Cass. Sez. III sent. 8050 del 27
febbraio 2007 (u.p. 11 gen. 2007)
Pres. Vitalone Est. De Maio Ric. Matticari
ed altro
Rifiuti. Custodia e prova del riutilizzo
La custodia di ogni rifiuto
stoccato - qualsiasi ne sia la provenienza, anche se da precedente gestione,
anche per fatti non inerenti il normale ciclo di produzione o altre evenienze
straordinarie - ricade sotto la personale responsabilità del legale rappresentante
dell'ente che lo detiene attualmente, generandosi una sorta di traditio da un amministratore all'altro.
La prova della destinazione al
riutilizzo dei rifiuti deve essere obiettiva, univoca e completa, non potendosi
tener conto solo delle affermazioni o delle intenzioni dell'interessato, posto
che i rifiuti richiedono un corretto e tempestivo recupero, se possibile e
dimostrato, oppure il loro smaltimento in modo compatibile con la salute e
l'ambiente, interessi primari della collettività
sul ricorso proposto da :
MATTICARI GIUSEPPE N. IL 27/05/1960
AUGUSTA SRL N. IL 00/00/0000
avverso SENTENZA del 14/06/2005 TRIBUNALE di ORVIETO
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere DE MAIO
GUIDO
Udito il Procuratore Generale in persona del dott. Vittorio Meloni
che ha concluso per il rigetto dei ricorsi
Udito, per la parte civile, l'Avv. Giardini Luca (Orvieto)
Udito il difensore Avv. Romoli Francesco (Orvieto)
MOTIVAZIONE
Giuseppe Mattichiari fu tratto al giudizio del giudice monocratico del
Tribunale di Orvieto perché rispondesse di due violazioni
degli artt.14 e 51 co.1 lett.a e co.2 d.l.vo 22/97 (a)per avere, nella
qualità di amministratore della ditta
Organic Oils srl, esercente un oleificio, versato ed
abbandonato nei terreni adiacenti, in modo incontrollato, rifiuti della
lavorazione allo stato liquido e solido ed altri rifiuti speciali, acc.
in Fabro il 5.4.2001; b)perché, quale legale rappresentante
della soc. Organic Oils srl, in assenza delle
prescritte autorizzazioni, depositava in modo incontrollato sul suolo
di un'area artigianale sita in via dei Pini del comune di Fabro..., di
proprietà della ditta Augusta srl e
detenuta in locazione, ingenti quantitativi di materiali vegetali,
quali semi oleosi ed altri residui da considerarsi rifiuti speciali non
pericolosi provenienti dal ciclo di produzione della stessa impresa,
acc.in Fabro il 21.5.2001, con la recidiva specifica").
Con sentenza in data 14.6.2005 del predetto giudice il Matticari fu
condannato alla pena di giustizia, oltre che al risarcimento dei danni
in favore della parte civile costituita, perché riconosciuto
colpevole "del reato a lui ascritto al capo di imputazione rispetto ai
soli fatti inerenti i rifiuti allo stato liquido e solido organici,
esclusi i solidi non organici"; nella motivazione era stato precisato
che i rifiuti di cui il dibattimento aveva dato contezza erano
distinguibili nelle tre categorie dei rifiuti liquidi organici, solidi
organici (farine) e solidi non organici (materiali vari, spazzature,
risulte di demolizioni).
Avverso tale sentenza hanno proposto appello (poi convertito in ricorso
ex artt. 593 co.3 e 568 co.5 cpp) i difensori dell'imputato e, per gli
effetti civili, la P.C.
1) Il ricorso dell'imputato
I difensori denunciano con il primo motivo vizio di motivazione e
illegittimità del provvedimento con cui era stata revocata
l'ordinanza ex art.507 cpp –mancata assunzione di una prova
decisiva, in ordine alla revoca dell'ordinanza con cui era stato
disposto l'esame del legale rappresentante della costituita P.C.
Augusta srl, Mario Catana, resosi necessario "stante il
continuo riferimento di moltissimi testi alla sua presenza e alla sua
condotta in occasione dei fatti oggetto di imputazione"; secondo il
ricorrente, non vi era "né alcuna impossibilità
oggettiva, né, tanto meno, alcun rischio di prescrizione,
posto che un brevissimo rinvio, anche di una sola settimana, ben
avrebbe potuto superare ogni questione".
