Cass. Sez. III n. 26973 del 2 luglio 2009 (Cc. 7 apr. 2009)
Pres. Onorato Est Mulliri Ric. Casaioli
Rifiuti. Sequestro preventivo e discarica

L’asserzione contenuta in un decreto di sequestro preventivo, secondo cui in un piazzale sarebbe stato realizzato un deposito “avente natura di rifiuti (che) é stato anche ricoperto .(si da) ... ravvisarsi una vera e propria discarica abusiva” e fondata esclusivamente sul contenuto di una denuncia, sulle foto da essa allegate e sulle dichiarazioni del coniuge della denunciante è del tutto insufficiente per giustificare la sussistenza del fumus del reato contestato, vertendosi su un tema specifico e tecnico che presuppone l’effettuazione di esami peculiari

1. Provvedimento impugnato e motivi del ricorso
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Perugia ha respinto la richiesta di riesame formulata dall’odierno ricorrente con riferimento al decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. per alcuni terreni siti a Perugia ed in uso al Casaioli. A quest’ultimo, viene contestata la violazione dell’art. 256 co. 2 e 3 D.Lvo 152/06 per avere costituito nei terreni in questione — ove insiste la ditta Casaioli Costruzioni — un piazzale per macchine movimento terra e materiale vario, utilizzando terra da riporto e materiali edili provenienti da altri cantieri e procedendo, poi all’asfaltatura, nonché realizzato un deposito di materiali eterogenei a ridosso del fiume Gratiano; il tutto, senza essere in possesso di alcun titolo abilitativo allo smaltimento di rifiuti.

Avverso tale decisione, ha proposto ricorso la difesa dell’indagato deducendo:
1) carenza del fumus commissi delicti e difetto di motivazione sul punto. Si fa, infatti, notare come non possa dirsi adeguata la motivazione del Tribunale sotto il profilo indiziario non potendosi annettere peso significativo, in tal senso, alla mera denuncia di Casaioli Luciana ed alle dichiarazioni del di lei marito. Il vero è che, nella specie, non è mai stata fatta l’unica cosa necessaria e cioè un esame del terreno e gli stessi verbalizzanti del Corpo Forestale dello Stato, nella loro annotazione, si diffondono su presunte violazioni edilizie mentre, per quel che attiene ad ipotetiche violazioni ambientali, si rimettono a determinazioni dell’A.G. subordinatamente ad “accertamento tecnico sui luoghi interessati dai presunti illeciti”. Il che equivale a dire che, se tali violazioni vi fossero state, sarebbero state denunciate e non poste in termini meramente ipotetici e da verificare previ accertamenti.
Per quel che attiene, poi, alle particelle 97 e 98 si fa notare che l’indagato aveva prodotto al Tribunale copia della domanda di conversione e ristrutturazione visto che si tratta di un reimpianto di vigna e non di movimento terroso di discarica abusiva. Tra l’altro il perdurare del sequestro sull’area determina la perdita del finanziamento pubblico concesso per l’investimento agricolo.
Anche per il tratto stradale vicino, risulta esservi stata regolare autorizzazione;
2) violazione di legge (art 606 lett. b e c) c.p.p. in rel. agli art. 157 e 256 c.p. e 129 c.p.p.) in quanto il piazzale antistante l’azienda è in ogni caso, preesistente dal 1999 sì che un eventuale reato sarebbe prescritto. Ciò sarebbe dimostrato da foto aeree la cui risalenza nel tempo è attestata dalle dichiarazioni rese da Casaioli Stefania al difensore ex art. 391 ter c.p.p.
A fronte di tutto ciò la motivazione del Tribunale sarebbe una mera formula di stile;
3) violazione di legge (art. 606 lett. C) c.p.p.) per insussistenza delle esigenze cautelari posto che, da un lato, si prende atto (v. f. 2 primo decreto) della “definitiva realizzazione delle opere” e, dall’altro, non esiste alcun elemento fattuale che possa ragionevolmente addurre un sospetto circa l’esistenza di un’attuale attività di movimentazione di terreno e/o mezzi e, comunque, la stessa S.C. (sez. III 3.7.01, Minopoli) ha escluso la legittimità del sequestro preventivo di un immobile già ultimato a meno che (sez. III 16.11.06 n. 5225) “sia stata verificata la reale compromissione degli interessi ambientali ossia il livello di pericolosità che l’utilizzazione del bene avrebbe potuto raggiungere, in ordine all’oggetto della tutela penale”. A tale riguardo, le motivazioni fornite sono poco più che di stile.
Con una prima memoria, il ricorrente, per sottolineare il vizio motivazionale del Tribunale, ha allegato una relazione tecnica, redatta da un geologo per conto del Casaioli, che non ha evidenziato, nel piazzale, la presenza significativa di materiale inquinante ed ha, invece, confermato la vetustà dell’opera.
Con una seconda memoria, il ricorrente richiama l’attenzione sulla recente modifica legislativa in ordine alla gestione delle terre e rocce da scavo (L. 28.1.09 n. 2 di conv. al D.L. 29.11.08 n. 185) il cui art. 20 co. 10 sexies modifica l’art. 185 D.Lvo 152/06 aggiungendo un comma c-bis grazie al quale si hanno motivi ulteriori per accogliere il ricorso.
Conclude, pertanto, il ricorrente invocando l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

