Consiglio di Stato: Ad. Comm. Spec. n. 2263 del 31 ottobre 2017
Polizia Giudiziaria. Razionalizzazione delle funzioni di polizia ed assorbimento del Corpo forestale dello Stato

Parere del Consiglio di Stato sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al d.lgs. 19 agosto 2016, n. 177, in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia ed assorbimento del Corpo forestale dello Stato.

Numero 02263/2017 e data 31/10/2017 Spedizione


REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Adunanza della Commissione speciale del 4 ottobre 2017

NUMERO AFFARE 01653/2017

OGGETTO:

Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ministero per la Semplificazione e la pubblica amministrazione.

Schema di decreto legislativo recante: “Disposizioni integrative e correttive al decreto 19 agosto 2016, n. 177, in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato, ai sensi dell’art. 8, comma 6, della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche”;

LA COMMISSIONE SPECIALE del 4 ottobre 2017

Vista la relazione trasmessa con nota n. 1787 del 13 settembre 2017, con la quale il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sullo schema di decreto legislativo in oggetto;

visto il decreto n. 117 del 18 settembre 2017, con cui il Presidente del Consiglio di Stato ha istituito una Commissione speciale per l’esame dello schema e l’espressione del parere;

considerato che nell’adunanza del 4 ottobre 2017, presenti anche i Presidenti aggiunti Antonino Anastasi, Vito Poli e Gerardo Mastrandrea, la Commissione speciale ha esaminato gli atti ed udito i relatori, consiglieri Valerio Perotti e Francesco Paolo Tronca;



PREMESSO E CONSIDERATO:


Sommario:

1. Rilievi di carattere generale

1.1. Base normativa del decreto delegato e finalità funzionali della delega. I più recenti orientamenti del diritto europeo e internazionale

1.2. Ambito e ruolo dei provvedimenti normativi correttivi. Mancato rilievo dell’incidenza del contenzioso pregresso ed assenza di una relazione di Verifica dell'impatto regolatorio (VIR)

1.3. Qualità della regolazione e riordino normativo

1.4. Osservazioni su profili normativi non contenuti nel correttivo

2. Esame dell’articolato

3. Questioni ulteriori

4. Conclusioni


1. Rilievi di carattere generale.

1.1. Base normativa del decreto delegato e finalità funzionali della delega. Recenti orientamenti del diritto europeo e internazionale.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri chiede il parere del Consiglio di Stato sullo Schema di correttivo al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, recante “Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, disposizione quest’ultima che ha delegato il Governo – nell’ambito di un più ampio progetto di riorganizzazione dell’Amministrazione dello Stato – ad intervenire sul sistema della sicurezza pubblica, con uno o più decreti legislativi, da adottare entro il 27 agosto 2016 secondo i seguenti principi e criteri direttivi:

a) “razionalizzazione e potenziamento dell’efficacia delle funzioni di polizia anche in funzione di una migliore cooperazione sul territorio al fine di evitare sovrapposizioni di competenze e di favorire la gestione associata di servizi strumentali […]”;

b) “istituzione del numero europeo 112 su tutto il territorio nazionale”;

c) “riordino delle funzioni di polizia di tutela dell’ambiente, del territorio e del mare, nonché nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore agroalimentare”;

d) collegamento di tale riordino “alla riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato” e al suo “eventuale assorbimento […] in altra Forza di polizia”;

e) mantenimento delle “competenze del medesimo Corpo forestale in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi e di spegnimento con mezzi aerei degli stessi da attribuire al Corpo nazionale dei vigili del fuoco con le connesse risorse”;

f) preservazione della “garanzia degli attuali livelli di presidio dell’ambiente, del territorio e del mare e della sicurezza agroalimentare” e “salvaguardia delle professionalità esistenti, delle specialità e dell’unitarietà delle funzioni da attribuire, assicurando la necessaria corrispondenza tra le funzioni trasferite e il transito del relativo personale”;

g) adozione delle “conseguenti modificazioni agli ordinamenti del personale delle Forze di polizia di cui all’articolo 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121, in aderenza al nuovo assetto funzionale e organizzativo […]”;

h) per quanto specificamente concerne l’eventuale assorbimento del Corpo forestale dello Stato in altra forza di polizia, “transito del personale nella relativa Forza di polizia” e “facoltà di transito, in un contingente limitato, previa determinazione delle relative modalità, nelle altre Forze di polizia, in conseguente corrispondenza delle funzioni alle stesse attribuite e già svolte dal medesimo personale, con l’assunzione della relativa condizione, ovvero in altre amministrazioni pubbliche, di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nell’ambito delle relative dotazioni organiche, con trasferimento delle corrispondenti risorse finanziarie“;

i) conservazione della “corresponsione, sotto forma di assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici, a qualsiasi titolo conseguiti, della differenza, limitatamente alle voci fisse e continuative, fra il trattamento economico percepito e quello corrisposto in relazione alla posizione giuridica ed economica di assegnazione”;

j) “previsione che il personale tecnico del Corpo forestale dello Stato svolga altresì le funzioni di ispettore fitosanitario di cui all’articolo 34 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 214, e successive modificazioni”.

Ulteriori principi ispiratori della delega, complementari ai precedenti, sono quello – sotto il profilo operativo – del “riordino, accorpamento o soppressione degli uffici e organismi al fine di eliminare duplicazioni o sovrapposizioni di strutture o funzioni …”, nonché quello – sotto il profilo più strettamente formale – della “qualità della regolazione”: invero, anche la delega relativa alle funzioni di polizia “è inserita in una legge di più ampio respiro, dedicata ad una profonda riforma della pubblica amministrazione, di cui la qualità della regolazione costituisce un aspetto fondamentale per la competitività del Paese, per l’effettività dei diritti fondamentali dei cittadini, per l’efficienza delle pubbliche amministrazioni e per l’andamento dei conti pubblici” (Commissione speciale, 26 aprile 2016, n. 968).

Chiave di volta dell’intervento riformatore è comunque il riassetto dell’organizzazione delle Forze di polizia in termini di omogeneità funzionale, così da rafforzarne l’efficienza realizzando altresì – sia pure nel medio termine – degli strutturali risparmi di spesa, da riassegnare in parte ai comparti di competenza per il riordino dei ruoli del personale non dirigente e non direttivo. Come già evidenziato nel precedente parere (Commissione speciale, 12 maggio 2016, n. 434), tale precisa scelta normativa – di natura sostanzialistica – consolida il superamento di una risalente impostazione secondo cui lo status civile sarebbe stato ex se funzionale al rafforzamento dell’efficienza di un Corpo di polizia, per aderire ai più recenti e consolidati approcci – condivisi ormai anche a livello internazionale – secondo cui sono invece le effettive competenze, e non lo status, a dare la misura della professionalità.

Va ricordato, a dare il segno della profonda rivisitazione giuridico-istituzionale e del relativo approfondimento di metodo, che la stessa nozione di “pubblica sicurezza” (nelle sue generali declinazioni militari e di polizia, e non solo) ha carattere rigorosamente funzionale, come già da tempo chiarito dalla Corte Costituzionale con sent. 7 aprile 1995, n. 115. Tale caratterizzazione non rappresenta peraltro un prius isolato, essendo mutuata da precedenti arresti della Corte, in primis le sentt. n. 162 del 1990, n. 218 del 1988, n. 1034 del 1988 e n. 77 del 1987.

Ancora, le principali fonti di diritto internazionale convenzionale in materia – nell’assegnare alla nozione di “sicurezza pubblica” un contenuto articolato e multisettoriale, comprensivo non solo delle principali attribuzioni della Forza armata, ma altresì di quelle di polizia e di soccorso pubblico, su cui incide la presente riforma – declinano una peculiare strategia di sicurezza basata “sul concetto globale e cooperativo della sicurezza e della sua indivisibilità”, definita nel “Documento di Lisbona” del 3 dicembre 1996 (Osce Doc.S/1/96). In particolare, al par. 4 dell’allegata “Dichiarazione di Lisbona su un modello di sicurezza comune e globale per l’Europa del ventunesimo secolo” vengono evidenziati due elementi poi divenuti centrali nelle politiche dell’Unione europea, ossia la globalità ed indivisibilità della sicurezza, che ostano a rigide segmentazioni di competenze per favorire piuttosto le capacità operative “ibride” o multidisciplinari (quali, in primo luogo, quelle tipiche delle Forze di polizia a status militare, ovvero delle Forze armate con attribuzioni generali di polizia). In termini analoghi si poneva già la “Decisione su un Modello di Sicurezza Comune e Globale” del Consiglio dei Ministri Osce (Budapest, 8 dicembre 1995).

In termini più generali, sempre nel diritto internazionale, lo stesso commentario istituzionale dello “UN Code of Conduct for Law Enforcment Officials” (adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite con risoluzione n. 34/169 del 17 dicembre 1979), nel ribadire, all’art. 1, lett. b), che “In countries where police powers are exercised by military authorities, whether uniformed or not, or by State security forces, the definition of law enforcement officials shall be regarded as including officers of such services”, toglie fondamento all’idea per cui le attribuzioni di sicurezza pubblica) su cui incide il decreto n. 177 del 2016 trovino naturale o più adeguata collocazione in un contesto esclusivamente non militare.

Inoltre, la dichiarata scelta del Governo di superare le precedenti frammentazioni funzionali nel settore della tutela di polizia ambientale e del territorio, concentrandone le attribuzioni in capo all’Arma dei Carabinieri – Arma che le stesse fonti internazionali, con l’espressione “Carabinieri/Gendarmerie like forces” delle dichiarazioni finali dei Summit G8 di Sea Island del 2004 (“G8 Action Plan 2004”) e di Gleneagles del 2005, considerano un’eccellenza, quale modello autonomo di Forza armata rispetto ai più tradizionali Corpi di gendarmeria – appare del tutto coerente con il modello integrato dell’Unione europea in materia di sicurezza.

In tale ottica – è appena il caso di rilevare – si è del resto già mosso da tempo il legislatore, nel precisare, all’art. 155 Cod. ord. mil., che è la suddetta Arma ad essere attributaria, in Italia, delle funzioni indispensabili per l’integrale assolvimento delle politiche di sicurezza dell’Unione, nell’ambito della cd. Forza di gendarmeria europea.

