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Sez. 3, Sentenza n. 46735 del 14/10/2004 Ud. (dep. 02/12/2004 ) Rv. 230805
Presidente: Dell'Anno P. Estensore: Petti C. Relatore: Petti C. Imputato: Di Girolami. P.M. Izzo G. (Parz. Diff.)
(Rigetta, App. L'Aquila, 31 Ottobre 2003)
SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento rifiuti - Realizzazione di discarica comunale di rifiuti in assenza di autorizzazione regionale - Ordinanza contingibile ed urgente - Limiti.

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Massima (Fonte CED Cassazione)
Integra il reato di abusiva realizzazione di discarica di rifiuti (art. 51 D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22) la condotta del sindaco che, per risolvere l'ordinaria esigenza di smaltimento di rifiuti o per ragioni di carattere finanziario consente, in assenza dell'autorizzazione regionale, l'installazione di una discarica avvalendosi della disposizione di cui all'art. 13 del D.Lgs. citato, atteso che, in materia di smaltimento di rifiuti, è legittimo fare ricorso all'ordinanza contingibile ed urgente solo per esigenze di carattere temporaneo ed in presenza di una situazione sopravvenuta che presenti il carattere dell'eccezionalità quale, ad esempio, un evento naturale straordinario (terremoto, alluvione, incendio, ecc.).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. DELL'ANNO Paolino - Presidente - del 14/10/2004
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 1944
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - N. 5103/2004
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Di Girolami Ercole, nato a Campotosto il 20 agosto 1958;
avverso la sentenza della Corte d'appello dell'Aquila del 31 ottobre 2003, con cui veniva confermata quella pronunciata dal tribunale della medesima città;
sentita la relazione del Consigliere Dott. Ciro Petti;
udito il Sostituto Procuratore Generale nella persona del Dott. Gioacchino Izzo, il quale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
OSSERVA IN FATTO
Con sentenza del 31 ottobre 2003, la corte d'appello dell'Aquila confermava quella pronunciata dal tribunale della medesima città, con cui Di Girolami Ercole era stato condannato, con il beneficio della sospensione condizionale, alla pena di mesi quattro di arresto ed E. 1800,00 di ammenda per il reato di cui all'art. 51 comma 3^ D.Lg.vo n. 22/1997, per avere gestito, quale sindaco del Comune di Campotosto, una discarica di rifiuti urbani senza autorizzazione regionale nonché a quella di mesi uno di arresto ed E. 15.000,00 di ammenda per i reati di cui agli artt. 81 capov c.p.., 163 D.Lg.vo n. 490 del 1999, 30 legge n. 394 del 1991 e 734 c.p. per avere, nella predetta qualità, in assenza delle prescritte autorizzazioni delle autorità preposte alla tutela dei vincoli, realizzato e gestito, in zona ricompressa nel perimetro del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, una discarica di rifiuti urbani danneggiando e, comunque, alterando le bellezze naturali dei luoghi. In base alla sentenza impugnata il fatto può sintetizzarsi nella maniera seguente.
Il 15 giugno 2000 la P. G. accertava che il Comune di Campotosto, di cui il Di Girolami era sindaco, stava utilizzando per lo smaltimento dei propri rifiuti solidi urbani una discarica sita in località Reperduso, senza autorizzazione regionale. La discarica era stata attivata con ordinanza contingibile ed urgente n. 3670 del 1998. Il 29 luglio 2000 l'anzidetta discarica veniva sottoposta a sequestro preventivo. A seguito di tale provvedimento il sindaco, per risolvere il problema della gestione dei rifiuti, decideva di utilizzare una vecchia discarica, posta in località San Carlo, in zona ricompressa nel perimetro del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e quindi sottoposta a vincolo paesistico. Anche tale utilizzazione veniva disposta con ordinanza contingibile ed urgente n. 2438 dell'11 agosto 2000,in assenza dell'autorizzazione regionale e di quella delle autorità preposte alla tutela dei vincoli paesaggistici ed ambientali.
Nella sentenza impugnata si precisava che la condanna per il reato di cui all'art. 51, comma 3^, D.Lgs 22/1997 riguardava la prima discarica, sita in località Reperduso; quella per gli altri reati (artt. 81 c.p., 163 D.Lgs n. 490 del 1999, 30 legge n. 394 del 1991 e 734 c.p.) si riferiva alla seconda discarica, posta in località San Carlo. A fondamento della decisione la corte territoriale osservava che l'ordinanza n. 3670 del 1998 era illegittima e comunque era da tempo scaduta al momento del sequestro mentre quella relativa alla discarica sita in località San Carlo era stata adottata senza l'autorizzazione degli organi preposti alla tutela dei vincoli paesistici e senza il parere degli organi tecnico-sanitari che avrebbero dovuto esprimerlo con specifico riferimento alle conseguenze ambientali; che non sussisteva, ai fini della configurabilità dello stato di necessità, l'inevitabilità del pericolo perché questo poteva evitarsi con rimedi finanziari anche se costosi.
