Cass. Sez. III n. 16065 del 19 aprile 2016 (ud 18 feb 2016)
Presidente: Amoresano Estensore: Di Nicola Imputato: Starnella
Rifiuti.Emergenza nella regione Campania e raccolta e trasporto non autorizzato di rifiuti non pericolosi

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata con riferimento all'art. 3 Costituzione - dell'art. 6, comma primo, lettera d), D.L. 6 novembre 2008, n. 172, convertito nella Legge 30 dicembre 2008, n. 210 (recante "Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, nonché misure urgenti di tutela ambientale"), in quanto la disposizione, nel prevedere di differenziare l'applicazione della norma penale attraverso una disciplina eccezionale e temporanea, non lede i principi di uguaglianza e ragionevolezza, atteso che appare oggettivamente più grave la violazione della disciplina normativa dei rifiuti nelle zone ove vige lo stato di emergenza rispetto alle altre zone del territorio nazionale dove l'emergenza non sussista o sia cessata; è altresì manifestamente infondata la denuncia di legittimità costituzionale della disposizione medesima, con riferimento all'art. 25 Cost. in relazione al principio di riserva di legge in materia penale, posto che la norma incriminatrice è stata introdotta con atto avente valore di legge ordinaria, allo stesso modo della cessazione dello stato di emergenza (ex D.L. 23 maggio 2008, n. 90, convertito nella legge 14 luglio 2008, n. 123).




RITENUTO IN FATTO
1. Egidio Starnella ricorre per cassazione impugnando la sentenza indicata in epigrafe con la quale ha Corte di appello di Salerno ha confermato quella resa dal tribunale di Vallo della Lucania che lo aveva condannato alla pena di mesi otto di reclusione ed euro 10.000,00 di multa per il reato previsto dall'articolo 6, comma 1, lettera d), decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, conv. in L. 30 dicembre 2008, n. 210 (recante le misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania), perché, agendo in concorso con Carmine Mariniello, effettuava attività di recupero e trasporto di rifiuti non pericolosi in mancanza dell'autorizzazione prescritta dalla normativa vigente. In Cicerale il 4 marzo 2009.

2. Per la cassazione dell'impugnata sentenza il ricorrente articola, tramite il difensore, i tre seguenti motivi di impugnazione, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale, nei limiti strettamente necessari per la motivazione.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e l'errata applicazione della legge penale (articoli 110 codice penale e l'articolo 6, comma 1, lettera d), decreto-legge n. 172 del 2008) nonché la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione (articolo 606, comma 1, lettere b) ed e), codice di procedura penale). Sostiene che la condotta realizzata dal ricorrente non ha integrato il reato contestato non essendo stato provato che l'imputato effettuasse la presunta raccolta di rifiuti in mancanza dell'autorizzazione, iscrizione o comunicazione prescritte dalla normativa vigente. La Corte territoriale non ha infatti motivato su quale fosse la fonte di prova dalla quale sarebbe scaturito siffatto accertamento e neppure ha spiegato perché abbia ritenuto sufficienti le dichiarazioni rese dal verbalizzante per l'accertamento del fatto da provare.
Il ricorrente infatti aveva eccepito che le dichiarazioni rese dall'imputato non potevano formare oggetto di testimonianza da parte del verbalizzante, risultando diversamente violate le disposizioni processuali di cui agli articoli 350, sesto comma, e 62 codice di procedura penale. Infatti il verbalizzante avrebbe accertato la mancanza dell'autorizzazione dalle dichiarazioni rese dagli imputati ma non aveva svolto alcuna attività in merito, con la conseguenza che la Corte di appello non avrebbe motivato su di un punto oggetto del giudizio di appello e decisivo ai fini della configurabilità del reato.
Inoltre, l'inesistenza degli elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice sarebbero evidenti anche nella circostanza dell'inesistenza dei presupposti soggettivi con riferimento all'ipotesi dell'abbandono o scarico di rifiuti, posto che gli imputati erano stati fermati nei pressi di un deposito autorizzato al recupero dove stavano trasportando i rifiuti, circostanza che renderebbe ulteriormente problematica la prova dell'esistenza dell'elemento soggettivo del reato in capo al ricorrente, non potendosi ritenere voluta l'attività di provvedere al recupero o al trasporto di rifiuti non pericolosi ma solo l'intenzione di consegnare gli stessi alla ditta autorizzata alla raccolta e allo stoccaggio di essi che si trovava vicino al luogo in cui gli imputati sono stati fermati.
Peraltro, la fattispecie incriminatrice, per la sua configurazione, richiede un quid pluris rispetto al semplice trasporto di materiale non pericoloso e cioè che sia posta in esser un'attività professionale, nella specie non sussistente, con un minimo di stabilità e di organizzazione che è incompatibile con una condotta meramente occasionale .43A estemporanea, come quella compiuta dal ricorrente.
Ciò sarebbe confermato dal dato letterale della norma incriminatrice, nella quale non si menziona semplice trasporto, ma un'attività di trasporto, e la distinzione tra le ipotesi di cui all'articolo 1 lettera a) e d) decreto-legge I. 172 del 2008 che impongono una interpretazione limitativa della fattispecie criminosa, da ritenersi integrata solo in presenza di un complesso di mezzi o beni avvinti da un' unica destinazione ideologica. Secondo il ricorrente, infine, il difetto di motivazione della sentenza impugnata emergerebbe anche in ordine a due circostanze puntualmente eccepite e rilevate nell'atto di appello, ossia che il materiale oggetto di sequestro fosse o meno di proprietà degli imputati e sulla natura dello stesso .

