Consiglio di Stato Sez. IV n. 3532 del 24 aprile 2025
Acque.Inquinamento da nitrati
L’ampiezza dei poteri attribuiti dalla normativa alle Regioni in materia di prevenzione dell’inquinamento delle acque da nitrati giustifica il potere esercitato nel caso di specie dalla Regione, che non è intervenuta a modificare la disciplina normativa dei fertilizzanti (in generale) o degli ammendanti compostati (in particolare), ma a regolamentare l’uso che dei predetti fertilizzanti può essere fatto sul territorio regionale. E' illegittima la previsione di un valore unico di efficienza “nominale” pari ad 1 per tutti i fertilizzanti, indipendentemente dalle caratteristiche delle diverse categorie di fertilizzanti (segnatamente, con riguardo agli ammendanti compostati).
Pubblicato il 24/04/2025
N. 03532/2025REG.PROV.COLL.
N. 07676/2022 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7676 del 2022, proposto da Biocalos s.r.l., Biogarda s.r.l., Ni.Mar. s.r.l., Valliflor s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Luciano Butti, Federico Peres, Attilio Balestreri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonella Cusin, Luisa Londei, Giacomo Quarneti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Luca Mazzeo in Roma, via Eustachio Manfredi 5;
nei confronti
Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto, non costituita in giudizio;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Consorzio Italiano Compostatori, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Dario Meneguzzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (Sezione Seconda) n. 823/2022,
che ha respinto il ricorso n.985/2021 R.G. proposto per l’annullamento:
- della deliberazione 22 giugno 2021 n. 813 della Giunta regionale del Veneto, recante: “Direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole. Approvazione della disciplina regionale per la distribuzione agronomica degli effluenti, dei materiali digestati e delle acque reflue comprensiva del Quarto Programma d'Azione per le zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola del Veneto e della documentazione elaborata in esecuzione della procedura di Valutazione Ambientale Strategica di cui alla Direttiva 2001/42/CE”,
- di ogni altro provvedimento, atto o comportamento presupposto o connesso.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Veneto;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 febbraio 2025 il consigliere Paolo Marotta e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale;
Viste le conclusioni delle parti.
1. Con il ricorso introduttivo del giudizio le società ricorrenti (odierne appellanti), nella dichiarata qualità di soggetti economici operanti “da molti anni, in Veneto, nel settore della produzione di fertilizzanti e del compostaggio”, hanno impugnato la deliberazione della Giunta regionale del Veneto n. 813 del 22 giugno 2021, avente ad oggetto: “Direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole. Approvazione della disciplina regionale per la distribuzione agronomica degli effluenti, dei materiali digestati e delle acque reflue comprensiva del Quarto Programma d’Azione per le zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola del Veneto e della documentazione elaborata in esecuzione della procedura di Valutazione Ambientale Strategica di cui alla Direttiva 2001/42/CE”.
Assumendo che, con la predetta deliberazione, la Regione Veneto avrebbe introdotto, nell’ambito del quarto programma di azione, delle specifiche condizioni limitative all’utilizzo in agricoltura di fertilizzanti ottenuti con l’impiego di fanghi di depurazione e rifiuti industriali, nonché all’utilizzo diretto di fanghi in agricoltura, ne hanno contestato la legittimità sotto diversi profili.
Nel corso del giudizio di primo grado ha dispiegato intervento ad adiuvandum il Consorzio Italiano Compostatori.
Il giudice di primo grado, con sentenza n. 823/2022, ha respinto il ricorso, disponendo la compensazione delle spese di giudizio.
2. Con ricorso in appello, le predette società hanno censurato la sentenza di primo grado sotto diversi profili, evidenziando preliminarmente che nel corso del giudizio di primo grado la Regione Veneto, con deliberazione di Giunta regionale n. 1458 del 25 ottobre 2021, ha adottato l’aggiornamento del piano regionale di gestione dei rifiuti, proponendo in quella sede una revisione della disciplina del quarto programma di azione, in relazione a numerose delle prescrizioni gravate con il ricorso introduttivo del presente giudizio (ad eccezione di quella attinente all’efficienza di azoto dei fertilizzanti, di cui al motivo n. 1 del ricorso introduttivo, non oggetto di rettifica); secondo la prospettazione delle appellanti, le modifiche proposte sarebbero fondate su valutazioni e criteri diametralmente opposti rispetto a quelli alla base delle condizioni limitative introdotte con quarto programma di azione; il piano regionale di gestione dei rifiuti è stato poi definitivamente approvato, con deliberazione della Giunta regionale del Veneto n. 988 del 9 agosto 2022.
2.1. Con il primo motivo di appello deducono error in judicando: paragrafi 6 e 7 della sentenza; erroneità della sentenza nella parte in cui il giudice di primo grado ha ritenuto che la Regione fosse competente a stabilire limiti all’utilizzo dei fertilizzanti.
La sentenza impugnata sarebbe erronea nella parte in cui sono state respinte le doglianze formulate nel sesto motivo del ricorso introduttivo del giudizio, riguardanti la dedotta incompetenza della Regione Veneto in ordine alla individuazione dei limiti all’utilizzo dei fertilizzanti.
Le odierne appellanti contestano le conclusioni del giudice di primo grado, evidenziando:
a) in primo luogo, non troverebbe riscontro nel quadro normativo la presunta assenza di una disciplina statale per l’utilizzo degli ammendanti e dei fanghi; il d.lgs. n. 75/2010 detta, in tema di fertilizzanti, le condizioni per l’immissione sul mercato e, quindi, per l’utilizzo, delineando una disciplina uniforme sul territorio nazionale;
b) l’art. 195 del d.lgs. n. 152/2006, richiamando espressamente il d.lgs. n. 75/2010, riserva alla competenza dello Stato “o) l'adozione delle norme tecniche, delle modalità e delle condizioni di utilizzo del prodotto ottenuto mediante compostaggio, con particolare riferimento all'utilizzo agronomico come fertilizzante, ai sensi del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, e del prodotto di qualità ottenuto mediante compostaggio da rifiuti organici selezionati alla fonte con raccolta differenziata”;
c) il d.m. 25 febbraio 2016 si assesterebbe sulle medesime posizioni;
d) a livello di normativa europea, la Direttiva 91/676/CEE (direttiva nitrati) mirerebbe esclusivamente a ridurre e prevenire l’inquinamento delle acque causato direttamente o indirettamente dai nitrati di origine agricola (art. 5), fissando all’allegato III le condizioni alle quali possono essere previste limitazioni all’applicazione al terreno di fertilizzanti.
