Nuova pagina 2

Sez. 6, Sentenza n. 30373 del 18/03/2004 Cc. (dep. 13/07/2004 ) Rv. 229946
Presidente: Sansone L. Estensore: Mannino S. Relatore: Mannino S. Imputato: P.M. in proc. Ostuni. P.M. Cedrangolo O. (Conf.)
(Rigetta, Trib.Ries. Bari, 28 Luglio 2003)
SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Reato di cui all'art. 53 bis D.Lgs. n. 22 del 1997 - Elementi costitutivi - Ingente quantità di rifiuti - Nozione - Indicazione.

Nuova pagina 1

Massima (Fonte CED Cassazione)

Nel reato di cui all'art. 53 bis D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti) l'elemento costitutivo della ingente quantità non può essere desunto nè automaticamente dalla stessa organizzazione e continuità dell'attività di gestione dei rifiuti, nè, nell'ipotesi di traffico illecito di rifiuti eseguito in una discarica autorizzata, dal rapporto tra il quantitativo di rifiuti gestiti illecitamente e l'intero quantitativo di rifiuti trattati nella discarica, dovendosi in tal caso far riferimento al dato oggettivo della mole dei rifiuti non autorizzati abusivamente gestiti. 

Tra il reato di cui all'art. 51 D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (gestione di rifiuti non autorizzata) e quello previsto dal successivo art. 53 bis (organizzazione di traffico illecito di rifiuti) non è configurabile un rapporto di specialità, sicchè il ricorso nella fattispecie concreta sia degli elementi formali dell'uno (mancanza di autorizzazione) che quelli sostanziali dell'altro (allestimento di mezzi e di attività continuative organizzate), può dar luogo al concorso di entrambi i reati ai sensi dell'art. 81 cod. pen.

