TAR Lazio (RM), Sez. I-Ter, n. 8919, del 16 ottobre 2013
Rifiuti.Interventi di MISE possono essere autocertificati, interventi in MISU la verifica spetta alla Provincia.
Nel caso in cui la fonte primaria d’inquinamento sia costituita dai serbatoi interrati contenenti idrocarburi, e non essendovi prova dell’avvenuto sversamento del loro contenuto nel terreno circostante, si può presumere che l’inquinamento del terreno non sia un evento repentino, quanto piuttosto una contaminazione “storica” che si è prodotta negli anni; la contaminazione ha interessato il terreno limitrofo ai serbatoi, terreno che è stato scavato e portato via per essere smaltito in altro luogo, al fine di evitare la successiva contaminazione delle aree circostanti: l’intervento eseguito non può essere quindi ricondotto alla figura della messa in sicurezza di emergenza sia perché difetta il requisito della repentinità, sia perché l’intervento non investe la sola sorgente primaria di contaminazione (e cioè i serbatoi contenenti idrocarburi), ma investe anche il terreno adiacente ai serbatoi che - risultando potenzialmente pericoloso – è stato rimosso al fine di evitare che costituisse esso stesso per derivazione un’ulteriore causa di inquinamento (e quindi una fonte secondaria di contaminazione). Soltanto quando si eseguono interventi di messa in sicurezza di emergenza MISE, è stata prevista dal Legislatore la possibilità di chiudere il procedimento in autocertificazione. Mentre nel caso in cui siano stati attuati interventi di messa in sicurezza d’urgenza MISU che costituiscono veri e propri interventi di bonifica eseguiti d’urgenza, la verifica dell’efficacia degli interventi compete alla Provincia. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 08919/2013 REG.PROV.COLL.
N. 03843/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3843 del 2012, proposto da:
Soc Esso Italiana Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Antonella Capria, Elisabetta Gardini, Antonio Lirosi, con domicilio eletto presso Antonio Lirosi in Roma, via Quattro Fontane, 20;
contro
Regione Lazio, rappresentato e difeso per legge dall'Avv. Teresa Chieppa, domiciliata in Roma, via Marcantonio Colonna, 27; Provincia di Roma, rappresentata e difesa dall'avv. Giovanna Albanese, con domicilio eletto presso Provincia di Roma, Roma, via IV Novembre, 119/A; Roma Capitale, rappresentata e difesa per legge dall'Avv. Alessandro Rizzo, domiciliata in Roma, via Tempio di Giove, 21; Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Lazio;
per l'annullamento
della nota della Regione Lazio, Direzione Regionale Protezione Civile, Area Bonifica e Recupero Aree e Siti Inquinati, prot n. 34363/DA/02/11 del 25.01.2012 avente ad oggetto: D.Lgs n. 152/2006 - art. 249 e all. 4, parte quarta al titolo V "Criteri generali per l'applicazione di procedure semplificate. Chiarimenti”;
della nota di Roma Capitale – Dipartimento Tutela Ambientale e del Verde – Protezione Civile – Unità Organizzativa Gestione Piano dei Rifiuti e Risanamenti Ambientali – Servizio Bonifica Siti Inquinati dell’ 08.03.2012 prot. n. 15140;
della nota della Provincia di Roma, Dipartimento IV “Servizi di Tutela Ambientale”, Servizio 1, Gestione Rifiuti, prot. n. 17546/12 PTA 2.7 del 03.02.2012;
nonché di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Lazio e di Provincia di Roma e di Roma Capitale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2013 il dott. Stefania Santoleri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La società ricorrente si occupa della distribuzione di prodotti petroliferi su tutto il territorio nazionale con propri punti vendita di carburanti a marchio “Esso”.
Nello svolgimento della propria attività, accade spesso che si debba provvedere alla sostituzione o alla dismissione di serbatoi e non è infrequente che nei terreni circostanti i serbatoi stessi, si verifichi una potenziale contaminazione da idrocarburi.