Invero, con l’approvazione, da parte del Consiglio Europeo del 25-26 marzo 2010, delle linee-guida delle politiche europee in materia di sicurezza ed ordine pubblico “interni” allo Spazio comune (documento del Consiglio 5842/2/10 REV 2 JAI 90 del 23 febbraio 2010, recante “Strategia di sicurezza interna per l’Unione Europea. Verso un modello di sicurezza europeo”), che completano il percorso iniziato il 12 dicembre 2003 con la pubblicazione delle linee-guida sulla sicurezza “esterna”, viene chiarito che “Quello della sicurezza interna è un concetto che va inteso in senso ampio e articolato e che abbraccia molteplici settori per fronteggiare tali gravi minacce ed altre ancora che hanno un’incidenza diretta sulla vita, la sicurezza e il benessere dei cittadini, fra cui le catastrofi naturali e di origine umana quali incendi boschivi, terremoti, inondazioni e tempeste”.

Nell’ottica delle linee guida – impregiudicata peraltro l’assoluta sovranità degli Stati membri in materia di ordinamenti ed attribuzioni di polizia, giusta l’art. 4 Tue – gli ambiti di attività di cui si è detto, oltre che tra loro interconnessi, non sono neppure scindibili, in ultima analisi, dalle parallele politiche di sicurezza “esterna” (tradizionalmente devolute all’attività delle sole Forze armate). Contraddicendo quindi la risalente dottrina che descriveva le tipiche attribuzioni delle Forze armate e di polizia in termini di separatezza, se non addirittura di inconciliabile rivalità, il modello funzionale europeo evidenza come si tratti, in realtà, di settori complementari della medesima realtà (dunque, potenzialmente esercitabili dai medesimi operatori, ove dotati di attribuzioni “ibride” civili/militari e di adeguate competenze operative).

Ciò che conta, per il modello eurounitario, non è quindi l’assetto organizzativo della singola Forza, ma ciò che essa è realmente in grado di fare e, soprattutto, la sua capacità di adattarsi ai diversi contesti di intervento (civile, militare, di emergenza, etc.) senza apprezzabile soluzione di continuità e, quindi, senza interruzioni della linea di comando. In questi termini, l’Unione opta dichiaratamente per un approccio funzionale che privilegia le capacità integrate e multipolari, in luogo di (più o meno) inefficaci segmentazioni di settore.

L’inscindibile complementarità tra le strategie di sicurezza “interna” ed “esterna”, del resto, è una delle cause che hanno portato alla decisione di superare il sistema “a Pilastri” nato dal Trattato di Maastricht, che di fatto si era risolto nella creazione di tre macro-aree tra loro non comunicanti, seppur strettamente interdipendenti: ciò valeva, in particolare, per il secondo ed il terzo “Pilastro”, concernenti la “Politica estera e di sicurezza comune” (comprendente la Pesd, oggi Psdc) e la “Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale” (allora Gai, oggi conglobata nella nuova Fsj), nei quali vi era una competizione particolarmente serrata tra gli operatori civili della pubblica sicurezza, dovuta principalmente all’eccessiva frammentazione delle competenze, a tutto discapito degli sforzi verso un modello integrato di “sicurezza partecipata e di prossimità”. Un tale stato di cose portava infatti, nel sistema ante-Lisbona, ad escludere di volta in volta determinati operatori qualificati, dando vita ad irrazionali sovrapposizioni di competenze e, quindi, a nuove potenziali situazioni di conflitto.

I principi di cui si è detto hanno trovato altresì espressione nella Risoluzione del Parlamento europeo del 23 novembre 2010, n. 2071, sulla “Cooperazione civile-militare e lo sviluppo di capacità civili-militari” laddove si “sottolinea che, per essere efficaci, le risposte alle crisi attuali e alle minacce per la sicurezza, comprese le catastrofi naturali, devono poter attingere sia alle capacità civili che a quelle militari ed esigono una più stretta cooperazione tra di esse”. Conseguenza di ciò è l’essenzialità delle Forze di gendarmeria (ossia, le Forze di polizia a status militare), come precisato nel par. 35 della medesima Risoluzione, in quanto strumento “molto adatto per una vasta gamma di efficaci operazioni di gestione delle crisi, comprese le missioni di stabilizzazione successive a catastrofi; invita tutti gli Stati membri che dispongono di Forze di polizia a statuto militare ad aderire all'iniziativa”.

Può quindi ribadirsi, conclusivamente, che la scelta del legislatore nazionale di procedere ad una completa riallocazione delle competenze operative in materia di tutela ambientale, secondo la logica dell’omogeneità funzionale, non solo appare corretta sotto un profilo di razionalità amministrativa, ma pure risulta coerente con i più recenti orientamenti del diritto internazionale (l’Arma dei Carabinieri essendo non solo una Forza dalle competenze “ibride”, nel senso già indicato, ma pure l’unica, tra quelle aventi generali e permanenti attribuzioni di polizia, che già in precedenza svolgeva attività qualificata nel particolare contesto oggetto di riforma).


1.2. Ambito e ruolo dei provvedimenti normativi correttivi di un decreto legislativo

1.2.1. Venendo al merito dello Schema in oggetto, va innanzitutto rilevato che si tratta del primo parere che viene reso su un decreto correttivo da adottarsi per modificare ed integrare il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, rientrante nel più ampio alveo dei provvedimenti di attuazione della riforma della pubblica amministrazione di cui alla legge n. 124 del 2015.

Pertanto, a giudizio di questo Consiglio, l’adozione del correttivo deve in primo luogo servire ad apportare tutte quelle modifiche necessarie per un miglior funzionamento, in sede applicativa, delle norme originariamente introdotte.

Occorre, allora, considerare le potenzialità (e i limiti) di tale strumento nella logica complessiva della legge n. 124 e in quella generale del ‘modello’ dei decreti legislativi correttivi. A tal fine si ribadiscono, sia pur sinteticamente, alcune considerazioni di massima sul ruolo dei decreti integrativi e correttivi: una figura non prevista dall’art. 76 Cost., ma ormai consolidata nella più recente prassi costituzionale.

Sotto un primo profilo, non può che confermarsi il principio (ribadito, da ultimo, nel parere n. 855 del 2016, sul codice dei contratti pubblici, ma cfr. già il precedente parere n. 638 del 2017, sul correttivo in materia di società a partecipazione pubblica), secondo cui il mancato recepimento di una parte della delega entro il termine di scadenza consuma definitivamente il relativo potere, e tale mancato esercizio non può essere recuperato in sede di adozione di decreti correttivi. Tramite questi ultimi sono consentite, appunto, “integrazioni e correzioni” (anche rilevanti), a seguito di una periodo di “sperimentazione applicativa”, riguardanti le parti di delega già esercitate, ma non un esercizio tardivo, per la prima volta, delle delega.

Inoltre, lo strumento del correttivo non può nemmeno costituire una sorta di ‘nuova riforma’, pur rispettosa della delega originaria, che modifichi le scelte di fondo operate in sede di primo esercizio della delega, attuando un’opzione di intervento radicalmente diversa da quella del decreto legislativo oggetto di correzione (cfr. Corte cost. 26 giugno 2001 n. 206; Cons. St., ad. gen., 6 giugno 2007 n. 1; Cons. St., Sez. norm., 9 luglio 2007 n. 2660/07; Id., 5 novembre 2007 n. 3838/07; Id., 26 luglio 2011 n. 2602).

Ciò detto in merito ai ‘limiti’ dei decreti correttivi, è necessario, per converso, evidenziarne anche le potenzialità e le utilità. Esse sono intrinsecamente connesse – e per questo sono ancora più importanti – alla “fase cruciale dell’attuazione” di ogni riforma, come il Consiglio di Stato ha avuto modo di definirla in molteplici occasioni (in relazione ai decreti di attuazione della l. n. 124 del 2016, cfr. pareri: Sez. consultiva atti normativi 24 febbraio 2016, n. 515, al punto 3; Comm. spec. 30 marzo 2016, n. 839, al punto 1 del ‘considerato’; Comm. spec. 1° aprile 2016, n. 855, ai punti II.f).4, II.f).5 e II.g).1; Comm. spec.7 aprile 2016, n. 890, al punto 1 del ‘considerato’; Comm. spec. 15 aprile 2016, n. 929, punti 1.5 e 3.1 del ‘considerato’; Comm. spec. 3 maggio 2016, n. 1075, al punto 2, parte I del ‘premesso e considerato’; Comm. spec. 5 maggio 2016, n. 1113, al punto 2; Comm. spec. 9 maggio 2016, n. 1142, ai punti 2.4 e 3.3, parte I, e 6.8.1, parte II, del ‘considerato’; Comm. spec. 12 maggio 2016, n. 1183, punto 2.2 del ‘considerato’; Comm. spec. 13 luglio 2016, n. 1640, al punto 2 del ‘premesso e considerato’; Comm. spec. 4 agosto 2016, n. 1784/2016, punto A-2 del ‘considerato’).

Dal momento che una riforma è tale solo quando raggiunge un’effettiva attuazione, che sia percepita da cittadini e imprese e rilevata dai dati statistici, appare fondamentale procedere ad una verifica delle disfunzioni – giuridiche, amministrative o anche semplicemente pratiche – del testo originario.

Invero, se è quasi inevitabile che ogni riforma presenti, almeno in una fase iniziale, difficoltà attuative, criticità o lacune, le stesse possono essere eliminate e l’impianto normativo può essere migliorato con una fase di progressivo adattamento: questo è il ruolo essenziale demandato ai decreti “integrativi e correttivi”.

Con tali decreti, infatti, si può (e si deve) intervenire, da un lato, per garantire la “qualità formale” del testo, con l’eliminazione di eventuali refusi, difetti di coordinamento, errori tecnici, illogicità e contraddizioni, dall’altro – e forse soprattutto – per apportare le correzioni e le integrazioni che l’applicazione pratica renda opportune, se non indispensabili, per il buon funzionamento della riforma.

Tali misure non sono ‘aggiuntive’ rispetto alla riforma medesima, ma fanno parte integrante della stessa, e ne possono determinare il successo in misura rilevante.

Può dunque affermarsi, concludendo su questo punto, che, così come il ‘modello’ della legislazione delegata disegnato dall’art. 76 Cost. ed attuato nella prassi costituzionale costituisce, potenzialmente, uno degli strumenti di intervento più efficaci per costruire una riforma organica (nella sua interazione tra Parlamento e Governo, tra indirizzi di policy e normativa di dettaglio, e con un decision making process ormai partecipato e arricchito da vari pareri), così il ‘modello’ del decreto legislativo integrativo e correttivo costituisce uno strumento fondamentale, altrettanto importante, per assicurarne la realizzazione in concreto.

1.2.2. Esaminati i limiti e le potenzialità della figura del decreto correttivo, occorre far cenno alle sue modalità di istruttoria, di preparazione e di redazione, alla stregua dei più recenti principi di qualità della regolazione.

