TAR Friuli VG Sez. I n. 330 del 4 novembre 2021  
Urbanistica.Distanze legali e nozione di costruzione

Ai fini dell’osservanza delle norme sulle distanze legali tra edifici di origine codicistica, la nozione di costruzione non può identificarsi con quella di edificio, ma deve estendersi a qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri di solidità, stabilità, ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso a un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal livello di posa e di elevazione dell’opera

Pubblicato il 04/11/2021

N. 00330/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00263/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 263 del 2021, proposto da
Valentina Carmen Strete, in proprio e in qualità di titolare della Ditta Bar Piccadilly di Strete Valentina Carmen, rappresentata e difesa dall'avvocato Alessandro Tudor, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Trieste, Galleria Protti, 1;

contro

Comune di Pordenone, in persona del Sindaco e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fulvia Bressan e Francesca Mussio dell’Avvocatura comunale, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Monika Edina Nikovits, Maria Antonietta Rossi, non costituite in giudizio;

per l'annullamento, previa sospensione cautelare,

1. dell'ordinanza n. 2/2021, prot. n. 0050031/P/GEN/POEDPRIV dd. 29.6.2021 del Comune di Pordenone – Settore IV Gestione del Territorio, Infrastrutture, Ambiente – U.O.C. Edilizia privata, a firma del funzionario tecnico P.O., avente ad oggetto: “Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, relativa a tre manufatti lignei collocati sull'area pertinenziale scoperta identificata al F. 13 mapp. 638-639 del fabbricato residenziale ubicato a Pordenone in Via Cadore n. 3, identificato al F. 13 mapp. 130”;

2. del provvedimento n. 507/2021, prot. n. 0050136/P/GEN/POLIC dd. 29.6.2021 del Comune di Pordenone, Settore IV – Gestione Territorio, Infrastrutture, Ambiente, Servizio Programmazione Territoriale, U.O.C. Patrimonio, Commercio, Attività Produttive, SUAP – U.O.S. Attività commerciali, SUAP Aprire attività, a firma del funzionario tecnico P.O., avente ad oggetto: “STRETE VALENTINA CARMEN – SCIA DI APERTURA DI VILLAGGIO TURISTICO

IN VIA CADORE N. 3 – DIVIETO DI PROSECUZIONE DELL'ATTIVITÀ”;

3. del provvedimento n. 885/2021, prot. n. 0058839/P/GEN/POLIC dd. 30.7.2021 del Comune di Pordenone, Settore IV – Gestione Territorio, Infrastrutture, Ambiente, Servizio Programmazione Territoriale, U.O.C. Patrimonio, Commercio, Attività Produttive, SUAP – U.O.S. Attività commerciali, SUAP Aprire attività, a firma del funzionario tecnico P.O., avente ad oggetto: “STRETE VALENTINA CARMEN – SCIA DI APERTURA DI VILLAGGIO TURISTICO

IN VIA CADORE N. 3 – DIVIETO DI PROSECUZIONE DELL'ATTIVITÀ”;

nonché, per quanto occorrer possa,

4. del provvedimento n. 2110/2019, prot. n. 0009217/P/GEN/SU dd. 17.12.2019, dell'Unione Territoriale Intercomunale del Noncello, U.O.C. Attività produttive – SUAP, U.O.S. Aprire o modificare attività, a firma del funzionario tecnico P.O., avente ad oggetto “DITTA – STRETE VALENTINA CARMEN P.Iva: 01648390936 SCIA DI APERTURA DI STRUTTURA RICETTIVA ALL'ARIA APERTA SITA IN VIA CADORE N. 3 DICHIARAZIONE DI INAMMISSIBILITÀ DELLA SCIA”;

5. del verbale di sopralluogo dd. 26.1.2021, non noto alla ricorrente;

6. della nota prot. n. 0054744/P/GEN/SEGRGEN dd. 14.7.2021 del Segretario Generale del Comune di Pordenone;

7. di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale a quelli impugnati, ancorché non conosciuto.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pordenone;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2021 la dott.ssa Manuela Sinigoi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