Deduce la ricorrente che la normativa in materia di bonifiche prevedrebbe in questi casi della procedure semplificate e consentirebbe di chiudere le procedure mediante semplice autocertificazione.
Ha quindi impugnato la nota della Regione Lazio, Direzione Regionale Protezione Civile, Area Bonifica e Recupero Aree e Siti Inquinati del 12 gennaio 2012, che nel fornire chiarimenti in ordine alle procedure semplificate, ha escluso la possibilità di chiudere le procedure in autocertificazione richiedendo la presentazione di un progetto di bonifica e una successiva certificazione da parte della Provincia, a valle di indagini effettuate dall’ARPA.
Ha quindi impugnato anche la nota della Provincia di Roma del 3/2/12 che ha preso atto della nota regionale ed ha segnalato a Roma Capitale, quale titolare del procedimento su delega della Regione, che deve procedere all’istruttoria con approvazione del progetto al fine di richiedere all’ARPA i controlli di legge e quindi procedere alla certificazione di cui all’art. 248 D.Lgs. 152/06.
I punti vendita interessati sono sei localizzati in Lungotevere Flaminio, Piazza Mazzini n. 23, Via Giorgia da Leontini n. 2, Piazza Cinque Giornate, Lungomare Catulo, Piazzale dei Condottieri n. 48 A.
A sua volta Roma Capitale ha preso atto e dato attuazione alle note della Regione Lazio e della Provincia di Roma.
La ricorrente ha contestato l’assunto delle Amministrazioni rilevando che il Titolo V del DLgs. 152/06 prevede accanto alla procedura ordinaria, una procedura di bonifica semplificata per le aree di ridotte dimensioni (art. 249 e allegato 4) tra le quali rientrano quelle relative alla rete di distribuzione di carburanti, in caso di superamento delle CSC.
La procedura semplificata inizia con una comunicazione al Comune alla Provincia e alla Regione, prosegue con l’eventuale messa in opera di misure di prevenzione e di interventi di MISE al termine dei quali possono verificarsi tre casi:
__a) il rientro dell’emergenza;
__b) la necessità di ulteriori opere di bonifica;
__c) la contaminazione dell’acqua di falda.
Nel I° caso se sono stati eseguiti interventi di MISE (messa in sicurezza d’emergenza) la cui esecuzione ha riportato i livelli di inquinamento al di sotto dei limiti di legge, il responsabile deve inviare alle autorità competenti una relazione nella quale descrive gli interventi effettuati e un’autocertificazione di avvenuto ripristino dei luoghi.
Il II° caso ricorre, invece, quando sono necessari non solo gli interventi di messa in sicurezza di emergenza ma anche quelli di bonifica: in questo caso il soggetto responsabile è obbligato a continuare la procedura e scegliere se procedere ad un risanamento “tabellare” per riportare i valori di inquinamento al di sotto delle CSC, ovvero determinare per il sito le specifiche concentrazioni soglia di rischio (CSR) mediante analisi del rischio e proseguire con una bonifica eventuale solo al superamento accertato di esse.
In entrambi i casi deve essere eseguita la caratterizzazione dell’area e predisposta la redazione del PuB: il PuB quindi assolve alla funzione di descrivere le attività svolte, la contaminazione del sito e a proporre gli interventi di bonifica.
Nel III° caso, qualora il responsabile riscontri nel corso della caratterizzazione anche una contaminazione della falda, il PuB dovrà comprendere anche l’esecuzione degli interventi di bonifica sulla falda.
La ricorrente ha impugnato i provvedimenti in epigrafe deducendo i seguenti motivi di impugnazione:
__1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 249 e dell’Allegato IV al Titolo Quinto della Parte Quarta del TUA – Violazione e falsa applicazione dell’art. 240 lett. m) e p) del T.U.A – Violazione e falsa applicazione dell’art. 117 Cost. – Eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e violazione del principio di non aggravio del procedimento amministrativo.
Deduce la ricorrente che la nota della Regione non conterrebbe “chiarimenti” ma si porrebbe in contrasto con le disposizioni normative nazionali.
La Regione avrebbe assimilato impropriamente gli interventi di messa in sicurezza di urgenza con quelli di bonifica includendo in detta categoria la semplice movimentazione del terreno richiedendo quindi la presentazione del PuB.
In realtà la messa in sicurezza d’urgenza sarebbe assimilabile a quella di emergenza e non necessiterebbe di alcuna autorizzazione.
Sebbene l’Allegato 3 al Titolo Quinto, Parte Quarta del TUA include espressamente gli interventi di “movimentazione e rimozione di materiali e suolo inquinato” tra le misure di bonifica, non vi sarebbe ragione per ritenere che la semplice movimentazione di terreno non possa rappresentare anche una misura di messa in sicurezza d’emergenza/d’urgenza.
La normativa, infatti, non prevedrebbe un elenco tassativo delle suddette misure in quanto è la finalità stessa degli interventi a delimitare il novero delle misure applicabili.
La nota della Regione si porrebbe in contrasto con la disciplina nazionale e porrebbe un onere non necessario aggravando il procedimento, imponendo la presentazione di un PuB quando è stato già accertato che non vi sono superamenti delle CSC e che dunque il sito non è contaminato.
___2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 242 e 249 e dell’Allegato IV al Titolo Quinto, Parte Quarta del TUA – Violazione e falsa applicazione degli artt. 23 e 117 Cost. Eccesso di potere per violazione del principio del contraddittorio.
La pretesa della Regione della prestazione delle garanzie finanziarie sarebbe illegittima riguardando il procedimento ordinario di bonifica (art. 242 D.Lgs. 152/06), mentre le procedure semplificate di cui all’art. 249 dello stesso D.Lgs. 152/06 non contemplano la prestazione di dette garanzie.
Inoltre ai sensi dell’art. 242 D.Lgs. 152/06 la prestazione delle garanzie avviene al momento dell’approvazione del progetto e non alla presentazione dello stesso.
Anche la pretesa della Regione, relativa alla previsione di una verifica da parte dell’ARPA Lazio con prelievo e analisi di campioni di terreno e/o acque sotterranee, non sarebbe coerente con la disciplina delle procedure semplificate.
La richiesta non sarebbe coerente con la disciplina nazionale e alla Regione non sarebbe consentito intervenire in via autonoma sulla materia ambientale.
__3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 249 e dell’Allegato IV al Titolo Quinto, Parte Quarta del TUA- Violazione e falsa applicazione della DGR n. 451/2008 – Eccesso di potere per violazione del principio di irretroattività degli atti amministrativi.
I procedimenti amministrativi relativi agli impianti della società ricorrente si sarebbero già chiusi e dunque la nota della Regione non potrebbe applicarsi ad essi.
___4. Illegittimità in via diretta ed in via derivata in relazione ai medesimi vizi esposti ai motivi che precedono.
L’obbligo di presentazione del PuB non potrebbe applicarsi anche al sito di Viale Oceano Pacifico non espressamente indicato nella nota della Provincia.
Conclude quindi la ricorrente chiedendo l’accoglimento del ricorso.
La Regione Lazio, la Provincia di Roma e Roma Capitale si sono costituite in giudizio.
In prossimità dell’udienza di discussione, le parti hanno depositato memorie nelle quali hanno meglio illustrato le loro tesi difensive.
All’udienza pubblica del 27 giugno 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
La presente controversia investe, innanzitutto, la legittimità del provvedimento del Dipartimento Istituzionale e Territorio – Direzione Regionale Protezione Civile – Area Bonifica e Recupero Area e Siti inquinati della Regione Lazio, datata 25 gennaio 2012 prot. n. 34363/DA/02/11, che contiene chiarimenti in merito ai procedimenti amministrativi riguardanti il procedimento di bonifica dei siti di ridotte dimensioni (quali quelli derivanti dalla dismissione di impianti di carburante), per i quali si applicano le procedure semplificate d’intervento previste dall’art. 249 del D.Lgs. 152/06, e disciplinate dall’allegato 4, parte IV, Titolo V dello stesso D.Lgs. 152/06, dettando le relative direttive alle Amministrazioni interessate dal procedimento.