L’allegato 7/A-IV alla parte III del d.lgs. n. 152/2006 attribuisce alle Regioni la possibilità di adottare misure relative alla “limitazione dell’applicazione al terreno di fertilizzanti”, purché ciò sia conforme “alla buona pratica agricola e in funzione delle caratteristiche della zona vulnerabile interessata” (1.3); lo stesso d.m. 25 febbraio 2016 attribuisce alle Regioni il potere di adottare “discipline più restrittive” solo a condizione che sussistano “particolari situazioni locali” ed espresse “indicazioni delle Autorità di bacino competenti” (art. 1 comma 6).
Nel caso di specie, le limitazioni apposte dalla Regione Veneto con le disposizioni del quarto programma d’azione impugnate:
- non risponderebbero a finalità di tutela delle acque dai nitrati;
- non risponderebbero, neppure, a peculiari esigenze locali o ad espresse indicazioni delle Autorità di bacino competenti, essendo il contesto monitorato e, in realtà, in miglioramento;
- si porrebbero in contrasto con le buone pratiche agricole;
- costituirebbero arbitrarie imposizioni prive di supporto tecnico e destinate a produrre l’unico effetto di orientare la fertilizzazione all’utilizzo di sostanze chimiche.
2.2. Con il secondo motivo di appello, deducono error in judicando: paragrafi 7, 9 e 10 della sentenza; erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui il giudice di primo grado ha ritenuto che la Regione Veneto abbia adottato prescrizioni non contrastanti con la disciplina di riferimento in materia di nitrati e di fertilizzanti.
Le odierne appellanti contestano la sentenza impugnata nella parte in cui il giudice di primo grado ha rigettato le doglianze di cui ai motivi n. 1, 2, 3, 4, 5 e 6 del ricorso introduttivo, in ordine all’illegittimità delle disposizioni della deliberazione impugnata in materia di nitrati, in quanto (asseritamente) adottate in violazione della disciplina in tema di fertilizzanti.
Dopo aver richiamato le motivazioni della sentenza impugnata, le appellanti hanno contestato le conclusioni del giudice di primo grado, per le ragioni di seguito indicate:
a) in primo luogo, evidenziano che la normativa di riferimento fornisce indicazioni precise in merito ai contenuti e alle finalità dei programmi d’azione (“ridurre l'inquinamento delle acque causato direttamente o indirettamente dai nitrati di origine agricola” e “prevenire qualsiasi ulteriore inquinamento di questo tipo” - art. 1 della direttiva nitrati; “tutela e il risanamento delle acque dall'inquinamento causato da nitrati di origine agricola” - art. 92, comma 7, del d.lgs. n. 152/2006); le Regioni possono dunque intervenire mediante i programmi d’azione al solo ed esclusivo fine di tutelare le acque dai nitrati;
b) in secondo luogo, l’allegato III della direttiva consente limitazioni all’applicazione di fertilizzanti al terreno solo “conformemente alla buona pratica agricola e in funzione delle caratteristiche della zona vulnerabile interessata” e purché basate “sull’equilibrio tra: i) il fabbisogno prevedibile di azoto delle colture, e ii) l’apporto alle colture di azoto proveniente dal terreno e dalla fertilizzazione […]”. Analoghe indicazioni sarebbero rinvenibili all’allegato 7, parte A-IV, alla Parte III del d.lgs. n. 152/2006, ove si consente l’adozione di misure limitative soltanto in forza dei “dati scientifici e tecnici disponibili […] nonché delle condizioni ambientali locali”; in conformità alla “buona pratica agricola” e in relazione alle “caratteristiche della zona vulnerabile interessata”.
Mediante l’individuazione del MAS (ossia, la “quantità massima di azoto efficiente ammessa per singola coltura” - art. 3 comma 1 lett. s) del d.m. 25.02.2016), il legislatore nazionale avrebbe effettuato a monte un bilanciamento tra le “condizioni di campo” e le esigenze produttive delle singole colture.
Per apporre limitazioni l’Amministrazione regionale avrebbe dovuto dimostrare specifiche esigenze delle zone interessate con riferimento alla tutela delle acque da nitrati e la necessità di introdurre puntuali misure.
Il giudice di primo grado avrebbe erroneamente interpretato e applicato la disciplina di riferimento, omettendo la valutazione degli articolati approfondimenti prodotti dalle ricorrenti e incorrendo così nella violazione dell’art. 64 c.p.a.
2.3. Con il terzo motivo di appello, le appellanti deducono error in judicando; paragrafo 9 della sentenza; erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui il giudice di primo grado ha ritenuto legittima l’attribuzione di un valore costante pari ad 1 al tenore di efficienza dell’azoto per tutti i fertilizzanti.
Le appellanti richiamano il primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio, con il quale avevano censurato l’art. 8, comma 3, del quarto programma d’azione, che attribuisce un valore costante pari ad 1 al tenore di efficienza dell’azoto per tutti i fertilizzanti, di cui al d.lgs. n. 75/2010 e al Regolamento 2019/1009/UE, tra cui gli ammendanti.
