Cass. Sez. III n. 5442 del 8 febbraio 2023 (UP 13 gen 2023)
Pres. Ramacci Est. Corbetta Ric.Vela
Rifiuti.Commercio ambulante

In tema di rifiuti, per l'applicabilità della deroga di cui all'art. 266, comma 1 n. 5, d.lgs. n. 152 del 2006, a tenore del quale “le disposizioni di cui agli articoli 189, 190, 193 e 212 non si applicano alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio”, occorre non solo che l'agente sia in possesso del titolo abilitativo previsto per il commercio ambulante dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, ma anche che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio ma non riconducibili, per le loro peculiarità, a categorie autonomamente disciplinate


RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata sentenza, il Tribunale di Palermo condannava Bernardo Vela e d Alfonso Vela alla pena, rispettivamente, di 1.800 euro e di 2.700 euro di ammenda, perché ritenuti responsabili del reato di cui agli artt. 110, 256, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006, perché, Alfonso Vela in qualità di titolare e gestore dell’area sita a Palermo, via Guadagna snc adiacente al civico 26, e Bernardo Vela in qualità di proprietario dell’autocarro Iveco, targato CC742MN parcheggiato davanti il cancello della suddetta area, in concorso tra loro, in mancanza della prescritta autorizzazione, effettuavano nell’area in sequestro sopra indicata nella loro disponibilità l’attività di raccolta di rifiuti consistenti in rifiuti metallici, apparecchiature elettriche e batterie di autoveicolo esauste, oltre alla successiva attività di trasporto di detti rifiuti, caricati sul suddetto autoveicolo e su una Moto Ape.

 2. Avverso l’indicata sentenza gli imputati, per il tramite del comune difensore di fiducia, con il medesimo atto propongono ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 110, 256, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006. Assume il difensore che erroneamente il Tribunale è pervenuto all’affermazione della penale responsabilità, non avendo considerato che gli imputati non avevano la gestione del sito di raccolta di rifiuti, come riferito da teste Aversano, ed erano abilitati al commercio su aree pubbliche del materiale di cui sono stati trovati in possesso, come dichiarato dal teste Saccoccia e come risulta dall’autorizzazione prodotta.
2.2. Con il secondo motivo si eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 110, 256, comma 1, 266, comma 5, d.lgs. n. 152 del 2006. Evidenzia il difensore che il Tribunale non ha dato rilevanza all’art. 266, comma 5, d.lgs. n. 152 del 2006, il quale esclude che l’attività di raccolta e di trasporto dei rifiuti costituisce reato qualora sia commessa da chi sia in possesso del titolo abilitativo commerciale in forma ambulante e purché detti rifiuti formino oggetto del suo commercio, come risulta dal caso in esame.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 256, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006 e 131-bis cod. pen., per avere escluso il Tribunale l’applicazione dell’a causa di non punibilità in esame con un valutazione in contrasto con le emergenze processuali, stante il contenuto valore economico dei rifiuti, le autorizzazioni in possesso degli imputati, le circostanze di tempo e di luogo dell’azione.
2.4. Con il quarto motivo si lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione all’art. 62, n. 6, cod. pen., circostanza che il Tribunale avrebbe dovuto applicare per essersi Emanuele Marino adoperato, a fronte dell’addebito mosso nei confronti dei Vela, spontaneamente e volontariamente, per elidere le conseguenze del reato, bonificando integralmente l’area interessata.
 2.5. Con il quinto motivo si censura la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione all’art. 62-bis, cod. pen., per non avere il Tribunale, in relazione al solo Alfonso Vela, negato l’applicazione delle circostanze in esame, nonostante il corretto contegno processuale.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili.