Il motivo è infondato, in quanto l'assoluta
necessità di assunzione di nuovi mezzi di prova di cui
all'art.507 cpp, lungi da postulare il dovere di assumerli, non esclude
-ma, al contrario, introduce ed esige-l'apprezzamento del giudice, come
indica la stessa dizione della norma laddove evidenzia che "il giudice
può disporre anche d'ufficio l'assunzione", senza dire
né deve né, puramente e semplicemente dispone:
trattasi di un apprezzamento rimesso unicamente al giudice e fondato su
tutte le risultanze probatorie dallo stesso adeguatamente valutate e
nulla impedisce che l'apprezzamento stesso sia, nel corso del processo,
riveduto da parte dello stesso giudice. L'esercizio di tale
potere-dovere, correlato alle difficoltà che il giudice
ritiene o meno sussistente nel procedere a un compiuto accertamento dei
fatti sulla base delle risultanze già acquisite,
può essere sindacato in sede di legittimità, ma
in limiti più ristretti del potere di ammissione delle prove
a richiesta di parte disciplinato dall'art.190 cpp, richiedendosi una
manifesta assoluta necessità della trascurata assunzione
probatoria, emergente dal testo della sentenza impugnata. Sulla base di
tali principi deriva: I) che l'ordinanza ex art.507 cpp è,
al pari di tutte le ordinanze, revocabile, in base al principio,
fissato specificamente in materia di ammissione di prove, nell'art.190
co.3 cpp, per cui nessuna sanzione può essere collegata, in astratto
e in linea generale, alla revoca verificatasi nel caso in
esame; II) il primo giudice ha nella specie motivato ampiamente (alle
pagg.11-14 della sentenza imp.) sul comportamento tenuto nella
circostanza dal Catana (al punto da attribuire allo stesso, come meglio
si vedrà in seguito, un concorso di colpa "pari
circa al 50%"), per cui, nel coerente sviluppo del proprio
percorso argomentativo, ha dato contezza della non necessità
dell'esame del Catana (e, di conseguenza, della giustezza della revoca
dell'ordinanza che lo aveva invece ammesso).
Con il secondo motivo viene denunciata la violazione dell'art.464 n.3
cpp per l'omessa revoca dei decreti penali di condanna.
Il motivo è infondato, essendo pacifico che la mancata
revoca espressa del decreto penale prima di procedere al giudizio
relativo all'opposizione non è causa di nullità
del procedimento, in quanto la revoca è un antecedente
indefettibile, che si verifica per il solo fatto della celebrazione di
esso, è cioè ope legis e non ope
iudicis; inoltre, per la violazione del co.3 dell'art.464
cpp, non è prevista alcuna specifica sanzione processuale,
di guisa che, in virtù del principio di
tassatività delle nullità di cui all'art.177
stesso codice e poiché non è ravvisabile alcuna
delle cause generali di nullità stabilite dal successivo
art.178, la mancata revoca non produce alcuna nullità
(giurisprudenza consolidata fin dalle sent. sez. V, 23. 7.1992 n.8259;
sez. III, 22.7.97 n.7140; sez. III, 3.7.98 n.7845).
Del pari infondati sono tutti gli altri motivi.
Con il terzo motivo viene denunciata violazione degli artt.14 e 51
d.l.vo 22/97 perché, quanto ai rifiuti liquidi
organici, si era trattato del trasporto a mezzo cisterna e
del suo svuotamento ad opera e di iniziativa esclusiva del
trasportatore Aldo Ercolani, che a nessun titolo può essere
riferito all'imputato, mentre la rimozione del percolato sarebbe stata
impedita dalla P.C.; quanto ai rifiuti solidi organici,
il loro deposito era riferibile all'attività svolta dalla Chiappino
srl, come risultato da sentenza irrevocabile del Tribunale di
Orvieto; inoltre, da molteplici testimonianze era risultato che detti
rifiuti (costituiti dalle farine risultanti dalle lavorazione delle
olive) erano destinati alla vendita; se il loro asporto non era
avvenuto, ciò era dipeso solo dal comportamento del Catana
che lo aveva impedito "fisicamente e materialmente".