Dopo aver richiamato le conclusioni del giudice di primo grado, le appellanti deducono:
a) in primo luogo, contrariamente a quanto affermato dal giudice di primo grado, un tenore di efficienza per tutti i fertilizzanti non era mai stato individuato in passato, né a livello normativo né a livello di prassi; nel III programma d’azione un valore di efficienza costante pari ad 1 era infatti previsto per i soli concimi minerali, il cui utilizzo agronomico ha ruoli e funzioni diverse da quelle proprie degli ammendanti.
Solo con la deliberazione di Giunta regionale del Veneto n. 813/2021, il limite sarebbe stato imposto a tutte le tipologie di fertilizzanti, tra cui gli ammendanti compostati prodotti dalle appellanti.
Una eventuale costruzione a posteriori di una presunta (e tecnicamente insostenibile) analogia tra materiali diversi costituirebbe una illegittima forzatura della disciplina di riferimento, oltre che un’aberrazione tecnica.
Il giudice di primo grado avrebbe fatto proprie in maniera acritica le difese regionali che avevano enfatizzato l’esistenza di un applicativo web prima dell’entrata in vigore del quarto programma d’azione che comportava (secondo la prospettazione difensiva della Regione) un limite analogo a quello poi imposto.
Le ricorrenti avevano evidenziato che:
a) l’applicativo web ed i relativi manuali d’utenza (meri strumenti di supporto telematico) non avrebbero potuto validamente integrare una disciplina che non contemplava simili limitazioni;
b) l’applicativo era limitato nel funzionamento e all’origine non contemplava gli ammendanti;
c) non esisteva dunque né una disciplina normativa né una prassi operativa che potesse assumere qualsivoglia rilievo.
In secondo luogo, il coefficiente individuato si porrebbe in contrasto con il quadro normativo e tecnico:
- il d.m. 25 febbraio 2016 non fa alcun riferimento al calcolo dell’efficienza dell’azoto per la categoria degli ammendanti; anzi, negli allegati V e X, opera una chiara distinzione tra il coefficiente di efficienza relativo ai concimi chimici o minerali e quello relativo ai fertilizzanti organici, indicando per questi ultimi come gli apporti possano mutare “in funzione della coltura, dell’epoca e della modalità di distribuzione e delle strutture del suolo”;
- l’efficienza dell’azoto contenuto nei fertilizzanti varia in funzione delle matrici con cui sono prodotti;
- imporre una efficienza pari ad 1 significherebbe ritenere che la totalità dell’azoto contenuto in un materiale sia immediatamente disponibile per le colture sin dal primo utilizzo;
- l’apposizione di un valore specifico –pari ad 1 – sarebbe incongrua e contrastante con le finalità dell’utilizzo degli ammendanti, consistente nell’apportare sostanza organica nei suoli, incrementare l’attività biologica negli strati superficiali e solo in minima parte apportare nutrienti fra cui l’azoto;
- numerosi approfondimenti scientifici confermerebbero la tesi delle appellanti;
- l’apposizione del limite lederebbe irrimediabilmente il raggiungimento dell’obiettivo di valorizzazione dei fertilizzanti e ammendanti in agricoltura in linea con i principi dell’economia circolare.
Sostengono che, a fronte delle strutturate contestazioni sollevate già in sede procedimentale, l’operato della Regione Veneto sarebbe censurabile, in quanto inficiato da gravi vizi, istruttori e motivazionali, rilevabili ictu oculi.
Con riferimento alla mancata indicazione di un possibile valore alternativo al tenore di efficienza pari ad 1, fanno rilevare che nel corso di giudizio sono stati indicati valori alternativi.
2.4. Con il quarto motivo di appello, le appellanti deducono error in judicando: paragrafo 10 della sentenza; erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui il giudice di primo grado ha ritenuto che legittime le prescrizioni imposte mediante gli artt. 2, comma 1, lett. pp), 4, comma 4, 5, comma 4, 6 – bis, comma 1, 6 – ter, comma 1 e 8 – bis, comma 2, in relazione al principio di precauzione.
Le appellanti si dolgono del mancato accoglimento del ricorso di primo grado, in relazione ai motivi n. 2, 3, 4 e 5 del ricorso introduttivo, con cui sono state censurate le seguenti disposizioni del quarto programma d’azione:
- art. 2, comma 1, lett. pp), che disciplina i “fertilizzanti per cui sono individuati ulteriori specifici divieti/prescrizioni”;
- art. 4, comma 4, in base al quale “È altresì fatto salvo il divieto di utilizzo sui terreni interessati dalla distribuzione di letami e dei materiali ad essi assimilati: […] d) nel medesimo anno solare, dei fertilizzanti di cui alla lettera pp) dell’articolo 2 del presente provvedimento”;
- art. 5 comma 4, il quale indica che “È altresì fatto salvo il divieto di utilizzo sui terreni interessati dalla distribuzione di liquami e dei materiali ad essi assimilati: […] d) nel medesimo anno solare, dei fertilizzanti di cui alla lettera pp) dell’articolo 2 del presente provvedimento”;
- art. 6 - bis, comma 1, lett. c), in cui si dispone il divieto all’utilizzo dei “fertilizzanti azotati di cui alla lettera pp) dell’art. 2 del Programma […] su superfici per le quali si percepiscono “aiuti di superficie” della PAC”, specificando “limitatamente ai fertilizzanti ottenuti con l’impiego di fanghi da depurazione e/o fanghi industriali che non sono riconosciuti tra i materiali costituenti i fertilizzanti dal regolamento (UE) 2019/1009”;
- art. 6 - ter, comma 1, lett. b), ove si prevede analogo divieto per “l’uso agronomico dei fanghi di depurazione ed altri fanghi e residui di cui al d.lgs. n. 99/1992 e DGRV n. 2241/2005 s.m.i. […] su superfici per le quali si percepiscono “aiuti di superficie” della PAC”;
- art. 8 - bis, comma 2, il quale dispone – con esclusivo riferimento ai fertilizzanti di cui all’art. 2, lett. pp) – limiti quantitativi di utilizzo.
