Tribunale Firenze Sez. Pontassieve sent. 1043 del 3 agosto 2009
Est. Castriota
Caccia e animali. Maltrattamento di animali ed attività venatoria

Se l’attività di caccia viene esercitata con le autorizzazioni e le modalità prescritte dalla legge non è vietato uccidere gli animali, purchè la caccia venga effettuata nei periodi e con le modalità autorizzate dalla Provincia o dagli altri enti preposti al controllo. Se invece nei confronti degli animali, selvatici e non , vengono praticate modalità di uccisione tali da provocare sofferenza all’animale, come nel caso di specie in cui gli animali venivano presi al laccio e costretti ad una morte lenta e dolorosa per soffocamento, si applica a tutti gli effetti l’art. 544 bis c.p.. A nulla rileva poi che l’animale ucciso appartenga al genere di quelli domestici o meno, in quanto la norma è generica e fa esplicito riferimento alla morte, per crudeltà e senza necessità, di un animale.

Con decreto di citazione ritualmente notificato A.A. e A.Q. venivano tratti a giudizio avanti a questo Giudice per rispondere dei reati di cui alla imputazione. Alla udienza fissata nel decreto a giudizio veniva verificata la costituzione delle parti, ammessa la costituzione delle parti civili ENPA (Ente Nazionale Protezione Animali) e della Provincia di Firenze.
L’ imputato A. chiedeva di essere ammesso all’oblazione con riferimento ai capi B e C dell’imputazione ed il Giudice rinviava per la verifica all’udienza del 6.10.08.
All’udienza del 3.1.09 gli imputati chiedevano di essere ammessi al rito abbreviato, richiesta subordinata all’audizione del teste Torrigiani Raffaele.
Il Giudice disponeva procedersi nelle forme previste dal codice per tale rito ed invitava le parti a rassegnare le conclusioni riportate nel verbale di udienza.
Sulla richiesta di un termine per repliche da parte del PM il processo veniva rinviato all’udienza del 20.2.09 nella quale il processo veniva ritenuto in decisione sulle conclusioni delle parti trascritte nel verbale di udienza.
Ritiene il giudicante provata la penale responsabilità del solo imputato A.A. in ordine al delitto di cui al capo A), che pertanto deve essere condannato alle pene di giustizia, diversamente non si ritiene essere stata raggiunta la prova della penale responsabilità dell’imputato A.Q..

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il processo trae origine da una serie di segnalazioni a partire sin dall’anno 2004 pervenute alla polizia provinciale di Firenze in merito a presunte morti sospette di alcuni animali domestici e selvatici.
A seguito di tali segnalazioni la polizia provinciale predisponeva una attività di controllo dell’area oggetto di segnalazione, inviando guardie volontarie ad espletare il servizio di vigilanza ed appostamento.
Il periodo in contestazione esclude gli esiti dell’indagine del 2004 e comprende un periodo che va dal 2006 al 2007.
Partendo dall’ultima segnalazione pervenuta alla polizia provinciale, che ha consentito poi di iniziare altre indagini la cui conclusione è stata riassunta nella CNR depositata in data 2.4.04 presso la Procura della Repubblica di Firenze, nonché dalla lettura degli atti utilizzabili contenuti nel fascicolo del PM è emerso che in data 17.3.07 giungeva alla polizia provinciale di Firenze una segnalazione da parte della Sig.ra Nesti Teresa, la quale rappresentava che all’interno della azienda faunistico venatoria denominata “Vaglia”, situata nel Comune di Vaglia località Selva Nera, era stata predisposta una gabbia atta alla cattura di fauna selvatica, costituita da un gabbione elettrosaldato con all’interno due pelli di cinghiale. All’esterno di tale gabbia erano stati poi predisposti dei lacci in filo di acciaio e con uno di essi era stato catturato un cinghiale. Le dichiarazioni rese dalla Nesti trovarono conforto nel sopralluogo effettuato dalla polizia provinciale. Difatti, in data 23.3.07, la guardia volontaria del coordinamento provinciale di Firenze, Pini Andrea, provvedeva ad effettuare un accertamento per verificare lo stato dei luoghi, rinvenendo il carnaio descritto dalla Nesti con il lacci, posizionato all’interno di una macchia di rovi.
Inoltre, sui viottoli che conducevano alla gabbia, erano stati posti cinque lacci ed all’interno della tesa dei lacci era stato posizionato, come esca, il cinghiale morto a sua volta preso al laccio, come si rileva dalle ferite riportate dall’animale sul collo.