Con il quarto motivo viene denunciata l'erronea concessione della
sospensione condizionale della pena in relazione alla condanna alla
sola pena pecuniaria, non richiesta dalla difesa, e alla quale
l'imputato rinunciava espressamente contestualmente al ricorso.
Con l'ultimo motivo viene denunciato vizio di motivazione e violazione
dell'art.541 cpp in relazione all'omessa compensazione totale o
parziale delle spese di costituzione di P.C., alla quale "si addebita
un effetto moltiplicatore della asserita condotta lesiva del Matticari
e un concorso di colpa superiore al 50%".
Il terzo motivo non è meritevole di accoglimento. Innanzi
tutto, è inammissibile perché di mero fatto la
deduzione secondo cui, quanto ai rifiuti liquidi organici, il Matticari
avrebbe dato incarico "ad una ditta specializzata, dotata delle
necessarie autorizzazioni", la ditta dell'Ercolani, per il trasporto
della cisterna e il suo svuotamento e il trasportatore avrebbe
effettuato lo sversamento "di propria iniziativa ed in totale
autonomia, per proprie esigenze; senza richiedere alcuna autorizzazione
e agendo anzi contro la espressa volontà di Organic
Oils".
Del pari di mero fatto sono le deduzioni secondo cui la rimozione sia
del percolato che dei rifiuti soli urbani (peraltro, materialmente
accumulati in quel sito dalla Chiappinoi srl)
sarebbe stata impedita dal Catana. La sentenza di proscioglimento del
Chiappini dal reato di cui agli artt.7 co. 3 lett. c) e 51 co. 2 d.l.vo
22/97 non può ritenersi che costituisca giudicato circa "il
fatto storico...che il deposito dei rifiuti speciali era da attribuirsi
materialmente all'attività svolta dalla Chiappini srl
ovvero, per meglio dire, è solo idoneo a indicare, in modo
ormai non più superabile che parte del materiale rinvenuto
era stato depositato dalla Chiappini, ma non può escludere
che altra parte del materiale sia riferibile all'attività
dell'attuale imputato. Inoltre, è pienamente allineata con
la giurisprudenza di questa Corte l'argomentazione con la quale il
primo giudice ha ritenuto irrilevante la tesi difensiva in proposito.
Infatti, la custodia di ogni rifiuto stoccato -qualsiasi ne sia la
provenienza, anche se da precedente gestione, anche per fatti non
inerenti il normale ciclo di produzione o altre evenienze
straordinarie- ricade sotto la personale responsabilità del
legale rappresentante dell'ente che lo detiene attualmente, generandosi
una sorta di traditio da un amministratore
all'altro.
Quanto, poi, alla destinazione alla vendita, essa, con accertamento di
fatto insindacabile in sede di legittimità, è
stata esclusa dal giudice di merito, il quale ha osservato, quanto a
quelli solidi, tra l'altro, che lo stoccaggio è
durato da anni..." e che il fatto dispersione
"è ancor più qualificabile come tale...alla luce
del fatto che mai furono tenute delle scritture di stoccaggio dei
rifìuti, come invece impone l'art.28 co. 5 d. l.vo 22/97";
quanto a quelli liquidi contenuti nella cisterna, che "la
cisterna era piena da mesi e mesi e il liquido contenuto nella cisterna
non può essere in nessun modo considerato un semilavorato,
doveva essere smaltito entro i tre mesi indicati dalla norma... e
questo sicuramente on è avvenuto". In linea di
diritto, va precisato che è del tutto pacifico che la prova
della destinazione al riutilizzo dei rifiuti deve essere obiettiva,
univoca e completa, non potendosi tener conto solo delle affermazioni o
delle intenzioni dell'interessato, posto che i rifiuti richiedono un
corretto e tempestivo recupero, se possibile e dimostrato, oppure il
loro smaltimento in modo compatibile con la salute e l'ambiente,
interessi primari della collettività (giurisprudenza
assolutamente pacifica, fin dalla sent. sez.III, 27.9.1999 n.11007,
rv.214453).
