Cass.Sez. III n. 4945 del 8 febbraio 2012 (CC 17 gen. 2012)
Pres.Teresi Est.Ramacci Ric.Balestra
Polizia giudiziaria.Obbligo di avvertimento alla parte

L'avvertimento del diritto all'assistenza del difensore (art. 114 disp. att. cod. proc. pen.), rivolto all'indagato dalla polizia giudiziaria per il compimento degli atti indicati dall'art. 356 cod. proc. pen, non necessita di formule sacramentali, purché esso sia idoneo al raggiungimento dello scopo. (Nella specie è stato ritenuto idoneo l'avviso contenente il richiamo a "persona di fiducia", tale essendo anche la figura del difensore).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. TERESI Alfredo - Presidente - del 17/01/2012
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - SENTENZA
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 76
Dott. RAMACCI Luca - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ANDRONIO Alessandro M. - Consigliere - N. 27696/2011
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BALESTRA GIUSEPPINA N. IL 03/11/1981;
avverso l'ordinanza n. 68/2011 TRIB. LIBERTÀ di TARANTO, del 09/05/2011;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
sentite le conclusioni del PG Dott. Volpe Giuseppe: rigetto. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Taranto, quale giudice del riesame, con ordinanza del 9 maggio 2011 confermava il decreto di convalida di sequestro probatorio del Pubblico Ministero in sede di due apparecchi elettronici da gioco, delle somme di denaro rinvenute all'interno degli stessi e delle chiavi di apertura, effettuato da personale della Guardia di Finanza in occasione di un controllo presso l'esercizio commerciale ove dette apparecchiature erano state installate, all'esito del quale veniva accertato che, mediante lo spegnimento e la riaccensione delle apparecchiature (peraltro corredate di codice identificativo e nulla osta per l'esercizio regolarmente rilasciato), queste presentavano la schermata iniziale di un gioco lecito che però, digitando una serie di tasti, veniva sostituita da quella di un gioco illecito rientrante nella categoria dei cd. videopoker.
Avverso tale pronuncia proponeva ricorso per cassazione BALESTRA Giuseppina, legale rappresentante della società proprietaria dei beni sequestrati, indagata per i reati di cui agli artt. 718 e 719 c.p..
Con un primo motivo di ricorso deduceva la violazione di legge ed il vizio di motivazione, osservando che l'attività di perquisizione ed il conseguente sequestro dovevano ritenersi nulli, avendo il personale della Guardia di Finanza agito in forza di quanto disposto dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388 in merito a controlli di natura amministrativa, procedendo poi ad atti di rilievo penale senza procedere all'avviso di cui all'art. 114 disp. att. c.p.p., non potendosi ritenere valido il richiamo, presente nell'atto, all'art. 120 c.p.p. ed all'invito alle parti di tarsi assistere da "persona di fiducia" che i giudici del riesame attribuivano ad un refuso. Con un secondo motivo di ricorso deduceva la violazione di legge ed il vizio di motivazione, in quanto la perquisizione veniva eseguita in assenza dei presupposti di legge, mentre il sequestro veniva operato solo a seguito della non conformità delle apparecchiature alle disposizioni del TULPS che prevedono solo sanzioni amministrative ed il Tribunale aveva ritenuto valido il compimento di tali attività attraverso il mero richiamo alla L. n. 388 del 2000. Contestava, inoltre, quanto osservato dal Tribunale in ordine alla tempestività della convalida, facendo notare che il sequestro era avvenuto il "22/23 febbraio" alle ore 10,00, con successiva redazione del verbale tra le 11,45 e le 15,30, mentre la convalida era intervenuta il successivo 24 febbraio e dall'atto notificatole non risultava l'ora del deposito ne' la data di trasmissione degli atti al Pubblico Ministero da parte della Polizia Giudiziaria, cosicché la impossibilità di verificare la tempestività della convalida inficiava l'intera procedura.
Affermava poi che i giudici del riesame erravano nel ritenere valida la notifica della convalida del sequestro, non effettuata immediatamente, come disposto dall'art. 355 c.p.p., in palese violazione dei suoi diritti.
Con un terzo motivo di ricorso lamentava la violazione di legge ed il vizio di motivazione, in quanto il Tribunale sarebbe venuto meno al suo ruolo di garanzia limitando il proprio esame alla verifica dell'astratta possibilità di collocare il fatto contestato nell'ambito della fattispecie contravvenzionale ipotizzata dall'ufficio di Procura, omettendo così di considerare tutte le risultanze processuali.