In data 27.3.07 veniva sentita a sommarie informazioni la Sig.ra Nesti Teresa la quale dichiarava di essersi imbattuta nella gabbia- carnaio mentre era alla ricerca del suo cane. Inoltre segnalava di essere stata informata da altri abitanti della zona che, in quella località denominata Selva Nera, transitava spesso una autovettura fuoristrada di colore rosso, forse di marca Toyota, il cui conducente si fermava osservando la zona dove erano stati rinvenuti i lacci.
Nel rapporto di servizio a firma della guardi Pini Andrea le notizie sono riferite come provenienti da una fonte confidenziale che poi viene identificata, nella CNR a firma dell’Isp. Quercioli Alessandro, in Nesti Teresa le cui sommarie informazioni sono state rese dalla stessa in data 27.3.07.
Da accertamenti esperiti di seguito veniva accertato che era nella disponibilità di A.Q., direttore (fattore) della azienda agricola T., un fuoristrada Toyota di colore rosso targato XX e, nella disponibilità del guardiacaccia A.A. sempre un Toyota di colore rosso targato YY.
Emerge poi dagli atti che sin dal 2006 (per quale che riguarda il periodo in contestazione) la polizia provinciale aveva ricevuto diverse segnalazioni.
In data 12.3.06 l’isp Quercioli Alessandro, nella CNR del 1.9.06, riferisce che su segnalazione pervenuta telefonicamente presso il comando provinciale, si recarono in data 18.3.06 in località Selva Nera per effettuare una ricognizione dei luoghi (cfr. rapporto di servizio guardie volontarie Bonsegna Davide Filippo, Grassi Brunero e Pacini Pier Luigi e documentazione fotografica).
Gli agenti della provinciale trovarono una gabbia-carnaio predisposta per la cattura di animali selvatici nel cui interno era stata predisposta come esca una pelle di cinghiale. Sempre lungo i viottoli che conducevano alla gabbia venivano rinvenuti altri cinque lacci d’acciaio.
In data 26.3.06 la guardia volontaria Pini Andrea, accompagnato dal Sig. Lander Stefano abitante di zona, trovarono in località Castagno all’interno dell’azienda faunistico venatoria uno dei lacci posizionato sulla gabbia. Il laccio era arrotolato e non più utilizzabile, poiché evidentemente aveva già svolto la sua funzione (cfr. relazione di servizio Pini Andrea).
In data 1.4.06 il laccio non più utilizzabile, predisposto sulla gabbia, era stato sostituito.
In data 8.4.06 veniva constatata l’uccisione di un gatto rimasto al laccio predisposto all’ingresso della gabbia (cfr. rapporto di servizio di Bonsegna Davide Filippo e Grassi Brunero).
In data 15.4.06 veniva constatato che il gatto era stato tolto dal mezzo di cattura e posizionato come esca all’interno della gabbia metallica insieme alla pelle di cinghiale.
In tale occasione veniva notata dalle guardie il passaggio di un fuoristrada di colore rosso che tuttavia non si avvicinava al luogo del fatto.
In data 12.5.06 la guardia Pini Andrea constatò che, sulla strada che conduce ai mezzi di cattura, vi era passata una autovettura con pneumatici tassellati, verosimilmente riconducibile ad un fuoristrada (cfr fascicolo fotografico).
I lacci risultavano ben collocati e all’interno della gabbia erano state posizionate anche due carcasse di pollo.
Nei giorni seguenti i lacci risultavano disarmati mentre, in data 1.6.06, risultavano nuovamente posizionati, inoltre, una mangiatoia per fagiani che si trovava nelle immediate vicinanze della gabbia, nei giorni precedenti vuota, era stata riempita con mangime ed era stata anche posizionata una pentola con dell’acqua.
In data 22.7.06 veniva trovato ucciso dal mezzo di cattura un tasso (cfr. rapporto di servizio e documentazione fotografica di Bonsegna Davide Filippo, Grassi Brunero, Pacini Pierluigi e Zerini Gloria).
In data 3.5.07 l’area agrosilvopastorale interessata dal consorzio azienda faunistico venatoria di Vaglia venne sottoposta a sequestro.