Considerato che la ricorrente - proprietaria di un’area sita in Pordenone, via Cadore n. 3, su cui insiste un fabbricato residenziale (F. 13 mapp. 130) ove svolge da anni attività di affittacamere a mezzo della ditta individuale “Bar Piccadilly di Strete Valentina Carmen”, che ha allocato nell’area pertinenziale scoperta di proprietà (F. 13 mapp. 638-639) quattro allestimenti in legno denominati POD, simili a bungalow, con separata antistante pedana mobile e dotati ciascuno di bagno privato e di uno spazio con letti, da destinare all’alloggio temporaneo degli ospiti, per i quali ha presentato, in seguito, anche apposita S.C.I.A. per la “Apertura struttura ricettiva all’aria aperta – villaggio turistico” - chiede l’annullamento, previa sospensione cautelare, dei provvedimenti in epigrafe compiutamente indicati, con cui il Comune di Pordenone:

a) le ha ordinato la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi in relazione ai tre su indicati manufatti lignei collocati sull’area pertinenziale scoperta;

b) le ha denegato la prosecuzione dell’attività di cui alla SCIA;

Considerato che ne denuncia l’illegittimità per violazione di diverse disposizioni di legge ed eccesso di potere sotto plurimi profili sia in via diretta che in via derivata;

Considerato che il Comune di Pordenone si è costituito in giudizio per resistere al ricorso, contestandone, con diffuse argomentazioni, la fondatezza, non senza trascurare, in ogni caso, di eccepirne in via preliminare l’inammissibilità, in quanto asseritamente proposto in assenza dei presupposti che consentono di impugnare cumulativamente più provvedimenti con un unico gravame;

Considerato che entrambe le parti hanno dimesso ulteriori memorie a migliore illustrazione dei rispettivi assunti difensivi, concludendo nei sensi già rassegnati;

Considerato che, dopo un breve rinvio, l’affare è stato chiamato all’odierna udienza camerale, fissata per la trattazione dell’istanza incidentale di sospensione dei provvedimenti gravati, e, poi, introitato per essere deciso;

Ritenuto, in primo luogo, che sussistono i presupposti di legge per definire il giudizio nella presente sede cautelare, con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 del c.p.a.;

Ritenuto, inoltre, che la causa è matura per la decisione in base agli atti di difesa sin qui dimessi e che le questioni che vengono in rilievo sono di pronta e facile soluzione e, in quanto tali, sussumibili nelle ipotesi di cui all’art. 74, comma 1, c.p.a., cui il citato art. 60 inevitabilmente rinvia;

Ritenuto che il ricorso non ha pregio, ragione per cui il Collegio ritiene di poter prescindere dal compiuto esame del rilievo preliminare di rito sollevato dalla difesa del Comune, che parrebbe, tuttavia, prima facie da doversi disattendere per le ragioni e le considerazioni esplicitate dal Consiglio di Stato, sez. III, nella recente pronuncia n. 7045 in data 20 ottobre 2021, cui si rinvia ex art. 74 c.p.a.;

Ritenuta, invero, dirimente la questione afferente al problema del mancato rispetto delle distanze legali, che vale di per sé a rendere inutile la disamina delle censure rivolte alle ulteriori motivazioni poste a sostegno dei provvedimenti opposti, atteso che “è principio consolidato in giurisprudenza che a fronte di un atto amministrativo <plurimotivato>, è sufficiente la legittimità di una sola delle ragioni per sorreggere l’atto in sede giurisdizionale, il che comporta che il rigetto delle censure proposte contro una di tali ragioni rende superfluo l’esame di quelle relative alle altre parti del provvedimento (Cons. Stato, V, 13 settembre 2018, n. 5362; 3 settembre 2013, n. 4375; 29 agosto 2006, n. 5039; 29 agosto 1994, n. 926; IV, 31 maggio 2007, n. 2882; 13 luglio 2011, n. 4261; C.G.A.R.S., 2 febbraio 2004, n. 31)” (Consiglio di Stato, sez. V, 6 luglio 2020, n. 4303);

Ritenuto, infatti, che nel verbale di sopralluogo del 26/01/2021 si legge che i tre bungalow risultano “… posti ad una distanza di circa m. 0,80 dal confine est, ad una distanza di m.1,95 dalla parete finestrata della costruzione descritta al punto 1), ad una distanza di m. 8,20 dalla parete finestrata del fabbricato di terzi identificato catastalmente al F. 13 mappale 651, ad una distanza variabile da m 7,25 a m 7,45 rispetto alla parete est finestrata del fabbricato principale, ad una distanza di m 4,35 dalla parete finestrata del locale accessorio posto in corrispondenza dell’angolo nordest del lotto. Tra gli stessi manufatti, (procedendo con la misurazione da nord a sud) si rilevava una distanza di m 1,10 e m 1,30”;