Il T.a.r. Veneto ha respinto le doglianze delle ricorrenti in applicazione del principio di precauzione.
Le appellanti sostengono che, per poter applicare correttamente il principio di precauzione, il giudice avrebbe dovuto individuare il rischio specifico di un pregiudizio significativo, valutato sulla base di elementi oggettivi e di un’analisi scientifica, oppure una oggettiva incertezza scientifica o identificare detto rischio sulla base di un rigido ragionamento logico-tecnico.
Le appellanti sostengono che, nel caso si specie, non sussisterebbero i presupposti per l’applicazione del principio di precauzione.
2.5. Con il quinto motivo, le appellanti deducono error in judicando: paragrafo 10 della sentenza; erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui il giudice di primo grado ha ritenuto legittime le limitazioni apposte mediante gli artt. 4, comma 4, 5, comma 4, 6 – bis, comma 1, 6 – ter, comma 1 e 8 – bis, comma 2, in applicazione del principio di proporzionalità.
Le appellanti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui il giudice di primo grado ha ritenuto che le limitazioni imposte dalla Regione Veneto non siano in contrasto con il principio di proporzionalità.
Il giudice di primo grado ha ritenuto che le limitazioni introdotte dalla Regione Veneto:
- trovino giustificazione nel dovere posto in capo ai singoli Stati membri dalla stessa Direttiva nitrati (art. 5, par. 5) di adottare le c.d. “misure supplementari o azioni rafforzate”;
- non si traducano “in un totale divieto di utilizzo dei suddetti fertilizzanti, ma nell’introduzione di limitazioni correlate a particolari circostanze, definite assumendo come parametro di riferimento le condizioni di utilizzo dei fanghi da depurazione in agricoltura, già in precedenza stabilite”.
Le appellanti evidenziano che il principio di proporzionalità impone i presupposti di idoneità, necessarietà e stretta adeguatezza per l’introduzione di misure limitative, nell’intento di produrre il minore sacrificio possibile per tutelare interessi meritevoli.
Nel caso di specie, difetterebbero sia le motivazioni alla base delle misure introdotte che la proporzionalità delle stesse, trattandosi di condizioni immotivate, drastiche e di portata dirompente per il comparto su cui intervengono.
Contestano il tentativo di ricondurre le misure adottate a quelle supplementari o rafforzate previste in caso di apertura di una procedura di infrazione – come quella pendente nei confronti dell’Italia (procedura d’infrazione UE n. 2249/2018) – in quanto la stessa Commissione VAS nel parere motivato n. 137 dell’11 giugno 2021 rilevava che tale procedura aveva esclusivamente “fatto emergere la necessità di prevedere azioni di rafforzamento, da attuare qualora le misure vincolanti dei programmi d’azione non risultassero sufficienti per ridurre o prevenire l’inquinamento delle acque causato dai nitrati di origine agricola”.
Fanno rilevare che nel Veneto – come riportato nella stessa deliberazione impugnata e nei dettagli nel Rapporto Ambientale (Allegato B alla d.G.R.V. n. 813/2021, pag. 95 e ss.) – per i nitrati nelle acque sotterranee vi è una “tendenza alla diminuzione delle concentrazioni rispetto ad entrambi i quadrienni precedenti […], più marcata per le zone vulnerabili rispetto alle zone ordinarie”, situazione confermata per le acque superficiali.
Contestano l’affermazione secondo la quale non sarebbero stati introdotti formali e generalizzati divieti, ma limitazioni temporanee e correlate alle circostanze specifiche, in quanto:
- il tenore di azoto (motivo n. 1 del ricorso introduttivo) si applica a tutti gli ammendanti;
- il divieto di co-utilizzo (motivo n. 2 del ricorso introduttivo) preclude – di fatto – qualsiasi possibilità di integrare il piano di concimazione con i fertilizzanti azotati fino alla copertura del fabbisogno colturale;
- i limiti quantitativi apposti (motivo n. 3 del ricorso introduttivo) introducono vincoli non derogabili; - il divieto di percepimento degli aiuti PAC (motivo n. 4 del ricorso introduttivo) implica per gli agricoltori una arbitraria scelta tra l’utilizzo dei fertilizzanti e l’ottenimento di sussidi agricoli.
Parimenti irrilevante sarebbe l’indicazione fornita dall’art. 40 del d.m. 25 febbraio 2016 con riferimento alla preferenza che deve essere garantita all’utilizzo degli effluenti di allevamento, che non può in alcun modo ritenersi base legittimante l’introduzione di una disciplina di sfavore per le altre tipologie di fertilizzanti.
2.6. Con l’ultimo motivo di appello, le appellanti deducono error in judicando: omessa pronuncia sulle altre censure dedotte in primo grado.
2.6.1. Le appellanti ripropongono alcune censure formulate nel ricorso introduttivo che il T.a.r. Veneto, nella sentenza qui appellata, non avrebbe esaminato, incorrendo nel vizio di omessa pronuncia.
2.6.2. In primo luogo, il T.a.r. Veneto non si sarebbe pronunciato in merito alla violazione della disciplina in materia di VAS nelle fasi prodromiche all’adozione del quarto programma d’azione, dedotta in seno ai motivi n. 1, 2, 3, 4 e 5 del ricorso introduttivo; le determinazioni assunte, infatti, si porrebbero in contrasto con le disposizioni comunitarie (considerando n. 17 della Direttiva 2001/42/CE), nazionali (artt. 13, comma 4, e 15 del d.lgs. n. 152/2006) e regionali (Allegato A alla DGRV n. 791/2009), che impongono l’acquisizione e la valutazione tecnico-scientifica della documentazione prodotta nell’ambito della procedura di VAS (cui il quarto programma di azione è stato sottoposto).