Con un quarto motivo di ricorso deduceva la violazione di legge ed il vizio di motivazione, osservando che i giudici del riesame avrebbero erroneamente ritenuto sussistente il fumus dei reati contestati ritenendo astrattamente configurabile la fattispecie contravvenzionale di cui agli artt. 718 e 719 c.p. rilevando la natura d'azzardo sulla scorta del carattere aleatorio del gioco e ritenendo prevista, in caso di vincita, la corresponsione di una somma, circostanza, quest'ultima, non provata nel caso in esame. Con un quinto motivo di ricorso deduceva la violazione di legge ed il vizio di motivazione, rilevando che il Pubblico Ministero aveva effettuato la convalida facendo ricorso a formule di rito ed il Tribunale aveva erroneamente ritenuto valida tale motivazione meramente apparente, che non indicava, in relazione a ciascun bene sequestrato, quale fosse il vincolo di pertinenzialità o strumentalità rispetto ai reati ipotizzati.
Insisteva, pertanto, per l'accoglimento del ricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato.
Occorre preliminarmente osservare che la costante giurisprudenza di questa Corte ritiene proponibile il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza emessa in sede di riesame di provvedimenti di sequestro (probatorio o preventivo) esclusivamente per violazione di legge e non anche con riferimento ai motivi di cui all'art. 606 c.p.p., lett. e) pur rientrando, nella violazione di legge, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente (v., da ultimo, Sez. 5 n. 35532, 1 ottobre 2010).
Entro tali limiti deve pertanto svolgersi la verifica demandata a questa Corte, con la conseguenza che non possono ritenersi ammissibili le deduzioni difensive relative al reclamato vizio di motivazione.
Ciò premesso, deve rilevarsi, con riferimento al primo motivo di ricorso, che il Tribunale ha correttamente ritenuto infondata l'eccezione relativa alla violazione dell'art. 114 disp. att. c.p.p.. Prescindendo, infatti, dal considerare se detta eccezione risulti tempestiva o, come ritenuto dal Tribunale in conformità ad alcune recenti pronunce di questa Corte (v. da ultimo, Sez. 2 n. 19100, 16 maggio 2011) tardiva, perché non dedotta, ai sensi dell'art. 182 c.p.p., comma 2, prima del compimento dell'atto o immediatamente dopo, deve rilevarsi che detta violazione risulta del tutto insussistente, per avere la polizia giudiziaria adeguatamente adempiuto agli obblighi imposti dalla richiamata disposizione. Il menzionato art. 114 disp. att. c.p.p. stabilisce, infatti, che, nel procedere al compimento degli atti indicati nell'art. 356 c.p.p., la polizia giudiziaria avverte la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia.
Lo scopo perseguito è quello di consentire all'indagato, pur nell'imminenza di atti urgenti di polizia giudiziaria, di usufruire dell'assistenza di un difensore.
A tale proposito la disposizione tiene conto della particolarità dell'atto e del momento in cui viene effettuato, prevedendo che l'avviso sia dato solo all'indagato presente e senza particolari formalità.
Per le medesime ragioni questa Corte ha ritenuto che, in tale evenienza, la polizia giudiziaria non è tenuta a ricevere l'eventuale nomina del difensore ne', tanto meno, procedere alla nomina di un difensore di ufficio (Sez. 4 n. 26738, 28 luglio 2006) Da ciò consegue che l'avviso previsto dall'art. 114 disp. att. c.p.p. non prevede formule sacramentali, essendo soltanto richiesta l'idoneità al raggiungimento dello scopo.
Tale idoneità è stata riconosciuta, ad esempio in un caso in cui la polizia giudiziaria aveva domandato all'indagato "se voleva l'avvocato" (Sez. 6 n. 11908, 12 dicembre 1992) o aveva formulato l'avviso della "facoltà di farsi assistere da un legale", ancorché effettuato con erroneo riferimento alla formula prevista da altro articolo del codice di rito (Sez. 3 n. 4982, 10 febbraio 2011). Alla luce delle considerazioni dianzi esposte, va rilevato come, dalla lettura del verbale di sequestro, alla consultazione del quale la Corte è legittimata, trattandosi di questione processuale, risulta, in primo luogo, che la ricorrente era del tutto estranea al compimento dell'atto che ha riguardato esclusivamente soggetti diversi (BALESTRA Maurizio e DESANTIS Vittorio), cosicché nessuna conseguenza potrebbe legittimamente lamentare dall'eventualità di un mancato avviso.