Oltre alla necessaria analisi tecnico-giuridica della normativa da emendare, è sempre più importante – nella prospettiva di realizzare il “miglioramento della qualità normativa, la semplificazione e l’efficienza di procedure e organismi, cui lo sforzo riformatore del Governo si è indirizzato” (Cons. St., sez. norm., parere 24 febbraio 2016 n. 515) – che la correzione presupponga l’individuazione di una criticità applicativa, di cui va dato adeguato conto con strumenti ad hoc, presenti da tempo nell’ordinamento e più volte richiamati da questo Consiglio nella sua recente giurisprudenza consultiva, quali l’AIR e – soprattutto – il monitoraggio e la VIR.

Difatti, nel rispetto del principio di stabilità dell’ordinamento giuridico, occorre assicurare che le norme abbiano un tempo ragionevole di applicazione e di assimilazione, consentendo agli operatori di adeguarsi ad esse. Continui cambiamenti decisi senza un’adeguata istruttoria e non giustificati da un effettivo riscontro nella pratica nuocciono alla certezza delle regole, alla stabilità del quadro regolatorio, all’efficienza di amministrazioni ed imprese.

Non a caso, già con il parere 1° aprile 2016 n. 855 (reso sullo schema del Codice dei contratti pubblici), al paragrafo II.f).5, il Consiglio di Stato ha avuto modo di affermare che un’attività diversa, ma non meno importante di quella attuativa, è l’attività di monitoraggio e di valutazione ex post dell’impatto della regolazione, anche “quale punto di partenza essenziale per i successivi interventi correttivi e di finetuning della riforma”.

Più specificamente, questo Consiglio ha anche affermato (con riguardo al secondo decreto legislativo in materia di SCIA: Comm. spec. 4 agosto 2016, n. 1784, punto A-2.2 del ‘considerato’) che ciascun intervento correttivo “postula un’azione di costante monitoraggio del funzionamento delle norme, volta a verificarne l’idoneità a perseguire in concreto gli obiettivi fissati dalla legge: ciò rende necessaria anche una verifica di impatto successiva all’entrata in vigore delle nuove norme (la cd. VIR, di cui al d.P.C.M. 19 novembre 2009, n. 212, di attuazione dell’art. 14 della legge 28 novembre 2005, n. 244), così da identificare (e subito ridurre) eventuali oneri di comprensione, interpretazione, pratica applicazione da parte di tutti i destinatari, nonché per prevenire il possibile contenzioso con interventi correttivi o di chiarimento. Difatti, la VIR e in generale il monitoraggio sono indispensabili per due ragioni: - da un lato, per verificare se la riforma ha effettivamente raggiunto gli obiettivi attesi, ha davvero migliorato l’attività di cittadini e imprese (e quindi, come si è detto, se la riforma “annunciata” è stata anche ‘percepita’ e ‘rilevata’); - dall’altro, per predisporre su una base istruttoria seria e ‘quantitativamente informata’ i più efficaci interventi integrativi e correttivi”.

In altri termini, l’analisi ex post (compiuta tramite la VIR) degli effetti dell’intervento iniziale deve trasfondersi, dopo una fase di prima attuazione adeguata e ben monitorata, nella costruzione di interventi integrativi e correttivi mirati.

Dell’impatto auspicato di questi ultimi deve darsi conto nella scheda di AIR dell’intervento correttivo, che deve dare espressamente conto di tale processo, traendo il suo principale fondamento istruttorio proprio dalla VIR del testo da correggere.

Tornando allo schema di correttivo in esame, occorre rilevare che, nel caso di specie, la scheda AIR – che dovrebbe fondarsi, come si è detto, sul monitoraggio e sulla valutazione ex post (tramite lo specifico strumento della VIR) del d.lgs. n. 177 del 2016 – risulta sotto questo profilo carente, soffermandosi principalmente sui profili di necessaria, ulteriore implementazione della riforma al fine di conferire omogeneità alla nuova struttura amministrativa venutasi a creare, senza però esaminare adeguatamente i molteplici aspetti relativi al funzionamento in concreto della riforma nei suoi primi mesi di attuazione, rinviando a successive verifiche e monitoraggi il riscontro che, “a seguito dell’adozione del decreto legislativo, sia effettivamente constatato il mantenimento dei precedenti livelli di presidio dell’ambiente, del territorio e del mare e della sicurezza agroalimentare, tramite lo svolgimento delle funzioni attribuite in materia all’Arma dei carabinieri, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, alla Polizia di Stato, al Corpo della Guardia di finanza e al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali dal d.lgs. 177 del 2016”.

Né, del resto, risulta essere stata allegata alla richiesta di parere una specifica scheda VIR.

Alla stregua di quanto esposto, questa Commissione speciale, partendo dal fermo convincimento che il decreto correttivo debba introdurre – senza assumere la consistenza di una ‘nuova riforma’ – tutte le modifiche che si rendono necessarie per un buon funzionamento, in sede applicativa, dell’originario decreto legislativo, si soffermerà non soltanto sulle modifiche apportate con lo schema di correttivo, ma anche (perlomeno in termini generali) sulle disposizioni del testo unico per le quali lo schema non propone modifiche.

Verrà, pertanto, dedicata particolare attenzione sia alle questioni già segnalate col primo parere (12 maggio 2016, n. 434) che si ritengono ancora meritevoli di considerazione, sia a quelle che sono state segnalate in dottrina o che sono emerse nella pratica (anche alla luce del primo contenzioso) successivamente alla pubblicazione del decreto legislativo n. 177 del 2016.

Ciò non esime il Governo, per i futuri interventi, a tener conto dei rilievi sopra esposti ed a procedere necessariamente, prima dell’adozione di ciascun decreto correttivo, ad un’effettiva verifica ex post dell’impatto delle norme su cui si interviene, di cui dar conto adeguatamente nell’AIR del correttivo medesimo.


1.3. Qualità della regolazione e riordino normativo

1.3.1. Rilievi generali.

Prima di procedere all’esame dettagliato dell’articolato, la Commissione speciale ritiene opportuno ribadire e meglio sviluppare alcuni argomenti (involgenti questioni generali sulla qualità della regolazione) posti a base del precedente parere (18 aprile 2016, n. 434), reso sullo schema del decreto n. 177 del 2016.

In linea generale, la qualità della regolazione deve riferirsi non solo e non tanto alla “qualità formale” dei testi normativi (che, per loro natura, devono essere chiari, intelligibili ed accessibili), quanto e soprattutto alla “qualità sostanziale delle regole”, che comporta in primo luogo la necessaria autosufficienza della norma (ossia la sua idoneità a disciplinare senza ambiguità e con completezza la fattispecie interessata da regolazione), precludendo per contro la concorrenza, a tal fine, di leggi già vigenti o della prassi amministrativa, ovvero ancora il ricorso alla deregolamentazione e/o autoregolamentazione.

La norma deve quindi essere – per assolvere alle sue funzioni – chiara e comprensibile, nonché completa e sistematica (Cons. St., ad. gen., 25 ottobre 2004, n. 2; Cons. St., Sez. norm., parere 21 maggio 2007 n. 2024, sul Piano di azione per la semplificazione; Comm. spec., 10 febbraio 2010, pareri nn. 149 e 152 del 2010, nonché Sez. norm., parere 22 luglio 2010, n. 3243, resi sul Codice dell’ordinamento militare – di cui al d.lgs. n. 66 del 2010 – e sul t.u. delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, d.P.R. n. 90 del 2010; Comm. Spec., parere 21 marzo 2016, n. 464, reso sul nuovo Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016).

Non a caso, del resto, un ulteriore principio di delega – evincibile in via indiretta dal disegno complessivo che ha ispirato la l. n. 124 del 2015, come già posto in evidenza dal parere n. 434 cit. – concerne la qualità della regolazione: infatti, anche la delega che attiene alle Forze di polizia è inserita in una legge di più ampio respiro, dedicata ad una profonda riforma della Pubblica amministrazione, di cui la qualità della regolazione costituisce un aspetto fondamentale per la competitività del Paese, per l’effettività dei diritti dei cittadini oltre che per la chiara intelligibilità dei relativi doveri, per l’efficienza delle Pubbliche amministrazioni e per la sostenibilità degli oneri erariali.

Tanto premesso sul piano generale, la Commissione osserva che l’attuale schema – al pari del decreto legislativo n. 177 – aggiunge nuove disposizioni ad un ordito normativo già molto frammentato e stratificato nel tempo, che disciplina le materie della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico, nonché l’organizzazione e il funzionamento delle diverse Forze aventi competenze (generali o specifiche) di polizia e di soccorso, di talché non appare perfettamente allineato rispetto agli obiettivi di better regulation e di semplificazione raggiungibili – come ricordato dal più volte menzionato parere del Consiglio sullo schema del decreto n. 177 – in primo luogo attraverso la codificazione delle disposizioni di settore. Principi, questi ultimi, che, pure, costituiscono principi informatori della delega, anche al fine di non fornire pretesti per il contenzioso.

In subordine all’optimum della codificazione di settore (sul modello di quanto a suo tempo fatto con il Codice dell’ordinamento militare ed il collegato testo unico regolamentare), come già evidenziato nel precedente parere n. 915 del 21 aprile 2017 (relativo allo Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia), sarebbe stata opportuna una rivisitazione di tutte le disposizioni vigenti, concernenti la materia oggetto della delega (ad esempio, alcune parti della legge n. 121 del 1981, del t.u.l.p.s. e del t.u.e.l., etc.), per ricondurle – previa abrogazione – ad un unico, nuovo testo normativo scaturente dalla delega.

In ulteriore subordine, al fine precipuo di eliminare duplicazioni e scongiurare le conseguenti difficoltà interpretative, la Commissione speciale ritiene che vada comunque preferita – allo stato – la tecnica della novella.

Questa infatti, a differenza delle cd. clausole di salvezza (“fermo restando che”, “fatto salvo che”) o di rimando e rinvio ad altre fonti non meglio specificate ma comunque capaci di neutralizzare gli effetti delle nuove norme – assicura il livello minimo esigibile in punto di chiarezza dei testi normativi, come statuito, con efficacia vincolante per il Governo, dall’art. 13-bis, l. n. 400 del 1988 (non derogato da alcuno dei criteri della delega di cui alla legge n. 124 del 2015); sul punto è sufficiente rinviare alle considerazioni espresse dal menzionato parere di questo Consiglio reso sullo schema del nuovo codice dei contratti pubblici, e da quelli resi in attuazione della medesima legge delega sulla nuova disciplina della S.C.I.A. (15 marzo 2016, n. 433), e sulla nuova disciplina di accelerazione dei tempi di realizzazione di interventi rilevanti – c.d. fast track procedure (22 marzo 2016, n. 432).