La Regione Veneto avrebbe omesso tale necessario adempimento, non valutando adeguatamente le osservazioni, le obiezioni e i suggerimenti presentati in sede procedimentale; in riscontro delle proprie osservazioni, le odierne appellanti avrebbero ricevuto risposte inconferenti e lacunose, in cui la Regione Veneto, senza svolgere alcun approfondimento istruttorio o indire qualsivoglia incontro tecnico, si sarebbe limitata a ribadire acriticamente quanto dalla stessa già riportato nel Rapporto Ambientale.
Le appellanti reiterano quindi le censure mosse ai motivi n. 1, 2, 3, 4 e 5 del ricorso introduttivo e relative alla violazione e/o falsa applicazione degli artt. 13, comma 4, e 15 del d.lgs. n. 152/2006, nonché dell’Allegato A alla d.G.R.V. n. 791/2009, in ordine alle quali il T.a.r. avrebbe omesso ogni valutazione.
2.6.3. Il T.a.r. avrebbe omesso di valutare le censure di difetto istruttorio e di motivazione; di illogicità e ingiustizia manifesta, formulate al motivo n. 2 del ricorso introduttivo con riferimento all’introduzione (artt. 4, comma 4, e 5, comma 4, del quarto programma di azione) del divieto di utilizzare i fertilizzanti azotati sui terreni interessati dalla distribuzione di letami (e materiali assimilati) ovvero di liquami (e materiali assimilati).
Il divieto di co-utilizzo imposto dalla Regione sarebbe una scelta illegittima, arbitraria e immotivata.
2.6.4. Parimenti il T.a.r. Veneto, nella sentenza appellata, non avrebbe esaminato tutte le censure formulate nel motivo n. 3 del ricorso introduttivo, con riferimento all’introduzione all’art. 8 - bis comma 2, del quarto programma di azione di alcuni specifici limiti quantitativi per l’utilizzo di ammendanti e correttivi (indicazione dei quantitativi massimi che possono essere distribuiti e delle caratteristiche che devono presentare i suoli, affinché tali fertilizzanti possano esservi utilizzati).
2.6.5. Il T.a.r. Veneto non si sarebbe pronunciato nemmeno in merito alla dedotta e contestata illegittimità degli artt. 6 - bis e 6 - ter del quarto programma d’azione, per violazione e/o falsa applicazione da parte della Regione della disciplina di riferimento in materia di Politica Agricola Comune (PAC).
Con tali disposizioni l’Amministrazione regionale ha introdotto il divieto di utilizzo di ammendanti compostati con fanghi o fanghi e residui similari su superfici per le quali si percepiscono aiuti di superficie della PAC, strumenti di sostegno al reddito degli imprenditori agricoli di matrice comunitaria.
2.6.6. Le ricorrenti (odierne appellanti) avevano dedotto censure in punto di vizio istruttorio-motivazionale, disparità di trattamento, illogicità e ingiustizia manifesta, al motivo n. 5 del ricorso introduttivo del giudizio, con riferimento all’introduzione nel quarto programma di azione di una serie di specifiche limitazioni e regole di utilizzo – in parte analizzate negli altri motivi di ricorso – applicabili ai soli fertilizzanti azotati di cui all’art. 2, comma 1, lett. pp), giustificate da mere ragioni di “prudenza”, limitazione all’utilizzo e disciplina di favore per gli effluenti zootecnici.
2.6.7. Con riferimento al motivo n. 7 del ricorso introduttivo (respinto, come sopra chiarito, con esclusivo riferimento all’applicazione del principio di proporzionalità), il T.a.r. avrebbe omesso di valutare le censure attinenti a:
a) disparità di trattamento (art. 3 Cost.), in quanto la disciplina introdotta sarebbe destinata ad introdurre per il Veneto gravose limitazioni che non trovano applicazione nelle altre Regioni;
b) violazione della libertà di iniziativa economica privata (artt. 41, comma 1, e 97 Cost.), in ragione degli enormi pregiudizi economici, operativi e organizzativi prodotti tanto agli operatori economici del settore del compostaggio, quanto ai connessi ambiti della gestione dei rifiuti e dell’agricoltura regionale;
c) violazione dei principi dello sviluppo sostenibile e dell’economia circolare (art. 3 – quater, comma 2, e 4, comma 4, lett. a), del d.lgs. 152/2006), in quanto i residui valorizzabili in agricoltura verrebbero orientati a smaltimento o conferiti, con ingenti impatti ambientali, fuori regione e sostituiti da fertilizzanti chimici.
3. Ha dispiegato intervento ad adiuvandum (a sostegno quindi delle ragioni delle appellanti) il Consorzio Italiano Compostatori (intervenuto anche nel giudizio di primo grado), che, a fondamento della sua legittimazione processuale, ha dichiarato di essere un’organizzazione senza fini di lucro che, con quasi 150 consorziati, riunisce soggetti pubblici e privati produttori o gestori di impianti di compostaggio e di digestione anaerobica, associazioni di categoria, studi tecnici, laboratori, enti di ricerca, produttori di macchine e attrezzature, e altre aziende interessate alle attività di produzione di fertilizzanti organici; nel merito, ha chiesto in riforma della sentenza impugnata, l’accoglimento del ricorso di primo grado.
4. Si è costituita in giudizio la Regione Veneto, eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum, presentato dal Consorzio, che, in quanto titolare di un interesse diretto all’annullamento della deliberazione impugnata, avrebbe dovuto impugnare autonomamente e tempestivamente la deliberazione regionale.
Nel merito, la Regione Veneto ha contestato diffusamente le deduzioni delle parti appellanti.