Inoltre, al fine di procedere al controllo, l’area in questione venne suddivisa ed ispezionate le aree boschive e campestri in località: Poggiolo, Pratiglioni, Acquirico, Palazzo Casone, Monte Atlete, Poggio Rasoio, Gargano, Castagno, Montalto, Maianico, Selvanera e Poggio Boscaccio.
Gli esito del controllo furono i seguenti:
In località fosso di Gargano veniva rinvenuto un laccio di acciaio teso. In località Antella veniva rinvenuto un laccio di acciaio teso. In località Casaccia veniva rinvenuto una gabbia carnaio con all’interno pelli e ossa di daino, cinghiale, istrice e fauna protetta. Sempre all’interno di questa gabbia venivano trovati 8 lacci di acciaio tesi.
In data 5.5.07 in località La Quercia, Poggio Razzo, Paterno, Pinati, La Cipressaia e Palazzo venivano rinvenuti tre luoghi di abbandono di carcasse di animali quali caprioli, daini, cinghiali, tutti posizionati vicino alle tane di istrici o tassi.
Venivano rinvenute anche cinque gabbie in rete elettrosaldata e una trappola a scatto (cfr. verbale di sopralluogo del 5.5.07 9).
In data 18.4.07 la polizia provinciale di Firenze procede ad effettuare le perquisizioni delle abitazioni e dei luoghi nella disponibilità degli imputati.
A carico di A.A., abitante in via XX del Comune di V., venivano rinvenute nella autovettura Toyota di sua proprietà due borse contenenti: sedici lacci in acciaio già predisposti all’uso, due tenaglie, una cesoia, due picchetti di legno, un rotolo di cavetto di acciaio, due matassine di filo di ferro, due contenitori con all’interno delle rondelle identiche a quelle usate per lo scorrimento dei lacci e sedici fili da frizione in acciaio integri.
All’interno del pollaio dell’A.i: due trappole a doppio passaggio innescate con uova, fuori dal pollaio due lacci in filo di acciaio tesi ed altri tre posizionati nel raggio di venti metri sui viottoli circostanti l’abitazione. Un altro laccio era posizionato teso nel bosco prospiciente all’abitazione.
Sempre nell’abitazione dell’A. venivano rinvenute 958 pallottole e cartucce non denunciate alle competenti autorità di PS.
La perquisizione a carico di A.Q., abitante in X via YY, venivano rinvenute all’interno di un locale adibito in precedenza a stalla: diversa selvaggina provento di caccia (cinghiale, lepre, capriolo) nonché una serie di registri e permessi dell’azienda faunistico venatoria contenenti le autorizzazioni alle battute di caccia. Tuttavia le carni vennero allo stesso restituite in quanto, dal controllo dei registri, risultarono provento di battute di caccia autorizzate.
Venendo ora alle posizioni degli imputati.
A.Q. è amministratore della azienda agraria T. spa sin dal 1970.
Nel verbale di interrogatorio, reso in sede di indagini, A. riferisce di avere svolto anche le funzioni di guardia caccia della azienda faunistico venatoria dal 1984 al 1998. Tuttavia egli si è dichiarato estraneo ai fatti in questione, asserendo di impartire egli stesso disposizioni al guardia caccia per l’attività agricola e per il rilascio dei permessi a seguito degli interventi di abbattimento di animali autorizzati dalla Provincia. Inoltre dichiarava di non essere mai stato messo a conoscenza, da parte del guardia caccia, della presenza di trappole vietate o del rinvenimento di selvaggina morta.
L’audizione del testimone Torrigiani Raffaele, amministratore delegato della “T. A. spa”, con proprietà fondiarie nella zona interessata dai fatti sui quali insiste l’azienda faunistico venatoria la cui concessionaria è la Sig.ra E. C., ha confermato che A.Q. era all’epoca dei fatti il direttore dell’azienda agricola e che non si occupava dell’azienda faunistico venatoria. Il Torrigiani ha anche riferito che, seppure non previsto nelle sue incombenze, fosse probabile che l’A. avesse gestito il rilascio dei permessi o le autorizzazioni per svolgere le battute di caccia.
A.A. invece era il guardia caccia della zona, perlomeno negli anni in contestazione.
Orbene venendo alle imputazioni.
In ordine al capo B e C dell’imputazione nessun dubbio sulla sussistenza delle ipotesi contravvenzionali contestate ad A. A. (cfr. verbali sequestro), il quale ha definito la sua posizione con oblazione regolarmente versata nei termini imposti.