Gli ulteriori atti impugnati – adottati rispettivamente dalla Provincia di Roma e da Roma Capitale – si limitano – infatti – a riportare e a dare attuazione a quanto disciplinato dalla Regione Lazio con la suddetta nota di chiarimenti.
E’ pertanto opportuno riportare, in estrema sintesi, quanto rappresentato dalla Regione al fine di valutare – alla stregua dei motivi di ricorso – la legittimità dell’atto.
La Regione ha dapprima riportato la norma di cui all’art. 240 comma 1 lett. m) che disciplina la messa in sicurezza di emergenza; ha poi rilevato che qualora in seguito al superamento dei valori soglia di contaminazione (CSC) siano necessari oltre agli interventi di MISE anche opportuni interventi di messa in sicurezza d’urgenza (MISU) e/o di bonifica (quali la movimentazione ed eventuale asportazione di terreno) per riportare la situazione al di sotto delle CSC, il soggetto responsabile, una volta effettuate le comunicazioni previste dall’art. 242 comma 1, dovrà presentare agli Enti competenti il Progetto unico di Bonifica (PuB) (2° caso previsto nell’allegato 4), contenente la descrizione delle attività eseguite ed una proposta di indagine adeguata al caso, finalizzata alla verifica e al controllo, da parte dell’Autorità competente, del ripristino delle concentrazioni del sito al di sotto delle CSC.
Unitamente al PuB dovranno essere fornite le garanzie finanziarie ed il PuB dovrà essere approvato dalle Autorità competenti prima di eseguire le opere di bonifica.
L’ARPA dovrà svolgere le necessarie verifiche redigendo una relazione finale finalizzata alla chiusura del procedimento di bonifica ed al rilascio, da parte della Provincia, della certificazione di avvenuta bonifica che chiuderà il procedimento di notifica ex art. 242 del D.Lgs. 152/06.
In sostanza, quindi, la Regione ha negato la possibilità di concludere il procedimento in autocertificazione.
Il Collegio, prima di passare ad analizzare le varie censure, ritiene necessario riportare la normativa applicabile al caso di specie.
Ai sensi dell’art. 240 comma 1 lett. m) costituisce “messa in sicurezza d'emergenza: ogni intervento immediato o a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t) in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente”; a sua volta la lettera t) della stessa norma dispone che costituiscono “condizioni di emergenza: gli eventi al verificarsi dei quali è necessaria l'esecuzione di interventi di emergenza, quali ad esempio;
1) concentrazioni attuali o potenziali dei vapori in spazi confinati prossime ai livelli di esplosività o idonee a causare effetti nocivi acuti alla salute;
2) presenza di quantità significative di prodotto in fase separata sul suolo o in corsi di acqua superficiali o nella falda:
3) contaminazione di pozzi ad utilizzo idropotabile o per scopi agricoli;
4) pericolo di incendi ed esplosioni.
Ai sensi dell’Allegato 3 “gli interventi di messa in sicurezza sono finalizzati alla rimozione e all’isolamento delle fonti inquinanti, e al contenimento della diffusione degli inquinanti per impedirne il contatto con l’uomo e con i recettori ambientali circostanti”; hanno carattere di urgenza in caso di rilasci accidentali o di improvviso accertamento di una situazione di contaminazione o di pericolo di contaminazione (e costituiscono quindi la messa in sicurezza di urgenza).
Secondo quanto dispone l’Allegato 3 “gli interventi di messa in sicurezza d’urgenza sono mirati a rimuovere le fonti inquinanti primarie e secondarie, ad evitare la diffusione dei contaminanti dal sito verso zone non inquinate e matrici ambientali adiacenti, ad impedire il contatto diretto della popolazione con la contaminazione presente”.