5. Con ordinanza collegiale n. 8577/2024, questa Sezione, dopo aver dato atto della intervenuta adozione del piano regionale per la gestione dei rifiuti, avvenuta con deliberazione di Giunta regionale n. 1458 del 25 ottobre 2021 (cui ha fatto seguito la approvazione del predetto piano con deliberazione regionale n. 988 del 9 agosto 2022) ha invitato le società appellanti a specificare in maniera analitica, facendo riferimento ai motivi di appello, le censure per le quali residuava ancora interesse alla decisione di merito; nella medesima ordinanza sono stati disposti approfondimenti istruttori, ordinando alla Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione ambientale del Veneto di produrre in giudizio una relazione di chiarimenti, nella quale, previa individuazione delle diverse tipologie di fertilizzanti interessati dal quarto programma d’azione per le zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola (oggetto del presente giudizio), venisse specificato “se la individuazione di un coefficiente di efficienza unitario di azoto sia compatibile con tutte le tipologie di fertilizzanti considerate dalla Regione Veneto nel provvedimento impugnato e, in particolare, se la fissazione di un coefficiente di efficienza di azoto nella misura di 1 sia compatibile, sul piano tecnico, con la composizione degli ammendanti compostati con fanghi”.
6. In data 20 novembre 2024, le società appellanti hanno depositato una memoria nella quale dichiarano che “... è venuto meno l’interesse alla decisione nel merito con riferimento al motivo di appello n. 4, con cui si contestava la legittimità delle prescrizioni superate mediante l’adozione del PRGR Veneto (diverse, dunque, da quella attinente al tenore di efficienza di azoto pari ad 1), ed al motivo di appello n. 6 limitatamente a quanto dedotto ai par. 6.3, 6.4, 6.5 e 6.6, ove sono state reiterate e riproposte le censure – formulate nel ricorso introduttivo ma non esaminate dal TAR Veneto nella sentenza appellata – relative a plurime forme di eccesso di potere in cui è incorsa Regione Veneto adottando le medesime prescrizioni poi superate dall’entrata in vigore del PRGR”; hanno dichiarato che permane l’interesse alla decisione con riguardo a quanto dedotto nei motivi nn. 1, 2, 3, 5, e ai paragrafi 6.2. e 6.7 del motivo n. 6 del ricorso in appello.
7. In data 26 novembre 2024, l’Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione ambientale del Veneto ha depositato la relazione richiesta.
8. Con memoria depositata in data 10 gennaio 2025, le società appellanti, richiamate le conclusioni dell’Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione ambientale del Veneto, hanno insistito per l’accoglimento dell’appello.
9. Analoga richiesta di accoglimento dell’appello è stata formulata anche dal Consorzio Italiano Compostatori nella memoria depositata in data 13 gennaio 2025.
10. Nella memoria depositata in data 13 gennaio 2025, la Regione Veneto ha sostenuto che l’Agenzia avrebbe fatto impropriamente riferimento al coefficiente di efficienza di rilascio dell’azoto, mentre (a suo dire) avrebbe dovuto far riferimento al coefficiente di recupero dell’azoto, cui fa riferimento il d.m. 25 febbraio 2016.
Secondo l’Amministrazione regionale, il coefficiente di efficienza non misura il quantitativo di azoto effettivamente assorbito dalla coltura, ma solamente quello potenzialmente assorbibile, ovvero la frazione minerale più quella organica facilmente mineralizzabile (vedi tabella a pag. 2/6 relazione ARPAV) durante il primo anno e, conseguentemente, il valore indicato da ARPAV costituirebbe solo una parte della definizione di efficienza, cui fa riferimento il programma d’azione nitrati della Regione Veneto e, nel medio e lungo periodo, il progressivo assorbimento dell’azoto da parte delle colture consentirebbe di ottenere efficienze paragonabili a quelle dei concimi minerali.
11. Con memorie di replica le parti costituite hanno ribadito sostanzialmente le rispettive posizioni difensive.
12. All’udienza pubblica del 13 febbraio 2025 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
13. In via preliminare, deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla Regione Veneto nei confronti dell’atto di intervento ad adiuvandum proposto dal Consorzio Italiano Compostatori.
Secondo principi giurisprudenziali consolidati, in generale, nel processo amministrativo sono legittimati a proporre intervento “ad adiuvandum” coloro che sono titolari di posizioni giuridiche dipendenti da quelle del ricorrente o che vantano un interesse indiretto all’annullamento degli effetti provocati dall’atto impugnato che impattano negativamente sulla propria posizione giuridica; l’intervento “ad adiuvandum” presuppone la titolarità di una posizione giuridica collegata a quella affermata dal ricorrente, accessoria ad essa e non separata; la natura dipendente della posizione o la presenza di un interesse indiretto alla decisione finale attribuiscono all’interessato il diritto di intervenire in giudizio, senza la necessità di presentare un ricorso autonomo (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 29 novembre 2017, n. 5596; Sez. III, 14 dicembre 2016, n. 5268; Sez. III 26 ottobre 2016, n. 4487; Ad. plen., 28 gennaio 2015, n. 1).
Nel processo amministrativo, in particolare, la legittimazione attiva (e, dunque, l'intervento in giudizio) di associazioni rappresentative di interessi collettivi obbedisce a regole stringenti, essendo necessario che la questione dibattuta attenga in via immediata al perimetro delle finalità statutarie dell’associazione e, cioè, che la produzione degli effetti del provvedimento controverso si risolva in una lesione diretta del suo scopo istituzionale, e non della mera sommatoria degli interessi imputabili ai singoli associati (Consiglio di Stato, Sez. V, 12 ottobre 2020 n. 6037).
Orbene, deve ritenersi ammissibile l’intervento ad adiuvandum proposto dal Consorzio Italiano Compostatori, soggetto senza fini di lucro che essenzialmente opera nel settore della promozione della produzione degli ammendanti compostati e fertilizzanti organici, in quanto la deliberazione impugnata comporta una lesione delle finalità perseguite dal predetto Consorzio e indicate nell’art. 2 dello Statuto consortile.
14. Sempre in via preliminare, occorre delimitare l’oggetto del giudizio; in relazione alla intervenuta approvazione del piano regionale per la gestione dei rifiuti, è venuto meno l’interesse all’esame di alcuni dei motivi del ricorso in appello.
