Cass. Sez. III n.38823 del  20 settembre 2016 (Ud 16 giu 2016)
Pres. Andreazza Est. Renoldi Ric. Baldecchi
Rifiuti. Abbandono quale reato proprio

La fattispecie di cui all’art. 256, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006 si configura come "reato proprio", per la cui integrazione è necessario che la condotta tipica sia commessa dai "titolari di imprese" ovvero dai "responsabili di enti". Uno degli indici rivelatori del fatto che nel prestare l'attività tipica il soggetto attivo non agisca come privato cittadino è dato proprio dalla natura e provenienza dei materiali dismessi

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 9/07/2014 il Tribunale di Sassari, sezione distaccata di Alghero condannò B.L. alla pena di 2.600,00 Euro di ammenda, con le consequenziali pene accessorie previste per legge, in relazione alla contravvenzione di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 256, comma 2 e art. 192, comma 1, per avere, in qualità di legale rappresentante della Corniciart S.r.l. e, quindi, in quanto titolare di impresa, abbandonato in area pubblica l'autovettura Fiat Tempra targata (OMISSIS) (telaio n. (OMISSIS)); fatto accertato in (OMISSIS).

2. Avverso la predetta sentenza l'imputato propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi di impugnazione.

Con il primo motivo, B. denuncia la inosservanza ed erronea applicazione della legge penale (art. 606, comma 1, lett. b in riferimento agli artt. 40 e 42 c.p., D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 256, comma 2 e art. 192, comma 1), nonchè la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione sul punto (art. 606, comma 1, lett. e).

Secondo l'assunto dell'imputato, la sentenza di primo grado ne avrebbe affermato la responsabilità penale sulla base del mero dato formale della qualità di proprietario del veicolo, da lui rivestita, nonchè alla stregua di una culpa in vigilando consistente nel non avere esercitato un adeguato controllo su tale V., cui il primo avrebbe ceduto la vettura già da alcuni anni ed al quale sarebbe stata, in realtà, addebitabile la condotta materiale del reato in questione. Secondo l'assunto difensivo, un siffatto meccanismo di imputazione si sarebbe al più potuto fondare, secondo quanto ritenuto dalla stessa giurisprudenza di legittimità, sull'esistenza di un rapporto di dipendenza o subordinazione, in grado di configurare l'esistenza, in capo allo stesso B., di una posizione di garanzia in relazione alle condotte di V., non potendo la responsabilità dell'imputato fondarsi sulla negligenza mostrata nel non accertare l'intervenuta trascrizione della compravendita da parte dell'acquirente; rapporto di dipendenza che, nel caso di specie, non sarebbe stato in realtà sussistente.

Peraltro, proprio l'assenza di un siffatto rapporto qualificato, determinerebbe la configurabilità di un mero illecito amministrativo a carico dello stesso V., essendo costui un soggetto privato in capo al quale difettava la qualifica soggettiva di titolare di un ente o di un'impresa, richiesta per l'integrazione della contestata fattispecie incriminatrice.

Con il secondo motivo, il ricorrente ha chiesto, in via subordinata, la pronuncia di una sentenza di non doversi procedere, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., per essersi il reato estinto per intervenuta prescrizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso proposto da B.L. non è manifestamente infondato.

La sentenza impugnata ha affermato la responsabilità del ricorrente in ragione del fatto che egli rivestisse la qualità di legale rappresentante della Corniciart S.r.l. e che il veicolo abbandonato nell'aria esterna alla (OMISSIS) fosse formalmente intestato alla società.

Sul punto deve riconoscersi che, ove tali circostanze fossero state adeguatamente riscontrate, e puntualmente sostenute sul piano motivazionale, la soluzione accolta dal primo giudice sarebbe stata corretta e in ogni caso insindacabile, siccome afferente al piano delle valutazioni di merito, dal giudice di legittimità.

La fattispecie qui in contestazione (D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 2,), infatti, si configura come "reato proprio", per la cui integrazione è necessario che la condotta tipica sia commessa dai "titolari di imprese" ovvero dai "responsabili di enti".

Secondo il condivisibile orientamento in passato seguito da questa Sezione della Suprema Corte uno degli indici rivelatori del fatto che nel prestare l'attività tipica il soggetto attivo non agisca come privato cittadino è dato proprio dalla "natura e provenienza dei materiali dismessi" (così Sez. 3, n. 47662 del 08/10/2014, Pelizzari, Rv. 261285).

Nel caso di specie, dunque, ove si fosse puntualmente dimostrato che il veicolo abbandonato, in quanto intestato alla Corniciart S.r.l., fosse qualificabile come "bene aziendale", il reato sarebbe stato pacificamente integrato, attesi sia l'obbligo giuridico che sarebbe stato incombente in capo a B., legale rappresentante dell'impresa, di impedire l'abbandono del mezzo, sia la pacifica rimproverabilità soggettiva, alla stregua di una regola di comune diligenza e prudenza, della relativa omissione, senza dover riscontrare, come invece opinato dal ricorrente, alcun rapporto di dipendenza tra lo stesso B. e V..

Ne consegue che, sotto un primo profilo, la prospettazione sviluppata dal ricorrente non può essere condivisa, laddove ipotizza che il primo giudice ne abbia affermato la responsabilità alla stregua di una culpa in vigilando su un soggetto estraneo all'impresa, in realtà mai evocata nel provvedimento impugnato.

E tuttavia le allegazioni difensive sono, invece, pertinenti laddove censurano la circostanza che la sentenza di primo grado non abbia dato conto, in maniera logicamente congrua, delle ragioni per le quali abbia ritenuto non credibile l'avvenuta cessione della proprietà dell'autovettura a V..

Tale circostanza, invero determinante, è stata ritenuta, infatti, non provata dal giudice di primo grado, che ha da un lato considerato non sufficiente la mera prospettazione dell'imputato e, dall'altro lato, ha ritenuto non concludente la testimonianza di F.M., il quale aveva riferito dell'avvenuta cessione del veicolo a V. da parte di B..

Nondimeno, deve ritenersi, a parere di questo Collegio, che la sentenza impugnata non abbia adeguatamente esplicitato le ragioni per cui abbia ritenuto di escludere l'avvenuta cessione del veicolo. Non va sottaciuto, al riguardo, il fatto che la sentenza abbia, infatti, fatto riferimento all'assenza di qualunque riscontro documentale in ordine al passaggio di proprietà della Fiat Tempra, con ciò mostrando di non avere considerato, quantomeno sotto il profilo motivazionale, che, ai sensi degli artt. 1376 e 2684 c.c., il trasferimento della proprietà di un autoveicolo si realizza per effetto del consenso delle parti e che la trascrizione dell'atto nell'ufficio del Pubblico registro automobilistico non costituisce un requisito di validità o di efficacia del trasferimento, ma soltanto un mezzo di pubblicità funzionale alla risoluzione di eventuali conflitti tra più aventi causa dal medesimo venditore (Sez. 3, n. 8415 del 11/04/2006, Rv. 589923).

Tuttavia, deve prendersi atto che, nelle more, il reato si è prescritto in data 20/10/2014, non essendo intervenute cause sospensive del termine relativo, sicchè deve conclusivamente disporsi l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per intervenuta estinzione del reato.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2016