L’Allegato 4 disciplina, poi, le procedure semplificate – che si applicano nel caso di siti di ridotte dimensioni (quali la rete di distruzione di carburanti) - e stabilisce che nel caso di superamento dei valori delle concentrazioni soglia di contaminazione il responsabile deve effettuare la comunicazione di potenziale contaminazione agli Enti competenti (comune, provincia, regione) e che “qualora gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza riportino i valori di contaminazione del sito al di sotto delle CSC, la comunicazione di cui al punto precedente sarà aggiornata, entro trenta giorni, con una relazione tecnica che descriva gli interventi effettuati ed eventuale autocertificazione di avvenuto ripristino della situazione antecedente il superamento con annullamento della comunicazione”.
Dalla disamina della normativa emerge che il presupposto indispensabile per poter chiudere la procedura in autocertificazione – come preteso dalla ricorrente – è l’avvenuta esecuzione di interventi di messa in sicurezza di emergenza che abbiano riportato i valori di contaminazione al di sotto delle CSC.
Occorre dunque verificare se l’intervento attuato dalla ricorrente nei diversi siti – rimozione dei serbatoi e del terreno adiacente risultato inquinato - possa ricondursi al concetto delle MISE o debba essere inquadrato, come sostiene la Regione, nelle MISU.
La messa in sicurezza di emergenza riguarda le sole fonti primarie di inquinamento, come può agevolmente desumersi dalla definizione contenuta nell’art. 240 c. 1 lett. m); la messa in sicurezza di urgenza, invece, riguarda sia le fonti primarie che quelle secondarie di inquinamento; la messa in sicurezza di emergenza presuppone la repentinità dell’evento di contaminazione, mentre la messa in sicurezza d’urgenza può essere adottata sia in caso di incidenti che in seguito all’improvviso accertamento di una situazione di contaminazione o di pericolo di contaminazione dell’ambiente o di rischio per la salute umana; entrambe le misure servono a isolare o a rimuovere le fonti di contaminazione.
Nel caso di specie non vi è dubbio che la fonte primaria di inquinamento sia costituita dai serbatoi interrati contenenti idrocarburi, e non essendovi prova dell’avvenuto sversamento del loro contenuto nel terreno circostante, si può presumere che l’inquinamento del terreno non sia un evento repentino, quanto piuttosto una contaminazione “storica” che si è prodotta negli anni; la contaminazione ha interessato, come già detto, il terreno limitrofo ai serbatoi, terreno che è stato scavato e portato via per essere smaltito in altro luogo, al fine di evitare la successiva contaminazione delle aree circostanti: l’intervento eseguito non può essere quindi ricondotto alla figura della messa in sicurezza di emergenza sia perché difetta il requisito della repentinità, sia perché l’intervento non investe la sola sorgente primaria di contaminazione (e cioè i serbatoi contenenti idrocarburi), ma investe anche il terreno adiacente ai serbatoi che - risultando potenzialmente pericoloso – è stato rimosso al fine di evitare che costituisse esso stesso per derivazione un’ulteriore causa di inquinamento (e quindi una fonte secondaria di contaminazione).
Ritiene dunque il Collegio che la Regione abbia correttamente interpretato la disciplina contenuta nell’allegato 4, atteso che solo nel primo caso – quando sono stati effettuati i soli interventi di messa in sicurezza di emergenza – è stata prevista dal Legislatore la possibilità di chiudere il procedimento in autocertificazione, mentre nel caso in questione, essendo stati attuati interventi di MISU che costituiscono veri e propri interventi di bonifica eseguiti d’urgenza, la verifica dell’efficacia degli interventi compete alla Provincia.
Ed infatti ai sensi dell’Allegato 3 alla parte quarta del titolo quinto del D.Lgs. 152/06 “in caso di adozione di interventi di messa in sicurezza d’urgenza sono previste attività di monitoraggio e controllo finalizzate a verificare il permanere nel tempo delle condizioni che assicurano la protezione ambientale e la salute pubblica” come correttamente ricordato dalla difesa della Regione Lazio.