2. Motivi della decisione - Il ricorso merita accoglimento.
Valutando il provvedimento impugnato nell’ottica del primo motivo di ricorso, si constata che, nel primo decreto di sequestro preventivo, emesso in data 19.10.08 (poi richiamato confermato e puntualizzato - quanto alle particelle - dal decreto del 14.11.08, oggetto di riesame) il G.i.p. ha ritenuto configurabile la violazione dell’art. 256 D.L.vo 152/06 e sussistente il relativo fumus “con riguardo al piazzale realizzato attraverso il deposito e l’indebito utilizzo di rifiuti’.
Non risulta esplicitamente citata la fonte dalla quale il Giudice ha attinto la specifica asserzione e ciò perché, nell’incipit del provvedimento, vi è un generico riferimento alla “denuncia presentata da Casaioli Luciana”, alle “fotografie allegate”, agli ulteriori accertamenti svolti’, alle “dichiarazioni di Suriani Mauro” (marito della Casaioli n.d.r.), alle “verifiche eseguite presso il Comune di Perugia e presso il Servizio gestione e Controllo Ambientale della Provincia di Perugia”. Da tutti questi atti, però, il G.i.p. desume anche la realizzazione di una serie di opere edilizie per le quali — trattandosi di opere ultimate ed essendo stato escluso l’impatto ambientale — non ha emesso il provvedimento invocato.
Conseguentemente, al fine di meglio comprendere su cosa si sia basato il G.i.p. (dal momento che il provvedimento è stato emesso in accoglimento dell’analoga richiesta del P.M. - che, a sua volta, è fondata sulla nota 2.10.08 del corpo Forestale dello Stato di Perugia -) è andando a verificare il contenuto ditale ultima nota che si apprende come, in essa (f. 19 fasc. P.M.) ci si diffonda sugli illeciti edilizi soggiungendosi: “per quanto riguarda gli smaltimenti illeciti di rifiuti denunciati si rimanda a Codesta A.G. circa la possibilità di delegare un accertamento tecnico sui luoghi interessati dai presunti illeciti”.
Non consta che tali accertamenti tecnici vi siano stati (anche perché, diversamente, sarebbero stati citati anche dal G.i.p.).
Deve, quindi, concludersi (in ciò dando ragione a quanto lamentato dal ricorrente nel motivo in esame) che l’asserzione contenuta nel decreto del G.i.p. - secondo cui nel piazzale sarebbe stato
realizzato “un deposito avente natura di rifiuti…(che)…è stato anche ricoperto (sì da) ... ravvisarsi una vera e propria discarica abusiva” — sia fondata esclusivamente sulla denuncia di Casaioli Luciana, sulle foto da essa allegate e sulle dichiarazioni di suo marito.
La qual cosa, vertendosi su un tema specifico e tecnico che presuppone l’effettuazione di esami peculiari, risulta francamente insufficiente a giustificare l’asserzione fatta dal giudicante ed avallata dal Tribunale per il Riesame — nel provvedimento qui impugnato - con motivazione che sostanzialmente replica quella del G.i.p. senza aggiungere alcun elemento ma, anzi sottolineando, a propria volta la necessità “di approfondimenti di tipo tecnico” (come del resto auspicato, ab initio anche dalla p.g. operante).
Pur essendo vero che, in tale fase processuale, deve essere valutata la sussistenza del fumus dei reati contestati, e non la sussistenza dell’ipotesi criminosa, è pur vero che (come da insegnamento concorde di questa S.C. - SS.UU. 29.1.97 n. 23, Bassi - e della stessa Consulta – n.
48/94) il fumus deve “intendersi nel senso di una ragionevole prospettiva che esso possa essere, in seguito, considerato come davvero esistente (Sez. III, 27.1.00. Cavagnoli, Rv. 216451). Con riguardo al tipo di imputazione provvisoria qui elevata, sembra, quindi, inevitabile acquisire elementi più concreti ed obiettivi sui quali fondare il giudizio in ordine alla ricorrenza del fumus di reità.
A tale stregua, il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio degli atti al Tribunale di Perugia per un nuovo esame alla luce delle considerazioni appena svolte.
L’accoglimento del primo motivo risulta assorbente del secondo.
Per quanto attiene, poi agli argomenti di cui alla seconda memoria - nella quale si evidenzia il sopraggiungere di modifiche normative (L. 28.1.09 n. 2 di conv. al D.L. 29.11.08 n. 185) - si osserva che non è possibile verificarne l’applicabilità perché, stante l’assenza di esami tecnici nel caso in questione, non si può neanche stabilire se si tratti o meno di “terre e rocce da scavo”. Evidente, quindi, che spetterà al giudice di rinvio una tale valutazione di fatto una volta acquisiti i necessari elementi tecnici.