Ritenuto che sulla scorta di tali accertamenti la gravata ordinanza ha, pertanto, dato atto che “- i tre manufatti in legno simil bungalows non rispettano la distanza minima dai confini (5,00 m) e la distanza minima tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti (10,00) stabilita dallo strumento urbanistico e dal D.M. 1444/1968; - i bungalows non rispettano la distanza di m 3,00 dalle costruzioni contermini gravanti sui mappali 651 e 96 (Foglio 13), come previsto dal codice civile, ingenerando la creazione di anguste intercapedini. Conseguentemente questa sola circostanza legittima l’emanazione del presente provvedimento”;

Ritenuto, quindi, condivisibile, risultando pianamente e agevolmente ritraibile dagli accertamenti svolti, quanto osservato e sottolineato dalla difesa del Comune intimato ovvero che deve ritenersi pacificamente accertata anche la violazione della distanza dalle due costruzioni del vicino poste sul confine di proprietà, ancorché nel verbale di sopralluogo non si faccia esplicitamente riferimento alla violazione della distanza di m 3,00 dalle costruzioni contermini gravanti sui mappali 651 e 96 (Foglio 13), di cui all’art. 873 c.c. (“Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri”);

Ritenuto, infatti, che, anche a prescindere da eventuali riscontri fotografici (comunque di facile reperibilità) o da altre espresse e più puntuali indicazioni, basta a rendere evidente un tanto l’accertamento effettuato nel corso del sopralluogo e di cui è stata data evidenza nel relativo verbale, da cui risulta che i tre manufatti in legno (cd. POD) sono posti a m. 0,80 dal confine di proprietà: essendo, infatti, notorio che le due costruzioni del vicino sono collocate in aderenza al muro di confine, è da ritenersi circostanza pacifica che i manufatti in questione sono collocati anche a distanza inferiore a quella legale da tali costruzioni;

Ritenuto, dunque, indubbio, che i tre POD – suscettibili di autonoma utilizzazione e non costituenti pertinenza dell’edificio principale già adibito ad attività di affittacamere - sono posti a distanza (decisamente) inferiore a quella legale dal confine (5 metri secondo l’art. 25.delle NTA del PRGC vigente integrative del codice civile), a quella legale dalle costruzioni (3 metri secondo l’art. 873 c.c.) e a quella legale dalle pareti finestrate degli edifici antistanti (10 metri ex DM 1444/1968);

Ritenuto, inoltre, altrettanto indubbio che ai fini della disciplina sulle distanze i POD in questione sono sussumibili nell’ambito delle costruzioni, in quanto proprio per la funzione cui dovrebbero essere deputati presentano “i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione al suolo” (Cass.n.20574/2007), essendo, per l’appunto, appoggiati saldamente e stabilmente al suolo, immobilizzati in ragione della loro stessa consistenza e del loro peso e funzionalmente diretti ad ospitare stabilmente i turisti per il pernottamento;

Ritenuto che è stato, infatti, affermato in giurisprudenza, sia amministrativa (da ultimo, Cons. Stato, IV, 8 gennaio 2018, n.72; id., IV, 2 marzo 2018, n.1309) che civile (Cass. civ., II, 15 dicembre 2020, n.28612; id., II, 28 ottobre 2019, n.27476; id., II, 10 febbraio 2020, n.3043), che “… ai fini dell’osservanza delle norme sulle distanze legali tra edifici di origine codicistica, la nozione di costruzione non può identificarsi con quella di edificio, ma deve estendersi a qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri di solidità, stabilità, ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso a un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal livello di posa e di elevazione dell’opera (Cons. Stato, IV, 22 gennaio 2013, 354)” (C.d.S., VI, 5 marzo 2021, n.1867);

Ritenuto che alcun rilievo può, dunque, assumere la circostanza che i manufatti in questione sono sprovvisti di opere fondazionali;

Ritenuto, in definitiva, che il riscontrato mancato rispetto delle distanze legali vale a sorreggere idoneamente e sufficientemente i provvedimenti opposti;

Ritenuto che il ricorso va, pertanto, respinto;

Ritenuto che le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come indicato nella parte dispositiva;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite a favore del Comune intimato, che vengono liquidate in complessivi € 1.000,00, oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2021 con l'intervento dei magistrati:

Oria Settesoldi, Presidente

Manuela Sinigoi, Consigliere, Estensore

Luca Emanuele Ricci, Referendario