreti” (cfr. art.16, comma 2).
Tali decreti sono stati emanati in data 8 luglio 2003 e, al pari del d.lgs. n.259/03, hanno quale specifico obiettivo quello di uniformare su tutto il territorio nazionale la disciplina, anche procedimentale, in materia di telefonia mobile, dettando standards qualitativi uniformi; sicchè, in linea di principio con tali previsioni si pongono in contrasto le richiamate norme regionali nella misura in cui derogano a paradigmi procedimentali generali.
4.-In sintesi, alla luce delle considerazioni che precedono e assorbita ogni altra censura il ricorso va accolto e, per l’effetto, annullati gli atti impugnati, previa eventuale disapplicazione del regolamento comunale approvato con delibera di C.C. n.483 del 28.10.2003 ove contenga una disposizione che imponga il cumulo dei titoli autorizzatori ex d.lgs. n.259/03 e D.P.R. n.380/01; con condanna dell’amministrazione alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia-Bari, Sez.II, definitivamente pronunziandosi sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto annulla gli atti impugnati. Condanna l’Amministrazione resistente alla rifusione delle spese di giudizio in favore della ricorrente, complessivamente liquidate in €.2000,00 (duemila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2010 con l'intervento dei Magistrati:
Amedeo Urbano, Presidente
Giacinta Serlenga, Referendario, Estensore
Roberta Ravasio, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/04/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO