Cass. Sez. III n. 46245 del 17 dicembre 2024 (UP 9 lug 2024)
Pres. Galterio Est. Gentili Ric. Fazzari
Rifiuti.Attività di raccolta di veicoli fuori uso in assenza di autorizzazione
L'attività di raccolta di veicoli fuori uso in assenza di autorizzazione è considerata tale da integrare la violazione dell'art. 256, comma primo, lettera b), del dlgs. n. 152 del 2006. La attribuzione a tale genere di rifiuti del predicato della pericolosità non necessita di particolari accertamenti, quando risulti, anche soltanto per le modalità di raccolta e deposito, che lo stesso non è stato sottoposto ad alcuna operazione finalizzata alla rimozione dei liquidi o delle altre componenti pericolose
RITENUTO IN FATTO
In data 1 dicembre 2023 la Corte di appello di Catanzaro ha emesso sentenza nella sostanza confermativa della sentenza con la quale, il precedente 12 aprile 2021 il Tribunale di Vibo Valentia aveva dichiarato Fazzari Vinicio responsabile del reato di cui all’art. 256 del dlgs n. 152 del 2006 per avere lo stesso gestito una discarica non autorizzata di autoveicoli in disuso e lo aveva, pertanto, condannato alla pena di mesi 9 di reclusione e di euri 6.000 di ammenda, oltre accessori.
Invero, ad onta del dispositivo del provvedimento emesso dalla Corte catanzarese, il quale recita nel senso della “riforma della sentenza emessa in data 12.4.2021 dal Tribunale di Vibo Valentia”, nella motivazione di quello si legge testualmente, al punto 4, “l’appello (presentato dal condannato, ndr) è infondato e va confermata la sentenza di primo grado”.
Di fatto la Corte, correggendo l’evidente errore materiale in cui era incorso il giudice di primo grado, ha solo provveduto a rettificare la tipologia della pena detentiva irrogata a carico del Fazzari, erroneamente qualificata come reclusione, laddove essa, essendo stata inflitta a seguito della commissione di un reato contravvenzionale, doveva essere qualificata in guisa di arresto.
Avverso la sentenza in tale modo pronunziata ha interposto ricorso per cassazione, tramite la propria difesa fiduciaria, il Fazzari, affidando le proprie doglianze ad un solo motivo di impugnazione riguardante, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione la mancata rilevazione, in primo luogo, della indeterminatezza del capo di imputazione contestato al prevenuto, cui avrebbe fatto seguito la nullità del decreto di citazione a giudizio emesso nei suoi confronti e, a cascata, di tutti gli atti successivi del procedimento.
In via subordinata il ricorrente ha eccepito sia la circostanza che in realtà i veicoli in questione, non essendo destinati alla rottamazione, non potevano essere qualificati rifiuti secondo i termini normativi che a tele espressione riveste laddove di tratta di automobili sia che l’attività contestata al Fazzari doveva intendersi occasionale; quale ultimo profilo di doglianza il ricorrente ha lamentato il fatto che non fosse stato considerato, ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, il fatto che il Fazzari avesse provveduto alla bonifica del sito ove si trovavano le autovetture di cui al capo di imputazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, essendo risultato in parte manifestamente infondato in parte inammissibile il motivo posto a suo fondamento, va dichiarato, a sua volta, inammissibile.
L’articolato motivo di ricorso proposto dall’imputato ha come suo principale oggetto la censura avverso l’argomento utilizzato in sede di giudizio di gravame per rigettare la eccezione di nullità per indeterminatezza del capo di imputazione elevato a suo carico e, conseguentemente, di tutti gli atti del procedimento ad esso successivi.
Si tratta di doglianza manifestamente infondata; osserva al riguardo il Collegio che è ben vero che la disposizione normativa contenente il precetto che si assume essere stato violato dal prevenuto è una disposizione avente un articolato contenuto all’interno del quale sono descritte più fattispecie di contravvenzioni, ma, si osserva, altresì, è altrettanto verso che il fatto che nella indicazione normativa posta nell’incipit della rubrica elevata in danno del Fazzari non sia indicato quale fra i vari commi della disposizione in questione, si tratta dell’art. 256 del dlgs 152 del 2006, contenga il precetto della cui violazione il Fazzari è stato accusato è, come la Corte di merito ha evidenziato, fattore del tutto irrilevante ai fini della completezza della accusa mossa a suo carico.
Come, infatti, questa Corte regolatrice ha più volte ricordato, l’elemento qualificante del capo di imputazione non è dato dalla indicazione, più o meno corretta e perspicua, delle disposizioni che si ritengono essere state violate, ma dalla descrizione del fatto contestato all’imputato.
Una tale principio - che è nella sostanza il portato dell’antica regula iuris risalente al diritto romano secondo il quale chi si rivolge al giudice deve fornire a questo il “fatto” in funzione del quale egli intende recarsi apud iudicem, essendo compito di quest’ultimo rivestire il fatto a lui esposto della più corretta qualificazione giuridica (da mihi factum tibi dabo ius) – è stato compendiato, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nella massima, consolidata, secondo la quale in tema di contestazione dell'accusa, si deve avere riguardo alla specificazione del fatto più che all'indicazione delle norme di legge violate, per cui ove il fatto sia descritto in modo puntuale, la mancata o erronea individuazione degli articoli di legge violati è irrilevante e non determina nullità, salvo che non si traduca in una compressione dell'esercizio del diritto di difesa (per tutte: Corte di cassazione, Sezione I penale, 9 luglio 2019, n. 30141, rv 276602).