2. Il primo motivo è inammissibile perché fattuale e generico.
2.1. Il Tribunale, sulla scorta dalle deposizioni dei verbalizzanti e delle immagini fotografiche, ha appurato l’esercizio, da parte degli imputati, dell’attività di raccolta, recupero e smaltimento di rifiuti ferrosi presso un area scoperta e un magazzino di cui gli imputati medesimi avevano la disponibilità, senza essere in possesso della prescritta autorizzazione, né di alcun registro carico e scarico del materiale ferroso.
A fronte di tale motivazione, i ricorrenti deducono una diversa valutazione delle prove, non consentita in sede di legittimità.
2.2. Nel confrontarsi con l’argomentazione difensiva, qui nuovamente riproposta, secondo cui i due imputati erano abilitati al commercio su aree pubbliche del materiale di cui sono stati trovati in possesso,  il Tribunale ha evidenziato come la documentazione difensiva non sia affatto pertinente al caso in esame perché si riferisce, in caso, all’autorizzazione comunale al commercio su aree pubbliche nel settore non alimentare in forma itinerante, e, nell’altro, all’iscrizione all’albo gestori ambientali della Crazy Metal s.r.l., società amministrata da un soggetto estraneo (ossia Maddalena Vela)  per il trasporto di rifiuti ferrosi e non ferrosi con un mezzo di trasporto diverso (essendo targato CR495805 e nemmeno presente in loco) da quello qui in esame.

3. Il secondo motivo è inammissibile perché né dalle conclusioni assunte dal difensore, né dalla sentenza impugnata, risulta che la questione era stata sottoposta al vaglio del Tribunale.
Si osserva, in ogni caso, che, in tema di rifiuti, per l'applicabilità della deroga di cui all'art. 266, comma 1 n. 5, d.lgs. n. 152 del 2006, a tenore del quale “le disposizioni di cui agli articoli 189, 190, 193 e 212 non si applicano alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio”, occorre non solo che l'agente sia in possesso del titolo abilitativo previsto per il commercio ambulante dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, ma anche che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio ma non riconducibili, per le loro peculiarità, a categorie autonomamente disciplinate (Sez. 3, n. 34917 del 09/07/2015 - dep. 17/08/2015, Pmt in proc. Caccamo, Rv. 264822 Sez. 3, n. 269 del 10/12/2014 - dep. 08/01/2015, P.M. in proc. Seferovic, Rv. 261959).
Nel caso in esame, è da escludersi che l’indicata autorizzazione al commercio nel settore non alimentare abbracci il commercio di materiali come quelli concretamente rinvenuti, quali apparecchiature elettriche e batterie di autoveicolo esauste, trattandosi di rifiuti pacificamente  pericolosi.

4. Il terzo motivo è inammissibile.
Invero, il Tribunale ha escluso l’applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. per “la gravità delle condotte contestate” (p. 5), locuzione che rimanda alle modalità del fatto come concretamente accertate, connotate, come appurato dallo stesso Tribunale, dalla “notevole quantità del materiale ferroso sottoposto a sequestro” (p. 4): elemento evidentemente ostativo alla qualificazione dell’offesa in termini di “particolare tenuità”.
    
5. Il quarto motivo è inammissibile perché, anche in tal caso, non emerge dagli atti, né dal provvedimento impugnato che la questione relativa all’applicabilità della circostanza attenuante ex art. 62 n. 6 cod. pen. era stata richiesta dal difensore in sede di conclusioni.
In ogni caso, si osserva che, per come prospettato dallo stesso difensore, il motivo appare di per sé inammissibile, posto l’asserita condotta post delictum per elidere le conseguenze del reato sarebbe stata realizzata da un soggetto terzo, tale Emanuele Marino, e, dunque, non dagli imputati.

6. Il quinto motivo è inammissibile.
Rammentato che, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (ex multis, cfr. Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017 - dep. 22/09/2017, Pettinelli, Rv. 271269, la quale ha ritenuto sufficiente, ai fini dell'esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell'imputato; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016 - dep. 29/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014 - dep. 03/07/2014, Lule, Rv. 259899), nel caso in esame il Tribunale, con apprezzamento fattuale logicamente motivato – e quindi insindacabile in questa sede di legittimità – ha individuato, quale elemento ostativo alla mitigazione della pena, la presenza, a caso di Alfonso Vela, di un numero non esiguo di precedenti penali.

8. Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro  in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 13/01/2023.