Pertanto, nei confronti di A. deve essere pronunciata una sentenza di non doversi procedere per intervenuta oblazione (capi B e C).
Per i medesimi fatti invece l’imputato A.Q. dovrà essere mandato assolto poiché è emerso che tutta la selvaggina dallo stesso detenuta fosse frutto di regolare attività di caccia autorizzata, né è emersa prova che lo stesso detenesse materiale quali trappole o altro idoneo ad abbattere selvaggina.
Anche in ordine al capo A) dell’imputazione lo stesso dovrà essere assolto in quanto tutti gli atti, contenuti nel fascicolo del PM acquisito, consentono di risalire all’unico responsabile A.A..
Si osserva in proposito che A. aveva accesso a tutte le zone nelle quali sono state rinvenute le trappole e la selvaggina abbattuta in quanto guardia caccia.
La Nesti Teresa aveva indirizzato le attenzioni della polizia provinciale su un fuoristrada Toyota rosso che era stato da lei e da altri abitanti della zona avvistato più volte.
Nel viottolo, che conduceva ad uno dei carnai predisposti, venne rilevata la presenza di tracce di pneumatici da fuoristrada.
Inoltre, a seguito della perquisizione effettuata, proprio all’interno della autovettura Toyota dell’A., vennero rinvenuti sedici lacci in acciaio già predisposti all’uso, due tenaglie, una cesoia, due picchetti di legno, un rotolo di cavetto di acciaio, due matassine di filo di ferro, due contenitori con all’interno delle rondelle identiche a quelle usate per lo scorrimento dei lacci e sedici fili da frizione in acciaio integri.
Ed ancora all’interno del pollaio dell’A.: due trappole a doppio passaggio innescate con uova, fuori dal pollaio due lacci in filo di acciaio tesi ed altri tre posizionati nel raggio di venti metri sui viottoli circostanti l’abitazione. Un altro laccio era posizionato teso nel bosco prospiciente all’abitazione.
Gli elementi raccolti nei confronti dell’A. indiziari, in quanto non è mai stato visto armare le gabbie o le trappole, contengono i requisiti di legge poiché sono gravi precisi e concordanti.
E’ evidente che il guardia caccia agisse indisturbato nella zona ed avesse il controllo della stessa.
Inoltre non sono state rinvenute solo alcune trappole, ma la zona interessata dal controllo era cosparsa di nove gabbie e 109 lacci attivi predisposti alla cattura.
Sono state, inoltre, rinvenute carcasse di animali del peso di 205 Kg e diversi animali domestici morti tra cui anche gatti e cani. Tali imponenti dati consentono di esprimere un dubbio sulle ragioni in base alle quali A., che non poteva nel corso della sua attività non essersi imbattuto nelle trappole, non abbia mai denunciato la presenza delle trappole o delle carcasse. Le ragioni sono ovvie in quanto egli era il responsabile di tale carneficina che sarebbe proseguita, visto che all’interno del suo veicolo erano già predisposte nuove trappole e lacci pronti alla cattura.
Senza neppure prendere in considerazione quelle dichiarazioni confidenziali rese alla Nesti da alcuni abitanti della zona, in merito al passaggio frequente nella zona dei lacci di un Toyota di colore rosso, all’A. è stato poi rinvenuto materiale perfettamente coincidente con le trappole predisposte.
Alcune brevi osservazioni in punto di diritto.
In ordine al capo A) dell’imputazione si osserva che la vecchia formulazione dell’art. 727 c.p., ante riforma L. 189/02, è confluita nelle nuove disposizioni delittuose che tutelano il sentimento nei confronti degli animali di cui agli artt. 544 bis e seguenti c.p..
La difesa inoltre sostiene che, in applicazione di quanto disposto dall’art. 3 L. 189/04, che ha modificato le disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale, è stato inserito l’art. 19 ter che stabilisce che le disposizioni di cui al titolo IX bis del libro II del codice penale non si applicano ai casi previsti dalle leggi speciali in materia di caccia, pesca, allevamento, trasporto, macellazione di animali, sperimentazione scientifica sugli animali.
Secondo la difesa pertanto, avendo la pubblica accusa contestato agli imputati anche l’ipotesi contravvenzionale quale norma speciale (art. 30 lett A) L. 157 /92), non possa essere contestata l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 544 bis c.p.. Ciò in applicazione di quanto disposto dalla norma di coordinamento e transitoria al codice penale art. 19 ter che espressamente esclude per alcune categorie di attività l’inapplicabilità delle disposizioni contenute nel titolo IX bis del codice penale.
