Pres. Onorato Est. Marini Ric. Del Carratore ed altri
Rifiuti. Responsabilità
Se è vero che la presenza di un preposto alle attività di cantiere o produttive non è elemento che escluda in radice il concorso o la cooperazione del rappresentante della società negli illeciti che si realizzano nel corso delle attività produttive tale responsabilità deve essere fondata su elementi specifici che impongano di superare la natura assorbente della responsabilità dell'incaricato legittimamente preposto alla direzione e al controllo di quelle attività (fattispecie in tema di rifiuti indicati erroneamente come terre e rocce di scavo).
Svolgimento
del
processo
Al
termine di giudizio instaurato
a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, il Tribunale di
Livorno,
in composizione monocratica. con sentenza del 21 gennaio
In particolare, il Tribunale ha ritenuto che le attività di scavo del manto di strada asfaltata comportino opera di demolizione, così che i materiali di risulta, e cioè asfalto e altri detriti, vanno qualificati come rifiuti speciali ai sensi dell’art. 7, comma 3, lett. 8) del decreto legislativo n. 22 del
1997.
Avverso tale sentenza ha proposto appello il Sig. Del Carratore, lamentando “inosservanza o erronea applicazione della legge penale”, e ciò sotto un duplice profilo:
a) erronea qualificazione come “rifiuto speciale non pericoloso” dei materiali trasportati, posto che essi consistevano esclusivamente in terra e roccia;
b)
omessa considerazione della
circostanza che i materiali erano strati trasportati presso un deposito
temporaneo in vista delle successive attività di
smaltimento, che avrebbe
dovuto curare la soc. “
I Sigg. Coli e Ruberti hanno proposto impugnazione avverso sia avverso la sentenza, sia avverso l’ordinanza con cui il giudice di prime cure ha respinto l’eccezione di nullità del decreto di citazione
a giudizio in relazione alla formulazione del capo di imputazione
a)
Quanto all’ordinanza
omessa in data 21 gennaio 2005, il giudice di
prime cure avrebbe respinto erroneamente l’eccezione di
nullità del decreto di
citazione nella parte in cui attribuiva ai Sigg. Coli e Ruberti ruoli
non
ricoperti nell’ambito della società cooperativa, a
sua volta indicata con
denominazione inesistente, e cioè “
b) Quanto alla sentenza impugnata, essa avrebbe erroneamente qualificato come “rifiuti” il materiale oggetto della contestazione. Alla luce della legge n. 93 del 2001 e della legge n. 443 del medesimo anno, le terre da scavo non sono soggette ad alcuna restrizione se non vengono superati i limiti previsti per le sostanze inquinanti. In mancanza di qualsiasi accertamento sul punto, il Tribunale avrebbe dovuto escludere la sussistenza del reato
c) I ricorrenti sottolineano altresì che erroneamente il Tribunale ha omesso di considerare che i materiali oggetto di contestazione avrebbero dovuto essere riutilizzati nella fase successiva di riempimento dello scavo, e dunque all’interno del ciclo produttivo complessivo. Si tratta di circostanza che avrebbe dovuto imporre al Tribunale di escludere la qualificazione del materiale tra i “rifiuti”.
d) I ricorrenti lamentano, poi, che il Tribunale avrebbe erroneamente valutato le circostanze probatorie, da cui risulterebbe che le attività di trasporto e accumulo del materiale furono effettuate in totale autonomia decisionale dal Sig. Del Carratore.
e) Il solo Sig. Ruberti lamenta che il Tribunale avrebbe erroneamente omesso di considerare che il legale rappresentante di una società non può essere chiamato a rispondere di violazioni come quelle contestate qualora, come nel caso di specie, egli abbia espressamente delegato la responsabilità per le attività di cantiere ad altro soggetto qualificato.
Motivi della decisione
1. Va preliminarmente considerata la non fondatezza del ricorso nella parte in cui lamenta la mancata constatazione da parte dei giudici di merito del vizio comportante la nullità del decreto di citazione. La difesa ha sostenuto, ancora in corso di discussione, che il vizio del decreto di citazione a giudizio, consistente nella erronea denominazione della società cooperativa e nello scambio circa le qualifiche societarie dei Sigg. Ruberti e Coli, aveva comportato per i ricorrenti la impossibilità di comprendere i fatti posti a fondamento della contestazione e una violazione essenziale del diritto di difesa.
Tale prospettazione non può essere accolta. La circostanza che il capo di imputazione contenesse i descritti errori era a conoscenza degli allora imputati, che la rilevarono in sede di opposizione al decreto penale di condanna, così dimostrando di avere perfettamente compreso il contenuto dei fatti oggetto della imputazione e i profili di illiceità a ciascuno contestati. Tali errori, riprodotti del decreto di citazione a giudizio, furono quindi corretti a seguito di istanza del pubblico ministero e la correzione avvenne in corso di udienza alla presenza degli imputati, che prestarono acquiescenza. Mancano, quindi, i presupposti delle dedotta nullità.