Il personale della Guardia di Finanza, tuttavia, ha in ogni caso compiutamente avvisato le persone presenti della facoltà di farsi assistere "da persona di fiducia".
Appare evidente che già detto adempimento poneva i destinatari in condizione di avvalersi dell'assistenza di un difensore, in quanto perfettamente corrispondente alle esigenze di tutela considerate dall'art. 114 disp. att. c.p.p., essendo chiaro ed inequivocabile il tenore dell'avviso pur nell'informale richiamo a "persona di fiducia", concetto generico nel quale rientra certamente anche la figura del difensore.
Parimenti corretta risulta la decisione dei giudici del riesame di ritenere del tutto irrilevante, in quanto conseguenza di un mero refuso, l'errato richiamo all'art. 120 c.p.p., la cui indicazione non risultava minimamente incidente sull'idoneità dell'atto al raggiungimento dello scopo prefissato dal legislatore. Dal verbale medesimo risulta, inoltre, che le persone presenti hanno rinunciato ad avvalersi dell'assistenza di altri soggetti e che la polizia giudiziaria operante ha chiaramente specificato, dopo l'avviso di cui si è detto, quanto segue: "trattandosi di sequestro eseguito nei confronti di persona sottoposta ad indagini ed essendo questa presente, si è provveduto ad invitarli a dichiarare o eleggere domicilio ... a nominare un difensore di fiducia". Ne consegue che nessuna lesione dei diritti dei soggetti coinvolti nel compimento dell'atto risulta avvenuta.
Quanto al secondo motivo di ricorso, deve osservarsi che nessuna violazione di legge può rinvenirsi nel riconoscimento, da parte dei giudici del riesame, della legittimità dell'operato del personale di polizia giudiziaria che ha proceduto al sequestro.
Il sequestro delle apparecchiature da gioco, come rilevato dal Tribunale, è avvenuto a seguito di una verifica amministrativa operata in base al disposto della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 38, commi 7 e 8 la quale consente il controllo di detti apparecchi, anche a campione e con accesso alle sedi dei produttori, degli importatori e dei gestori degli apparecchi o di coloro che comunque li detengono anche temporaneamente.
L'accesso ai luoghi ed il successivo accertamento sono, dunque, regolarmente avvenuti e nessuna nullità inficia il successivo compimento di atti di polizia giudiziaria se, all'esito della verifica amministrativa, il personale operante si avvede dell'esistenza di un reato provvedendo al compimento di tutti gli atti conseguenti, trattandosi di attività imposta dalla legge e certamente non impedita dalla circostanza che il controllo medesimo era originariamente finalizzato alla verifica della regolarità amministrativa delle apparecchiature.
Parimenti corretta risulta la ritenuta infondatezza dell'eccezione di tardività della convalida del sequestro da parte del Pubblico Ministero.
Anche in questo caso il Tribunale ha chiaramente specificato che la data del sequestro, riportata più volte nel verbale e contenuta anche in altri atti, è quella del 23 febbraio 2011 e che solo in un caso, a pagina 4 del verbale di sequestro, viene riportata, per evidente errore materiale, la data del 22 febbraio 2011. La convalida da parte del Pubblico Ministero è intervenuta, come indicato anche in ricorso, il giorno successivo, 24 febbraio. Tale evenienza chiarisce che tanto la trasmissione del verbale di sequestro da parte della polizia giudiziaria al Pubblico Ministero, quanto la convalida da parte di quest'ultimo risultano tempestive. Parimenti corrette appaiono le osservazioni dei giudici del riesame in merito alla dedotta intempestività della notifica della convalida del sequestro alla ricorrente.
Correttamente il Tribunale ricorda che la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che il ritardo nella notifica del decreto di convalida del sequestro probatorio, emesso in termine, non è causa di nullità ne' di inefficacia della misura adottata, atteso che la prima non è prevista dalla legge e la seconda discende solo dalla mancata verifica della legittimità del provvedimento da parte del pubblico ministero nel termine di cui all'art. 355 c.p.p. (Sez. 3 n. 23981, 26 maggio 2004; Sez. 3 n. 38662, 18 novembre 2002; Sez. 1 n. 1199, 27 aprile 1993).