In ordine al quarto motivo, va osservato che è esatto il
principio richiamato dal ricorrente, secondo cui la sospensione
condizionale della pena non può risolversi in un pregiudizio
per l'imputato in termini di compromissione del carattere
personalistico e rieducativo della pena, per cui l'interesse
all'impugnazione, condizionante l'ammissibilità del ricorso,
si configura tutte le volte in cui il provvedimento di concessione del
beneficio sia idoneo a produrre in concreto la lesione della sfera
giuridica dell'impugnante e la sua eliminazione consenta il
conseguimento di una situazione giuridica più vantaggiosa
(Cass. sez. un.16.3.1994 n.6563, Rusconi). E, tuttavia, il motivo
è infondato, in quanto il ricorrente non ha precisato
né la lesione concreta, né la situazione
giuridica più vantaggiosa, per cui deve riprendere vigore il
principio altrettanto pacifico secondo cui la mera
opportunità di riservare il beneficio a future condanne
eventualmente più gravi, non può assumere quella
rilevanza giuridica richiesta per considerare la concessione come
pregiudizievole (v., per tutte, Sez.III, 29. 11.2000 n.12279,
rv.217991).
Il quinto motivo è inammissibile, essendo pacifico che, in
tema di pagamento delle spese processuali in favore della parte civile,
la decisione del giudice di merito circa la compensazione o meno delle
spese stesse, essendo espressione di un potere discrezionale attribuito
dalla legge, è incensurabile in sede di
legittimità ("salvo che ritenga di disporre, per giusti
motivi la compensazione totale o parziale", si esprime l'art.541 co.1
cpp). Va, inoltre, rilevato che, comunque, la detta compensazione non
era stata richiesta dai difensori dell'imputato (per cui non
può a nessun titolo parlarsi di carenza di motivazione al
riguardo), essendosi entrambi limitati a richiedere l'assoluzione
dell'imputato.
I difensori del Matticari in questa sede hanno depositato memoria
illustrativa con la quale deducono: I) l'inammissibilità
della impugnazione per gli effetti civili proposta dalla parte civile Augusta
srl, in quanto "nel corso del giudizio di primo grado la
parte civile si è costituita in giudizio con il patrocinio
dell'avv. Giardini del foro di Orvieto, mentre il ricorso per
cassazione è stato proposto da altro difensore munito di
procura speciale conferita in calce al medesimo ricorso"; II)
l'intervenuta prescrizione del reato, in quanto il reato contestato
risale al mese di aprile 2001", per cui da tale data sarebbero decorsi,
all'ottobre 2005, i quattro anni e sei mesi della prescrizione ex
artt.157 n.5 e 160 u.c. cp..
Anche tali motivi sono infondati, dovendosi rilevare quanto al primo,
che la disposizione generale di cui all'art.24 disp. att. cpp -secondo
la quale la nomina di ulteriori difensori si considera senza effetto
finchè la parte non provvede alla revoca delle nomine
precedenti che risultino in eccedenza rispetto al numero previsto dagli
artt. 96, 100 e 101 cpp- non è applicabile nel giudizio di
legittimità, valendo per questo la norma speciale contenuta
nell'art. 613 co.2 cpp, la quale prevede che nel procedimento innanzi
alla Corte di Cassazione "il difensore è nominato per la
proposizione del ricorso o successivamente" e che solo "in mancanza di
nomina il difensore è quello che ha assistito la parte
nell'ultimo giudizio" (Sez. Un.13.12.1996 n.1282, rv. 206847).
Quanto poi al secondo degli indicati motivi, va osservato che il
termine di prescrizione non è ancora decorso, dovendosi
aggiungere al normale periodo della prescrizione ex artt.157 n.5 e 160
u.c. cp ulteriori circa anni uno e mesi due (per la sospensione del
corso della prescrizione conseguente al rinvio del processo ad istanza
dei difensori dal 29.11.02 al 16.1.04 e dal 20.2.04 al 16.3.04), di
talchè il periodo della prescrizione sarebbe scaduto solo
alla data del 28.1.07.
2) Il ricorso della parte civile
LA PC censura, con il primo motivo sub A), la pronuncia di assoluzione in
ordine ai rifiuti non organici; in particolare, in ordine ai
rifiuti solidi non organici, viene denunciata carenza della motivazione
sotto il profilo dell'applicazione della 1.178/ 02 e degli artt.