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione di legge in relazione all'applicazione del decreto-legge 172 del 2008 (articolo 606, comma 1, lettera b), codice di procedura penale). Osserva il ricorrente che la normativa di cui al reato contestato è affetta da illegittimità costituzionale posto che l'articolo 6, comma 1, lettera d) del decreto legge 171 del 2008 violerebbe gli articoli 3, 25 e 77 della costituzione e posto che, in ogni caso, tale normativa non può essere applicata solo per talune Regioni determinando una disparità dì trattamento e discriminando rispetto a chi abbia commesso la stessa condotta in un'area geografica diversa del territorio nazionale.

2.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione della legge penale e processuale in ordine all'entità della pena (e all'ordine di demolizione) nonché la mancanza di motivazione sul punto e la violazione della normativa sull'indulto (articolo 606, comma 1, lettere b), c) ed e), codice di procedura penale). Assume che, con riferimento alla pena, "se ne contesta l'entità, anche in considerazione della incensuratezza dell'imputato e della più modesta sanzione richiesta dal pubblico ministero"

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Quanto al primo motivo, la Corte di appello ha, in punto di fatto, accertato, con adeguata motivazione priva di vizi di manifesta illogicità, che l'imputato stesse trasportando, in assenza della prescritta autorizzazione, materiale vario (reti in ferro, un lettino pieghevole, pezzi di ringhiera ed altro), fondando il detto accertamento sulla prova testimoniale fornita in dibattimento dall'ufficiale di polizia giudiziaria che effettuò i controlli in loco e che accertò la mancanza dell'autorizzazione in capo all'imputato, indipendentemente dalle dichiarazioni da questi fornite.
Come si evince anche dalla sentenza di primo grado, i giudici del merito, sulla base degli accertamenti compiuti dalla polizia giudiziaria all'esito del controllo eseguito in data 4 marzo 2009, hanno concordemente e logicamente tratto il convincimento che il ricorrente fosse dedito all'esercizio di un' attività di trasporto di rifiuti non autorizzata posto che l'imputato fu fermato a circa un km di distanza dalla società "Otto/Dici", invece autorizzata alla raccolta e allo stoccaggio degli stessi. In punto di diritto, la Corte territoriale ha poi ribadito il principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo il quale l'attività di raccolta e trasporto di rifiuti speciali in difetto di titoli abilitativi costituisce reato (art. 6, lett. d) del D.L. 6 novembre 2008, n. 172, conv., con modd., in L. 30 dicembre 2008, n. 210) anche in mancanza della qualità di imprenditore ovvero di un'organizzazione imprenditoriale (Sez. 3, n. 79 del 28/10/2009, dep. 2010, Guglielmo, Rv. 245709).
Gli ulteriori rilievi sollevati dal ricorrente nei confronti dell'impugnata sentenza si risolvono, da un lato, in censure fattuali e di merito non consentite nel giudizio di legittimità e, dall'altro, in apodittiche affermazioni inidonee ad escludere la configurabilità della fattispecie incriminatrice ritenuta in sentenza. Ne consegue l'infondatezza del motivo.