Ricorre per Cassazione l'imputato deducendo:
a) la violazione dell'articolo 51 comma terzo decreto legislativo n. 22 del 1997 con riferimento all'articolo 13 del medesimo decreto, giacché il ricorso a tale norma era legittimo mentre il prolungamento della gestione della discarica di Reperduso era imputabile al Presidente della Regione che non si era attivato, come era suo dovere, nel termine di gg. 120 dalla comunicazione dell'ordinanza;
b) la violazione dell'articolo 54 c.p. per il mancato riconoscimento dello stato di necessità, sia con riferimento alla discarica di Reperduso che con riguardo a quella di San Carlo: in ordine alla prima perché la soluzione prospettata dal tribunale di portare i rifiuti fuori provincia, come già avveniva per altri comuni abruzzesi, non era praticabile in quanto, per l'articolo 23 D.legvo n. 22 del 1997, gli ambiti territoriali di smaltimento dei rifiuti sono le province ed in tali ambiti deve avvenire la loro gestione; in ordine alla seconda perché l'utilizzazione della discarica di San Carlo era stata imposta dal sequestro di quella in località Reperduso.
c) la violazione degli artt. 81 c.p., 163 D.leg,vo n. 490 del 1990 e 734 c.p. in relazione all'art. 606 lett. c) perché il sindaco si era limitato a riprendere l'uso della vecchia discarica, senza operare alcuna modificazione della stessa e quindi senza alcuna alterazione dello stato dei luoghi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato e va pertanto disatteso. I giudici di merito hanno correttamente applicato la normativa vigente in materia di rifiuti, attenendosi ai principi formulati da questa Corte. In primo luogo va ribadito il consolidato orientamento di questa sezione in base al quale anche il sindaco, pur essendo obbligato per legge allo smaltimento dei rifiuti urbani, per la gestione di una discarica deve chiedere l'autorizzazione alla Regione, spettando solo a questa nella sua posizione sovraordinata assumere le opportune decisioni in merito al rilascio dell'autorizzazione, valutate la quantità dei rifiuti da smaltire, le strutture, l'idoneità delle discariche all'interno del territorio regionale, sulla base della comparazione di interessi pubblici e privati, trattandosi di attività che non può essere riservata alla limitata prospettiva del sindaco. Tale principio, già affermato sotto il vigore del D.P.R. 915/82 (Cass. Sez. 3^, 23.10.1989, n. 2560, Cataldi; Cass. Sez. 3^, 8.8.1989, n. 11017, Izzi; Cass. Sez. 3^, 21.4.1989 n. 6169, Porto;
Cass. Sez. 3^, 13.1.1995, n. 163, Zagni, Cass. Sez. 3^, 30.6.1995, n. 7392, Alfieri) è stato, a maggior ragione, ribadito a seguito del D.Lg.vo 22/97, che punisce la "realizzazione o gestione di discarica non autorizzata", da "chiunque" posta in essere ex art. 51, 3^ comma (cfr. Cass. 7746 del 1999, 34298 del 2002, 35551 del 2002). La Corte ha chiarito che "l'esercizio di discariche comunali di rifiuti senza autorizzazione regionale" non costituisce solo "un reato in senso formale", ma un "reale pericolo per la salute e l'ambiente", beni primari che il Sindaco ha il dovere di tutelare in concreto con tutte le iniziative pratiche necessarie, stabilendo con la Regione un rapporto di reciproca e leale collaborazione (Cass. Sez. 3^, 16.5.1995, n. 7392, Alfieri) e che ogni incertezza deve essere evitata in ordine all'eventuale esercizio dei poteri contingibili ed urgenti. Già sotto la vigenza del D.P.R. 915/82 la Corte aveva precisato (Cass. Sez. 3^, 31.1.1995, n. 1015, Carpinelli), che il potere di ordinanza del Sindaco ex art. 12 D.P.R. n. 915 del 1982 era condizionato a precisi presupposti per essere legittimo: a) la temporaneità; b) l'eccezionailità dell'evento verificatosi; c) la necessità e l'urgenza di provvedere; d) la salvaguardia della salute e dell'ambiente; e) l'individuazione delle concrete e positive misure con cui si doveva realizzare la forma temporanea di smaltimento; f) una motivazione specifica e dettagliata. Questi principi sono stati recepiti nell'art. 13 del D.Lg.vo 22/97, con ulteriori ed opportune precisazioni. Invero la temporaneità non può essere superiore a mesi sei; il potere di reiterazione non può essere esercitato più di due volte e soprattutto non è possibile derogare alle disposizioni vigenti in materia ambientale e di sicurezza pubblica, come è espressamente precisato nel preambolo dell'articolo 13 citato. Il presupposto rimane quello dell'eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell'ambiente dove la congiunzione "e" ha sostituito l'"o" del testo previgente.
Tale potere può quindi essere esercitato in presenza di una situazione sopravvenuta che presenti il carattere
dell'eccezionaiità, come ad esempio un evento naturale straordinario (terremoto, alluvione, incendio, ecc), per cui si deve intervenire con immediatezza, incompatibile con i tempi necessari per il rispetto della normativa vigente in materia. La deroga alle disposizioni vigenti, proprio perché deriva da una situazione contingente, deve essere temporanea e limitata alla persistenza della situazione emergenziale. Da ciò consegue che il ricorso al provvedimento d'urgenza non può essere invocato, in mancanza di situazioni eccezionali, per risolvere l'ordinaria esigenza di smaltimento dei rifiuti. Questa Corte ha già ritenuto illegittimo il ricorso alla disposizione anzidetta per realizzare di fatto discariche permanenti, reiterando per anni le ordinanze, senza soluzione di continuità (vedi Cass., Sez. 3^: 17.4.1998, n. 6292, Cuda; 15.7.1997, n. 9157, Felice, Cass. 9 aprile 2002, imp Bluè). Non è neppure possibile fare ricorso ai poteri d'urgenza esclusivamente per ragioni finanziarie, in quanto non esiste un principio di giustificazione di tipo economico nel sistema del D.Lgvo. n. 22/1997 come non esisteva nel D.P.R. n. 915/1982, giacché l'ente locale ha il dovere di dare la priorità alle spese necessarie per un corretto smaltimento dei rifiuti urbani, anche se il sito adatto si trovi ad una certa distanza e le risorse economiche comunali siano limitate. (vedi Cass., Sez. 111, 13.10.1995, n. 11336, Ranieri ed altri; Cass. 10.5.1994, n. 1468, Meraglia; 3.11.1993, n. 11041, Serafini;
21.10.1993, n. 2180, P.M. in proc. Baffoni). Va infine precisato che l'ordinanza di necessità non costituisce un titolo di legittimazione sostitutivo dell'autorizzazione regionale ma, secondo l'orientamento di questa corte (cfr. per tutte Cass. 25926 del 2002), configura una causa speciale di giustificazione per quelle attività di smaltimento non autorizzate che normalmente integrerebbero gli estremi di reato. Proprio perché il decreto funge da causa di giustificazione di un reato è consentito al giudice penale sindacarlo al fine di verificare la sussistenza della dedotta causa di giustificazione. Sulla base dei principi sopra richiamati la sentenza impugnata deve essere confermata giacché la condotta del sindaco, come già ritenuto dai giudici di merito, non può considerarsi giustificata nè in base all'articolo 13 D.L.gvo n. 22 del 1997 ne' in base allo stato di necessità di cui all'articolo 54 c.p..
Invero, per quanto concerne la discarica di Reperduso, i giudici del merito hanno sottolineato che al momento del sopralluogo l'ordinanza ex articolo 13 adottata dal sindaco non era più efficace e quindi l'imputato non era in possesso di alcun titolo abilitativo. In proposito la difesa nel ricorso ha fatto presente che l'inefficacia del provvedimento d'urgenza era imputabile al Presidente della Regione che non era intervenuto, come era suo dovere, a norma dell'articolo dianzi citato. Sul punto si osserva che il Presidente della Regione ha il dovere d'intervenire in presenza di un'ordinanza legittimamente adottata. Quella in esame invece era illegittima perché non si erano indicate le norme alle quali si intendeva derogare, così impedendo qualsiasi attività di monitoraggio e controllo da parte dei Ministeri dell'Ambiente e Sanità e da parte dello stesso Presidente della Regione; non si era indicata la situazione eccezionale e soprattutto non si erano esplicitate le ragioni per le quali non era possibile richiedere l'autorizzazione regionale, tanto più che, come emerge dallo stesso provvedimento, il sito dove gestire la discarica non era stato ancora predisposto al momento dell'adozione del provvedimento.