In data 20 novembre 2024, le società appellanti hanno depositato una memoria nella quale dichiarano che “... è venuto meno l’interesse alla decisione nel merito con riferimento al motivo di appello n. 4, con cui si contestava la legittimità delle prescrizioni superate mediante l’adozione del PRGR Veneto (diverse, dunque, da quella attinente al tenore di efficienza di azoto pari ad 1), ed al motivo di appello n. 6 limitatamente a quanto dedotto ai par. 6.3, 6.4, 6.5 e 6.6, ove sono state reiterate e riproposte le censure – formulate nel ricorso introduttivo ma non esaminate dal TAR Veneto nella sentenza appellata – relative a plurime forme di eccesso di potere in cui è incorsa Regione Veneto adottando le medesime prescrizioni poi superate dall’entrata in vigore del PRGR”; hanno dichiarato che permane l’interesse alla decisione con riguardo a quanto dedotto nei motivi di appello 1, 2, 3, 5, e ai paragrafi 6.2. e 6.7 del motivo n. 6.
15. Nel merito, sono infondati i primi due motivi di appello, diretti sostanzialmente a contestare la competenza della Regione Veneto sotto diversi profili.
Il potere esercitato dalla Regione Veneto trova il suo fondamento nell’art. 112, comma 2, del d.lgs. n. 152/2006 che attribuisce alle Regioni il potere di disciplinare: “…le attività di utilizzazione agronomica di cui al comma 1 sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali adottati con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle attività produttive, della salute e delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del predetto decreto ministeriale, garantendo nel contempo la tutela dei corpi idrici potenzialmente interessati ed in particolare il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità di cui alla parte terza del presente decreto”.
L’art. 112, comma 3, del d.lgs. n. 152/2006, dispone inoltre:
“3. Nell'ambito della normativa di cui al comma 2, sono disciplinati in particolare:
a) le modalità di attuazione degli articoli 3, 5, 6 e 9 della legge 11 novembre 1996, n. 574;
b) i tempi e le modalità di effettuazione della comunicazione, prevedendo procedure semplificate nonché specifici casi di esonero dall'obbligo di comunicazione per le attività di minor impatto ambientale;
c) le norme tecniche di effettuazione delle operazioni di utilizzo agronomico;
d) i criteri e le procedure di controllo, ivi comprese quelle inerenti l'imposizione di prescrizioni da parte dell'autorità competente, il divieto di esercizio ovvero la sospensione a tempo determinato dell'attività di cui al comma 1 nel caso di mancata comunicazione o mancato rispetto delle norme tecniche e delle prescrizioni impartite;
e) le sanzioni amministrative pecuniarie fermo restando quanto disposto dall'articolo 137, comma 15”.
Il decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali del 25 febbraio 2026, all’art. 1 comma 6, stabilisce che le Regioni “… anche in ragione di particolari situazioni locali e sulla base delle indicazioni delle Autorità di bacino competenti, possono prevedere discipline più restrittive rispetto a quelle del presente decreto”.
Infine, l’art. 92 del d.lgs. n. 152/2006 (“Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola”), con riguardo alla prevenzione dell’inquinamento delle acque da nitrati, al comma 8, attribuisce espressamente alle Regioni il potere di: “a) integrare, se del caso, in relazione alle esigenze locali, il codice di buona pratica agricola, stabilendone le modalità di applicazione”; “b) predisporre ed attuare interventi di formazione e di informazione degli agricoltori sul programma di azione e sul codice di buona pratica agricola”; “c) elaborare ed applicare, entro quattro anni a decorrere dalla definizione o revisione dei programmi di cui al comma 7, i necessari strumenti di controllo e verifica dell'efficacia dei programmi stessi sulla base dei risultati ottenuti; ove necessario, modificare o integrare tali programmi individuando, tra le ulteriori misure possibili, quelle maggiormente efficaci, tenuto conto dei costi di attuazione delle misure stesse”.
L’ampiezza dei poteri attribuiti dalla normativa alle Regioni in materia di prevenzione dell’inquinamento delle acque da nitrati giustifica il potere esercitato nel caso di specie dalla Regione Veneto, che non è intervenuta a modificare la disciplina normativa dei fertilizzanti (in generale) o degli ammendanti compostati (in particolare), ma a regolamentare l’uso che dei predetti fertilizzanti può essere fatto sul territorio regionale.
16. È invece fondato (sotto diversi profili) il terzo motivo di appello, relativo alla individuazione di un unico coefficiente di efficienza con riguardo a tutti i fertilizzanti.
Non risulta supportato da idonea istruttoria l’estensione del coefficiente di efficienza pari a 1 (ossia del 100%) agli ammendanti compostati, che, pur facendo parte della categoria dei fertilizzanti, non hanno solo la funzione di nutrire i vegetali, ma di migliorare la qualità del terreno.
Le linee guida nazionali di produzione integrata – 2024 con riferimento agli ammendanti organici dispongono quanto segue:
“Efficienza degli ammendanti organici
Ai fini dell’utilizzazione agronomica si considerano ammendanti quei fertilizzanti, come ad esempio il letame bovino maturo, in grado di migliorare le caratteristiche del terreno e che diversamente da altri effluenti zootecnici come i liquami e le polline rilasciano lentamente ed in misura parziale l’azoto in essi contenuto. Come caratteristiche minime di riferimento si può assumere che detti materiali debbano avere un contenuto di sostanza secca > al 20% ed un rapporto C/N maggiore di 11.
Mediamente si considera che nell’anno di distribuzione circa il 40 % dell’ammendante incorporato nel suolo subisca un processo di completa mineralizzazione” (pag. 32).