Tale assunto non è condiviso da questo giudice in quanto le esclusioni contemplate dalla norma di coordinamento valgono per interi settori regolamentati dalle leggi.
In sostanza se l’attività di caccia viene esercitata con le autorizzazioni e le modalità prescritte dalla legge non è vietato uccidere gli animali, purchè la caccia venga effettuata nei periodi e con le modalità autorizzate dalla Provincia o dagli altri enti preposti al controllo.
Se invece nei confronti degli animali, selvatici e non , vengono praticate modalità di uccisione tali da provocare sofferenza all’animale, come nel caso di specie in cui gli animali venivano presi al laccio e costretti ad una morte lenta e dolorosa per soffocamento, si applica a tutti gli effetti l’art. 544 bis c.p..
A nulla rileva poi che l’animale ucciso appartenga al genere di quelli domestici o meno, in quanto la norma è generica e fa esplicito riferimento alla morte, per crudeltà e senza necessità, di un animale. Inoltre non può essere operata una distinzione tra il sentimento che prova il proprietario di un animale domestico rispetto a quello provato dalla gente nei confronti di animali selvatici, poiché il sentimento per gli animali, cui fa riferimento la norma in esame, va interpretato in senso oggettivo come frutto di una tradizione storica e culturale maturata nel corso degli anni in una società civile.
Venendo al trattamento sanzionatorio in ordine al capo A) dell’imputazione, valutati gli elementi di cui all’art. 133 c.p., stima equo questo giudice, irrogare a A.A. la pena di mesi sei di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e al risarcimento in favore delle parti civili Provincia ed Enpa, da liquidarsi in separata sede, e provato in questa sede nella misura di euro 5.000,00 per ciascuna parte civile (comprensiva dei capi abbattuti e del danno morale patito dagli enti preposti alla tutela ed alla protezione degli animali in ragione della funzione dagli stessi rivestita), oltre al rimborso delle spese di costituzione liquidate come in dispositivo.
L’imputato incensurato può godere dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna.
A.Q. deve essere mandato assolto da tutti i reati a lui ascritti per non aver commesso il fatto.
Visto l’art. 240 c.p. segue la confisca e la distruzione di quanto in giudiziale sequestro.


P.Q.M.
Il Tribunale di Firenze sd Pontassieve,
dichiara A.A. responsabile del reato a lui ascritto al capo A) dell’imputazione e visti gli artt. 438 e 533 c.p.p. lo condanna alla pena di mesi sei di reclusione (p.b. art. 544 bis c.p. mesi nove di reclusione, ridotta di un terzo per il rito), oltre al pagamento delle spese processuali nonché al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite Provincia di Firenze e E.N.P.A. da liquidarsi in separata sede, assegnando a ciascuna parte civile una somma a titolo di provvisionale provvisoriamente esecutiva, nei limiti della prova raggiunta, di euro 5.000,00 (per ciascuna parte civile), nonché al rimborso delle spese di costituzione che si liquidano in euro 1.500,00 per ciascuna parte civile oltre iva, cap e spese di legge.
Visti gli artt. 163 e segg. C.p. e 533 co. 3 c.p.p. ordina che l’esecuzione della pena sopra indicata rimanga sospesa fino al termine di legge e che non sia fatta menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale spedito a richiesta dei privati sotto le comminatorie di legge.
Visto l’art. 531 c.p.p. dichiara non doversi procedere a carico di A.A. in ordine ai reati a lui ascritti ai capi B e C dell’imputazione per essere gli stessi estinti per intervenuta oblazione.
Visto l’art. 530 c.p.p. assolve A.Q. dai reati a lui ascritti per non aver commesso il fatto.
Visto l’art. 240 c.p. ordina la confisca delle trappole e dei lacci in giudiziale sequestro e la loro distruzione.
Dispone la trasmissione di copia della sentenza alla Prefettura di Firenze area 1 bis ordine e sicurezza pubblica per quanto di sua competenza in merito all’adozione di provvedimenti amministrativi nei confronti dell’imputato condannato.
Visto l’art. 544 co. 3 c.p.p. indica il termine di giorni 90 per il deposito della motivazione della sentenza.

Così deciso in Pontassieve il 20 febbraio 2009

Il Giudice Dr.ssa Silvia Castriota