14-6-28 d.l.vo 22/97, in quanto "i rifiuti abbandonati da Organic
Oils srl non erano materiali semilavorati destinati al
riutilizzo, bensì spazzatura e scarti
dell'attività,... e i rifiuti non erano stati stoccati in
attesa di diversa destinazione, bensì abbandonati alla
rinfusa sui piazzali e all'interno dei capannoni". Tale censura (sub A
del ricorso) va coordinata con la terza sub C) pure relativa ai
rifiuti solidi non organici, con cui viene denunciata
l'erroneità dell'assoluzione dell'imputato ai fini civili e
l'omessa quantificazione del danno; il ricorrente sostiene che "non si
vede come la sentenza possa aver mandato indenne l'imputato dal fatto";
segue la quantificazione dei danni "per effetto dell'auspicato
annullamento della impugnata sentenza". Il complesso delle censure sub
A) e C) del ricorso è inammissibile sia per il carattere di
mero fatto, che per irrilevanza e manifesta infondatezza: irrilevante
sono le censure sub A), dal momento che il proscioglimento
dell'imputato è avvenuto, come si dirà qui subito
di seguito, per la ritenuta esistenza di una causa di forza maggiore,
e, quindi, al di là di qualsiasi interpretazione della
1.178/02 e degli artt.14-6 e 28 d.l.vo 22/97.
Quanto alle altre censure, va rilevato che il primo giudice ha escluso
la responsabilità dell'imputato sulla base, come premesso,
del rilievo della forza maggiore, "consistita nell'avere il Catana
impedito la continuazione delle misure di trasloco ed asporto dei
rifiuti, prima piazzando la propria autovettura nel bel mezzo
dell'unico accesso all'immobile e, successivamente, chiudendo il
cancello in modo che nessun mezzo potesse più accedere". Di
mero fatto e attinenti a una diversa valutazione della risultanze
processuali sono le deduzioni della ricorrente secondo cui: 1) "le
risultanze processuali avevano evidenziato in modo univoco che il
blocco dell'ingresso durò per due-tre ore...e la motivazione
non spiega se e in che modo Organic Oils srl
avrebbe potuto completare il lavoro di asporto di circa 200 mc. di
rifiuti solidi non organici rimasti sui piazzali e nei
capannoni...nelle due-tre ore di tempo di quel sabato pomeriggio"; 2)
"il cancello non era stato chiuso dal Catana il sabato 31.3.2000 e, in
ogni caso, gli addetti di Organic Olis srl
poterono comunque accedere nel sito fino a lunedì
2.4.2000...". Con tali proposizioni la ricorrente tende, in questa sede
di mera legittimità, una rivalutazione del merito. Non
è, per contro, rilevante la contraddittorietà di
motivazione, astrattamente ravvisabile, tra quanto affermato a pag.14
sent. ("le conseguenze dannose provocate dai rifiuti solidi non possono
essere attribuite all'imputato se non in misura marginale", al punto
che "anche di questo il Giudice civile dovrà tenere conto
nello stabilire l'entità dell'eventuale risarcimento") e
quanto affermato a pag.15 ("la responsabilità civilistica
per il fatto dei rifiuti solidi non organici non può essere
attribuita all'imputato"). Ed invero, la pronuncia di
responsabilità, limitata "ai soli fatti inerenti i rifiuti
allo stato liquido e solido organici –esclusi i solidi non
organici" è tale da non consentire dubbi in sede civilistica
del risarcimento dei danni.
Viene inoltre denunciato, quanto ai rifiuti solidi e liquidi organici
(motivo del ric. sub B), in ordine ai quali v'è stata
pronuncia di condanna, mancato esame ed illogica interpretazione delle
prove in ordine al danno arrecato alla P.C. dalla presenza di rifiuti
organici preesistenti all'interno dell'opificio –erronea
applicazione della legge civile in tema di responsabilità
contrattuale –carenza e manifesta illogicità della
motivazione in ordine alla quantificazione della
corresponsabilità della P.C. in punto danno e alla
quantificazione del danno. La ricorrente sostiene che "non risultano
considerate le conseguenze arrecate alla P.C. dai rifiuti abbandonati
in epoca anteriore al trasloco"; mancherebbe la motivazione circa
l'imputazione alla P.C. della corresponsabilità nel
verificarsi dell'evento finale dispersione; inoltre, sotto il profilo
contrattuale, la motivazione avrebbe errato nell'applicazione delle
norme civili in materia di buona fede e correttezza nell'esecuzione del
contratto, in quanto la motivazione avrebbe omesso "di indicare quali
obblighi di collaborazione legali e/o contrattuali avrebbe eluso il
Catana, presupposto per giungere alla pronuncia della sua
corresponsabilità" ed errati sarebbero "anche i criteri
applicati nell'interpretazione delle norme civilistiche in materia".