Il terzo motivo di ricorso oltre che manifestamente infondato è anche generico, limitandosi al mero richiamo di alcuni principi giurisprudenziali ed alla semplice contestazione di quanto affermato dai giudici del riesame in ordine all'ambito di operatività della loro competenza.
Va detto, a tale proposito, che tale ambito è stato delimitato, dalla giurisprudenza di questa Corte, alla verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare che non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla gravità degli stessi (SS. UU. n. 7, 4 maggio 2000 ed altre succ. conf.) pur permanendo l'obbligo di esaminare anche le confutazioni e gli elementi offerti dagli indagati che possano avere influenza sulla configurabilità e sulla sussistenza del "fumus" del reato contestato (Sez. 3 n. 18532, 17 maggio 2010; n. 27715, 16 luglio 2010).
Va comunque ricordato che la giurisprudenza di questa Corte ha anche affermato che compito del Tribunale del riesame è pure quello di espletare il proprio ruolo di garanzia non limitando la propria cognizione alla astratta configurabilità del reato, dovendo invece considerare e valutare tutte le risultanze processuali in modo coerente e puntuale esaminando, conseguentemente, non solo le allegazioni probatorie del Pubblico Ministero ma anche le confutazioni e gli altri elementi offerti dalla difesa degli indagati che possano influire sulla configurabilità e sussistenza del fumus del reato ipotizzato (ex pl. Sez. 3 n. 27715/2010 cit.; Sez. 3 n. 26197, 9 luglio 2010; Sez. 3 n. 18532/2010 cit., con ampi richiami ai precedenti).
Si tratta di argomentazioni che il Collegio condivide e che chiariscono esattamente come il sindacato del Tribunale del riesame, lungi dall'estendersi ad ogni questione prospettata dall'indagato, resti comunque vincolato entro limiti ben precisi, rappresentati dalla effettiva influenza della questione dedotta sulla fondatezza del fumus del reato.
Il principio di diritto è stato conseguentemente riaffermato di recente (Sez. 3 n. 7242, 25 febbraio 2011), con l'ulteriore precisazione che la valutazione richiesta al Tribunale del riesame non può ritenersi dovuta in presenza di qualsiasi allegazione difensiva che si risolva in una mera negazione degli addebiti o in una diversa lettura degli elementi acquisiti, ma solo quando la rilevanza dell'apporto della difesa sia di immediata evidenza ed oggetti vamente determinante in relazione al "fumus commissi delicti".
Date tale premesse, deve osservarsi che, nella fattispecie, il Tribunale ha fatto buon uso dei principi in precedenza richiamati ed ha fornito puntuale risposta a tutte le questioni sollevate dalla difesa nella richiesta di riesame.
Anche il quarto motivo di ricorso si risolve nella generica contestazione delle affermazioni poste dai giudici del riesame a sostegno dell'ordinanza impugnata.
Il Tribunale ha infatti ritenuto sussistente il fumus del reato ipotizzato dal Pubblico Ministero procedente sulla scorta del dato oggettivo delle modalità di funzionamento delle apparecchiature in sequestro consistente, come si è detto, nell'essere le stesse predisposte in modo tale da presentare all'apparenza un gioco lecito che, premendo alcuni tasti in una particolare sequenza, veniva sostituito da altro gioco non rientrante tra quelli consentiti. I giudici riconoscevano pertanto corretta la provvisoria collocazione dei fatti accertati nell'ipotesi contravvenzionale di cui agli artt. 718 e 719 c.p., pur richiamando una giurisprudenza di questa Corte ormai risalente nel tempo.
Tale assunto viene contestato dalla ricorrente, la quale rileva, da un lato, l'insufficienza del carattere aleatorio del gioco ai fini dell'inquadramento del fatto nella richiamata fattispecie e, dall'altro l'indimostrata possibilità che le apparecchiature sequestrate consentissero vincite di denaro o altri premi di valore economicamente apprezzabile, domandandosi quali ulteriori elementi potesse apportare la funzione probatoria del sequestro apportato. Va preliminarmente osservato, a tale proposito, che secondo la giurisprudenza di questa Corte le modifiche apportate al R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 110 (TULPS) e la attuale esclusiva previsione di violazioni amministrative non esclude il concorso del reato di gioco d'azzardo ove ne siano presenti gli elementi integrativi necessari (Sez. 3 n. 46816, 18 dicembre 2008, cui si rinvia anche per la minuziosa ricostruzione delle ripetute modifiche subite dal menzionato art. 110, cit. TULPS).