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. SANSONE Luigi - Presidente - del 18/03/2004
Dott. MANNINO Saverio Felice - Consigliere - SENTENZA
Dott. MARTELLA Ilario - Consigliere - N. 682
Dott. GRAMENDOLA Francesco - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SERPICO Francesco - Consigliere - N. 34182/2003
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA presso il Tribunale di Trani;
avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di Bari 28 luglio 2003, con la quale è stata annullata l'ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Trani 24 giugno 2003, che aveva applicato a:
OSTUNI Adriano, nato il 21 dicembre 1955 a Bari;
la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere, sostituita il 16 luglio 2003 con gli arresti domiciliari, per i reati di cui agli artt. 416 e 635 c.p.; 53 bis e 51 D. L.vo n. 22/97; 146 lett. c) e D. L.vo n. 490/99.
Letta la memoria difensiva pervenuta l'11 marzo 2004;
Sentita la relazione svolta dal Cons. Dott. S. F. MANNINO;
Sentita la requisitoria del P.G., in persona del Dr. CEDRANGOLO Oscar, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso;
Sentita l'arringa del difensore, avv. Lazzaro DI TRANI, il quale aderisce alla richiesta del P.G.;
osserva:
IN FATTO E DIRITTO
Avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di Bari 28 luglio 2003, con la quale è stata annullata l'ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Trani 24 giugno 2003, che aveva applicato a Adriano Ostuni la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere, sostituita il 16 luglio 2003 con gli arresti domiciliari, per i reati di cui agli artt. 416 e 635 c.p.; 53 bis e 51 D. L.vo n. 22/97; 146 lett. c) e 163 D. L.vo n. 490/99, ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trani, chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi:
1. inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 53 bis D. L.vo 5 febbraio 1997 n. 22, erroneamente considerato come norma residuale rispetto a ipotesi contravvenzionali previste dalla stessa legge, e mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine all'insussistenza dei presupposti della norma suddetta nonché sull'impossibilità del concorso fra i reati previsti dagli artt. 51 e 53 bis D. L.vo n. 22/97 cit., benché le due figure di reato abbiano presupposti differenti;
2. illogicità della motivazione con riguardo alla prova dell'ingente quantitativo di rifiuti smaltito, oggetto di precisa contestazione nel capo B) dell'imputazione;
3. illogicità della motivazione in ordine alla prova che la ditta BLU abbia inquinato il fiume Locone, esclusa per il fatto che nelle vicinanze vi erano altre discariche, in contrasto con le risultanze della consulenza tecnica in atti e con la disciplina penale delle concause.
Il Tribunale ha introdotto la motivazione della propria ordinanza con la precisazione che il riesame avrebbe dovuto limitarsi ai due delitti fra le imputazioni contestate, che ai sensi dell'art. 280 c. 2 c.p.p. legittimavano la misura cautelare applicata: l'associazione per delinquere di cui all'art. 416 c.p., contestata al capo a), e l'attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, di cui all'art. 53 bis D. L.vo 5 febbraio 1997 n. 22, introdotto dall'art. 22 L. 23 marzo 2001 n. 93, contestata al capo b) dell'imputazione. Procedendo a ulteriore approfondimento il Tribunale ha ritenuto preliminare l'esame dell'imputazione di cui all'art. 53 bis D. L.vo n. 22/97 in quanto nella contestazione si prospettava come finalizzata rispetto a quella di associazione criminosa. E dopo aver rilevato che secondo il capo d'imputazione relativo il reato predetto era stato commesso mediante la realizzazione e la gestione della discarica BLU, abilitata a ricevere e smaltire solo rifiuti speciali non pericolosi, ha preso in considerazione le irregolarità dell'autorizzazione, sia sotto il profilo burocratico-formale, sia per l'aspetto paesaggistico, così come contestate nei due specifici capi d'imputazione riguardanti la violazione dell'art. 51 D. L.vo n. 22/97 e degli artt. 146 lett. c) e 163 D. L.vo n. 490/99. In particolare, preso atto che, in seguito alla classificazione dei rifiuti di cui alla determinazione della Provincia di Bari n. 10 del 20 febbraio 2003, era stato fatto obbligo di non accettare rifiuti urbani o speciali assimilabili agli urbani, rientranti nell'esclusiva competenza obbligatoria dei comuni; di non smaltire rifiuti allo stato liquido nonché residui della produzione di imballaggi, il Tribunale ha sottolineato che nella motivazione dell'ordinanza del G.I.P. erano stati individuati cinque casi di smaltimento di rifiuti non rientranti nelle tipologie autorizzate, il primo perché si trattava di rifiuti speciali assimilati agli urbani; il secondo, il terzo e il quarto perché rifiuti in polvere pericolosi, così come quelli del quinto caso, provenienti in quantità ingente dalla I.A.S. di Siracusa al servizio del Polo industriale Priolo Gargalla. Alla valutazione di tali casi l'ordinanza di riesame ha premesso l'interpretazione dell'art. 53 bis cit. sotto il profilo del coordinamento di questa nuova norma con le preesistenti figure contravvenzionali previste dall'art. 51 D. L.vo n. 22/97. Una volta precisato che l'art. 53 bis ha un ambito di applicazione più vasto del precedente art. 53, in quanto le condotte illecite con esso perseguite aderiscono a qualsiasi tipo di rifiuto, senza la specifica delimitazione dell'art. 53, il Tribunale ha ritenuto che al termine abusivamente, contenuto nell'art. 53 bis, si deve riconoscere un'accezione residuale rispetto alle specifiche ipotesi contravvenzionali e che perciò, in assenza di autorizzazione o d'inosservanza delle disposizioni in essa contenute deve trovare applicazione il precedente art. 51.