Nell’ottica della novellazione, la Commissione rileva la necessità che si operino delle coerenti modifiche ai testi normativi sottoposti al suo esame, nei termini che succintamente si espongono, con i conseguenti accorgimenti tecnici (controllo della coerenza interna ed esterna dell’articolato; verifica e adeguamento dei rinvii ad altre fonti, abrogazione espressa, etc.).


1.3.2. Modifiche al testo del decreto n. 177 del 2016 e modifiche consequenziali

Ferma l’opportunità, anche in occasione di successivi interventi normativi, di un miglior coordinamento tra i principi contenuti negli artt. da 2 a 5 del decreto in questione con le pressoché analoghe disposizioni di cui alla legge 1° aprile 1981, n. 121 (non a caso, frequentemente richiamata nel testo), al fine di eliminare duplicazioni normative e quindi definire con maggior chiarezza l’ambito della novella legislativa, con specifico riguardo alla materia oggetto del correttivo sottoposto all’esame di questa Commissione speciale si rileva quanto segue:

a) tutte le funzioni ed attribuzioni dell’Arma dei Carabinieri relative ai c.d. “compiti di istituto” dovrebbero essere elencate in una sola sede; a soddisfare tale esigenza si presta l’art. 159 Cod. ord. mil. – rubricato “Compiti d’istituto dell’Arma dei Carabinieri” – all’interno del quale andrebbero ricollocati: gli ulteriori compiti d’istituto previsti dall’art. 7, commi 1 e 2, dello schema; le residue funzioni (ove ritenute ancora attuali) divisate dagli artt. 3 e 16 d.lgs. n. 297 del 2000 e dai richiamati artt. 2, 7, 9, 51, 62-66, 68-82, r.d. 1169 del 1934 (con conseguente abrogazione); laddove il comma 3 del medesimo art. 7 (introducendo una disposizione di spesa a regime, sebbene finanziata per un solo anno) andrebbe collocato all’interno del Libro III, Titolo III, Capo II del Codice dell’ordinamento militare.

b) Atteso il loro carattere transitorio (o l’incidenza su effetti intertemporali della riforma), le seguenti disposizioni del decreto n. 177 andrebbero collocate, previa abrogazione, nella sede propria del Libro IX, Titolo II, Capo II, del Codice dell’ordinamento militare (ciascuno nella apposita sezione) – in parte qua dedicato a raccogliere la disciplina transitoria in materia di ordinamento militare – conformemente ad una soluzione caldeggiata a suo tempo dal Consiglio di Stato (cfr. pareri 10 febbraio 2010 nn. 149 e 152, resi sugli schemi del Codice dell’ordinamento militare e del t.u. delle norme regolamentari), seguita da altri interventi riformatori di vasta portata (si pensi ai decreti legislativi 7 ed 8 del 2014, nonché 94 e 95 del 2017), ma soprattutto imposta dall’art. 2267, comma 2, Cod. ord. mil.):

- il comma 1 dell’art. 8 ed i commi 1, 2, 6 e 15 dell’art. 18 del decreto n. 177 – in un articolo appositamente introdotto come art. 2192-bis – Riorganizzazione dell’Arma dei Carabinieri conseguente all’assorbimento del Corpo forestale dello Stato - previa rivalutazione ed abrogazione dei regolamenti di cui all’art. 6, d.P.R. n. 105 del 2013 ed 1, d.P.R. n. 52 del 2011, inerenti identica materia (funzioni ambientali e forestali dell’Arma);

- per le medesime ragioni, ricollocare, previa abrogazione, i commi 8, 9, 10 e 14 dell’art. 18 nel già esistente art. 2212-quater, Cod. ord. mil.;

- ricollocare, previa abrogazione, il comma 15-bis dell’art. 18 in un articolo appositamente introdotto come art. 2195-quater – Chiusura delle contabilità del Corpo forestale dello Stato;

- ricollocare, previa abrogazione, il testo del comma 1, secondo periodo, dell’art. 20 in un articolo appositamente introdotto come art. 2264-ter – Iscrizione alla Cassa di previdenza delle Forze armate del personale del Corpo forestale dello Stato.

c) Per ragioni di sistematicità occorrerebbe procedere allo stesso modo avuto riguardo alle disposizioni relative alla Polizia di Stato, alla Guardia di finanza ed al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, inserendo le funzioni mutuate a seguito del venir meno del Corpo forestale all’interno dei rispettivi statuti; a tanto dovrebbe quindi conseguire la coerente riformulazione degli artt. 9 e 10 del decreto n. 177.

d) L’art. 11 del decreto n. 177 andrebbe a rigore inserito nella sede propria, ovverosia l’art. 33 del d.lgs. n. 300 del 1999 – disciplinante le attribuzioni del Ministero delle politiche agricole – o comunque nei regolamenti ordinamentali di cui all’art. 34 del medesimo decreto n. 300.

e) Gli artt. da 2 a 5 del decreto n. 177, oltre alla riformulazione del lessico normativo nei termini anzi detti, avrebbero dovuto più correttamente essere trasfusi nell’articolato della legge n. 121 cit. – cui gli stessi, del resto, fanno espresso rimando – che par essere, allo stato, la sedes materiae più appropriata, contenendo disposizioni che, almeno in parte, si sovrappongono a quelle introdotte con il decreto di riforma.

Infine, per analoghe ragioni, le residue disposizioni tuttora in vigore della legge 31 marzo 2000, n. 78 andrebbero tutt’al più riprodotte – previa definitiva abrogazione dell’intera legge – nei testi disciplinanti l’ordinamento delle singole Forze ivi menzionate. In particolare, l’art. 10 è meramente riproduttivo di un principio generale già espresso nella citata legge 121, laddove l’art. 11 andrebbe trasposto (per l’Arma dei Carabinieri ed il Corpo della Guardia di finanza) nel Codice dell’ordinamento militare.


1.3.3. Modifiche allo Schema di decreto correttivo del decreto n. 177 del 2016

f) Sempre per ragioni di sistematicità, si suggerisce di collocare i commi da 12-bis a 12-undecies – previsti dall’art. 8, comma 1, lettera a) dello schema, in un articolo appositamente introdotto come art. 2256-bis Cod. ord. mil. – Disposizioni in materia di disciplina e ricompense del personale del Corpo forestale dello Stato;

g) altresì si rileva l’opportunità di collocare la norma di cui al comma 13-bis dell’art. 8, comma 1, lettera b) dello Schema, in un comma appositamente introdotto come comma 23-bis, nell’esistente art. 2214-quater Cod. ord. mil., con gli opportuni adattamenti interni.


1.4. Osservazioni su ulteriori profili normativi non contenuti nel correttivo

In ragione di quanto precedentemente anticipato circa l’assenza, allo stato, di un’organica ricognizione delle eventuali disfunzioni della normativa di riforma, la Commissione speciale rileva, per quanto necessariamente in via sommaria, alcuni profili di disciplina meritevoli di attenzione.


1.4.1. In primo luogo, si richiama l’attenzione sulla previsione di cui al quinto comma cpv. dell’art. 18 d.lgs. n. 177 del 2016, per cui “In prima applicazione, i provvedimenti e i protocolli di cui agli articoli 2, comma 1, 3, comma 2, 4, commi 2 e 3, e 5, commi 2 e 3, sono adottati entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e trovano applicazione dal 1° gennaio 2017. Entro il medesimo termine, al fine di rafforzare gli interventi di razionalizzazione volti ad evitare duplicazioni e sovrapposizioni, anche mediante un efficace e omogeneo coordinamento informativo, il capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza e i vertici delle altre Forze di polizia adottano apposite istruzioni attraverso cui i responsabili di ciascun presidio di polizia interessato, trasmettono alla propria scala gerarchica le notizie relative all’inoltro delle informative di reato all’autorità giudiziaria, indipendentemente dagli obblighi prescritti dalle norme del codice di procedura penale”.

Trattasi di previsione sulla quale il Consiglio di Stato non ha potuto in precedenza esprimere il proprio parere obbligatorio, in quanto non contemplata nel testo sottoposto alla sua attenzione ma introdotta in un momento successivo, allorché il suddetto parere era già stato reso.

Per tale ragione, dunque, si reputa doveroso formulare al riguardo – e in questa sede – alcune considerazioni.

La detta disposizione riproduce sostanzialmente, con rango di legge ordinaria, la previsione regolamentare – applicabile sinora alla sola Arma dei Carabinieri – di cui all’art. 237 del d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90 (Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare), rubricato “Obblighi di polizia giudiziaria e doveri connessi con la dipendenza gerarchica”, a mente del quale: “Indipendentemente dagli obblighi prescritti dalle norme del codice di procedura penale, i comandi dell'Arma dei carabinieri competenti all'inoltro delle informative di reato all'autorità giudiziaria, danno notizia alla scala gerarchica della trasmissione, secondo le modalità stabilite con apposite istruzioni del Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. 2. In caso di reati militari la cui procedibilità è condizionata dalla richiesta del comandante di corpo, copia della relativa informativa è trasmessa anche a quest'ultimo”.

Pur essendo del tutto evidenti le obiettive esigenze di carattere operativo sottese alla recente previsione normativa, la Commissione speciale evidenzia che – nei termini in cui la portata dell’art. 18 comma 5 cit. possa formalmente apparire più estesa rispetto a quella del predetto art. 237, in particolare applicandosi anche alla trasmissione del contenuto del materiale istruttorio corredato alla notizia di reato – la disposizione stessa potrebbe non trovare adeguata copertura nell’originaria legge delega, laddove risultasse in concreto incidere su questioni di procedura penale estranee all’oggetto di quest’ultima (in particolare, sui rapporti fra autorità di polizia giudiziaria ed uffici del Pubblico ministero, nel qual caso non parrebbe neppure collocata nella sede sua propria, ossia le norme di attuazione del Cod. proc. pen.).

Appare quindi preferibile o una parziale riformulazione della regola in senso più aderente al precedente di cui si è detto, ovvero la sua reintroduzione – previa abrogazione – in un diverso testo normativo avente anch’esso rango di legge ordinaria, non vincolato però dai limiti funzionali e di materia di cui all’art. 8, comma 1, lettera a) della legge n. 124 del 2015.


1.4.2. Sempre al fine di assicurare la coerenza con il principio funzionalistico che sorregge l’impianto di cui al d.lgs. n. 177 del 2016, la Commissione ritiene poi di dover ribadire quanto già affermato in occasione del precedente parere 18 aprile 2016, n. 434 (reso sullo schema del decreto n. 177 del 2016) in merito alla necessità di evitare artificiose frammentazioni nelle particolari competenze Cites, in precedenza proprie del solo Corpo forestale dello Stato in ragione delle specifiche attribuzioni funzionali ad esso devolute.