Ciò posto, deve rilevarsi che la predisposizione di specifici accorgimenti per l'occultamento del gioco illecito, attivabile solo mediante una combinazione di tasti, l'esposizione ingannevole del codice identificativo e del nulla osta per l'esercizio regolarmente rilasciato, la presenza di denaro all'interno delle apparecchiature medesime costituivano dati fattuali certamente sintomatici di una destinazione al gioco d'azzardo e di una sufficiente fondatezza della "notitia criminis" che giustificava l'apposizione del vincolo probatorio, evidentemente necessario per stabilire gli esatti termini della condotta ipotizzata.
Per quanto riguarda, infine, la mancanza di motivazione del decreto di sequestro della quale il Tribunale non avrebbe tenuto conto, secondo quanto dedotto con il quinto motivo di ricorso, deve osservarsi, in primo luogo, come le Sezioni Unite di questa Corte abbiano avuto modo di stabilire che anche il sequestro probatorio deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione circa il presupposto della finalità perseguita, in concreto, per l'accertamento dei fatti (SS. UU. n. 5876, 13 febbraio 2004). Il Pubblico Ministero deve fornire il provvedimento con il quale dispone o convalida il sequestro di adeguata motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per l'accertamento dei fatti (Sez. 6 n. 21736, 29 maggio 2008). Con riferimento a tale motivazione (e considerati i principi fissati dalle SS. UU. nella pronuncia in precedenza richiamata) si è ritenuto sufficientemente argomentato il provvedimento nel quale il Pubblico Ministero richiami per relationem, ai fini dell'individuazione del fatto per cui si procede e delle ragioni del sequestro, gli atti redatti dalla polizia giudiziaria, senza necessità di riprodurli ed è stata esclusa, in tale ipotesi, una eventuale lesione del diritto di difesa, che risulta garantito dalla consegna del verbale di sequestro e, comunque, dalla notifica del provvedimento del PM e dal successivo deposito ex art. 324 c.p.p., comma 6. (Sez. 5 n. 7278, 28 febbraio 2006; Sez. 5 n. 2108, 8 giugno 2000).
In definitiva, tranne nei casi in cui l'esigenza probatoria del "corpus delicti" sia in "re ipsa" (v. Sez. 4 n. 8662, 3 marzo 2010 relativa ad un sequestro di stupefacenti) è necessario che il provvedimento di convalida di sequestro probatorio effettuato dal Pubblico Ministero o il decreto di sequestro probatorio dallo stesso emesso contengano, quantomeno, una indicazione, ancorché essenziale e sintetica, delle esigenze probatorie che giustificano il vincolo. Tali esigenze, peraltro, non presuppongono necessariamente che il rapporto di pertinenza fra le cose sequestrate ed il reato per cui si procede debba essere considerato in termini esclusivi di relazione immediata, poiché può assumere rilievo e, conseguentemente, essere oggetto di ricerca ed apprensione, ogni elemento utile a ricostruire i fatti che, anche in forma indiretta, possono contribuire al giudizio sul merito della contestazione (Sez. 3 n. 13641, 10 aprile 2002).
Date tali premesse, deve osservarsi che, sul punto, nella impugnata ordinanza non è ravvisabile la dedotta violazione di legge. Invero, i giudici del riesame hanno dato compiutamente atto che il Pubblico Ministero, nel procedere alla doverosa motivazione del provvedimento, ha allegato al proprio decreto il verbale di sequestro, indicando gli articoli di legge che si assumevano violati. Il provvedimento del Pubblico Ministero contiene inoltre un richiamo, ancorché sintetico, ad ulteriori esigenze probatorie ed alla necessità di eventuali accertamenti tecnici da effettuare successivamente.
Tale giustificazione completa adeguatamente la motivazione del provvedimento ed è inequivoca nel suo contenuto.
Nessuna censura può quindi muoversi all'ordinanza impugnata. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2012.
Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2012