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Sez. 3, Sentenza n. 38318 del 02/07/2004 Ud. (dep. 29/09/2004 ) Rv. 229624
Presidente: Papadia U. Estensore: Lombardi AM. Relatore: Lombardi AM. Imputato: Pastorino. P.M. Albano A. (Conf.)
(Rigetta, App. Genova, 8 Maggio 2002)
SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Realizzazione e gestione di discarica non autorizzata - Differenze - Quantitativo di rifiuti presente - Rilevanza - Esclusione.
CON MOTIVAZIONE

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Massima (Fonte CED cassazione)
In tema di gestione dei rifiuti, integra il reato di realizzazione di discarica in difetto di autorizzazione l'allestimento di un'area con l'effettuazione di opere, quali spianamento del terreno, apertura di accessi, sistemazione, perimetrazione o recinzione, mentre è configurabile la diversa ipotesi di gestione di discarica abusiva allorchè sussiste una organizzazione, anche se rudimentale, di persone e cose diretta al funzionamento della medesima, nè assume rilevanza in quest'ultima ipotesi il dato che il quantitativo di rifiuti presenti in loco non risulti di particolare entità.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. PAPADIA Umberto - Presidente - del 02/07/2004
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - SENTENZA
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - N. 1535
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 42284/2002
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
avv. Renzo Venturini, difensore di fiducia di Pastorino Adriano, n. a Campo Ligure l'8.5.1947;
avverso la sentenza in data 8.5.2002 della Corte di Appello di Genova, con la quale, a conferma di quella del Tribunale di La Spezia in data 6.4.2001, venne condannato alla pena di mesi cinque di arresto e L. 4.000.000 di ammenda, quale colpevole dei reati: a) di cui all'art. 51, comma terzo, del D. L.vo n. 22/97; b) di cui agli art. 1 sexies della L. n. 431/85 e 163 del D. L.vo n. 490/99; c) di cui all'art. 20 lett. c) della L. n. 47/85, unificati sotto il vincolo della continuazione.
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in Pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Albano Antonio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore, Avv. Renzo Venturini, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Genova ha confermato la pronuncia di colpevolezza del Pastorino in ordine ai reati precisati in epigrafe, ascrittigli per avere realizzato e gestito una discarica di rifiuti provenienti da demolizioni edili e stradali in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e ambientale senza le prescritte autorizzazioni e in difformità della concessione n. 46 del 1999, rilasciata per l'esecuzione di opere di bonifica e di risistemazione di suolo agricolo mediante riporto di terreno esclusivamente vegetale. I giudici di merito hanno accertato in punto di fatto che l'imputato aveva realizzato uno sbancamento del terreno, destinando l'area all'uso indicato in imputazione. La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l'appellante aveva sostenuto la liceità dei fatti ascrittigli, deducendo, tra l'altro, che ai materiali depositati non poteva essere attribuita natura di rifiuti, in quanto assimilabili a terra e rocce. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, che la denuncia con due motivi di gravame.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con entrambi i mezzi di annullamento il ricorrente denuncia la mancanza o manifesta illogicità della motivazione della sentenza. Si deduce che la sentenza ha illogicamente affermato la colpevolezza dell'imputato in relazione alle varie ipotesi criminose ascrittegli, pur essendosi rilevato che non è stato possibile accertare la quantità dei materiali, definiti quali rifiuti, depositata. Con i motivi si censura inoltre, come palesemente illogica, la valutazione della consistenza di detto materiale mediante il riferimento alla circostanza che per asportarlo è stato necessario l'impiego di un camion, in quanto non sono state accertate le dimensioni e le condizioni di carico del camion utilizzato.
Il ricorso è infondato.
La sentenza impugnata, riportando sul punto la motivazione della pronuncia di primo grado, ha esattamente osservato che la qualificazione di discarica deriva dalla destinazione oggettiva dell'area, come accertata, in considerazione della ripetitività delle operazioni di scarico, dello spianamento dell'area ad essa destinata e della sua perimetrazione e recinzione, della previsione del conferimento di ulteriori quantità di rifiuti, in conformità dell'indirizzo interpretativo di questa Corte citato nella sentenza. È stato infatti affermato da questa Corte che "È configurabile il reato di gestione di discarica abusiva di rifiuti speciali, quando esiste una rudimentale organizzazione di persone e cose, diretta al funzionamento della medesima Sussiste, invece, la contravvenzione di realizzazione di discarica, quando vi sia l'allestimento di un'area con effettuazione di opere a ciò occorrenti (spianamento del terreno, apertura di accessi; sistemazione; perimetrazione;
recinzione). Il reato di gestione è caratterizzato dalla permanenza, che cessa con il rilascio dell'autorizzazione o con la chiusura o la disattivazione o con la sentenza di primo grado." (sez. 3^, 199704013, Vasco, riv. 207613).
Non assume, pertanto, rilevanza per negare l'esistenza della discarica, la cui realizzazione e gestione è stata ascritta all'imputato, la circostanza che il quantitativo dei rifiuti, che peraltro i giudici di merito hanno ritenuto cospicuo, non risulti di particolare entità, allorché sussistano gli altri elementi indicati nella pronuncia impugnata.
Nè l'accertamento di merito sul punto può essere censurato in sede di legittimità mediante rilievi di natura fattuale. Esattamente, infine, i giudici di merito hanno affermato che i materiali di risulta provenienti da demolizioni edili rientrano nella categoria dei rifiuti speciali, secondo la classificazione di cui all'allegato A del D. L.vo n. 22/97.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. al rigetto dell'impugnazione segue a carico del ricorrente l'onere del pagamento delle spese processuali. P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente Pastorino Adriano al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma, nella Pubblica udienza, il 2 luglio 2004. Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2004