2. La Corte ritiene che neppure il motivo di ricorso che concerne la natura dei materiali trasportati e depositati sia fondato. E’ pacifico che i materiali oggetto di scavo e, quindi, trasportati e depositati in luogo esterno al cantiere, consistevano non solo di terra e inerti, ma anche di asfalto proveniente dalla demolizione di manto stradale. L’attività posta in essere dai ricorrenti non può essere considerata mera attività di “scavo”, che, secondo il significato e le finalità della legge 21 dicembre 2001, n. 443, deve incidere su terreni e avere come oggetto terra e rocce.
In questo senso si è più volte pronunciata la Corte di cassazione, con decisioni che vengono condivise e qui richiamate. Si vedano, tra le altre, Sezione Terza Penale, 16 gennaio-26 febbraio 2004, n. 8424, Fiato (rv 227951) e 15 gennaio-26 febbraio 2002, n.7430, Dessena (rv 221382); quest’ultima, in particolare, esamina l’evoluzione della disciplina normativa e le ragioni per le quali solo i materiali consistenti in terra e rocce possono (il rinvio è al comma diciassettesimo dell’articolo unico della citata legge n. 443 del 2001) essere esclusi dal concetto di “rifiuti speciali” e sottratti alla sanzioni previste dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
Tale conclusione deve oggi essere confermata anche alla luce dei principi affermati recentemente dalla sentenza della Terza Sezione Penale, 10 maggio-23 giugno 2006, Berrugi e altri (rv 234482), che analizza la disciplina applicabile ai materiali consistenti in “terra e rocce da scavo”.
Merita, infine, osservare che questa Corte condivide i principi affermati, con analitica motivazione, dalla sentenza della Terza Sezione Penale, 28 giugno-13 novembre 2006, n. 37401, Pietracola e altro (rv 235074), la quale ha escluso che i materiali provenienti da lavori stradali trovino nella disciplina introdotta dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (artt. 181-184) una normativa più favorevole rispetto a quella oggetto della contestazione mossa ai ricorrenti.
Così
qualificati come “rifiuti” i
materiali estratti, trasportati e depositati in area esterna al
cantiere, non
merita accoglimento la prospettazione della difesa secondo cui si
verserebbe in
ipotesi di mero deposito temporaneo. Sul punto, infatti, questa Corte
condivide
le conclusioni cui è giunta la sentenza impugnata sulla base
della
ricostruzione dei fatti e delle modalità della ripetuta
condotta illecita. Tali
modalità hanno condotto il giudice di prime cure ad
escludere che i
responsabili della cooperativa potessero essere all’oscuro
dei termini
effettivi del deposito dei materiali e della effettiva natura di
questi. La
decisione del Tribunale in punto di fatto è sorretta, da una
motivazione
coerente rispetto al materiale probatorio e immune da vizi logici,
così che non
può essere censurata dal
giudice di
legittimità; in tal senso si esprime
l’orientamento ormai costante di
questa Corte, a partire dalla sentenza
delle Sezioni Unite Penali,
n. 2120, del 23 novembre 1995-23
febbraio 1996, Fachini
(rv 203767), orientamento che dopo le
modifiche conosciute dalla lettera e) dell’art. 606 c.p.p. ha
trovato ulteriori
specificazioni nelle ampie motivazioni
della sentenza della Seconda Sezione Penale, 5 maggio-7 giungo
2006, n. 19584, Capri ed altra (rv 233773,
rv
233774, rv 233775) e della sentenza
della Sesta Sezione Penale,
24
marzo-20 aprile 2006, n. 14054, Strazzanti
(rv 233454).
3. Deve essere, invece,
accolto il motivo di ricorso che riguarda la posizione del Sig. Ruberti. Sostiene il ricorrente
di essere stato
erroneamente ritenuto
responsabile dei fatti a lui
contestati nella qualità di
legale rappresentante della società cooperativa “
Che il Sig.Colli operasse come capo cantiere è circostanza riconosciuta dal
giudice di prime cure in conformità
con la contestazione di reato
mossa ai ricorrenti. La
sentenza
impugnata appare, invece, del tutto priva
di motivazione circa le
ragioni che hanno indotto il
giudice a ritenere sussistente una responsabilità,
anche solo a titolo di violazione del dovere di vigilanza,
del legale rappresentante della
cooperativa “
Nel caso in esame la
motivazione della sentenza impugnata, dopo avere accertato che il cantiere vedeva la presenza del solo Sig. Coli e che fu costui
a giungere rapidamente sul luogo in occasione dei controlli, fonda la responsabilità del
Sig. Ruberti
esclusivamente sulla constatazione che “la qualità
del Ruberti di legale
rappresentante della ditta