In realtà, la fattispecie dell'art. 53 bis D. L.vo n. 22/97 (organizzazione di traffico illecito di rifiuti) è radicalmente diversa da quella del precedente art. 51 (attività di gestione di rifiuti non autorizzata) e fra le due norme non è configurabile un rapporto di specialità, ne' le stesse sono alternative, sicché l'applicazione dell'una escluda necessariamente l'applicazione in concreto dell'altra, ma nella fattispecie concreta possono ricorrere sia gli elementi sostanziali indicati dell'una (l'allestimento di mezzi e di attività continuative organizzate) che quelli formali previsti dall'altra (mancanza di autorizzazione), dando luogo al concorso di entrambi i reati ai sensi dell'art. 81 c. 1 c.p.. In questo senso il termine "abusivamente", contenuto nell'art. 53 bis, lungi dall'avere valore "residuale" e, quindi, alternativo rispetto alla disposizione dell'art. 51, ne costituisce un esplicito richiamo in quanto si riferisce alla mancanza di autorizzazione, che determina l'illiceità della gestione organizzata e costituisce l'essenza del traffico illecito di rifiuti.
Pertanto il primo motivo di ricorso è sicuramente fondato. Per quanto riguarda il secondo motivo le argomentazioni del P.M. in ordine al concetto di ingente quantità appaiono fondate. Il Tribunale, dopo aver affermato che all'ulteriore elemento connotativo del delitto di cui all'art. 53 bis della ingente quantità va riconosciuto un valore assoluto in funzione del bene giuridico tutelato dalla norma, individuato nella messa in pericolo o nella lesione della pubblica incolumità, sostiene Che nell'ipotesi di discarica autorizzata la natura ingente del quantitativo abusivamente gestito.
Ora, nell'applicazione dell'art. 53 bis D. L.vo n. 22/97, anche nell'ipotesi in cui il traffico illecito di rifiuti venga eseguito in una discarica regolarmente autorizzata, se è vero che l'ingente quantità quale elemento costitutivo del reato non può desumersi automaticamente dalla stessa organizzazione e continuità dell'attività di gestione di rifiuti, è altrettanto vero che nel testo della norma non si rinviene alcun dato che autorizzi a relativizzare il concetto, riportandone la determinazione al rapporto tra il quantitativo di rifiuti illecitamente gestiti e l'intero quantitativo di rifiuti trattati nella discarica, per cui l'ingente quantità dev'essere accertata e valutata con riferimento al dato oggettivo della mole dei rifiuti non autorizzati abusivamente gestiti.
Fatta questa precisazione, dalla quale deriva che il rapporto tra i rifiuti lecitamente smaltiti e quelli trattati illecitamente nella discarica può essere valido tutt'al più per stabilire se l'autorizzazione alla discarica sia un paravento predeterminato per un'attività ontologicamente diversa da quella autorizzata, occorre tuttavia aver riguardo alle valutazioni svolte in concreto dal Tribunale e, in particolare, all'esito degli accertamenti sull'inquinamento del fiume Locone.
In realtà, la constatazione che in uno dei tre pozzi piezometrici della discarica i parametri eccedono i valori tabellari, per cui le relative acque di laida risultano fortemente inquinate, costituisce un riscontro importante che conferma l'ingente quantità dei rifiuti pericolosi abusivamente smaltiti nella discarica stessa. Tuttavia, fermo restando il principio, ribadito dallo stesso Tribunale, che il delitto di cui all'art. 53 bis D. L.vo n. 22/97 non richiede per la sua sussistenza il nocumento al territorio, non si può non tener conto a questo riguardo dell'accertamento della presenza di altre discariche operanti nella zona e ritenere valida l'esigenza, segnalata dal Tribunale, di più approfondite indagini per verificare l'incidenza dell'attività della discarica della Blu s.r.l. sull'inquinamento complessivo del fiume e, quindi, dell'entità del fenomeno abusivo (l'ingente quantità dei rifiuti). Indubbiamente questo elemento appare già sostenuto da un indizio preciso, costituito dai rifiuti provenienti dal Polo industriale di Siracusa i quali sono definiti espressamente come di ingente quantità. E tuttavia la gravita della misura richiede la formazione di un quadro indiziario più organico e completo e caratterizzato da un maggior grado di certezza.
D'altra parte, il P.M., in ordine ai risultati degli accertamenti su cui in definitiva il Tribunale fonda la sua pronuncia, prospetta censure in fatto al provvedimento impugnato, offrendo valutazioni alternative sottratte al sindacato di legittimità. Lo stesso è a dirsi per quanto riguarda il reato concorrente di associazione per delinquere, che nella decisione impugnata si fa dipendere dalla diagnosi relativa al primo reato, aggiungendo altri elementi, relativi al concorso dell'Ostimi. La motivazione del Tribunale appare adeguata ed in sè logicamente coerente, mentre l'obiezione si fonda su una semplice critica alla valutazione delle prove in tal senso, insindacabile nel giudizio di cassazione. L'impugnazione pertanto non può ritenersi fondata. P.Q.M.
LA CORTE
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 18 marzo 2004.
Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2004