3. Anche il secondo motivo non è fondato. La questione di illegittimità costituzionale della disciplina speciale sull'emergenza dei rifiuti nella regione Campania è stata infatti correttamente ritenuta manifestamente infondata dalla Corte territoriale. Va ricordato che, il D.L. 6 novembre 2008, n. 172, rubricato "Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei 4 rifiuti nella regione Campania, nonché misure urgenti di tutela ambientale", ha introdotto una disciplina eccezionale e temporanea diretta a fronteggiare il "concreto ed attuale stato di emergenza" dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e destinata a cessare il 31 dicembre 2009, come stabilito dall'art. 19 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, "recante misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile", convertito in Legge 14 luglio 2008, n. 123, secondo il quale "lo stato di emergenza dichiarato nella regione Campania, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, cessa il 31 dicembre 2009". Infatti, quando sussiste una situazione emergenziale, l'art. 5 della legge 24 febbraio 1992 n. 225 attribuisce al Consiglio dei Ministri il potere di deliberare lo stato di emergenza, determinandone la durata e l'estensione temporale per cui "(...) al verificarsi degli eventi di cui all'art. 2, comma 1, lettera c, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell'art. 1, comma 2, del Ministro per il coordinamento della protezione civile, delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi (...)".
Lo stato di emergenza costituisce poi il necessario presupposto per l'adozione di norme derogatorie alle ordinarie disposizioni legislative che giustificano un trattamento differenziato, con la conseguenza che deve ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, D.L. 6 novembre 2008, n. 172 per violazione dell'art. 3 Cost., poiché non lede i principi di uguaglianza e ragionevolezza la scelta normativa del legislatore di differenziare, con la previsione di una disciplina eccezionale e temporanea, l'applicazione della norma penale, apparendo oggettivamente più grave la violazione della disciplina normativa dei rifiuti nelle zone ove vige lo stato di emergenza rispetto alle altre zone del territorio nazionale dove l'emergenza non sussista o sia cessata.
Neppure può sostenersi, come opina il ricorrente, la violazione dell'art. 25 Cost. in relazione al principio di riserva di legge in materia penale, posto che la norma incriminatrice è stata introdotta con atto avente valore di legge ordinaria (D.L. 6 novembre 2008, n. 172 convertito in legge 30 dicembre 2008, n. 210), allo stesso modo della cessazione dello stato di emergenza (ex D.L. n. 90 del 2008, convertito nella Legge n. 123 del 2008, n. 123), con la conseguenza che non è ravvisabile alcuna violazione costituzionale posto che le fonti normative di rango secondario non sono intervenute a delimitare l'ambito e l'efficacia della norma penale.
Infine la dichiarazione dello stato di emergenza esclude che possa anche solo ipotizzarsi la violazione dell'art. 77, comma 2, Cost., sussistendo, con tutta evidenza, un caso straordinario di necessità e d'urgenza legittimante il ricorso all'emanazione del decreto-legge.

4. Il terzo motivo è inammissibile in quanto aspecifico. Contaminata nell'epigrafe del motivo anche da evidenti refusi di stampa (quanto ai riferimenti alla demolizione e all'indulto), la doglianza, risolvendosi nel contestare puramente e semplicemente l'entità della pena irrogata "anche in considerazione della incensuratezza dell'imputato e della più modesta sanzione richiesta dal pubblico ministero" si lascia apprezzare non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, in assenza della specifica enunciazione delle ragioni di dissenso rispetto alla decisione impugnata in parte qua, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, ai sensi dell'art. 591, comma 1, lett. c), all'inammissibilità (ex multis, Sez. 4, n. 256 del 18/09/1997, dep. 1998, Ahmetovic, Rv. 210157).

5. Consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 18/02/2016