Avendo il legislatore optato per il loro integrale trasferimento all’Arma dei Carabinieri – con la sola eccezione di residuali incombenze operative devolute alla Guardia di finanza in area doganale (che parrebbero però slegate da attribuzioni funzionali specifiche: cfr. art. 7, comma 2, lettera m, e 10, comma 1, lettera b, del d.lgs. n. 177 del 2016) – andrebbe valutata l’opportunità di superare ogni sopravvenuta discrasia, reintroducendo l’originaria unitarietà delle attribuzioni (ferme, beninteso, le competenze del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali in materia di rilascio delle certificazioni per il commercio e la detenzione).

Ciò anche per prevenire possibili disfunzioni – con correlati rischi di procedure di infrazione – derivanti dalla mera cogestione operativa tra diversi soggetti, alla luce dell’armonizzazione data dal Regolamento (Ce) 9 dicembre 1996, n. 338/97 del Consiglio, relativo alla protezione di specie della flora e fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio (inclusi i relativi Allegati, contenenti un elenco di specie soggette a commercio disciplinato), nonché dal relativo regolamento di attuazione (Regolamento [Ce] n. 865/2006 della Commissione, del 4 maggio 2006), armonizzazione altresì estesasi ai settori complementari e specifici di cui al Regolamento (Ce) n. 2173/2005, al Regolamento (Cee) n. 3254/91 ed al Regolamento (Ce) n. 1007/2009.


1.4.3. Infine, in relazione alle recenti questioni di costituzionalità dedotte in relazione al d.lgs. n. 177 del 2016 ed alla stessa legge delega n. 124 del 2005 (in particolare, con ordinanza del Tribunale amministrativo dell’Abruzzo - Sez. distaccata di Pescara, 16 agosto 2017, n. 235), la Commissione speciale – nei limiti consentiti dalla sede consultiva in esame, e ferma restando ovviamente ogni pronuncia delle Corti competenti – ritiene opportuno ricordare come la riforma di cui al d.lgs. n. 177 del 2016 non abbia per oggetto il mutamento di status ordinamentale di una Forza di polizia (come invece verificatosi con la legge 1° aprile 1981, n. 121 (avente ad oggetto, non a caso, il “Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza”), bensì il trasferimento di determinate attribuzioni pubblicistiche da un’Amministrazione ad un’altra, in ottica di razionalizzazione ed omogeneità funzionale. Una scelta, quest’ultima, espressione di indirizzo politico-amministrativo, riservato all’Autorità di governo, su cui si richiama anche quanto già detto al § 1.1 del presente parere.

A fronte di due oggetti di disciplina diversi e, tra loro, neppure omogenei, non appare quindi corretta a questa Commissione speciale la pretesa ermeneutica di valutare la rispondenza del d.lgs. n. 177 del 2016 alle coordinate della legge delega servendosi di alcuni istituti della legge 121 (nella specie, la disposizione transitoria dell’art. 107) a titolo di tertium comparationis (in merito all’asserita necessità di consentire al personale del disciolto Corpo forestale dello Stato un’indiscriminata facoltà di scegliersi la propria Amministrazione di destinazione, del tutto a prescindere dalle funzioni lavorative in precedenza svolte, funzioni sulla cui base il legislatore aveva invece predefinito i vari trasferimenti di personale).

Tanto nell’assodato presupposto che l’assorbimento del personale del disciolto Corpo forestale è avvenuto all’interno del medesimo comparto Sicurezza e Difesa, in massima parte ad opera di altre Forze e Corpi con attribuzioni di polizia: tale unicità risulta ancor più evidente dall’esame del d.lgs. n. 95 del 2017.

Peraltro, come già rilevato nel parere n. 434 del 2016, l’art. 12 comma 4 del decreto n. 177 prevedeva in realtà una facoltà di scelta, da esercitarsi nei venti giorni successivi alla pubblicazione del d.P.R. di cui al comma 3, primo periodo, ai fini del “transito in altra amministrazione statale tra quelle individuate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 3, primo periodo, e con le modalità ivi indicate. Nella medesima domanda può essere indicato se, in caso di mancato accoglimento della stessa, si intende rimanere assegnati all'Amministrazione di destinazione individuata con il provvedimento di cui al comma 2 e, in tal caso, il mancato accoglimento della domanda determina la definitività del provvedimento di assegnazione”.

Pur non trattandosi di argomento di carattere giuridico, è pur sempre significativo che – sebbene tale opportunità, in ragione delle contingenze organizzative, fosse stata circoscritta ad un numero contingentato di posti disponibili (circa 800) – solo una minima parte del personale (circa 200 persone) in concreto si sia avvalso di tale possibilità, in sé non penalizzante la carriera lavorativa dell’interessato (essendo in ogni caso fatta salva “la corresponsione, sotto forma di assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici, a qualsiasi titolo conseguiti, della differenza, limitatamente alle voci fisse e continuative, fra il trattamento economico percepito e quello corrisposto in relazione alla posizione giuridica ed economica di assegnazione”). Il che obiettivamente sembra contraddire la tesi (formalistica ed ipotetica) che il predetto trasferimento di funzioni abbia strutturalmente determinato un vulnus a posizioni costituzionalmente presidiate degli interessati (posizioni, tra l’altro, da bilanciare con gli interessi pubblici sottesi alla riforma).

Ciò detto, nel caso in cui il Governo, a fronte dei dedotti rilievi di costituzionalità, dovesse eventualmente decidere di introdurre delle nuove opportunità di transito ad altre Amministrazioni pubbliche – anche per superare, almeno in parte, i ricorsi giurisdizionali pendenti, che lamentano un incondizionato automatismo nell’assegnazione alle Amministrazione di destinazione – la Commissione speciale ritiene opportuno sia ricordare la ferma contrarietà della grande maggioranza delle amministrazioni, in quanto ritenuta disfunzionale, sia evidenziare comunque alcuni insuperabili punti fermi, per evitare contraddizioni strutturali con i principi della legge delega.

Eventuali “finestre” di uscita – se del caso, anche periodiche (ad es. una ogni anno, per un determinato periodo transitorio, in ipotesi quinquennale) – andrebbero comunque limitate circa la quantità del personale interessato, così da scongiurare impreviste carenze di organico che potrebbero incidere sul regolare esercizio delle funzioni trasferite e, quindi, contraddire il principio di conservazione dell’effettività ed efficacia dei livelli di tutela ambientale.

Sempre per tale ragione va poi ricordato che l’eventuale transito in uscita di personale dal ruolo dei Carabinieri forestali (o di altra amministrazione) dovrebbe necessariamente essere compensato da un egual numero di nuovi arruolamenti e/o assunzioni, in aggiunta a quelli già autorizzati – in via ordinaria – per l’anno in corso. Affinché però tali adempimenti non contraddicano il vincolo della neutralità finanziaria della riforma, si dovrebbero reperire i fondi a copertura della relativa spesa dagli stanziamenti di bilancio riservati alle nuove assunzioni delle Amministrazioni riceventi. Andrebbero inoltre coinvolti gli enti pubblici territoriali, anche per quel che riguarda le attribuzioni di polizia amministrativa, al fine di assicurare un più articolato ricollocamento, a richiesta, del suddetto personale.


2. Esame dell’articolato


Articolo 1 - Oggetto

La disposizione, dal contenuto meramente descrittivo, specifica che il provvedimento ha un duplice contenuto, recando modifiche ed integrazioni sia alle disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia, sia a quelle di assorbimento del Corpo forestale dello Stato. Come evidenziato all’art. 1 della relazione AIR, l’obiettivo di breve periodo perseguito dal legislatore si traduce nel completamento degli interventi necessari ad ottenere l’armonizzazione, in un'unica amministrazione, di quelle che originariamente erano una Forza armata (con attribuzioni generali di polizia, sia civile che militare) ed un Corpo di polizia avente un organico relativamente contenuto, in ragione delle sue circoscritte attribuzioni di carattere specialistico, in ossequio alle stesse disposizioni di delega.

Per il medio periodo l’obiettivo risulta invece essere quello di garantire il mantenimento dei precedenti livelli di presidio dell’ambiente, del territorio e del mare, oltre che della sicurezza agroalimentare, nel rispetto dell’unitarietà delle funzioni, raggiunta con la riconduzione delle stesse ad un’unica struttura operativa a seguito della riforma.

Al riguardo, si richiama quanto già detto in apertura circa la necessità di evitare duplicazioni e sovrapposizioni normative, insistendosi sull’opportunità di far rifluire l’intera disciplina dettata per l’Arma dei Carabinieri nel sistema organico ed unitario del Codice dell’ordinamento militare, evitando in ogni modo la creazione o il mantenimento in essere di norme giuridiche ad esso esterne.


Articolo 2 - Modifiche al Codice dell’ordinamento militare di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.

Con l’articolo 2 dello Schema si interviene su talune disposizioni del Codice dell’ordinamento militare, in relazione a quattro distinti settori:


A) In primo luogo si provvede al necessario “aggiornamento” di carattere nominalistico, a seguito della ridenominazione in “Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari” dell’Unità di vertice dell’organizzazione forestale, ambientale e agroalimentare dell’Arma dei Carabinieri (istituita con art. 174-bis Cod. ord. mil.), precedentemente chiamata “Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare”.

Sul punto, la Commissione non ha nulla da rilevare.

Le precisazioni introdotte, invero, hanno l’effetto – in chiara conformità con i principi di razionalizzazione operativa della legge delega, di ricondurre in capo al suddetto nuovo Comando di vertice (oggetto, come si è detto, di un parziale mutamento di nome) il rapporto di dipendenza funzionale con i Dicasteri di riferimento che, in precedenza, faceva capo ai singoli Comandi di specialità già esistenti, nelle materie oggetto della riforma, in seno all’Arma dei Carabinieri.

A tal fine, con l’introduzione di un nuovo comma 2-bis all’art. 174-bis Cod. ord. mil. viene chiarito che i reparti istituiti con decreto del Ministro dell'ambiente dell'11 novembre 1986 e con decreto del Ministro della difesa dell'8 giugno 2001 (ossia, il “Comando carabinieri per la tutela dell’ambiente” ed il “Comando carabinieri politiche agricole e alimentari”) sono posti “alle dipendenze del Comando di cui al comma 2, lettera a)”. Quindi, il nuovo comma 2-ter del medesimo articolo riconduce alle dipendenze del medesimo Comando “anche il Comando carabinieri per la tutela forestale e il Comando carabinieri per la tutela della biodiversità e dei parchi”. Al fine di assicurare la coerenza del sistema normativo, alla novella dell’art. 174-bis, fa poi correttamente seguito l’introduzione, al terzo comma dell’art. 162 Cod. ord. mil., di una clausola di salvaguardia in merito alle dipendenze dell’Arma dei Carabinieri, per quanto più propriamente concerne i reparti dell'Arma costituiti nell'ambito di dicasteri, organi o autorità nazionali.