Le suesposte considerazioni consentono di respingere il primo motivo di ricorso, ribadendosi che l’obbligo di presentazione del PuB discende dalla stessa previsione contenuta nell’Allegato 4, in quanto non essendo configurabile nel caso di specie la messa in sicurezza di emergenza, automaticamente si ricade nella disciplina relativa al cosiddetto “2°caso”, con la precisazione che l’interpretazione fornita dalla Regione – anche se onerosa - è basata sul dato letterale contenuto nella disposizione normativa di riferimento, e trova la sua giustificazione nella preminente finalità di tutela e di ripristino ambientale perseguita dalla normativa di settore.
Né può ritenersi che la Regione abbia introdotto una diversa disciplina rispetto a quella nazionale, in violazione delle norme costituzionali richiamate nel ricorso, in quanto l’Amministrazione si è limitata a dare puntuale applicazione alla normativa statale.
Altrettanto infondata è la seconda censura con la quale la ricorrente contesta l’obbligo di prestazione di garanzie finanziarie e la possibilità di eseguire verifiche da parte dell’ARPA, sostenendo che ciò non sarebbe previsto per le procedure semplificate, in quanto si tratta di previsioni conseguenti alla presentazione del PuB, obbligo che discende dalla specifica disciplina prevista nell’Allegato IV proprio per le procedure semplificate.
La presentazione del PuB implica l’applicazione della conseguente procedura prevista nel D.Lgs. 152/06 in materia, come peraltro può evincersi – oltre che da ragioni sistematiche – anche dalle stesse disposizioni contenute nel medesimo Allegato IV secondo cui i progetti di bonifica devono essere approvati dalle autorità competenti e “gli stessi verranno realizzati secondo i criteri previsti dalla normativa vigente” (cfr. Allegato IV punto 4).
Il rimando alla disciplina ordinaria conseguente alla presentazione del PuB implica la necessità di fornire le necessarie garanzie finanziarie previste dall’art. 242 del D.Lgs. 152/06 nei tempi ivi indicati.
Ritiene il Collegio che la nota della Regione non abbia imposto un onere diverso da quello previsto dalla legge, in quanto il riferimento contenuto nella nota impugnata “alla fornitura di garanzie finanziarie al momento della presentazione del PuB” “da determinarsi sulla base di specifico computo metrico estimativo presente nello stesso” non implica la prestazione immediata di garanzie finanziarie, ma il solo obbligo a prestarle (una volta quantificate in base al computo metrico estimativo) con il provvedimento di approvazione del progetto di bonifica, così come dispone l’art. 242 del D.Lgs. 152/06.
Del resto la nota non potrebbe introdurre prescrizioni difformi da quelle previste dalla legge e deve essere quindi interpretata in conformità al dettato normativo.
Quanto all’intervento dell’ARPA è espressamente previsto dall’art. 248 c. 2 del D.Lgs. 152/06, secondo cui la Provincia rilascia la certificazione sulla conformità degli interventi al progetto approvato sulla base di una relazione tecnica redatta dall’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente.
Ne consegue l’infondatezza della proposta censura.
Altrettanto infondato è il terzo motivo in quanto – come dimostrato dalla difesa della Provincia di Roma – i procedimenti relativi ai punti vendita della società ricorrente non si sono già chiusi in autocertificazione, e dunque non sussiste alcuna violazione del principio di irretroattività degli atti amministrativi, mentre non essendo indicato il sito di Viale Oceano Pacifico nella nota provinciale impugnata, non è ravvisabile alcun attuale interesse a dedurre il quarto motivo di impugnazione.
In conclusione, per i suesposti motivi, il ricorso deve essere respinto perché infondato.
L’infondatezza del ricorso esime il Collegio dall’obbligo di esaminare l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa della Regione.
Quanto alle spese di lite, sussistono tuttavia giusti motivi per disporne la compensazione tra le parti tenuto conto della novità e complessità della questione esaminata.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:
Linda Sandulli, Presidente
Stefania Santoleri, Consigliere, Estensore
Rita Tricarico, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/10/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)