Sez. 3, Sentenza n. 38689 del 09/07/2004 Ud. (dep. 01/10/2004 ) Rv. 229629
Presidente: Dell'Anno P. Estensore: Sarno G. Relatore: Sarno G. Imputato:
Frison. P.M. Izzo G. (Conf.)
(Rigetta, App. Roma, 10 Aprile 2002)
SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Reato di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti - Motori e parti di veicoli - Verifica della effettiva percolazione - Necessità - Esclusione - Fondamento.
CON MOTIVAZIONE
Massima (Fonte CED Cassazione)
In tema di gestione dei rifiuti, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 14 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul suolo, non è necessario l'accertamento dell'attualità della percolazione di sostanze liquide costituenti rifiuto, essendo sufficiente che questa costituisca, in una valutazione che tenga conto del dato logico e dell'esperienza comune, una conseguenza inevitabile o altamente probabile, atteso che la disposizione di cui al citato art. 14 costituisce una norma di chiusura che persegue la finalità di impedire che per effetto della raccolta e dell'accumulo sul suolo di rifiuti possa derivare una danno all'ambiente. (Fattispecie relativa al deposito di motori ed altre parti di veicoli in difetto di autorizzazione).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. DELL'ANNO Paolino - Presidente - del 09/07/2004
Dott. ZUMBO Antonio - Consigliere - SENTENZA
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - N. 01629
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SARNO Giulio - Consigliere - N. 010411/2003
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) FRISON REMO, N. IL 23/12/1950;
avverso SENTENZA del 10/04/2002 CORTE APPELLO di ROMA;
visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. SARNO GIULIO;
Udito il parere del Procuratore Generale in persona del Dott. Gioacchino IZZO che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore avv. Alberto Melegari;
Udito il P.M. nella persona del Dott. IZZO Gioacchino che ha concluso: rigetto del ricorso.
I fatti:
Con sentenza del 14.3.2000 il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Latina condannava Frison Remo alla pena di mesi tre di arresto, sostituendola con lire 6.750.000 di ammenda, per il reato previsto dall'art. 51, comma 1, legge 22/97, per avere svolto una attività di autodemolizione e senza la prescritta autorizzazione, e, previa unificazione con il vincolo della continuazione, alla pena di lire 3.000.000 di ammenda per il reato di cui all'art. 14 in relazione all'art. 3 numero 2 lettera b) del d.lvo n. 95/1992, per aver tenuto motori e parti di essi adagiati sul nudo terreno ed esposti al dilavamento meteorico con conseguente percolazione di olii. In Latina il 4.2.2000.
Disponeva, inoltre, la confisca di quanto in sequestro. Avverso tale sentenza proponeva appello il Frison chiedendo:
a) l'assoluzione dal reato di cui all'articolo 14 d.lvo 95/1992, perché gli agenti non avevano constatato la percolazione degli olii;
b) la condanna alla sola pena pecuniaria per il reato di cui all'art. 51 legge 22/1997, concernendo la violazione rifiuti non pericolosi;
c) l'applicazione della disciplina della continuazione agli episodi indicati in un decreto penale, prodotto in primo grado, ma non ancora esecutivo, e ad una sentenza del 1993.
Con sentenza del 10.4.2002, la Corte di Appello di Roma confermava la sentenza impugnata e condannava l'appellante al pagamento delle maggiori spese processuali per il grado di giudizio. Contro la sentenza della Corte d'Appello il Frison ha proposto ricorso per Cassazione per i seguenti motivi:
a) violazione dell'art. 606 lett. b) c.p.p. per inosservanza o erronea applicazione degli artt. 14 e 3 n. 2 lett. b) d.Lvo. n. 95/1992;
b) violazione dell'art. 606 lett. e) c.p.p. per manifesta illogicità della motivazione in relazione alla insussistenza della continuazione.
In ordine al primo motivo il ricorrente osserva che per la configurazione dell'ipotesi delittuosa in esame è necessario che l'olio o la sostanza nociva cada sul terreno e che il giudice di appello ha erroneamente ritenuto sussistente l'ipotesi delittuosa benché non sia mai stata riscontrata la percolazione di olii. In ordine al secondo motivo il ricorrente rileva, invece, che la Corte di Appello ha escluso la continuazione attribuendo rilievo pregnante al solo elemento della distanza temporale tra i fatti. MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato e va rigettato.
In ordine al primo motivo si osserva quanto segue:
Il decreto legislativo n. 95/1992, dando attuazione, alla direttiva CEE n. 75/439 - successivamente modificata dalla direttiva 87/101 -, ha disciplinato specificamente la tenuta, la raccolta e l'eliminazione degli olii usati.
Lo scopo della direttiva è duplice in quanto per un verso essa persegue la finalità di approvvigionamento di combustibili attraverso la loro riutilizzazione e, dall'altro, nel rispetto del programma d'azione delle Comunità europee in materia ambientale, quella di garantire che l'eliminazione degli oli usati sia effettuata senza conseguenze nocive per l'ambiente.
È in questo contesto che si pone l'art. 14 del decreto che sanziona, tra l'altro, il deposito e/o lo scarico di olii usati che abbia effetti nocivi per il suolo.
Tale disposizione va letta come "norma di chiusura", nel senso che persegue evidentemente la finalità di impedire in maniera onnicomprensiva qualsiasi condotta finalizzata alla eliminazione degli olii esausti con modalità contrastanti con quelle indicate nel decreto.
La norma vieta, infatti, ove ne possano derivare effetti nocivi per il suolo, non solo l'attività di scarico degli olii sul terreno e, cioè, in quella di sversamento propriamente intesa, ma anche quella di deposito degli olii medesimi.
In quest'ultimo caso si tratta evidentemente di un divieto finalizzato ad impedire " a monte" che, per effetto della raccolta e dell'accumulo sul suolo di elementi nocivi, possa derivare danno all'ambiente.
La valutazione del rischio implica naturalmente un'attenta valutazione non solo dalla tipologia degli olii ma anche delle condizioni di raccolta, tenuta ed allocamento degli olii medesimi e dei loro contenitori.
Per la sussistenza del reato non appare necessario, peraltro, l'accertamento dell'attualità della percolazione apparendo sufficiente che essa costituisca, in una valutazione che tenga conto anche del dato logico e dell'esperienza comune, conseguenza inevitabile o, quantomeno, altamente probabile della condotta. Correttamente è, pertanto, ravvisabile il reato in esame in presenza di motori adagiati su nudo terreno ed esposti al dilavamento meteorico.
Quanto al secondo motivo si osserva che la motivazione della Corte di appello non appare censurabile in questa sede.
La sentenza impugnata non nega affatto che la continuazione debba essere applicata sulla base di indici comunemente riconosciuti attraverso le pronunce della Suprema Corte.
Semplicemente la Corte di appello opera una valutazione di tali indici attribuendo, nell'escludere la continuazione, valore pregnante all'elemento della distanza cronologica tra i fatti. Trattandosi di valutazione di merito, adeguatamente e logicamente motivata, essa si sottrae al giudizio di questa Corte. P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del processo.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2004.
Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2004