Per analoghe ragioni di coordinamento normativo viene modificato anche l’articolo 828 del Cod. ord. mil, che recepisce la nuova denominazione di “Comando carabinieri per la tutela ambientale”.


B) Un secondo aspetto della novella (art. 2, comma 2 lett. D) concerne la modifica dell’art. 1913 Cod. ord. mil. (Fondi previdenziali integrativi), introducendovi un comma 3-bis finalizzato a consentire l’esclusione dall’iscrizione d'ufficio alla Cassa di previdenza delle Forze armate del personale del disciolto Corpo forestale dello Stato transitato nell’Arma dei carabinieri con meno di sei anni residui di servizio effettivo, nella considerazione che lo stesso non sarebbe nelle condizioni di maturare, ex lege, il diritto all’indennità supplementare prevista dall’articolo 1914 dello stesso Codice. Ciò in linea con quanto disposto dall’articolo 8, comma 5, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, convertito dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19 (Proroga e definizione di termini. Proroga del termine per l'esercizio di deleghe legislative).

Va preliminarmente detto che in argomento si era già espressa, in forma interlocutoria, la II Sezione del Consiglio di Stato con parere 20 dicembre 2016, n. 175 (RG n. 2269 del 2016), nel rispondere alla nota del Ministero della Difesa 12 dicembre 2016, prot. n. 97/15-3 concernente eventuali criticità nel passaggio del personale del disciolto Corpo forestale dall’iscrizione (volontaria) alla Cassa mutua di previdenza ed assistenza al personale del Ministero delle politiche agricole e forestali, istituita con il d. P.R. n. 327 del 1960, a quella (obbligatoria) alla Cassa di previdenza delle Forze Armate, in conseguenza dell’incorporazione nell’Arma dei Carabinieri.

Premesso che, sotto il profilo della precedente iscrizione volontaria, il mutamento di status del predetto personale non dovrebbe comportare alcun danno, dal momento che il socio della predetta Cassa mutua e previdenza ed assistenza che transiti, per qualsiasi motivo, alle dipendenze di altra Amministrazione può comunque conservare lo status di socio, salvo che non intenda volontariamente recedere dall’ente previdenziale, nel qual caso ha comunque diritto alla liquidazione dei contributi versati ed al premio di anzianità, qualora ne ricorrano i presupposti, la Commissione speciale ritiene che la soluzione adottata nello schema di modifiche sottoposto al suo esame risponda sostanzialmente alle esigenze rappresentate nei quesiti oggetto del predetto parere, concernenti in particolare l’«evidente e ingiusto danno economico che si verificherebbe per il predetto personale del Corpo forestale dello Stato che, obbligato alla contribuzione alla Cassa di previdenza delle Forze armate e trovandosi a meno di sei anni di servizio dal congedo, non maturerebbe il diritto a percepire l’indennità supplementare».

In particolare, la Commissione ritiene corretta l’integrazione normativa di cui trattasi, ma evidenzia la necessità di completarne l’oggetto, prevedendo anche la possibilità di ottenere la restituzione di quanto versato per gli Ufficiali che, transitati nell’Arma dal Corpo forestale con più di sei anni residui di servizio (e quindi iscritti d’ufficio al fondo di previdenza integrativo di cui all’articolo 1913 del Codice), lascino il servizio prima dei sei anni di effettivo versamento. A legislazione vigente, infatti, tale restituzione è consentita solo per i Sottufficiali, Appuntati e Carabinieri a norma dell’articolo 1917 Cod. ord. mil., che prevede espressamente la restituzione dei contributi obbligatori versati ai fondi previdenziali (maggiorati degli interessi eventualmente maturati).

Inoltre, pur nella consapevolezza che la questione non attiene specificamente l’oggetto dello schema di riforma attualmente sottoposto alla sua attenzione, trattandosi piuttosto di questione di carattere generale legata alla revisione dei ruoli del personale dell’Arma dei Carabinieri (di cui alla parallela riforma ex d.lgs. 29 maggio 2017, n. 95, adottata comunque nell’esercizio della medesima delega legislativa), si evidenzia la necessità di estendere al suddetto personale – se del caso anche in occasione di un provvedimento correttivo del decreto da ultimo menzionato – il regime previdenziale già previsto per il personale della Marina militare (nonché dell’Aeronautica militare, per l’ipotesi di cui al secondo comma), dall’art. 1919 commi 2 e 3 Cod. proc. mil., nel caso di nomina dei Sottufficiali al grado di Ufficiale in servizio permanente.

Una tale esigenza appare ineludibile, una volta istituiti i ruoli straordinari ad esaurimento di cui all’art. 2212-terdecies Cod. ord. mil., atteso che, a regime invariato, il personale inserito nei ruoli in questione, caratterizzato da prospettive di ridotta permanenza in servizio (non superiore a dieci anni e, dunque, potenzialmente anche inferiore al termine minimo di sei anni previsto dalla legge per poter maturare il diritto all’indennità di cui all’art. 1914 Cod. ord. mil.), rischierebbe concretamente di perdere sia i versamenti sino a quel momento effettuati nella cassa previdenziale dei Sottufficiali (corrispondenti alla maggior parte della sua vita lavorativa), sia quelli da quel momento in poi corrisposti alla diversa cassa Ufficiali (ove il servizio prestato nel ruolo speciale dovesse avere durata inferiore ai sei anni). Va ricordato, al riguardo, che le due casse sono tra loro autonome ed i relativi versamenti non sono ad oggi cumulabili, ai fini della liquidazione di un unico trattamento pensionistico.

L’art. 1914 Cod. ord. mil. presuppone infatti, ai fini della liquidazione dell’indennità supplementare, che il Sottufficiale sia cessato dal servizio, avendo altresì maturato il diritto alla pensione: presupposto che però non si verifica, nel caso di specie, poiché il militare che transita nel ruolo straordinario ad esaurimento – a differenza di quanto accade invece per chi transiti nei ruoli civili del Ministero della Difesa, a seguito di riforma – non cessa dal servizio, bensì avanza nella carriera.

La cessazione dal servizio si avrà solo al momento del congedo, per raggiunti limiti di età o altra causa, ma poiché ciò avverrà in qualità di Ufficiale, l’indennità da corrispondere sarà calcolata solamente sul periodo di effettiva permanenza (contribuita) nel relativo ruolo. Né potrebbe trovare applicazione la disciplina speciale di cui all’art. 1917 Cod. ord. mil., in quanto riferita – come già ricordato in precedenza – ai soli Sottufficiali, Appuntati e Carabinieri (e non anche agli Ufficiali, sia pure del ruolo straordinario di cui trattasi).

Poiché in relazione al Corpo della Guardia di finanza è stata solo prevista la possibilità di istituire un analogo ruolo speciale ad esaurimento, ai sensi dell’art. 36, comma 29 del d.lgs. 29 maggio 2017, n. 95, analoga necessità di armonizzazione normativa potrà sorgere nel momento in cui si dovessero effettivamente bandire i concorsi straordinari previsti da tale norma.


C) Un terzo aspetto della novella concerne la modifica dell’art. 2214-quater Cod. ord. mil. (introdotto con il decreto legislativo n. 177 del 2016), al fine di estendere l’istituto dell’ausiliaria – originariamente escluso – anche al personale del Ruolo Ispettori Forestale, del Ruolo Sovraintendenti Forestale e del Ruolo Appuntati e Carabinieri (relativamente al personale proveniente dal disciolto Corpo forestale).

Sul punto, la Commissione speciale non ritiene di avere rilievi da formulare, apparendo corretta, nel suo insieme, la soluzione prescelta.

Va al riguardo evidenziato, a fugare i dubbi di un superamento dei limiti intrinseci del decreto “correttivo”, che la riscrittura del comma 4 dell’art. 2214-quater non integra una inammissibile ‘nuova riforma’ che, pur rispettosa della delega originaria, modifichi le scelte di fondo operate in sede di primo esercizio della delega: in effetti, la novella non estende sic et simpliciter l’applicabilità dell’istituto al personale del disciolto Corpo forestale (originariamente escluso da tale possibilità, nella precedente formulazione della norma), ma correttamente prevede una disciplina più articolata, introducendo una clausola di temperamento per evitare che, nel perseguire l’obiettivo di armonizzazione di cui si è detto, si verifichino delle anomalie di sistema.

Grazie ad esso, infatti, dovrebbero venir meno le ragioni sistematiche che avevano in un primo momento indotto il legislatore delegato ad escludere in toto l’applicabilità dell’istituto: quest’ultimo, invero, è previsto nell’esclusivo interesse dell’Amministrazione, che gode di piena discrezionalità nell’accoglimento della relativa istanza, essendo finalizzato a consentire il richiamo in servizio in virtù delle specifiche professionalità dell’operatore. Tale eventualità, per evidenti ragioni di turn over e di capacità fisiche richieste gli operatori delle Forze armate e di polizia, non può però protrarsi per più di cinque anni e, comunque, oltre il compimento del 65° anno di età, limiti che risultavano però incompatibili con il regime transitorio di durata massima dell’impiego di alcune categorie di funzionari del disciolto Corpo forestale.

A risolvere il problema, la modifica normativa prevede pertanto che vengano esclusi dall’applicazione dell’ausiliaria gli Ufficiali ed il personale dei ruoli forestali dei periti, revisori, operatori e collaboratori, per i quali il limite di età per la cessazione dal servizio è già attualmente fissato a 65 anni.

In conseguenza di quanto sopra e sempre al fine di assicurare piena omogeneità nel trattamento del personale confluito nell’Arma a seguito dello scioglimento del Corpo forestale dello Stato, lo schema di riforma prevede inoltre che sia consentito anche al personale del Ruolo forestale di optare tra l’istituto dell’ausiliaria e il c.d. moltiplicatore del montante contributivo (art. 3, comma 7, del d.lgs. 165 del 1997), con ciò correttamente allineandolo con il personale dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di finanza (che già dispongono dell’alternatività), ma pure con il restante personale militare delle Forze armate per il quale tale possibilità è stata recentemente prevista, nell’ambito del riordino dei ruoli di cui al d.lgs. 29 maggio 2017, n. 94 (Disposizioni in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate).


D) L’art. 2 dello schema integrativo prevede infine l’inserimento di una disposizione transitoria (quale comma 1-bis) nel corpo dell’art. 2247-ter Cod. ord. mil., al fine di assicurare una qualche continuità nella redazione della documentazione caratteristica del personale del disciolto Corpo forestale dello Stato transitato alle dipendenze dell’Arma dei Carabinieri, limitatamente all’anno 2016. Ciò in ragione degli obiettivi problemi di individuare le autorità competenti a tale incombente, nel predetto anno di transizione, così come le modalità di redazione ed il contenuto delle note caratteristiche.