Ipotesi, l’ultima indicata nella formulazione del principio che precede, che non sussiste quanto al caso ora in esame, di tal che correttamente i giudici del merito hanno respinto la eccezione di nullità del capo di imputazione ora riformulata dalla ricorrente difesa.
Infatti, come si è rilevato da parte di questa Corte, non sussiste pregiudizio al diritto di difesa nel caso in cui, nel capo di imputazione, manchi la indicazione dell'articolo di legge relativo ad una circostanza aggravante, quando i fatti siano stati specificamente enunciati (Corte di cassazione, Sezione IV penale, 2 maggio 1989, n. 6628, rv 181237); esaminando ora il capo di imputazione elevato a carico del Fazzari si osserva che in esso è chiaramente illustrato, con la puntuale indicazione del tempo e del luogo del commesso reato, il fatto di cui l’imputato è accusato, cioè di avere svolto un’attività di gestione di rifiuti, anche pericolosi, non autorizzata, avendo egli depositato, su di un’area nella sua disponibilità una cospicua quantità di autovetture fuori uso in istato di abbandono poggianti direttamente sul suolo senza che fosse apprestata alcuna misura volta a tutelare il terreno sottostante dalle infiltrazioni di percolato stillante dalla citate autovetture.
Passando ai successivi profili di doglianza si rileva, quanto alla attribuzione della qualifica di rifiuto alle autovetture in questione, che deve essere considerato "fuori uso" in base alla disciplina di cui all'art. 3 del dlgs. n. 209 del 2003, e, pertanto, rifiuto, sia il veicolo di cui il proprietario si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi, sia quello destinato alla demolizione, ufficialmente privo delle targhe di immatricolazione, anche prima della materiale consegna a un centro di raccolta, sia quello che risulti in evidente stato di abbandono, anche se giacente in area privata (Corte di cassazione, Sezione III penale, 2 ottobre 2013, n. 40747, rv 257283), circostanza quest’ultima, costituente un accertamento di fatto, non sindacabile in sede di giudizio di legittimità, cui i giudici del merito sono pervenuti sulla base del degradato stato di conservazione dei veicoli in questione, molti dei quali privi di parti meccaniche e di taluni elementi della carrozzeria.
Confermato che una siffatta attività integra gli estremi del reato del quale il Fazzari è stato ritenuto responsabile, posto che l'attività di raccolta di veicoli fuori uso in assenza di autorizzazione è considerata tale da integrare la violazione dell'art. 256, comma primo, lettera b), del dlgs. n. 152 del 2006 (Corte di cassazione, Sezione III penale, 7 novembre 2008, n. 41835, rv 241503), va altresì aggiunto che la attribuzione a tale genere di rifiuti del predicato della pericolosità non necessita di particolari accertamenti, quando risulti, anche soltanto per le modalità di raccolta e deposito, che lo stesso non è stato sottoposto ad alcuna operazione finalizzata alla rimozione dei liquidi o delle altre componenti pericolose (Corte di cassazione, Sezione III penale, 16 marzo 2015, n. 11030, rv 263248); circostanza, quest’ultima che è attestata nella sentenza impugnata, laddove, anche in questo caso con affermazione che, attenendo alla descrizione dei luoghi dei quali non è contestata la rispondenza ai dati rivenienti dagli elementi istruttori acquisiti agli atti, non è suscettibile di essere sindacata nel presente grado del giudizio, si osserva che non solo non risultava effettuata sui veicoli alcuna operazione volta alla rimozione di liquidi e di altre componenti pericolose, ma, anzi, era emersa la presenza di sostanze liquide provenienti dai veicoli in questione riversate direttamente sul terreno.
Quanto al rilievo afferente alla occasionalità della attività del Fazzari, la sua evidente infondatezza, e con esso anche del motivo di impugnazione, è plasticamente testimoniata dal numero non certamente esiguo dei veicoli in discorso, oltre 30, che porta logicamente ad escludere che si trattasse di un’attività svolta occasionalmente e non con continuità nel tempo
Riguardo, infine, al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche esso è stato adeguatamente argomentato avendo osservato i giudici del merito che la presenza di numerosi precedenti penali gravanti sul Fazzari e la pertinacia dello stesso nella ripetizione nel tempo delle condotte contestate costituivano fattori ostativi ad esso.
Si tratta di motivazione perfettamente in linea con gli indirizzi giurisprudenziali di questa Corte, potendo l'esistenza di precedenti penali specifici rilevare ai fini del diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche e dei benefici di legge anche quando il giudice debba escludere che la reiterazione delle condotte, trattandosi di reati contravvenzionali, consenta l'applicazione della recidiva (Corte di cassazione, sezione III penale, 9 dicembre 2020, n. 34974, rv 280444), mentre, per ciò che attiene all’avvenuta bonifica dei luoghi ove gli autoveicoli in questione erano depositati, evenienza della quale la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto in sede di determinazione del trattamento sanzionatorio, si tratta di argomento che non risulta avesse formato uno specifico tema in sede di gravame, di tal che in merito ad esso la Corte territoriale legittimamente non si è pronunziata.
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente, visto l’art. 616 cod. proc. pen., va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euri 3000.00 in favore della Cassa delle ammende
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2024