Così come la sentenza è "carente in punto di
percentualizzazione della corresponsabilità" e "davvero
incredibile sarebbe il passaggio successivo in cui, alla
corresponsabilità pari al 50% del danno, aggiunge
l'esclusiva responsabilità della P.C. nei pregiudizi
sopravvenuti per effetto della pioggia ed altro. Carente e contraria
alle norme civili in materia pure la limitazione del danno...
circoscritta alle sole spese di bonifica del terreno sostenute dalla
P.C., escludendo il lucro cessante e i danni morali".
Quanto ai rilievi circa l'obbligo di buona fede e collaborazione,
risulta evidente il riferimento, fatto dal giudicante, agli articoli
del codice civile 1175 (comportamento secondo correttezza), 1176
(diligenza nell'adempimento) e 1375 (esecuzione di buona fede) e non ha
alcun rilievo che il giudicante non li abbia espressamente menzionati.
Rilevante è, invece, che le argomentazioni della sentenza,
sul punto del concorso della colpa della P.C., risultino allineate con
il principio fondamentale secondo cui la buona fede nei contratti si
sostanzia in un generale obbligo di solidarietà che impone a
ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi
dell'altra a prescindere tanto da specifici obblighi contrattuali,
quanto dal dovere extracontrattuale del neminem laedere,
trovando tale impegno solidaristico il suo limite precipuo soltanto
nell'interesse proprio del soggetto, tenuto, pertanto, al compimento di
tutti gli atti giuridici e/o materiali che si rendano necessari alla
salvaguardia dell'interesse della controparte nella misura in cui essi
non comportino un apprezzabile sacrificio a suo carico (da ultimo,
Cass.civ., sez.II1, 11.1.2006 n.264, Bernardi e altro c.Mediovenezie
Banca e altro).
Anche qui inammissibili in quanto di mero fatto, oltre che
manifestamente infondate, sono le residue censure, che sono state sopra
richiamate in dettaglio al preciso scopo di evidenziarne il carattere
non di legittimità. In questa sede, quindi, non
può che essere rilevato che sono state valutate con corretta
ed adeguata motivazione: a) la condotta della P.C., e di conseguenza la
quantificazione della sua corresponsabilità; b) la
limitazione del danno alle spese di bonifica, così come
l'esclusione del lucro cessante e dei danni morali (pag.13 sent.); c)
che l'affermazione di responsabilità ha riguardato il reato
contestato limitatamente "ai soli fatti inerenti i rifiuti allo stato
liquido e solido organici", in ordine alla quale è stato
ritenuto che "il contenuto lesivo della condotta dell'imputato
è stato moltiplicato ed amplificato dalla condotta del
Catana, al quale dunque deve essere riconosciuto un concorso di colpa
piuttosto ampio, se non superiore al 50%"; in tale ambito,
impregiudicata ogni altra questione di merito, dovrà essere
collocato il giudizio civile attinente ai danni riportati dalla P.C. e
al relativo risarcimento.
Deve, pertanto, concludersi che essendo infondate le censure mosse alla
sentenza impugnata sia dall'imputato che dalla parte civile, entrambi i
ricorsi vanno rigettati, con conseguente condanna in solido delle parti
private al pagamento delle spese processuali. La soccombenza di
entrambi i ricorrenti e la particolare natura della causa inducono alla
integrale compensazione delle spese sostenute nel grado dalle parti
stesse.
P . Q . M .
La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al
pagamento delle spese processuali; dichiara interamente compensate tra
le parti private le spese dalle stesse sostenute nel grado.
Così deliberato li 11.1.2007