A tal fine, il legislatore prevede la compilazione di un atto che attesti, per l’anno 2016, esclusivamente gli incarichi svolti e documenti la continuità cronologica del servizio prestato nel periodo di riferimento. Tale documento, come precisa la Relazione illustrativa allo schema: i) viene identificato nel modello di dichiarazione di mancata redazione della documentazione caratteristica, ii) è riferito alla comune data del 1° gennaio 2017 e iii) è compilato, per tutti gli Ufficiali, dal nuovo Comando di vertice dell’Organizzazione per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dell’Arma dei Carabinieri.

La necessità operativa del suddetto correttivo transitorio risiede nel fatto che, nel precedente regime, la documentazione per valutare il personale appartenente al ruolo direttivo dei funzionari ed al ruolo dei dirigenti del Corpo forestale dello Stato veniva redatta con riferimento alla data del 31 dicembre di ogni anno e quindi sottoposta all’esame degli organi preposti (Consiglio di amministrazione e Comitato di valutazione dirigenziale). Le funzioni di tali organi collegiali sono però venute meno a decorrere dal 1° gennaio 2017, il che ha determinato l’obiettiva impossibilità di redigere o anche solo revisionare i rapporti informativi e le schede di valutazione dirigenziale del personale transitato nel ruolo forestale iniziale degli ufficiali in servizio permanente effettivo dell’Arma dei Carabinieri.

In quanto coerente con i principi precedentemente indicati, la Commissione speciale non ritiene infine di dover formulare rilievi in merito all’introduzione di un comma 1-ter nel corpus del medesimo art. 2247-ter Cod. ord. mil., volto ad estendere “anche al personale appartenente ai ruoli non direttivi e non dirigenti del Corpo forestale dello Stato transitato nei corrispondenti ruoli dell'Arma dei carabinieri, nei casi previsti dall'articolo 53 del decreto del Presidente della Repubblica l0 gennaio 1957, n. 3”, ossia laddove è previsto l’intervento del Consiglio di amministrazione per la redazione della documentazione valutativa del rendimento.


Articolo 3 - Modifiche alla legge 23 marzo 2001, n. 93

La modifica normativa assolve a mere esigenze di coordinamento normativo, intervenendo sulla legge recante “Disposizioni in campo ambientale” che recepisce all’articolo 17, comma 1, la nuova denominazione di “Comando carabinieri per la tutela ambientale”.

Trattandosi di intervento vincolato di natura formale, non vi è nulla da rilevare.


Articolo 4 – Modifiche all’articolo 8 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177

La disposizione dispone la soppressione del terzo comma dell’art. 174-bis Cod. ord. mil., per mere ragioni di coordinamento normativo con il nuovo comma 2-bis dell’articolo 174-bis, come introdotto dall’articolo 2, comma 1, lettera b), numero 2, dello schema.

Anche su tale intervento di carattere formale non vi sono rilievi.


Articolo 5 – Modifiche all’articolo 9 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177

La proposta d modifica viene giustificata, nella Relazione illustrativa, per “meglio specificare, nel testo del provvedimento, che il passaggio delle competenze in materia di incendi boschivi dal Corpo forestale dello Stato al Corpo nazionale dei vigili del fuoco non ha mutato il quadro ordinamentale di riferimento”. Una tale esigenza sarebbe emersa nel corso della Conferenza Stato, Regioni e Province autonome per la definizione dell’accordo-quadro, stipulato il 4 maggio 2017, recante l’individuazione dei criteri generali, dei principi direttivi e delle modalità di collaborazione tra il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e le Regioni per l’esercizio dei rispettivi compiti in materia a seguito dell’assorbimento delle funzioni del Corpo forestale.

In breve, verrebbe specificato che le nuove competenze operative (già assegnate al Corpo forestale dello Stato) attribuite dal d.lgs. n. 177 del 2016 al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco non incidono sulle competenze delle Regioni e degli enti locali già previste dalla legge quadro 21 novembre 2000, n. 353.

Orbene, preso atto che – coerentemente con gli obiettivi di razionalizzazione funzionale della legge delega – le originarie competenze, in materia, del Corpo forestale dello Stato sono state interamente devolute al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco (unitamente alle dotazioni strumentali di supporto), proprio nell’ottica di assicurare la concentrazione delle funzioni operative e di coordinamento in capo a quest’ultimo e così eliminare possibili sovrapposizioni di competenze, la Commissione speciale pone l’accento sull’esigenza di evitare che in tale contesto, di fondamentale importanza per la tutela della pubblica incolumità, possano venirsi a creare degli ostacoli burocratici a una piena efficienza operativa.

Per l’effetto, appare imprescindibile che le funzioni regionali debbano essere tutte esercitate nell’ambito esclusivo degli Accordi di programma di cui all’art. 7, comma 3 della legge n. 353 del 2000, i quali ultimi dovranno contenere l’esatta indicazione degli aspetti operativi degli interventi, e non anche limitarsi a mere petizioni di principio, assicurando la massima efficienza di intervento.

Sulla base di tale presupposto, appare condivisibile l’esplicito riferimento a tali Accordi nel testo novellato dell’art. 9, alle lettere a) e b). Tali strumenti convenzionali rappresentano infatti, come rilevato anche nella Relazione illustrativa, gli strumenti che, “nella programmazione della consistenza, della localizzazione dei mezzi, degli strumenti e delle risorse umane nonché delle procedure per la lotta attiva contro gli incendi boschivi, consentono alle Regioni di avvalersi anche di risorse, mezzi e personale del solo Corpo nazionale dei vigili del fuoco”.

Non emergono inoltre particolari rilievi circa l’aggiunta della lett. d) all’articolo 9, comma 1, del d.lgs. n. 177 del 2016, volta a ribadire che, per gli aspetti concernenti la lotta attiva agli incendi boschivi, i pareri in precedenza resi dal Corpo forestale vengano espressi dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per la parte di competenza attribuita al Corpo stesso dal decreto legislativo n. 177 del 2016.


Articolo 6 - Modifiche all’articolo 11 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177

La proposta di modifica è finalizzata a chiarire che l’inquadramento del personale del disciolto Corpo forestale dello Stato trasferito al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (MIPAAF) viene effettuato sulla base delle corrispondenze indicate nella tabella di equiparazione allegata al d.p.c.m. 21 novembre 2016 del personale del Corpo forestale dello Stato con il personale del Comparto Ministeri.

Sul punto, non vi sono rilievi.


Articolo 7 – Modifiche all’articolo 16 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177

La modifica è diretta ad assicurare l’inquadramento a tutti gli effetti, ivi compreso quello relativo al regime dell’ausiliaria, al personale del Corpo forestale dello Stato transitato nel Corpo della Guardia di finanza.

Richiamato quanto in precedenza già detto in relazione all’art. 2 (lettera C) dello schema, la Commissione speciale non ha particolari rilievi da formulare.


Art. 8- Modifiche all’articolo 18 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177


A) Il personale transitato nella Forza armata ed in Forza di polizia a natura militare

Con l’intervento correttivo in esame, viene inserito un particolare regime transitorio per la definizione dei procedimenti disciplinari pendenti al 1° gennaio 2017, data nella quale hanno cessato di operare gli organi precedentemente competenti per il personale del disciolto Corpo forestale dello Stato.

Poiché nell’ordinamento di provenienza (che in materia faceva applicazione del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3) non vi era distinzione tra procedimenti sanzionatori di corpo e di stato, un’unica Commissione di disciplina provvedendo alla valutazione di tutte le tipologie di infrazioni, si sarebbe “reso indispensabile prevedere una disciplina transitoria per regolamentare nel dettaglio lo specifico e delicato settore, relativamente ai transiti nell’Arma dei carabinieri e nel Corpo della Guardia di finanza, sottoposti ad un ordinamento militare, nella Polizia di Stato, nel Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e nei ruoli del MIPAAF”. Ciò in quanto l’art. 18, comma 12, del d.lgs. n. 177 del 2016 ha previsto, per il personale del Corpo forestale transitato nell’Arma dei Carabinieri ed in alcuni Corpi di polizia, l’estinzione dei procedimenti disciplinari pendenti al momento del transito, ad eccezione di quelli da cui possa derivare una sanzione disciplinare di stato.

Ad avviso della Commissione speciale, la soluzione più corretta ed agevole – per l’ipotesi di intervenuta sospensione, nelle more della definizione del giudizio penale, del procedimento disciplinare avviato a suo tempo dall’Amministrazione di provenienza, sarebbe quella di applicare integralmente, al momento della riattivazione del procedimento sospeso, il regime disciplinare (procedurale e sostanziale) proprio dell’Amministrazione di destinazione dell’interessato.

Soluzione che, del resto, in larga parte ispira lo schema, con la proposta di introdurre di un comma 12-ter lett. b) all’art. 18 del d.lgs. n. 177 del 2016 (Disposizioni transitorie e finali).

Analogamente dicasi per quanto concerne l’idea di introdurre – sempre all’art. 18 cit. – un comma 12-quater per l’ipotesi di fatti commessi “dal personale del Corpo forestale dello Stato antecedentemente al transito nell'Arma dei carabinieri e nel Corpo della guardia di finanza, giudicati con sentenza o decreto penale irrevocabili”, fatti relativamente ai quali l’Amministrazione di originaria appartenenza non avesse ancora attivato, al 1° gennaio 2017, alcun procedimento disciplinare (poiché non a conoscenza dei fatti o per altra causa). In tal caso, una volta che l’Amministrazione militare abbia avuto conoscenza integrale del fatto (secondo i parametri a più riprese definiti dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato), la valutazione sotto il profilo disciplinare è condotta dagli organi e secondo le procedure di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.

Giova al riguardo ricordare che la necessità di circoscrivere l’ambito e la durata di un eventuale regime transitorio nei limiti dello stretto necessario risponde all’esigenza di dare piena attuazione al principio dell’omogeneità regolatoria imposto dalla legge delega, del quale ogni disciplina transitoria, per sua stessa natura, integra una potenziale eccezione.

Ciò detto per i procedimenti sospesi e per quelli – pur riferiti a fatti commessi anteriormente al 1° gennaio 2017 – dei quali si sia venuti legalmente a conoscenza solo successivamente a tale data, va altresì rilevato che un’analoga soluzione, in base alla rigorosa applicazione del principio del tempus regit actum, dovrebbe anche valere per l’ipotesi di procedimenti disciplinari già in corso (ma non ancora conclusi) al 1° gennaio 2017, con conseguente rinnovazione innanzi al competente organo disciplinare dell’Amministrazione di destinazione, previa fissazione di un termine per la loro riassunzione.

