Cass. Sez. III n. 44288 del 28 novembre 2007 (Ud 7 nov. 2007)
Pres. Postiglione Est. De Maio Ric. Rescigno
Rifiuti. Rifiuti e MPS

I materiali costituiti da parti di tegole frantumate, scarto di pietre provenienti dall'estrazione di cave, inerti da demolizione, costruzione di fabbricati, blocchi di tufo, plastiche varie e qualche rottame ferroso non sono classificabili come materie prime secondarie in quanto è pacifica la loro natura di rifiuti essendo normativamente previsto che i materiali provenienti da demolizione edilizia costituiscono rifiuti speciali non pericolosi e possono essere riutilizzati nello stesso o in diverso ciclo produttivo ...previo test di cessione degli stessi, in conformità al DM 5.2.1998,in assenza del quale, ogni recupero dei materiali cd. di risulta integra reato.

Motivazione

Antonio Rescigno fu rinviato al giudizio del giudice monocratico del Tribunale di Benevento, sez. distaccata di Airola, perché rispondesse del reato di cui all’art.51 co. 3 D.L.vo 22/97 in relazione all’art.51 co. 1 lett. a) stesso decreto (“perché, in assenza di qualsivoglia autorizzazione, realizzava in località Palmentata di S.Agata dei Gori, in una cava tufacea dismessa una discarica abusiva di rifiuti non pericolosi per una superficie pari a mq. 10.000. L’area risultava recintata, salvo varchi pedonali ed invasa da cumuli di rifiuti inerti e vegetali, speciali, non pericolosi, acc. in S.Agata dei Gori il 29 marzo 2004”). Con sentenza in data 14 giugno 2006 del menzionato Giudice, il Rescigno fu condannato alla pena ritenuta di giustizia, perché riconosciuto colpevole del reato di cui all’art. 51 co. 1 D.L.vo 22/97, così diversamente qualificato il fatto a lui ascritto”.

Avverso tale sentenza propose appello (poi convertito in ricorso ex artt. 593 co. 3 e 568 co. 5 cpp) il difensore dell’imputato. Deve essere subito rilevato che l’atto risente chiaramente della sua origine di impugnazione di merito, per cui, riguardata come ricorso, va dichiarata inammissibile perché basata su censure essenzialmente di fatto, comunque, manifestamente infondate.

Con il primo motivo viene dedotto che il Rescigno avrebbe dovuto essere assolto perché il fatto non sussiste, in quanto “trattatasi di parti di tegole frantumate, scarto di pietre provenienti dall’estrazione di cave, inerti da demolizione, costruzione di fabbricati, blocchi di tufo, plastiche varie e qualche rottame ferroso, tutto materiale che può affermarsi ai sensi della C.I. del 22 luglio 1984 e del D.L. 443/19934 essere classificabile come materia prime secondarie, MPS, e quindi avviati all’effettivo riutilizzo in quanto non inquinanti”. La censura è manifestamente infondata, in quanto è ineccepibile il rilievo della sentenza di merito, secondo cui “pacifica è la natura di rifiuti dei materiali in questione”, essendo normativamente previsto che “i materiali provenienti da demolizione edilizia costituiscono rifiuti speciali non pericolosi e possono essere riutilizzati nello stesso o in diverso ciclo produttivo... previo test di cessione degli stessi, in conformità al DM 5 febbraio 1998, ...in assenza del quale, ogni recupero dei materiali cd. di risulta integra la contravvenzione” ritenuta in sentenza.

Di mero fatto, come si diceva, sono poi le altre deduzioni, secondo cui: a) ”l’area di proprietà del Rescigno è tra l’altro recintata da un reticolato di ferro e l’ingresso chiuso con un apposito cancello, proprio al fine di evitare che terzi si introducano nella medesima per scaricare laterizi senza alcuna autorizzazione”; b) ”tutti i rifiuti nominati erano già presenti sui luoghi al momento dell’acquisto” da parte del Rescigno avvenuto nell’ottobre 2001; c) nessuna responsabilità è ascrivibile al Rescigno, che “vive e risiede stabilmente a Napoli, dove svolge attività di panettiere e solo occasionalmente e sporadicamente si reca con la propria famiglia in S.Agata dei Gori”. Al riguardo può solo rilevarsi che il giudice di merito ha superato tali deduzioni, osservando che la condotta contestata è riferibile all’imputato, “che pacificamente aveva la disponibilità di quell’area e nella quale, essendo interamente recintata e chiusa..., non potevano clandestinamente penetrare i mezzi meccanici che hanno effettuato il trasporto e lo scarico di quella massa di rifiuti”.

Con altro motivo (elencato con il numero 3, ma in realtà si tratta del secondo) viene denunciata la mancata concessione delle attenuanti di cui all’art. 62 n. 4 e 62 bis cp. Va rilevato che le attenuanti in questione non risultano richieste dalla difesa in sede di discussione finale (avendo il difensore concluso solo per l’assoluzione e, in subordine, per l’applicazione dell’art. l° co. E) della L. 22/97), per cui il primo giudice non era tenuto a motivare sulle stesse.

Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente alle spese, nonché (non essendovi elementi per ritenere un’assenza di colpa) al versamento alla Cassa delle ammende della somma, equitativamente fissata, di euro mille.