Queste conclusioni hanno trovato conferma nella relazione di chiarimenti depositata dalla Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione ambientale del Veneto, nella quale, dopo alcune premesse sugli ammendanti compostati e sulle loro differenti tipologie, sono state formulate le seguenti considerazioni:
“Traducendo quindi i vari elementi e contributi sopra esposti in una stima complessiva di un valore di riferimento, così come richiesto da Codesto Consiglio di Stato, considerate le finalità della DGRV 813/2021, si ritiene ragionevole e cautelativo definire un coefficiente di efficienza di rilascio dell’azoto pari a 0,4 per tutti gli ammendanti compostati, essendo lo stesso riferibile ai valori più alti di azoto potenzialmente lisciviabile rilevati nei campioni analizzati. Tale valore rappresenta meno della metà del valore unitario stabilito dalla deliberazione regionale per le stesse tipologie di fertilizzanti, considerati in tal senso equivalenti al letame.
Pur essendo dimostrato dagli esiti analitici, che talune categorie di ammendanti compostati possono mediamente contenere valori inferiori di azoto lisciviabile rispetto ad altre (vedi ammendante composto verde e misto rispetto l’ammendante compostato con fanghi), con possibili declinazioni del coefficiente di rilascio dell’azoto variabile dallo 0.18 allo 0.35 per le due categorie estreme, non si ritiene utile, ai fini operativi della compilazione del PUA da parte delle aziende e della rendicontazione del MAS, differenziare le diverse tipologie di compost rispetto il coefficiente di efficienza di rilascio, ma piuttosto adottare per tutte il valore massimo individuato dello 0,4, seppur lo stesso sia peggiorativo per l’ammendante compostato verde e misto.
Pertanto, in considerazione della tipologia di materiale in esame, ossia dell’ammendante compostato (comprensivo per tutte le tipologie di ammendanti compostati previsti dalla normativa di settore, anche dell’ammendante con fanghi), a partire dai dati sperimentali a disposizione dell’Agenzia, affiancati a quelli estratti dalla letteratura scientifica, si ritiene valido un coefficiente di efficienza di rilascio dell’azoto pari a 0,4 per tutti gli ammendanti compostati, in tutte le condizioni colturali e in relazione ai diversi tipi di suolo e condizioni climatiche”.
In altri termini, sono fondate le censure relative al terzo motivo di appello, in quanto la Regione Veneto fissa un unico coefficiente di efficienza per tutti i fertilizzanti, senza tener conto della diversa composizione degli stessi e del fatto che i vari fertilizzanti, il cui uso è consentito dall’ordinamento giuridico, non rilasciano azoto nella medesima misura (negli ammendanti il rilascio è più lento).
17. Non può essere condiviso quanto sostenuto dalla Regione nella memoria depositata in data 13 gennaio 2025.
L’art. 8, comma 3, del quarto programma di azione (sub allegato A alla deliberazione regionale impugnata) dispone:
“3. I quantitativi di azoto di cui alla tabella MAS sono espressi come azoto efficiente. L’efficienza dell’azoto distribuito con i fertilizzanti azotati di cui al d.lgs. n. 75/2010 e regolamento (UE) 2019/1009 si considera costante pari a 1, quella degli effluenti di allevamento, dei digestati e di altre biomasse destinati all’utilizzo agronomico deve essere determinata sulla base dei livelli di efficienza riportati nell’allegato 3 - Tabella delle efficienze degli effluenti di allevamento e digestati, al fine di conseguire le efficienze minime di cui al comma precedente”.
Il d.m. 25 febbraio 2016 (invocato dalla Regione Veneto), all’allegato V, con riguardo al coefficiente di efficienza precisa: “Ai fini del calcolo del bilancio dell’azoto, per efficienza di fertilizzazione si intende l’efficienza di recupero, data dal rapporto tra l’azoto recuperato nei tessuti vegetali e quello applicato”.
Quindi, non vi è contrasto tra coefficiente di efficienza e coefficiente di recupero, atteso che (verosimilmente) l’azoto non assorbito (recuperato) dalla pianta viene disperso nell’ambiente.
In conclusione, per le ragioni sopra richiamate, il Collegio ritiene di dare continuità all’orientamento già adottato da questa Sezione nelle sentenze nn. 1442/2022, 1443/2022 e 1444/2022 in ordine alla illegittimità della previsione di un valore unico di efficienza “nominale” pari ad 1 per tutti i fertilizzanti, indipendentemente dalle caratteristiche delle diverse categorie di fertilizzanti (segnatamente, con riguardo agli ammendanti compostati).
18. È da accogliere anche il quinto motivo di appello; le perplessità sollevate dalla Regione Veneto in relazione alla composizione dei fanghi utilizzati per la realizzazione degli ammendanti compostati non sono sufficienti a giustificare le misure volte a disincentivarne l’utilizzazione, atteso che tale utilizzazione è consentita dall’ordinamento giuridico.
Inoltre, la disincentivazione degli ammendanti compostati con fanghi finisce sostanzialmente per incentivare l’utilizzazione dei fertilizzanti chimici, nei quali l’azoto è immediatamente disponibile.
19. In conclusione, per le ragioni sopra richiamate, assorbita ogni altra censura, il ricorso in appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado deve essere accolto con annullamento (in parte qua) della deliberazione impugnata.
20. Le spese del doppio grado di giudizio, liquidate nel dispositivo, debbono essere poste a carico della Regione Veneto, secondo l’ordinario criterio della soccombenza; sono compensate nei confronti del Consorzio Italiano Compostatori.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado, con l’annullamento (in parte qua) della deliberazione impugnata.
Condanna la Regione Veneto al pagamento in favore delle società appellanti delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate complessivamente in € 10.000,00 (diecimila/00), oltre accessori di legge; spese compensate nei confronti del Consorzio Italiano Compostatori.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Gambato Spisani, Presidente FF
Michele Conforti, Consigliere
Luca Monteferrante, Consigliere
Paolo Marotta, Consigliere, Estensore
Rosario Carrano, Consigliere