Se tale ipotesi appare, in ottica di stretto rigore normativo, quella preferibile, non ci si nasconde però che la stessa potrebbe incontrare, in concreto, rilevanti problemi applicativi, in primis per quanto riguarda il rispetto della durata massima del procedimento disciplinare: a dirimere tale questione, invero, sarebbe stata funzionale l’allegazione di una valutazione del contenzioso in atto, che come introduttivamente detto è invece assente.

Per l’effetto, non potendo la Commissione speciale fornire sul punto una soluzione univoca, in assenza di un parametro di giudizio decisivo, ragioni di rapida definizione del contenzioso pendente potrebbero forse spiegare, seppur in via del tutto eccezionale, la scelta di disporre una qualche forma di prorogatio della Commissione di disciplina già insediatasi, onde concludere l’istruttoria in corso ed eventualmente proporre all’Autorità ministeriale competente l’applicazione di una sanzione di stato.

In tal limitato caso potrebbe quindi spiegarsi la necessità di una “tabella di concordanza” quale quella di cui al proposto art. 12-quinquies dello schema, trattandosi di attribuire ad un organo estraneo all’Amministrazione militare il potere, sia pur straordinario e temporaneo, di proporre l’applicazione di sanzioni di stato militari all’organo di vertice della Difesa).

Appare poi condivisibile l’introduzione del principio di cui al comma 12-bis dello schema (norma che andrebbe però trasposta in una disposizione transitoria ad hoc del Codice dell’ordinamento militare: cfr. retro), finalizzata a consentire la piena applicazione, anche ai militari del ruolo forestale dell’Arma, del principio di cui all’art. 1369 Cod. ord. mil. in relazione alla sanzione della censura precedentemente irrogata ai sensi dell’art. 79 d.P.R. n. 3 del 1957.

In merito infine alla proposta di introdurre una norma del tenore di cui al comma 12-sexies in materia di ricompense per lodevole comportamento o per particolare rendimento antecedenti al transito nell'Arma dei Carabinieri e nel Corpo della Guardia di finanza, la Commissione speciale non ha rilievi da proporre.


B) Il personale transitato in altri Corpi di polizia a natura civile, nel Corpo nazionale dei VVFF e presso il MIPAAF

Per quanto invece concerne le procedure disciplinari relative al personale del Corpo forestale dello Stato transitato in altri Corpi di polizia (a statuto civile) ovvero nel MIPAAF, la Commissione speciale ritiene di dover formulare un serie di ulteriori rilievi.

B.1. In primo luogo, sotto il profilo formale e compilatorio, si ritiene opportuno che vengano richiamate, nel preambolo, tutte le disposizioni normative citate nel testo del decreto correttivo, in precedenza non indicate nel d.lgs. n. 177 del 2016, e precisamente:

- la legge 21 novembre 2000, n. 353 (art. 5, recante modifiche all’art. 9 del d.lgs. n. 177 del 2016);

- la legge 23 marzo 2001, n. 93 (art.3);

- il d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (art. 8, recante modifiche all’art. 18 del d.lgs. n. 177 del 2016).

B.2. Nel merito, in relazione ai procedimenti disciplinari pendenti a carico del personale transitato nel Corpo della Polizia di Stato, va evidenziata un’apparente lacuna normativa.

Invero, a fronte della previsione – giusta l’art. 18, comma 12, del d.lgs. n. 177 del 2016 – della generalizzata estinzione dei procedimenti disciplinari pendenti a carico del personale transitato nelle diverse Forze di polizia, con l’eccezione di quelli dai quali possa derivare l’applicazione di una sanzione disciplinare di stato, lo schema nulla prevede in merito alla definizione di tali ultime vertenze, anche solo per precisare che alle stesse andranno – se del caso – applicate le regole proprie dell’ordinamento di destinazione.

B.3. Per quanto riguarda il personale transitato nel Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, il decreto correttivo definisce invece, in modo integrale, la disciplina dei procedimenti disciplinari pendenti al momento del transito, sia per quel che attiene la loro estinzione, sia in ordine alla prosecuzione di quelli non estinti (art. 18 d.lgs. n. 177 del 2016, commi da 12-septies a 12-decies).

Il nuovo comma 12-decies, in particolare, nell’illustrare le disposizioni relative all’irrogazione delle sanzioni disciplinari, precisa che tali norme dovrebbero trovare applicazione solo relativamente ai procedimenti disciplinari pendenti (12-octies), senza peraltro includere i fatti commessi antecedentemente al transito e giudicati con sentenza o decreto penale irrevocabili (12-nonies).

Fattispecie, quest’ultima, che pare analoga a quella disciplinata, per il personale che abbia assunto lo status militare, dall’art. 18, comma 12-quater introdotto dalla bozza di decreto correttivo.

Alla luce della Relazione illustrativa e dell’ulteriore documentazione in atti, non è però dato comprendere le ragioni di tale apparente asimmetria.

B.4. Non vi sono invece particolari rilievi in merito ai procedimenti disciplinari pendenti per il personale transitato al MIPAAF, dal momento che la mancata previsione di una specifica disciplina per i procedimenti pendenti viene giustificata (pag. 8 della Relazione tecnica) con l’obiettivo ed assorbente argomento per cui “non vi sono procedimenti disciplinari pendenti, sicché non è sorta la necessità di definire, per questi soggetti, un apposito regime transitorio”.

B.5. Dal punto di vista della tecnica normativa, si evidenzia poi l’opportunità – per esigenze di uniformità nella struttura dell’articolo 18 – di eventualmente riunire, in un unico comma, il contenuto dei commi 12-duodecies e 12-terdecies, secondo quanto già verificatosi nel caso del comma 12-undecies.

Quest’ultimocorrettamente devolve la valutazione dei profili disciplinari delle condotte agli organi di cui al d.lgs. 25 ottobre 1981, n. 737, per i fatti commessi sì antecedentemente al transito nella Polizia di Stato (e giudicati con sentenza o decreto penale irrevocabili), ma giunti alla cognizione disciplinare solo in un momento successivo al predetto transito, dettando altresì i parametri di equiparazione delle sanzioni.

Il successivo comma 12-duodecies, invece, si limita ad individuare gli organi competenti e le procedure per la valutazione, sotto il profilo disciplinare, dei fatti commessi antecedentemente al transito al MIPAAF e giudicati con sentenza o decreto penale irrevocabili, senza che fosse altresì intervenuta, prima del transito, l’apertura anche della procedura disciplinare, laddove le disposizioni relative all’equiparazione delle sanzioni sono disciplinate al comma seguente (12-terdecies).

B.6. Infine, con specifico riguardo al regime disciplinare transitorio del personale del Corpo forestale dello Stato transitato nel Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, la Commissione speciale non può non rilevare una gravissima ed ormai insanabile criticità di sistema, data dalla perdurante mancata attuazione (ormai dal lontano 2005) del chiaro disposto dell’art. 139 del d.lgs. 13 ottobre 2005, n. 217 (Ordinamento del personale del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco).

Per effetto di tale norma, il legislatore avrebbe dovuto adottare, entro quattro mesi dall’entrata in vigore del predetto decreto, un Regolamento di disciplina che definisse, nel rispetto del principio di legalità e di trasparenza amministrativa, procedure e sanzioni applicabili all’intero personale del Corpo. Espressione, questa, del principio di buona amministrazione e di eguaglianza sostanziale.

La mancata adozione di tale indispensabile fonte normativa ha sino ad oggi comportato che la materia trovi la propria esclusiva regolamentazione nei Contratti collettivi nazionali di lavoro succedutisi nel tempo, i quali hanno però natura contingente e transitoria e, soprattutto, mero carattere privatistico (a fronte delle finalità pubblicistiche che il procedimento disciplinare è volto a salvaguardare). Il che contraddice le esigenze di stabilità e certezza che non possono non connotare un oggetto così sensibile, tanto più in un contesto così particolare quale quello di cui all’art. 19 l. 4 novembre 2010, n. 183.

Ciò, in ultima analisi, determina di fatto un’inaccettabile negoziabilità della materia disciplinare, e con essa della stessa funzione pubblica che il procedimento sanzionatorio è volto a presidiare, in caso di violazione.

In tale contesto, la disciplina transitoria sulla quale viene richiesto il parere di questo Consiglio disvela l’anomalia di cui si è detto, atteso che – allo stato – fa integralmente difetto il presupposto per un’armonizzazione, sotto il profilo giuridico ed ordinamentale, del suddetto personale, ossia un ordinamento disciplinare codificato e stabile, non certo una regola convenzionale suscettibile di periodiche rivisitazioni pattizie.

Appare quindi non più procrastinabile una rapida attuazione del citato art. 139, pena l’inattuabilità, sul punto, della riforma.


3. Questioni ulteriori

Esaurito l’esame dell’articolato, la Commissione speciale evidenza l’opportunità, al fine di ulteriormente consolidare l’armonizzazione del sistema ordinamentale oggetto della riforma, di formalizzare (ricorrendo ad apposita novella delle pertinenti disposizioni del Codice dell’ordinamento militare) la circostanza che l’assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell’Arma dei Carabinieri ha comportato, tra l’altro, l’equiparazione dei ruoli tecnici dei periti, dei revisori, degli operatori e dei collaboratori, già presenti nel disciolto Corpo forestale, ai ruoli dei Sottufficiali e dei graduati dell’Arma.

Si tratta peraltro di ruoli ad esaurimento, che non saranno alimentati con nuove immissioni.

Per garantire un più rapido processo di armonizzazione del personale transitato, si dovrebbe quindi prevedere, con il decreto correttivo del d.lgs. n. 177 del 2016, l’introduzione – nel corpus del d.lgs. n. 66 del 2010 – di una norma transitoria ad hoc che faccia assumere al citato personale la denominazione dei corrispondenti gradi dei ruoli Ispettori, Sovrintendenti ed Appuntati e Carabinieri dell’Arma. Ciò anche al fine di evitare disallineamenti – e conseguenti rischi di contenzioso – con il recente decreto legislativo n. 95 del 2017, recante il riordino dei ruoli delle Forze di polizia, che ha già previsto (proprio modificando il suddetto d.lgs. n. 66 del 2010) l’attribuzione permanente delle qualifiche di ufficiale e agente di polizia giudiziaria anche ai citati ruoli tecnici.

P.Q.M.

Nelle esposte considerazioni è il parere favorevole con osservazioni della Commissione speciale


         
         
GLI ESTENSORI    IL PRESIDENTE
Valerio Perotti, Francesco Paolo Tronca    Luigi Carbone