Illegittimo era altresì il provvedimento con cui in via d'urgenza si stabiliva di utilizzare la vecchia discarica in località "San Carlo", sia perché, in base al preambolo dell'articolo 13, non è possibile derogare ai vincoli paesaggistici, sia perché non era stata preceduta dai prescritti pareri e dalle autorizzazione dei soggetti preposti alla tutela dei vincoli.
Per entrambi i siti le considerazioni dei giudici di merito in ordine all'insussistenza delle condizioni per l'applicabilità dell'articolo 54 c.p. non contengono vizi logici o giuridici e perciò non sono censurabili in questa sede. In proposito è sufficiente ribadirei, che il disposto di cui all'articolo 23 D.leg.vo, pur considerando ottimale per la gestione dei rifiuti l'ambito provinciale, non esclude la possibilità di utilizzare discariche site fuori della provincia, come avveniva per gli altri comuni abruzzesi; b) il pericolo non può considerarsi inevitabile quando può essere superato con rimedi finanziari anche se costosi, posto che è compito primario dei comuni quello di reperire i fondi per lo smaltimento dei rifiuti; c) che il sequestro della discarica di Reperduso, non poteva giustificare la riapertura di quella sita in località San Carlo giacché quel primo sequestro era stato provocato dal comportamento illecito del sindaco.
Infondato è altresì l'ultimo motivo con cui in sostanza si denuncia omessa motivazione in merito alla sussistenza dei reati di cui agli artt. 163 D.legvo n. 490 del 1990, 30 legge n. 394 del 1991 e 734 c.p., in quanto si era ripreso l'uso della vecchia discarica senza operare alcuna modificazione della stessa.
In proposito si osserva che, a norma dell'articolo 1 sexies legge Galasso, il cui contenuto è stato poi trasfuso nell'articolo 163 del D.leg.vo n. 490 del 1999, il quale a sua volta è stato riprodotto nell'articolo 181 del D.leg.vo n 42 del 2004, nelle zone sottoposte a vincoli paesaggistici - era ed è vietata qualsiasi trasformazione dei luoghi senza la prescritta autorizzazione o in difformità da essa. La pena è quella prevista dall'art. 20 della legge n. 47 del 1985, articolo a sua volta abrogato dall'articolo 136 del T.U. n. 380 del 2001, il cui contenuto sanzionatorio è stato però sostanzialmente trasfuso nell'art. 44 del D. P.R. 380 del 2001. L'autorizzazione non è richiestala) per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria o di consolidamento statico e di restauro conservativo, purché non comportino alterazione dello stato dei luoghi; b) per gli interventi che si inseriscono nell'attività agro-silvo-pastorale, purché non comportino anch'essi un'alterazione permanente dello stato dei luoghi.
La contravvenzione in esame non richiede l'accertamento di un danno perché, a differenza dell'articolo 734 c.p.., configura un reato di pericolo presunto in quanto la sua consumazione prescinde da un effettivo pregiudizio o dall'alterazione del paesaggio, salvo che la condotta non sia oggettivamente inidonea, anche in astratto, a compromettere l'integrità del bene oggetto di tutela penale (Cass. sez. 6^ 19 settembre 1997, Stanzione, sez. 3^ 3 marzo 2000, Faiola). Quindi il giudice, oltre a verificare l'insussistenza di un titolo abilitante l'intervento di valenza paesaggistica, deve valutare la condotta unicamente per accertare la sua offensività specifica, indagine quest'ultima che è stata correttamente compiuta dai giudici del merito, i quali hanno accertato in concreto, oltre che l'alterazione del paesaggio, l'esistenza di un apprezzabile danno,ai fini della configurabilità anche del reato di cui all'art. 734 c.p.. Invero nella sentenza di primo grado si era sottolineata l'alterazione delle bellezze naturali dei luoghi, come emergeva dalle foto, le quali evidenziavano raggruppamenti incontrollati di cumuli di spazzatura ed in entrambe le decisioni si è evidenziato l'ampliamento della discarica precedente giacché l'area su cui venivano scaricati i rifiuti non era circoscritta a quella originaria, ma si era progressivamente allargata fino a raggiungere verso valle il lago. Si era quindi verificata un'apprezzabile alterazione dello stato dei luoghi.
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l'articolo 616 c.p.p., rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2004.
Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2004